CINA

CINA

cina

La consapevolezza dell’esistenza di una sovrastruttura di principi morali universali, un ne­mine ledere elevato a principio etico e morale valido per tutti gli uomini, e che trascende e pervade le singole culture, ha condizionato tutti i miei viaggi e quello in Cina in particolare.

cina

Ho quindi diretto la mia ricerca fo­tografica verso la scoperta di quel mondo fantastico, ancora genuino e autentico, intriso di magia e di religione, che rischia di dissolversi sotto la spinta dei grandi processi di secolariz­zazione e globalizzazione e, per le minoranze cinesi, per la pressione esercitata da quello di sinizzazione.

cina

Ho sempre considerato la fotografia lo strumento con il quale veicolare, con la diffusione e la condivisione delle immagini, l’esistenza di mondi, culture, civiltà e prospettive di vita alternative alle nostre.

cina

La Fotografia

E la fotografia può diventare un attore determinante in grado di disinnescare i potenziali conflitti connaturati nei pregiudizi e nei diversi modi in cui la cultura etnocentrica è declinata. In questa serie di foto sulla Cina non ci sono le città famose della Cina, ma quella poco conosciuta, con un patrimonio culturale ultramillenario, dove i modi di produrre e di vivere restano legati al passato e le regole delle tradizioni dettano ancora il tempo e scandiscono il ritmo della vita quotidiana.

riso

Troverete le terrazze di riso di Longji Titian nel Guanxi e quelle colorate dello Yunnan. Le terrazze di riso sono una testimonianza del lavoro e delle opere realizzate dall’ingegno umano. L’uomo è riuscito a rendere coltivabile un territorio caratterizzato da ripide pendenze e a modellare le montagne con opere di ingegneria rurale.

cina

I pescatori con i cormorani e due foto del mondo contadino dello Yunnan, in cui l’agricoltura è praticata ancora con l’ausilio degli animali da tiro.

cina

Questa serie di foto è tratta da due libri fotografici sulla Cina: “Diario di un viaggio. Dalla Cina rurale a Shanghai” e l’atro “Cina: dallo Yunnan rurale ai parchi del Gansu”, di prossima uscita, con i quali, per l’appunto, intendo, nel mio piccolo, contribuire alla diffusione della cultura e delle civiltà lontane attraverso la fotografia.

cina

Questo racconto di Tommaso Stilla ha partecipato al  Travel Tales Award 2024

MAKHA BUCHA DAY

MAKHA BUCHA DAY – BANGKOK

Bangkok

Il tempio Wat Phra Dhammachaya, situato nella periferia nord di Bangkok, colpisce subito per la sua grande cupola dorata che rappresenta un sole nascente ma assomiglia più a un moderno disco volante.

Il Makha Bucha è una delle più importanti feste buddiste e celebra l’evento in cui il Buddha, quando illuminato, inizia a predicare e pronunciare le sue leggi. Qui queste celebrazioni sono di grande fascino e scenografiche in modo spettacolare. Il tempio rappresenta il volto moderno del buddismo thailandese, è seguito da milioni di fedeli ma anche molto contestato a causa delle ingenti donazioni che riceve.

Bangkok

Si compone di 150 edifici moderni, può ospitare 10.000 monaci e l’area all’aperto sottostante può radunare 600.000 fedeli rigorosamente vestiti di bianco per contribuire alla scenografia e all’allestimento delle funzioni religiose.

David Marciano

Durante i festeggiamenti i monaci siedono ordinatamente con accanto una boule di vetro con una candela accesa, l’ordine maniacale delle file, i luoghi rigorosamente segnati per i fedeli compongono una coreografia spettacolare più simile a una parata militare che a una festa religiosa.

David Marciano

La setta Dhammakaya incarna perfettamente la società di oggi, i moderni metodi di marketing sono utilizzati per la promozione e i fedeli pregano per il successo della carriera e per la prosperità della loro famiglia.

Bangkok

Ho scattato queste fotografie durante il mio ultimo viaggio in Thailandia tra febbraio e marzo 2024, soggiornando tre giorni all’interno della struttura monastica.

Bangkok

Avevo già visitato questo istituto in precedenza e ho chiesto l’accredito per poter seguire la cerimonia e scattare fotografie.

David Marciano

Questo racconto di David Marciano ha partecipato al  Travel Tales Award 2024

Mongolia

Vita estrema

La migrazione invernale dei nomadi cacciatori di aquile della Mongolia occidentale

mongolia

La Mongolia occidentale è una vasta regione caratterizzata da ecosistemi diversificati. Il suo paesaggio spazia dalle montagne innevate ai prati alpini, fino alle vaste steppe e ai deserti. Si estende su una superficie di circa 340.000 km quadrati. È un’area scarsamente popolata, con una grande parte della popolazione che conduce ancora una tradizionale vita pastorale nomade.

mongolia

Uno dei gruppi etnici che vivono in questa zona sono i kazaki. Nella provincia di bayan-Olgii vive un gruppo unico di kazaki che praticano l’antica tradizione della caccia con l’aquila reale. Addestrano le giovani aquile a cacciare volpi, conigli e lupi e il legame che si forma tra l’aquila e il cacciatore è molto forte.

Ogni anno, durante i mesi di febbraio e marzo, circa 200 famiglie di cacciatori di aquile nomadi intraprendono un’insidiosa migrazione invernale di 5 giorni e 150 km verso il loro accampamento primaverile nelle remote distese mozzafiato dei Monti Altai della Mongolia occidentale, nella speranza di trovare pascoli migliori per il loro prezioso bestiame. Qui rimarranno per circa 3-4 mesi prima di passare al loro campo estivo. In media migrano 3-4 volte l’anno.

mongolia

Gli inverni qui sono spietati, con temperature che scendono ben al di sotto dello zero (-40°C) e venti feroci e bufere di neve che spazzano le pianure aperte in qualsiasi momento. Mentre in passato l’intera famiglia faceva il viaggio a piedi o a cavallo, oggi le cose sono un po’ diverse. Donne, bambini molto piccoli e anziani si recano al loro campo primaverile su un camion insieme a tutti gli effetti personali della famiglia, che spesso includono animali malati, vecchi, feriti e neonati, che altrimenti non sarebbero in grado di sopravvivere al viaggio. La maggior parte del gregge, tuttavia, di solito tra i 500 e i 1500 animali composto da cammelli battriani, capre, mucche, cavalli e yak, non ha altra scelta che fare questo straordinario viaggio a piedi guidati dagli uomini più giovani della famiglia a cavallo.

La migrazione invernale è una prova di resistenza sia per l’uomo che per gli animali. Per oltre 5 giorni non c’è cibo per gli animali su cui pascolare mentre si spostano da terreni estremamente secchi e nudi a passi e distese innevate.

È stata un’esperienza incredibile assistere in prima persona alla resilienza di alcuni di questi animali, in particolare i cammelli della Battriana che sono le centrali elettriche della migrazione. La loro folta pelliccia permette loro di resistere a temperature estreme. Sono straordinariamente forti e svolgono un ruolo vitale nella vita dei nomadi. Durante la migrazione invernale trasportano Gers portatili (tradizionali abitazioni di forma rotonda), stufe, cibo, provviste e spesso altri animali che non possono più camminare.

mongolia

Ma sfortunatamente, troppo spesso la combinazione di esaurimento, mancanza di cibo e temperature estreme può essere mortale per molti animali. Negli ultimi anni la regione dell’Altai ha sperimentato modelli meteorologici molto imprevedibili, e solo quest’anno è stato riferito che “Dzud”, il termine mongolo per un inverno rigido o un’ondata particolarmente fredda, è stato responsabile della perdita di oltre 1,5 milioni di capi di bestiame.

mongolia

Nonostante le sfide che devono affrontare, hanno un incredibile senso di orgoglio per il loro stile di vita. Sono forti e resilienti. Spesso affrontano le difficoltà con intraprendenza e una forte determinazione a superare gli ostacoli. Hanno un profondo legame con i loro animali e una straordinaria capacità non solo di adattarsi, ma anche di prosperare in condizioni così difficili.

Nepal

NEPAL

nepal

Il Nepal, piccolo stato dell’Asia meridionale situato tra Cina e India, non ha sbocco sul mare ed ha un territorio prevalentemente montuoso.

nepal

Ciò che colpisce il viaggiatore sono gli innumerevoli siti dichiarati Patrimonio dell’Umanità, tra cui spiccano i templi e la valle di Kathmandu, Bhaktapur, lo Stoupa di Boudhanat, Lumbin e Patan: nonostante i danni ancora ben visibili causati dal terremoto del 2015, sono luoghi incantevoli che vale la pena visitare per l’atmosfera mistica ed altamente spirituale che li pervade.

nepal

La popolazione nepalese vanta una varietà di circa 100 gruppi etnici, con oltre 92 lingue parlate. La suddivisione in caste, anche se ufficialmente abolita, gioca ancora oggi un ruolo preponderante nella società.

nepal

La  mortalità giovanile è molto alta ed il tasso di alfabetizzazione è basso: solo una donna nepalese su dieci è ad esempio capace di leggere e di scrivere.

nepal

Tra i paesi più poveri al mondo, basa la sua economia prevalentemente su allevamento e agricoltura, che possono però garantire una mera sussistenza a causa della limitata estensione di terre coltivabili e delle difficili condizioni morfologico-climatiche.

Ancora oggi, la sopravvivenza della popolazione dipende in larga parte dagli aiuti degli organismi internazionali.

Nonostante la quotidiana, conseguente precarietà della maggior parte dei suoi abitanti, il Nepal sembra essere uno dei paesi più felici al mondo: i volti sorridenti dei nepalesi, così come la loro gentilezza e calorosa ospitalità, ne sono una dimostrazione lampante.

nepal

Questo racconto di  Stefano Bianchi ha partecipato al  Travel Tales Award 2024

Moldavia

Meta/East

moldavia

Moldavia – In un paese schiacciato tra Romania ed Ucraina, tra l’Unione Europea e la Russia, gli ultimi hanno dimora.

Ci si interroga su quello che è la Moldavia oggi, ossia un autocrazia dove gli uomini forti dirigono e controllano le masse deluse, frustrate, spazientite e in attesa di riforme.

moldavia

Gli ultimi sono i protagonisti delle piazze vuote e spettro del paese, vivono in una situazione precaria che ha portato molti di loro ad emigrare lasciando i villaggi privi delle generazioni intermedie e popolati da bambini, ragazzi ed anziani che interpellano un futuro incerto.

Sono coloro che vivono quei silenzi incidenti, all’inizio e alla fine delle giornate, spezzati dai canti ortodossi provenienti dalle chiese, punti di riferimento simbolici di molti valori nonché sinonimo di tradizione.

moldavia

Schiacciati dai retaggi del regime comunista, dai residui di quel che resta della centrale nucleare di Chernobyl, gli ultimi vanno a popolare anche quei villaggi che dovrebbero essere cancellati per le radiazioni pur di sfuggire alla povertà trasformandosi nei primi delle regioni morte.
moldavia

La forza femminile

Molte donne, vera forza lavoro locale, scelgono di abbandonare le loro case e diventare badanti dell’Europa lasciando molto spesso le proprie famiglie ma con l’obiettivo di ritornare per restituire quel futuro interrogato. I ragazzi soli crescono in strada, in molti casi con i nonni, in molti altri dislocati in zone lontane dai grandi agglomerati urbani.

est

L’assenza delle figure materne genera gli orfani sociali, categoria di deboli e ultimi che spesso vengono accolti da famiglie povere strappandoli dalle fredde camerate degli orfanotrofi fatti di blocchi di cemento non riscaldati.

est

La Moldavia è la nazione più povera d’Europa che ha subito negli ultimi 15 anni un’incisiva mutazione demografica: tra i palazzi alti e grigi, ancora fermi con gli intonaci cadenti e privi di persone, si respira la diaspora fatta di dolorose partenze ed incerti ritorni.
Città perdute dove gli ultimi sono i primi sognatori e protagonisti dei miei ritratti.

moldavia

Molti di questi scatti sono stati catturati in strada, altri nascono dalla conoscenza fatta durante il viaggio degli abitanti del posto, altri ancora richiesti da coloro che per alcuni secondi volevano garantirsi un’illusione di eternità.

moldavia

La storia è divisa in tre parti: l’infanzia, la maturità e la vecchiaia. Tre generazioni a confronto che, con i loro volti e i loro contesti, raccontano quel paese metafisico e surreale quale è la Moldavia, ma anche tangibile dove il tempo è fermo e dove il confine tra passato, presente e futuro sembra scomparire.

moldavia

Gli anziani sono dunque gli stessi adulti e gli adulti gli stessi bambini che rimangono se stessi nel cambiamento, nella solitudine, nel loro essere persi nella città, dando anima ad nuovo romanticismo che contempla qualcosa che si distrugge e muore ma che può rinascere o trasformarsi.

moldavia

Questo racconto di  Sara Aliscioni ha partecipato al  Travel Tales Award 2024

Carbonai

Gli ultimi carbonai della Calabria

calabria

Carbonai – Nei pressi del paese di Serra an Bruno, sulle montagne calabresi, resistono ancora gli ultimi carbonai che si dedicano alla produzione del carbone vegetale naturale.

calabria
Un’attività che ha caratterizzato l’economia di molte aree montane della Calabria fino a pochi decenni fa. Un antico lavoro, svolto da poche famiglie, che si tramandano questa tradizione di padre in figlio.


I carbonai raccolgono la legna nei boschi, principalmente leccio, la quale viene poi impilata in grandi cataste, dette “scarazzi”, che vengono ricoperte di terra e paglia bagnata per creare un ambiente controllato per la combustione lenta.

calabria
Questo processo, che dura anche un mese permette la trasformazione della legna in carbone vegetale attraverso una combustione parziale. La disposizione della legna, il controllo della ventilazione e la gestione del fuoco sono tutte competenze cruciali per garantire una produzione di carbone di alta qualità.

calabria
Una vera e propria arte, tramandata di padre in figlio nelle poche famiglie locali ancora rimaste nel dedicarsi a questo incessante e duro lavoro.

carbonai
Gli scarazzi infatti vanno continuamente alimentati, controllati e ricostruiti a rotazione per tutto l’anno, ogni giorno, 365 giorno l’anno. Un duro lavoro che segna i volti, le mani e la salute di questi uomini.

carbonai
L’attività dei carbonai era parte integrante dell’economia rurale calabrese. Il carbone vegetale era un combustibile fondamentale per le industrie locali e le famiglie prima della diffusione del carbone minerale e dei vari combustibili fossili.

calabria

Questo racconto di  Segio Volani ha partecipato al  Travel Tales Award 2024

Theyyam – India

I tamburi diffondono ritmi millenari, il culto del Theyyam

india

I tamburi diffondono ritmi millenari. Siamo nel Kerala, stato dell’India meridionale, nella regione della Costa di Malabar. Qui è ancora vivo il culto del Theyyam, un rito antichissimo che secondo alcuni risale al periodo neolitico.

Un rituale intenso, radicato nel mondo naturale. In oltre 400 rappresentazioni vengono illustrate le azioni di dei e dee, spiriti, antenati, eroi, animali e alberi. Il pubblico circonda i danzatori, entrando in comunione con loro.

Nel mezzo della giungla, in luoghi che cambiano di giorno in giorno e che vengono rivelati solo tramite il passaparola, ha luogo il rito “magico”.

tamburi

I preparativi iniziano ore prima della performance, con la creazione di elaborati costumi fatti di foglie di palma e altri materiali, tutti provenienti dall’ambiente naturale. La cerimonia del trucco e della preparazione dei costumi avviene ai margini della pista in cui verrà celebrata la danza.
Theyyam

I danzatori, andando contro i ruoli tradizionali, provengono dalle caste inferiori della società indù. Sacerdoti della casta superiore dei bramini li invitano a eseguire il Theyyam, perché, pur provenendo dalle caste inferiori, nel momento in cui avviene la metamorfosi da uomo a divinità, si innalzano anche al di sopra delle altre.

Mentre l’oscurità sta per cedere il passo alla luce del giorno, il pubblico assiste in religioso silenzio. Al suono dei tamburi il danzatore entra in trance. È a quel punto che, secondo la tradizione, cessa di esistere come uomo e la divinità prende il suo posto.
Una rappresentazione Theyyam può durare fino a 24 ore. Folle accorrono ad assistere al rito in cerca di una benedizione da parte degli dei, entrando in comunione con il mondo e con la divinità.

Varanasi

VARANASI, L’ANIMA SPIRITUALE DELL’INDIA

Varanasi

Varanasi, o Benares, è una delle sette città sacre dell’India . Situata lungo il fiume Gange nello Stato indiano dell’Uttar Pradesh, è una delle città più antiche del mondo. Questo rappresenta un importante centro spirituale e culturale in India.

Varanasi

I famosi ghat lungo il fiume,  sono luoghi di spiritualità e purificazione dove i fedeli si immergono nelle acque sacre ( e sporchissime ) del Gange , e dove sul Manikarnika Ghat, si  cremano i cadaveri, in un incessante serie di roghi a cielo aperto , giorno e notte, 365 giorni l’anno.

India

La città vecchia, con i suoi vicoli stretti,  i vari mercati ed i piccoli, se non microscopici negozietti, creano un’atmosfera ed una esperienza unica per il viaggiatore.
Varanasi

La città attrae fedeli induisti che cercano di ottenere la moksha, la liberazione dal ciclo delle reincarnazioni ( samsara).  Qui si incontrano i personaggi piu’ strani , veri o fasulli , sani di mente o distrutti dalle droghe, indiani o da ogni angolo del mondo. La vita lungo il fiume Gange è un riflesso vivente della spiritualità e della tradizione indiana. Cerimonie e rituali, detti Ganga Aarti, che si svolgono all’alba e al tramonto.

Volani

In sintesi, Varanasi incarna l’anima spirituale dell’India, con le sue antiche tradizioni, la gente devota e l’atmosfera mistica che la rendono un luogo unico al mondo.

Varanasi

Questo racconto di  Segio Volani ha partecipato al  Travel Tales Award 2024

Alpine Nights

Alpine Nights
Alpine

 

“Calma
Tempesta
Prima e dopo
Calma

 

Alpine

 

Tempo per pensare
Tempo per non pensare
Tempo sospeso

 

Alpine

 

Foresta immersa nella neve
Lampada frontale
Due… quattro… sei luci… occhi!
Mi fissano dall’oscurità
Caprioli?
Cervi?
Lupi?

Alpi

Tempo per contemplare.”

Questo racconto di Alessandro Servalli ha partecipato al  Travel Tales Award 2024

Through the window

Through the window

california

California – “Through the window: Baja California on the road” è una raccolta di istantanee che catturano la poesia di un viaggio attraverso una terra selvaggia, autentica e contrastante.

california

Ogni scatto è un’ode alla fugacità e all’imprevedibilità di ciò che si dispiega oltre il finestrino dell’auto, invitando alla contemplazione della bellezza di un mondo in movimento, dove i paesaggi desertici, le città frenetiche e la poesia delle strade solitarie ti sorprendono rapidamente e inaspettatamente prima che la curva successiva riveli nuove meraviglie.

california

Ogni inquadratura diventa così una tappa di un viaggio senza fine, dove la strada diventa compagna di viaggio e il finestrino diventa la cornice di un’esperienza in continua evoluzione.

On the road

Baja California, Messico Agosto 2023

Questo racconto di Paola Signorelli ha partecipato al  Travel Tales Award 2024

A Rom House

A Rom House

A Rom House

“Grazie mille, grazie mille”. Sono le uniche parole che sa dire in italiano. Le ha imparate venendo in Italia, dove va un paio di volte all’anno a chiedere l’elemosina, quando la famiglia ha bisogno di soldi. È una famiglia rom, composta dai soliti elementi che percorrono varie generazioni, dal patriarca al ragazzino di 15 anni, il più giovane. Ci ricevono  nel porticato di casa loro, ma sono ben contenti di farci vedere il salotto, arredato e decorato, dove nessuno mette mai piede. Si vive e si dorme tutti in una stanza e il grande salotto, con la tappezzeria verde e i tendaggi color porpora, viene usato per mostrarlo agli amici.

rom

Fanno i calderai, gli uomini. Che poi è la professione ufficiale dei Rom di Transilvania. Cioè lavorano di martello piccole pentole, bricchi per il latte, ciotoline di rame. Li dispongono lungo la strada e li vendono, o cercano di venderli, agli automobilisti di passaggio. Non so con quanta fortuna perché anche in Romania, così come in Italia, i Rom non sono visti di buon occhio.

rom
I racconti

Nel corso del pomeriggio che passiamo insieme, oltre al “grazie mille” che la signora mi ripete in continuazione anche quando non c’è nulla di cui ringraziarmi, mi spiegano che il figlio del patriarca, un uomo all’apparenza molto anziano e con una lunga barba bianca, è morto da poco. Era il periodo del Covid e le regole non prevedevano che il corpo lasciasse l’ospedale.

rom

Ma è mai possibile che in una famiglia Rom che si rispetti non venga organizzata una veglia funebre con amici e parenti, tantissimi? È bastato pagare un po’ qui e un po’ là – infermieri, dottori – ed è stato permesso portare il corpo a casa, come vuole la tradizione. Certo, tutto questo ha avuto un costo: 10.000 euro, spiega l’uomo di casa (si capisce subito chi è dal piglio sicuro, dal fatto che comanda a bacchetta tutti gli altri). Quello che non è chiaro è come si racimolino 10.000 euro vendendo pentolini di rame. Ma quella è un’altra storia.

transilvania

Come è un’altra storia quella del fidanzamento del ragazzino, promesso sposo a 15 anni e lasciato dalla fidanzata. Non ha l’aria di essere abbattuto. Forse sa che un fidanzamento rotto vuol dire risarcimento in denaro, un ricco risarcimento per la famiglia.

rom

Questo racconto di Daniela De Rosa ha partecipato al  Travel Tales Award 2024

Mato Grosso

XINGU
Immersione nelle terre indigene amazzoniche

XINGU

Il popolo XINGU è un gruppo di 16 tribù amerinde che parlano quattro diversi gruppi linguistici, che vivono nella parte superiore del Rio Xingu, un affluente del Rio delle Amazzoni, nello stato federale del Mato Grosso.

Tuttavia, la sopravvivenza degli Xingus è continuamente minacciata dalla deforestazione e dall’impatto sul fiume Xingu, considerato da diverse tribù indigene la loro casa e quella di specie uniche. Vivono in armonia con la terra lungo il fiume, facendo il bagno nelle lagune e guadagnandosi da vivere con la pesca.

XINGU

Gli Xingus che vivono in questa regione hanno costumi e sistemi sociali completamente simili, nonostante abbiano lingue diverse. Feste e cerimonie comuni li uniscono, come il Kuarup e il tradizionale evento di wrestling, huka-huka.

Usi e costumi tradizionali

Il Kuarup è la più grande cerimonia intercomunitaria degli Xinguaniani. Si tiene nell’arco di un giorno e mezzo, celebra i funerali secondari e riunisce i morti della regione e i vivi quando entrano nell’età adulta. Le ragazze pubescenti vengono presentate ai villaggi. Dopo la prima mestruazione, le ragazze trascorrono un anno confinate nella loro OKA, la casa della comunità, ricevendo lezioni sul comportamento e le azioni femminili.

XINGU

Dopo quest’anno, durante il Kuarup, accompagnati da suonatori di flauto e vestiti con collane di perle di roccia, una fascia di lana e altro ancora alle punte dei capelli, vengono presentati a tutto il villaggio.

Al termine della cerimonia, il rito finale di passaggio all’età adulta, la madre taglierà la frangia di capelli che è rimasta intatta per tutto questo tempo. Questa cerimonia non significa che queste giovani ragazze siano destinate a sposarsi immediatamente. Celebra la vita che queste giovani donne sono ora pronte a dare e celebra il cerchio della vita associato alla cerimonia funebre di Kuarup.

L’huka-huka è un’arte marziale tradizionale praticata dagli Xingus. Le piume, la carcassa del cassique dal culo giallo e la pelle di giaguaro sono segni di distinzione che i migliori lottatori possono indossare alla cintura.

Il wrestling richiede anni di preparazione fisica e meditazione per gli uomini a partire dai quattordici anni. I lottatori sono dipinti di rosso e nero in omaggio al giaguaro. Poco prima del combattimento, i protagonisti vengono ricoperti di olio di pequi.

XINGU

Reportage fotografico che racconta la storia della nostra immersione con una delle tribù, i Mehinako.

Questo racconto di Anne Francoise Tasnier ha partecipato al  Travel Tales Award 2024

Gujarat

Gujarat Tribale
Gujarat

Il Gujarat, uno stato situato nella parte nord occidentale dell’India, al confine con il Pakistan, è una terra ricca di storia, cultura, ed una importante  realtà industriale. Il mio tour nel Gujarat si è rivolto principalmente verso le realtà tribali che popolano la zona.

Rabari, Gamit, Warli, Kunbi, Bhil, Konka, Rathwa, Dhanka, Kathodi, Garasias, Jath, Bajana…. e altre, sono solo alcune delle tribù che popolano questo vasto territorio, affacciato da un lato sull’oceano indiano, dall’altro incorpora uno dei piu’ grandi deserti di sale al mondo , il Rann of Kutch , che arriva sino al confine con il Pakistan .

La popolazione incontrata è generalmente accogliente e calorosa. Superato il primo impatto di diffidenza, tutti si avvicinano per farsi fotografare o per chiedere di fare un selfie con noi.

Gujarat

Solo nella parte mussulmana del Kutch, dove vivono le tribù Jath, è alquanto complicato poter fotografare le donne che portano pesanti anelli al naso . Solo con il consenso ( pagamento ) del capo tribù si riesce a scattare qualche foto.

Gujarat

La cosa che colpisce è la povertà delle persone che vivono in queste tribù sparse per il territorio. Pur vivendo in uno stato industrializzato, quando si esce dalle città principali come Surat, Ahmedabad e Vadodara, si nota subito la totale mancanza di acqua potabile, elettricità e servizi igienici. Ma, … c’e’ sempre un ma nelle storie, tutti o quasi hanno il cellulare….

Gujarat

 

Questo racconto di Sergio Volani ha partecipato al  Travel Tales Award 2024

Kumortuli

Kumortuli (Kolkata) – India

kumortoli

Dal 2018 al 2024 ho visitato varie volte questo il quartiere di Kumortuli, molto caratteristico e peculiare, che in ogni momento affascina ed emoziona. La mia breve serie racconta alcuni aspetti di questa zona e le atmosfere che si respirano attraversandola.

kumortuli

Kumortuli, (“Kumor” significa “vasaio” e “Tuli” significa “località” in lingua bengalese) si trova nella parte nord di Calcutta, vicino alle rive del fiume sacro Hooghly ed è la zona dove si producono la maggioranza degli idoli di argilla per le varie feste religiose, esportati anche in tutto il mondo.

kumortuli

Il luogo acquisì storicamente importanza durante il dominio britannico (Compagnia britannica delle Indie Orientali) che assegnava distretti separati alla forza lavoro. Ciò diede origine a varie zone: dei falegnami, dei venditori di vino, dei fornitori di olio, dei pastori e Coomortuli (ora Kumortuli) per i vasai.

Essendo il luogo assegnato a Kumartuli vicino al fiume Hooghly, era facile per i vasai ottenere argilla di buona qualità per il loro lavoro. Essi producevano solitamente vasi, urne e oggetti simili necessari per la vita di tutti i giorni.  Realizzavano anche idoli di Dei e Dee per le puja, le feste religiose induiste. Proprio per le loro abilità e l’importanza delle feste religiose per gli induisti, gli artigiani di Kumartuli sono diventati artisti scultori delle varie divinità, non più semplici vasai.

india

I vicoli degli artigiani di Kumortoli

Il quartiere è formato da un dedalo di vicoli, quasi un labirinto, costellati dalle botteghe degli artigiani. Kumartuli è ora la residenza permanente di generazioni di artigiani, circa un migliaio, che si tramandano la loro esperienza.  I laboratori improvvisati si sono trasformati in studi permanenti di molti artisti rinomati.
La più importante festa bengalese, la Durga Puja, che si svolge in genere in settembre/ottobre, è la più grande manifestazione artistica di questi lavoratori. Il lavoro comincia a Kumartuli molto prima che inizino effettivamente i sacri rituali della Durga Puja.
Giorno dopo giorno gli artigiani lavorano incessantemente, scolpendo gli idoli con fieno e argilla, lasciandoli asciugare e poi dipingendoli magnificamente con sgargianti colori, in base al tema specifico richiesto.

kumortoli

La loro maestria è notevole ed ogni idolo ha qualcosa di unico e si distingue dagli altri per il modo in cui sono colorati o vestiti o per la forma che assumono. Molti degli artigiani che lavorano all’interno della comunità hanno sviluppato un loro stile individuale e tutti seguono anche alcuni rituali religiosi, come ad esempio dipingere gli occhi della dea Durga (rituale chiamato “Chakkhu daan” o donazione degli occhi), solo all’alba di un determinato giorno del culto. Anche gli oggetti utilizzati nella decorazione degli idoli sono diventati un commercio importante.Il percorso di lavoro termina con i committenti che, in genere di sera o notte, portano via l’idolo prima della puja (la festa).La stessa sequenza di lavoro avviene per tutte le principali feste induiste dopo la Durga Puja. Pertanto, in ogni stagione dell’anno si possono osservare le attività di questi instancabili artisti, apprezzati da tutti i bengalesi e non solo.

Questo racconto di Ignazio Sfragara ha partecipato al  Travel Tales Award 2024

Visione maculare delle donne in Stem

Visione maculare delle donne in Stem

Donne in STEM (L’acronimo STEM, dall’inglese Science, Technology, Engineering and Mathematics è un termine utilizzato per indicare le discipline scientifico-tecnologiche e i relativi corsi di studio).

Si deve aver bisogno di aria e acqua per sopravvivere, crescere e vivere su questo pianeta. Se consideriamo l’aria come educazione e l’acqua come l’uguaglianza della nostra società, abbiamo bisogno che entrambe funzionino contemporaneamente e senza intoppi per sopravvivere, crescere e respirare la nostra società.

stem

Ma, in realtà, la situazione è esattamente avversa, mentre il sistema patriarcale domina interamente in termini di istruzione femminile e uguaglianza di genere.
L’uguaglianza o la non discriminazione è quello stato in cui ogni individuo della società anela alla parità di status, opportunità e diritti. Tuttavia, è un’osservazione generale che esiste molta discriminazione tra gli esseri umani.

La discriminazione esiste principalmente a causa del genere. La disuguaglianza basata sul genere è una preoccupazione diffusa in tutto il mondo.  Anche nel 21° secolo, in tutto il mondo uomini e donne non godono di uguali privilegi, nemmeno dell’istruzione.

L’istruzione delle donne è fondamentale per il progresso della società. Dà potere alle donne, migliora le loro opportunità economiche e promuove l’uguaglianza di genere. Le donne istruite contribuiscono alla forza lavoro, guidano l’innovazione e prendono decisioni informate sulla loro vita, salute e famiglia.

stem

L’istruzione fornisce loro le competenze necessarie per liberarsi dai vincoli tradizionali e partecipare attivamente alla società. L’istruzione favorisce anche la partecipazione delle donne alla sfera sociale e politica. Le donne istruite hanno maggiori probabilità di impegnarsi in attività civiche, difendere i propri diritti e partecipare a ruoli di leadership. Questo, a sua volta, porta a una governance più inclusiva ed equa.

Inoltre, l’istruzione delle donne abbatte gli stereotipi e mette in discussione i ruoli di genere tradizionali, promuovendo una società più egualitaria. Ispira le giovani generazioni di ragazze ad aspirare all’istruzione superiore e alla carriera, creando un ciclo positivo di progresso.

stem

E’ giunto il momento per noi, non di alimentare la nostra cosiddetta visione periferica, ma di sviluppare una visione maculare verso l’educazione delle donne e l’uguaglianza di genere, in modo che la nostra società possa modellarsi in modo colorato e nitido per vivere, respirare e crescere.

Questo racconto di Soumayan Biswas ha partecipato al  Travel Tales Award 2024

Faces of Puskhar

INDIA – Faces of Pushkar

Questa storia di immagini prende vita durante le mie molteplici visite alla città desertica di Pushkar nello stato indiano del Rajasthan durante la famosa fiera dei cammelli.

Pushkar

Anche se Pushkar è famosa per la fiera dei cammelli, è lo stile di vita semplice e nomade di quei pastori che vengono alla fiera dei cammelli che mi interessa di più.

La mia storia consiste in ritratti di persone di Pushkar in diversi stati d’animo, nei loro colorati abiti tradizionali e religiosi – donne che cantano e ballano allegramente per strada in uno stato d’animo festoso, pastori che si godono la chiacchierata davanti al caminetto per riscaldarsi in una fredda mattinata.

Ed ancora: un pastore che porta la sua mandria di cammelli al terreno della fiera, donne nomadi e uomini che preparano cibo per la loro famiglia e amici,  l’uomo che suona il flauto su una duna di sabbia nel tempo libero, la madre premurosa che protegge il suo bambino denutrito dal freddo inverno, il pastore che decora il suo cammello, somministra medicine al suo cammello, i valorosi uomini del deserto che appaiono al meglio alla fiera con il loro turbante colorato e il bene più prezioso dei baffi.

Questo racconto di Paul Kuntal ha partecipato al  Travel Tales Award 2024

I pigmei Baka

I PIGMEI BAKA Gli ultimi custodi della foresta (Camerun 2022)

Pigmei

In una radura, nel cuore della foresta equatoriale africana del Camerun, vive uno degli ultimi gruppi dei Pigmei Baka: uno dei popoli più antichi dell’Africa.

La loro organizzazione è incentrata sulla famiglia o su comunità di poche famiglie in cui le decisioni importanti vengono prese da tutta la collettività, eliminando la necessità di un vero e proprio leader, anche se la figura più anziana costituisce sempre il punto di riferimento.

In perfetto equilibrio con l’ambiente che li circonda e le sue risorse, i Baka sono sopravvissuti per millenni cacciando con frecce e trappole e raccogliendo frutti e piante medicinali che la foresta offriva loro, nel pieno rispetto di essa e salvaguardandone la biodiversità.

Costantemente in movimento, alla ricerca di cibo fresco, si sono sempre spostati all’interno della foresta costruendo ripari provvisori fatti di un intreccio di rami e foglie. Qui praticano una vita semplice: un vestiario ridotto, scarso vasellame per cucinare e strumenti primordiali per la caccia.

pigmei

La vita quotidiana:

Anche l’organizzazione del lavoro è ben scandita: le donne si occupano di andare a pescare o a prendere l’acqua in un torrente o le legna nella foresta, oltre ad occuparsi dell’accudimento della cucina e dell’accudimento dei figli.

Gli uomini provvedono a mettere le trappole nella foresta, a raccogliere il miele, mentre per cacciare gli animali di grossa taglia si allontanano dal proprio villaggio spostandosi all’interno della foresta per giorni interi.

Anche le serate con loro sono magiche. Amanti della musica trascorrono le loro serate tra suoni, danze e canti: è una vera emozione ascoltarli ed osservarli.

Il canto, la musica e la danza, appartengono alla loro storia ed accompagnano ogni giorno il semplice trascorrere della vita e degli eventi. Dai riti di iniziazione alle preghiere fatti agli spiriti della foresta, dai matrimoni ai funerali.

Il loro rapporto con la foresta è di immensa gratitudine. E’ considerata sacra dai Baka e per questo costituisce anche il luogo di sepoltura dei propri defunti.

Da alcuni decenni, a causa dello sfruttamento industriale delle foreste, dell’espansione delle piantagioni di palme da olio, e dell’assegnazione delle terre destinate a riserve naturali, la sopravvivenza dei Baka e delle loro tradizioni è in grande pericolo.

La foresta

La foresta è sempre stata parte integrante dell’identità Baka e ha sempre soddisfatto tutti i loro bisogni. I pigmei, allontanati forzosamente dal loro ambiente naturale, di cui sono profondi conoscitori, e privati delle risorse indispensabili alla loro vita, quali la caccia e la raccolta dei prodotti della terra, la maggior parte di loro sono ridotti a mendicare o diventare manovalanza della classe dominante.

Non hanno carte d’identità, per questo sono esclusi quasi totalmente dalle cure sanitarie e dall’educazione, né il governo si preoccupa di tutelare i loro diritti. Isolati e discriminati, sono tuttora vittime di intimidazioni e violenze e costretti ad adattarsi ad un moderno stile di vita a loro totalmente estraneo.

Sono uno dei gruppi etnici più emarginati dell’Africa a rischio di estinzione. Quello che si sta consumando da decenni nei loro confronti è un vero e proprio genocidio silenzioso.

Questo racconto di Luciana Trappolino ha partecipato al  Travel Tales Award 2024

ARKADAG

Turkmenistan. Alla scoperta di ARKADAG

Dove si trova la più alta concentrazione di edifici rivestiti di marmo bianco? Quasi sicuramente penserete a Dubai, ma sappiate che la risposta è sbagliata!

 

La vista dalla finestra del ristorante del cafè dell’Hotel Yyldyz

Molto probabilmente penserete allora al nostro belpaese…ma dovete sapere che anche in questo caso la vostra risposta sarà sbagliata.

La Turkmenbashi Ruhy Mosque nei pressi della capitale: intitolata al primo presidente turkmeno è la moschea con la più grande cupola al mondo

 

Il palazzo dei matrimoni di Ashgabat costruito nel 2011 copre un’area di 38000 metri quadrati, sul globo centrale è rappresentata la nazione turkmena.

Proviamo con un’altra domanda: dove si trova la più alta concentrazione di fontane in uno spazio pubblico?Anche qui la maggior parte delle risposte saranno sbagliate e difficilmente indovinerete

arkadag
Lo shopping center Altyn Asyr (età d’oro) è considerata una delle fontane più grandi del mondo, l’acqua scorre dalla cima fino alla base del palazzo

Aiutino: stiamo parlando della nazione dove si trova il cratere di metano più grande al mondo!

arkadag
Monumento al Ruhnama, il libro scritto dal primo Presidente del Turkmenistatn.

Eureka! Forse in questo caso state avete intuito di quale nazione stiamo parlando: il Turkmenistan una situato nell’Asia Centrale nata dopo il 1991 in seguito al crollo dell’Unione Sovietica

turkmenistan
Stampa locale che riporta in tutte le prime pagine una foto del Presidente

Spesso al centro di dibattiti per la tematica del rispetto dei diritti umani, fa trapelare ben poco all’estero della propria politica e durante gli anni della pandemia ha dichiarato di non aver avuto nemmeno un caso di Covid, non permettendo però a nessuno dell’OMS di verificare tale notizia.

In questo frangente si inserisce un nome, che ai più risulterà sicuramente sconosciuto: Gurbanguly Berdimuhamedow, presidente dal 2006 al 2022 con più del 97% dei voti ad ogni consultazione, autore di decine e decine di libri su temi diversi che vanno dai cavalli ai tappeti, dalla storia al thè e nominatosi Arkadag che in lingua turkmena vuol dire protettore.

arkadag
Gli invitati a un matrimonio aspettano gli sposi. Sopra le loro sedie capeggia una foto del presidente.

La capitale Ashgabat, seppur appaia quasi disabitata, sembra abbia circa un milione di residenti e fra palazzi moderni e monumenti futuristici le immagini del presidente campeggiano un po’ ovunque, dalle strade, agli edifici pubblici, dalle autovetture, alle sale da matrimonio.

arkadag
Una signora attraversa la strada per entrare in un giardino pubblico. La traduzione letterale dell’insegna è “Parco della felicità”

Questo racconto di Cristiano Zingale ha partecipato al  Travel Tales Award 2024

Mongolia

Viaggio nelle selvagge terre di Gengis Khan

mongolia

La Mongolia va esplorata fuori dai confini della capitale, Ulan Bator. È lì fuori che esiste un microcosmo di paesaggi e climi diversi di cui l’occhio e il cuore non si stancano mai. È lì fuori che bisogna fare caso ai suoi abitanti, i loro sguardi e la loro gentilezza. Il loro essere nomadi e strettamente legato alla natura e alle stagioni. Uno stile di vita che li rende distaccati dal consumismo e li tiene lontani da questo mondo caotico.

mongolia

Il viaggio ci ha portato a scoprire due aree estreme della Mongolia, la parte occidentale con le terre dell’imponente Altai Nuruu, la più alta catena montuosa della Mongolia, e la parte dell’estremo nord coperta dal verde della Taiga.

mongolia

Le alture

Le distanze da percorrere sono lunghe ma il paesaggio in continuo cambiamento riduce i tempi di percorrenza. Tra spostamenti a cavallo e mezzi a motore il viaggio è un continuo di emozioni e avventura e ci porta persino a raggiungere il ghiacciaio Tavan Bogd, ai confini con Russia e Cina, dove montiamo il campo base e ci prepariamo alla conquistiamo la vetta del Malchin Peak (4050 m).

Successivamente siamo entrati nella taiga dove siamo stati ospiti di una famiglia Tsaatan. Abbiamo condiviso con loro attimi, lavori, giochi, sorrisi e cibo.

mongolia

In questo angolo di paradiso è come essere tornato indietro nel tempo e se ti immergi senza freni nella vita di queste famiglie, capisci che è la natura a dettare i tempi e puoi percepire l’essenza, la semplicità e le vere necessità della vita.

Il viaggio si conclude con rientro ad Ulan Bator, con lo zaino pieno di emozioni e ricordi e con gli occhio lucidi ma più vivi.

Vorrei concludere questa narrazione con una frase del libro “Il leopardo e lo sciamano” di Federico Pistone, “La Mongolia è la terra dei miracoli. Semplicemente perché riporta l’uomo alle origini, lo spoglia e lo risana dalle malattie che la nostra condizione evoluta ci consegna in cambio di qualche comoda inutilità contronatura”.

mongolia

Questo racconto di Loris Delvecchio ha partecipato al  Travel Tales Award 2024

Tunisia

C’è magia nel deserto, Tunisia

tunisiaIn volo verso la Tunisia avevo un unico desiderio: spingermi oltre il già visto e smettere di scattare normali foto di bei luoghi, per iniziare a fare belle foto di luoghi normali. Ma subito mi sono scontrata con una difficoltà. Cos’era davvero normale in un mondo così lontano e così diverso dal mio, dove abitudini, tradizioni, cultura e storia apparivano ancora non contaminate dalla globalizzazione? 

tunisia

Poi mi sono semplicemente lasciata catturare dal fascino senza tempo di quel cono di terra che si snoda tra la Libia e l’Algeria.
Laggiù la luce calda e intensa trasmette un senso assoluto di solitudine e serenità che trasporta in una dimensione vibrante di energia.
E’ come una forza antica e potente: la stessa che permea le vaste distese di sabbia e aridità.

Il deserto della Tunisia

L’effetto di quella luce è in ogni piega dei volti di chi nel deserto vive e lavora, fabbricando mattoni, pascolando il bestiame, dormendo in capanne fatiscenti. Ho incontrato famiglie di nomadi e seminomadi e nei loro tratti scavati dalla fatica ho scorto il peso di una vita durissima. Su quella pelle, segnata da solchi profondi, sono impressi i segni del sole cocente, della sabbia e del vento.

deserto
Le guance scavate e gli zigomi sporgenti riflettono la fatica e la durezza di una vita lungamente messa alla prova dalla penuria di acqua, di cibo e di riposo. Eppure quei volti raccontano storie di coraggio, saggezza e resilienza da cui traspare una bellezza autentica, plasmata dalla forza interiore di chi lotta quotidianamente per sopravvivere. Diverso, ma forse ancora più graffiante, è lo sguardo dei bambini, sulle prime un po’ smarrito davanti alla fotocamera ma, subito dopo, risoluto e penetrante. Faticavo a immaginare che quella vita all’insegna della povertà, così lontana dagli agi e dalle comodità del mondo occidentale, avrebbe continuato a fluire implacabile anche dopo il mio passaggio troppo rapido perché potessi coglierne pienamente il peso e il significato.

I berberi

berberi

Diverse, invece, sono state le sensazioni scaturite dall’incontro con le popolazioni berbere e le loro tradizioni millenarie di persone accoglienti, semplici, assai povere. Eppure non è raro scorgere i loro visi sorridenti che fanno capolino dalle abitazioni dei villaggi in cui abitano. A Matmata, Toujane e Zammour le abitazioni troglodite sono scavate nel terreno argilloso che mi ha inghiottita quando, con un po’ di riluttanza, ho dovuto dormirvi. Non nascondo di essere stata spaventata dal quel contatto diretto con la natura che, invece, mi ha offerto un riparo confortevole in cui gli iniziali timori si sono sciolti nella dolcezza inaspettata della sua protezione, così contrastante con quella forza primordiale proveniente dall’energia selvaggia che si sprigiona in quell’ambiente apparentemente ostile e misterioso, soprattutto per chi non lo conosce. Ma è proprio laggiù che può avvenire un autentico richiamo alla nostra connessione con la natura, alla nostra capacità di adattamento e alla nostra ricerca di significato in un mondo complesso: è un luogo dove, come per magia, forza e fragilità sembrano fondersi in una danza eterna. 

tunisia

Foto e parole di Roberta Vitali

Questo racconto ha partecipato al  Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

Arti e Mestieri

Attività e mestieri

mestieri

In mondi ai confini della società industrializzata esistono società che sembra si muovano a velocità differenziata dove l’iniziativa e la fantasia del singolo ancora non sono state sostituite da attività imprenditoriali caratterizzate da un coacervo di spregiudicate capacità operative, capitali, strutture e profitto.

Qui ancora la manualità e la fantasia non perseguono necessariamente l’esasperazione del guadagno (del resto non facilmente ottenibile considerando la realtà di quelle economie). Ciò avrebbe come immediata conseguenza un decremento di genuinità sia dei prodotti che dei rapporti umani. Sembra quasi che si tenda a privilegiare uno status quo temporaneamente immobile nel tempo senza apparenti aspirazioni a sviluppi.

mestieri

Quindi: Oggi come ieri e, con molta probabilità, come domani……

Le motivazioni

Ma se questa è una faccia della medaglia (il rallentamento dello sviluppo per scelta etica, sociale e religiosa), l’altra mette in risalto una situazione che vede noi, paesi civili (un tempo recente anche colonizzatori), in parte responsabili di questa realtà perché inesorabilmente presenti laddove esiste ancora qualcosa di cui appropriarsi a buon prezzo (petrolio, terre rare, metalli preziosi, paesaggi da utilizzare per turismo ecc.), e completamente e colpevolmente assenti nei paesi dove tutto ciò è carente.

mestieri

Un’ istantanea immediata ci mostra Paesi in condizioni obbiettivamente difficili fino all’inverosimile, ai quali è stato scippato tutto ciò che era possibile per poi essere abbandonati a loro stessi (competenze zero, preparazione tecnologica scarsa, cultura minimale, strumentazione industriale inutilizzabile per carenza di pezzi di ricambio, occidentali, difficoltà di specializzazione degli addetti.)

mestieri

Gli elementi positivi dei mestieri

Risalta all’occhio curioso una attività non tesa allo spreco (usa e getta) ma ad un utilizzo e riutilizzo dei materiali di ogni genere in una costante attività in cui il tempo non ha più il valore stressante come da noi ma si stende in giornate umanamente sostenibili pur se sostanzialmente faticose.

mestieri

Siamo sicuri che fra breve tempo i paesi consumisti non saranno costretti a fare marcia indietro e rivedere gli schemi utilizzati fino ad oggi?? 

Dovremmo prevedere un sistema progressivo di ridimensionamento degli eccessi e frenare il consumismo che distrugge l’ambiente e la società che di “civile” ormai ha solo l’appellativo.

arte

Foto e parole di Roberto Renai

Questo racconto ha partecipato al  Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

Jumping Boys

tanzania

Sono Marjin Shulte e vi porto nel vivace porto di Stone Town, in Tanzania, un gruppo di ragazzi locali si riunisce ogni giorno per un’emozionante pratica che fa parte della loro cultura.
Questi ragazzi si tuffano in mare dal molo con incredibile abilità e precisione, impressionando sia i turisti che la gente del posto. Ai ragazzi locali di Stone Town Zanzibar piace mettere in mostra le loro abilità nel tuffo e nel salto per dimostrare la loro audacia e il loro coraggio.

tanzania

Il molo, che si trova proprio sull’oceano, è un punto di lancio ideale per mostrare, alla folla che guarda con ammirazione, le loro acrobazie!
Man mano che si diffonde la notizia degli accattivanti salti dei ragazzi locali, un numero crescente di gli spettatori curiosi sono attratti dalla scena a Stone Town, in Tanzania.

tanzania

La folla si organizza organicamente in una linea ordinata, aspettando con impazienza il loro turno per assistere allo spettacolo maestoso.
Le grida energiche dei ragazzi fungono da catalizzatore, accendendo un’energia contagiosa che si diffonde tra la folla.

tanzania

La buona competizione in Tanzania


Gli applausi diventano una forza unificante, che connette tutti in una celebrazione condivisa degli incredibili salti dei ragazzi locali.
Assistere ai ragazzi locali che saltano con grazia in mare, accompagnati da vortici di foglie o fiori, è un piacere sensoriale che lascia un ricordo indelebile negli spettatori. Esso è una testimonianza della loro creatività e del patrimonio culturale unico che fiorisce in esso Stone Town, Tanzania.
zanzibar

Con occhio vigile, i responsabili della sicurezza ricordano gentilmente al pubblico di restare indietro e forniscono indicazioni su dove è sicuro posizionarsi. Sanno che mantenere uno spazio controllato è fondamentale per la corretta esecuzione dei propri salti, per la loro sicurezza e di tutti i soggetti coinvolti.

Uno spirito giocoso riempie l’atmosfera mentre i ragazzi, a turno, si cimentano in audaci salti, capriole o tuffi sempre più alti.

Tutto questo per impressionare, non solo gli spettatori ma anche i loro compagni sfidanti, stimolando un sano senso di benessere competizione e desiderio di miglioramento continuo.

Foto e parole di Marjin Shulte

Questo racconto di Marjin Shulte ha partecipato al  Travel Tales Award 2023 ed è stato pubblicato sul libro che raccoglie il meglio della terza Edizione.

Il libro è stato presentato a Milano durante la nostra Convention di Viaggio Fotografico. Clicca QUI per partecipare anche tu alla nuova edizione 2024.

Steel Life

India

Steel Life

Siamo nel nord dell’India. Il confine pakistano che si affaccia al Mar Arabico.

Entrare in queste fabbriche non è facile, attraverso alcune persone ben inserite nel contesto sociale, amici di amici che ci procurano un permesso per visitare questi enormi capannoni dal caldo spaventoso. Veniamo abbracciati da campi di acciaio ancora fumante, rumori assordanti e un formicaio di persone, tutto annerito dalla fuliggine del grande forno dall’aspetto vulcanico.

steel life

I camion che incessantemente scaricano rottami di grandi dimensioni e caricano il metallo rinnovato uscito dalle ceneri come una fenice nera. All’inizio fotografare e spostarsi qui è veramente difficile, la paura di farsi male o di essere un pericolo per questi instancabili lavoratori è costante. Dopo un po’ ci si abitua e si intuisce dove mettere i piedi, quando abbassare velocemente la testa, quando non respirare e quando proteggere gli occhi.

india

Queste foto raccontano del mondo delle fonderie di acciaio e della vita lavorativa di uomini che con il riciclo dell’acciaio cercano di sopravvivere. La vita qui per loro si svolge in modo circolare, la mattina gli operai si alzano presto, per andare al lavoro e c’è chi a rotazione prepara i pasti per gli altri.

acciaieria

Chi sta alla fornace, chi al deposito di carbone. Quando iniziano i turni gli uomini sono impegnati a demolire vecchi relitti di navi provenienti da tutto il mondo: tagliano il metallo, lo lavorano, lo fondono e lo trasformano di nuovo.

acciaieria

Solo il metallo qui cambia vita, purtroppo non accade a questi uomini, loro sono sempre qui, tutti i giorni finché il fisico regge, fino a sera, fino a quando la sirena suona l’arrivo del tramonto.

acciaieria

Una catena umana fatta di fatica, sudore e duro lavoro. Molti occhi curiosi e sorrisi amichevoli ma amari.

acciaieria

Foto e parole di Nicola Ducati

Racconto pubblicato sul prestigioso volume di  Travel Tales Award 2023. Presentazione del libro: Milano durante la nostra Convention di marzo 2024.

Mare Fecunditatis

mare

Mare Fecunditatis, ovvero il deserto esistenziale

mare
“Sono tornato là,

Dove non ero mai stato.

Nulla, da come non fu, è mutato.”

Giorgio Caproni

Mare

Vita e morte mi appaiono come un’unica funzione che si annulla nel proprio principiare, quasi un movimento fermo, un atto mancato nella caduta del tempo dove le forme dell’esistenza trasmutano nel silenzio, si dissolvono i contorni della vita e persistono, distratti, i residui della memoria nei lacerti della creazione umana.

mare

Impartire bordi alle cose, soffrirne il peso per poi arrendersi alla cieca trasformazione: fremiti del nulla nella vastità dello spirito.

salipante

… Ed è in questa marea dell’anima che la morte mi par essere sempre più sorella della vita.

Foto e parole di Tina Salipante 

Questo racconto è stato selezionato e pubblicato sul libro di  Travel Tales Award 2023. Clicca su QUESTO LINK per partecipare anche tu alla nuova edizione.

Polaroid

Istantanee di viaggio nel mondo…durante il Covid-19

Chissà come sarebbero le nostre città se fossero vuote.

polaroid

A volte ce lo siamo chiesti, a volte con difficoltà abbiamo provato ad immaginarlo, altre volte l’abbiamo visto in tv. Le città non sono vuote, come abbiamo sentito spesso ripetere in queste settimane di pandemia.

polaroid


Le vediamo vuote se le facciamo coincidere con il loro spazio pubblico e se pensiamo che si esauriscano nella loro immagine metafisica, che i giornali e i social ci hanno proposto nei giorni di pandemia.

 

Ma allo stesso tempo guardando, non soltanto con gli occhi, si vede che queste città restano piene di vita, di corpi e di anime, le nostre, che rimangono invisibili, vite compresse nei modesti o preziosi formicai che sono le nostre case, è dentro di noi, sentiamo lo smarrimento di un tempo che si è dilatato, sentiamo l’ansia, quel non riuscire neppure a leggere o a pensare con profondità alle cose che facciamo.


In queste settimane di quarantena tutti abbiamo capito che è entrata in crisi la nostra stessa idea di abitare, che nella sua accezione più profonda non si esaurisce nella casa, ma la trascende, altrimenti non avremmo fatto così fatica ad accettare questo isolamento.

Si gioca in quell’equilibrio fragile tra interno ed esterno, tra necessità di appartarsi e richiamo della vita collettiva. Siamo feriti nelle certezze, divisi negli affetti, separati da tutto ciò che amiamo.


Dal desiderio di raccontare queste sensazioni… nasce l’idea di “raccontare” queste città e questi spazi vuoti del mondo, così affascinanti, ma anche così ansiosi… e di fotografarli attraverso i video e le foto trovati sul web e di “fermarne il tempo” con una vecchia Poloroid Instant. 

Foto e parole di Lello Fargione

Questo racconto ha partecipato al  Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

Istanbul

Timeless Istanbul

Istanbul

Istanbul, “Un portfolio venuto dal passato”. 

istanbul

“Una capsula del tempo è un contenitore appositamente preparato per conservare oggetti o informazioni, destinato a essere ritrovato in un’epoca futura”.  

Istanbul

Nelle nostre case esistono delle capsule del tempo, ma non ce ne rendiamo conto, esse sono le scatole dove sono conservate le vecchie foto. 

Le scatole di fotografie vengono spesso ritrovate nei mercatini, i ritrovamenti che sono il frutto dello svuotamento delle cantine e delle abitazioni, che passando di proprietà sia per eredità che per vendita ad altri proprietari, vengono svuotate per far spazio al nuovo. 

istanbul

Passeggiando tra i mercatini, trovo una vecchia scatola di biscotti in latta, l’apro e all’interno trovo una porzione di mondo sospeso nel tempo, è Istanbul, ma non riesco a collocarla in uno spazio temporale ben definito, tutto sembra essersi fermato agli anni 50, ma sarà cosi…….. 

foto

In questo lavoro ho cercato di giocare tra realtà e finzione.  

instanbul

 Sul finire degli anni 90, feci un viaggio ad Istanbul, “città d’oriente che incontra l’occidente”. Questo portfolio è il frutto di quel viaggio, le foto scattate in analogico, sono state digitalizzate e post-prodotte, aumentando virtualmente i segni del tempo, ma ho volutamente lasciato qualche indizio di modernità per svelare il trucco. 

istanbul

Foto e parole di Lugi Cipriano

Questo racconto ha partecipato al  Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

Camargue

camargue

Camargue: Festival Abrivado Saintes-Maries-de-la-mer

Centinaia di cavalli e pastori sulla spiaggia di Saintes Maries:

1000 cavalli, 200 pastori e migliaia di appassionati si riuniscono il 10 e 11 novembre sulla spiaggia di Saintes Maries de la Mer per uno dei più grandi festival dell’abrivado nel sud della Francia. Un incontro unico tra la Camargue, i cavalli, i tori e tutti gli amanti della tradizione taurina.

cavalli

Ogni giorno, il festival inizia con la colazione offerta sulla spiaggia orientale in un luogo chiamato “Rousty” (parcheggio Bambou Palm Beach). Partenza dei cavalieri e dei tori dalle ore 11 con una colonna di 11 abrivados che si susseguiranno lungo il percorso di 6 km che li porterà all’arena.

camargue

Si rievoca il trasferimento come in passato (non c’erano camions) dei tori all’arena al centro del paese per la tradizionale corsa camarghese, una specie di corrida dove però l’unico che rischia è l’uomo.

cavalli

La difficoltà dei cavalieri sta nel tenere i tori all’interno dell’abrivado, il tutto è complicato dalla presenza di disturbatori che con drappi, petardi e fumogeni (aboliti nell’ultimo festival), cercano di spaventare i cavalli affinché i tori si disperdano

Uno spettacolo impressionante da vedere assolutamente per innamorarti della Camargue e delle sue tradizioni!

La Camargue

rosa

Sono nato, in un angolo selvaggio dove i tori neri sono re; ed è stato scosso dalla mia giovane età dai fenicotteri in subbuglio.
La mia casa era tutta bianca, tra pini e giunchi; e il maestrale con i rami mi compose belle canzoni.
Sono nato su questo suolo arido dove, come Attila, il sole fa mille rughe sulla terra per soffocarne il risveglio.
Ma quando appare la luna e la sua chiarezza inonda le rubine e le grandi paludi, si crederebbe di vedere la fine del mondo.
Je suis …la Camargue

Jean-Marc Allègre

Foto e parole di Claudio Varaldi 

Questo racconto ha partecipato ed è stato pubblicato sul libro di  Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

Afghanistan

Wakhan: un paradiso in pericolo

afganistan

Il corridoio del Wakhan è un’impervio lembo di terra che si estende nella parte nord-orientale dell’Afghanistan; area tra le più remote del mondo, venne percorsa da Alessandro Magno nel 327, da Marco Polo nel 1271 e da Genghis Khan nel XIII secolo: ramo dell’antica via della Seta, è stato crocevia di comunicazione tra Oriente e Occidente.

afghanistan

È in questa terra severa che, circa 2.500 anni fa, si insediarono i pastori nomadi di origine Kirghisa e i Wakhi, minoranze etniche dalla vita sospesa nel tempo.

I carovanieri kirghisi praticano ancora oggi un nomadismo pastorale: perennemente in viaggio con le loro mandrie e con le loro abitazioni mobili, le yurta, si possono incontrare durante le loro traversate, negli accampamenti temporanei, tra le immensità delle notti stellate, quando è solo la luce calda di un piccolo falò ad illuminare i visi solcati dai segni di un’esistenza durissima. 

nomadi

La vita delle tribù stanziali Wakhi si basa su un’agricoltura di altura combinata con la pastorizia.  Fuori le mura dei villaggi le donne mungono e piccoli pastori accudiscono gli animali. I panni lavati nel fiume, nei brevi mesi estivi possono essere stesi sull’erba sotto il cielo terso, tappezzando come arazzi un panorama incantato.

I numerosissimi bambini hanno tratti somatici, così come i loro occhi incredibilmente verdi o di un nero profondo, che rivelano le loro radici iraniche e mongole.

Afghanistan

Il regime talebano


Purtroppo oggi queste popolazioni vengono messe a rischio dal regime talebano. Da quando hanno preso il controllo dell’Afghanistan, i talebani hanno lanciato un assalto ai diritti umani, perseguitando le minoranze etniche e religiose. Il Corridoio è di particolare interesse per il traffico di oppio, in quanto unica frontiera terrestre dell’Afghanistan con la Cina.

pamir

Il progetto di una strada che attraverserà quest’area porta con sé implicazioni fortemente negative per le popolazioni locali: contaminazione culturale, antropizzazione di un’area selvaggia, rilocazioni forzate e aumento del presidio talebano.

I talebani avevano promesso un governo inclusivo e tollerante, rispettoso dei diritti della popolazione, dichiarazioni che si sono presto dimostrate false. Le afgane e gli afgani che hanno deciso di rimanere nel paese per provare a darsi un’altra possibilità oggi vivono un incubo senza fine.

afghanistan

Foto e parole di Robertino Radovix 

Questo racconto ha partecipato al  Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

ETIOPIA

BATTESIMO ED ESORCISMO CRISTIANO COPTO

 

Durante uno degli ultimi viaggi in Etiopia di ritorno da Gondar verso il Lago Tana, dopo circa un ora di strada la mia guida, Ashennafi Demoz, mi propone di assistere al battesimo copto che, ai piedi della cascata sacra di Addis Zemen, veniva praticato da alcuni frati del vicino convento di Toragedam.

Dopo un percorso abbastanza accidentato ci fermammo subito dopo una curva nel punto dove si apriva un piazzale sterrato e dove, all’interno di un recinto di rami d’albero e frasche, si erano radunate alcune persone.

La mia guida parlotta con il ragazzo che sorvegliava un piccolo e consumato cancelletto in legno e dopo qualche minuto entriamo nell’area appena sotto la cascata dove vari gruppi di persone con dei bambini, da pochi mesi ad alcuni anni, vestiti in con morbidi teli di iuta e ricamati con colori sgargianti, si preparavano per essere battezzati.

La gente della cascata

Arriviamo alla cascata dove già era entrata una ragazza seguita da un uomo di mezza età il quale, completamente nudo e tremante dal freddo,  rimaneva sotto il getto imponente d’acqua coprendosi con le mani le parti intime.  La gente intorno pregava, l’atmosfera era molto intima e carica di emozione. Io ero incerto se iniziare a scattare oppure attendere. La mia curiosità e desiderio di fermare per sempre quel magico momento carico di mistero e religiosità, fu troppo forte ed iniziai a scattare prima molto timidamente e poi, alternando gli scatti con alcune riprese video, cercai di padroneggiare la scena cercando comunque di portare il massimo rispetto alle persone presenti.

Dopo la benedizione da parte del frate fu la volta di una ragazza con al collo una croce di metallo ed anche lei fu obbligata a mettersi nuda e ad entrare sotto la gelida e imponente cascata d’acqua. La gente che  raccolta  pregava sommessamente, di colpo si ferma ed il brusio diviene sempre più forte sino a quasi diventare un grido corale.

etiopia

Una ragazza portata da suo fratello dopo aver parlato con un frate entra sotto la cascata con la sola speranza di poter guarire dalla malaria che non riusciva a debellare. La ragazza viene aiutata a spogliarsi ed entra con passo incerto aiutata dal fratello , sin sotto il getto d’acqua. Contemporaneamente dall’altro lato una giovane donna con due bambini si spoglia ed anche lei si mette sotto l’acqua  portando con se in braccio il figlio più piccolo e tenendo per mano quello più grandicello, La giovane donne stringe intorno a se sotto l’acqua i suoi due figli, la gente inizia a protestare con un mormorio che va a crescere sino a confondersi con le urla della donna e dei due bambini.

Inizio dell’esorcismo

La donna alternava momenti di sconforto e calma apparente ad urla e agitazione incontrollata. Io non riuscivo a capire cosa stesse succedendo. Per fortuna Ashennafi viene in mio soccorso e mi preannuncia che la donna è indemoniata e che tra poco assisteremo ad un esorcismo. Nel frattempo la ragazza ammalata di malaria, tremante e quasi pronta a cadere, viene aiutata dal fratello e da un frate ad uscire dall’acqua ed ad asciugarsi e rivestirsi sedendosi li vicino per riprendere un poco le forze, se ne avesse ancora!

esorcismo

La donna che sempre gridava come un ossessa viene avvicinata da un frate con in mano una grossa croce di metallo dorato. Questo inizia a parlarle prima sommessamente e dopo con grande fermezza e voce imperiosa inizia a vibrare, sulla testa della sedicente indemoniata, numerosi colpi di croce quasi a voler scacciare veramente il demonio che si era impossessato della giovane donna. Dopo alcuni minuti sia la donna che l’esorcista si fanno più calmi ed iniziano a parlare tra loro a voce bassa , la donna scoppia in lacrime e l’esorcista dopo averla benedetta con la croce l’accompagna, insieme ai due bambini, verso il gruppo di persone più vicino.

Un anziano e fiero signore, quasi sicuramente il padre della donna, porta un abito bianco per coprire sua figlia e prende in braccio il più piccolo dei nipoti per asciugarlo. Tutti insieme si avviano verso l’uscita della cascata. Pareva fossero trascorse ore da quando eravamo arrivati e sopraggiunta la calma ci ritroviamo spossati e privi di forze quasi che, quanto accaduto in pochi minuti fosse la conseguenza di una lotta  alla quale tutti avevamo partecipato per ore.

Rimango incerto e disorientato e per fortuna ancora una volta Ashennafi viene in mio soccorso, mi prende il gomito e mi invita ad avviarmi con lui verso l’uscita.

etiopia

Foto e parole di Francesco Merella 

Questo racconto ha partecipato al  Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

 

Cambogia

Cambogia

Un paese un po’ lasciato in disparte negli anni passati, forse a causa della sue tragiche vicissitudini abbastanza recenti, la Cambogia è un gioiello affascinante e ricco di storia per un viaggiatore ed ancor più per un fotografo.

Non solo il famosissimo sito di Angkor Wat, una delle mete piu’ visitate al mondo, rimasto nascosto e dimenticato per secoli, ma molto della Cambogia merita essere visitato e vissuto.

cambogia

I templi buddisti sparsi ovunque, le migliaia di monaci che li abitano, la rigogliosa natura con le sue grandi foreste, il lago Tonle Sap con la sua gente che vive su palafitte e si muove su barche e canoe cosi’ come noi usiamo le auto, i suoi mercati incredibili e affascinanti , l’ottima cucina locale e la grazia e gentilezza della sua popolazione.

I monasteri buddisti sono un punto di raccolta per diversi bambini e ragazzi che altrimenti non avrebbero altre possibilità per studiare e vivere al di fuori della strada. Le loro preghiere, i loro riti , le cerimonie,  le benedizioni ai fedeli sono un’occasione unica per il fotografo e per tentare di capire un poco la loro filosofia di vita.

cambogia

I mercati, come spesso succede in tutto il mondo, sono luoghi incredibili per incontrare la varia umanità e anima pulsante di ogni paese o città. Dal mercato per carne e pesce , ovviamente all’aperto senza frigoriferi e invaso da mosche e insetti vari , all’incredibile “Russian market “ di Phnom Penh , cosi’ chiamato per via della frequentazione degli espatriati russi negli anni 80, dove , tra negozi o meglio piccoli spazi stipati all’inverosimile,  viene venduto di tutto e, senza divisori, di fianco al macellaio si trova il “beauty center” o, tra centinaia di pezzi di ricambio per moto e biciclette i bambini, presenti ovunque , vivono le loro giornate.

mercato

I cambogiani , almeno quelli  incontrati nel mio viaggio, si sono sempre dimostrati una popolazione gentile ed accogliente. La possibilità di entrare nelle loro case, vivere qualche ora con loro , mangiare con loro, mi ha dato la possibilità di conoscerli un po’ piu’ da vicino e conoscere qualche dettaglio della loro recente tragica storia negli anni dei Khmer rossi.

I segni del passato

Il quasi novantenne ex combattente ha il corpo ricoperto di tatuaggi quali simboli per la protezione  contro le pallottole dei suoi stessi compatrioti durante la sanguinosa guerra civile del 1975-1979, che causo’ la morte di quasi un terzo della popolazione cambogiana.   Basta visitare il museo di Tuol Sleng a Phnom Penh ( la famosa prigione S-21) per rendersi conto dell’assurdità e dell’atrocità di quel buio periodo della loro storia. 

cambogia

Alla brutalità di quel periodo si contrappone ora la grazia e gentilezza della maggior parte della giovane popolazione cambogiana. I bambini , numerosissimi e presenti ovunque , si divertono con quel poco che hanno o trovano per strada. Durante le numerose feste locali le bambine vengono spesso truccate e vestite per le tradizionali danze locali.

cambogia

Come in tutti i paesi in via di sviluppo, le contraddizioni della vita locale sono spinte all’estremo. La maggior parte della popolazione è povera, per non dire poverissima, e di fianco a loro, nella grande città di Phnom Penh, si trova il concessionario della Rolls Royce , della Lamborghini, cosi’ come i negozi dei piu’ famosi stilisti di moda italiani e francesi.

cambogia

E’ stato un viaggio bellissimo, tra passato e presente , tra ricchezza e povertà, che mi ha fatto scoprire un’altra parte di questo nostro piccolo-grande globo sul quale viviamo.

cambogia

 

Foto e parole di Sergio Volani

“Cambogia” ha partecipato al  Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

Armenia

Reportage Armenia

Quando l’anno scorso ho detto ad amici e conoscenti che sarei andato a fare un Reportage in Armenia, molti di loro mi hanno chiesto perché mai ci andassi ed alcuni mi hanno perfino domandato dove si trovasse.

Armenia – Foto: © Stefano Bianchi

Meta di viaggio insolita, l’Armenia è un paese bellissimo e ricco di storia, monumenti e paesaggi stupendi; il suo popolo, poi, è ospitale come pochi e pronto ad accogliere il viaggiatore nella semplicità delle proprie case, offrendogli all’occorrenza un sorriso e un caffè.

Armenia
Armenia – Foto: © Stefano Bianchi

A livello paesaggistico, ciò che rende riconoscibile l’Armenia sono i numerosi monasteri medievali che costellano gran parte del territorio. Con la loro struttura semplice, sobria e austera, si stagliano su paesaggi visivamente spogli e desolati, spesso sperduti.  Di grande interesse artistico per i viaggiatori, rappresentano l’emblema dell’identità armena, intrisa di senso di appartenenza, orgoglio e religiosità.

Armenia
Armenia – Foto: © Stefano Bianchi

La religiosità è appunto uno dei capisaldi di questo paese: è noto a tutti quale prezzo abbia dovuto pagare il popolo armeno per abbracciare il cristianesimo come religione ufficiale.

Rappresentativo di questa sofferenza è il fatto che il Monte Ararat, simbolo nazionale del paese e montagna sacra per il popolo armeno, sia geograficamente collocato all’interno del territorio turco, e quindi al di fuori dei confini armeni.

Armenia – Foto: © Stefano Bianchi

La situazione oggi:

Nonostante il passato difficile e travagliato, però, l’impressione che si ha visitando questo paese è che gli Armeni abbiano saputo mantenere un grande senso di identità e dignità, non facilmente riscontrabile in egual misura presso altri popoli.

Armenia – Foto: © Stefano Bianchi

A titolo esemplificativo, riporto una notizia letta di recente: a seguito del disastroso terremoto che ha colpito la Turchia, l’Armenia ha deciso di riaprire il confine tra i due paesi, chiuso da ben 30 anni, per inviare aiuti ad Ankara. Questo gesto, più di tante parole, può sicuramente aiutare a comprendere la grandezza del popolo armeno.

Reportage Armenia
Armenia – Foto: © Stefano Bianchi

India, emozioni ed atmosfere di un luogo unico

India

India, un luogo magico

India : Il fascino che ti cattura, puoi visitare questo paese 100 volte e rimanere comunque senza parole!
Ogni volta la stessa emozione e ammirazione per un luogo così unico e affascinante. Ti accorgi presto che ciò che per noi è incredibile, diverso o strano per il popolo indiano è invece la normalità e uno stile di vita.

india

Il fascino dell’ India attraverso gli occhi di un viaggiatore e fotografo sta proprio nel vivere e catturare allo stesso tempo la bellezza e l’unicità di questo Paese. I contrasti così forti e ogni volta una nuova opportunità, sempre con la voglia di raggiungerlo e sicuramente con una diversa maturazione e consapevolezza.

Sei catalizzato e avvolto ogni volta da una strana sensazione che ti accompagna nel viaggio. Respiri la grande devozione e umanità di un popolo dove la ricchezza e il valore delle cose materiali viene vissuto in modo molto diverso e spesso incomprensibile ai nostri occhi.

India

Emozioni attraverso la luce, le atmosfere, il calore, la spiritualità, la bellezza anche dove c’è niente o poco perché è proprio nelle piccole cose che spesso si rivela il valore più grande.

India

Ci si rende presto conto che l’importanza sta nell’osservare più che nello scattare. A volte molte immagini non hanno bisogno di essere scattate, restano in noi e aiutano a rafforzare il nostro modo di vedere e documentare. Non ci sono immagini banali o inutili, ma immagini che avremmo potuto documentare diversamente.

India

La fotografia:

In molti reportage in India e nelle migliaia di immagini scattate, spesso prevalgono colore e sentimenti discordanti nel voler rappresentare luoghi, persone e ambienti, ottenendo immagini che non rappresentano esattamente la realtà o ciò che avremmo voluto realizzare.

In questa serie di immagini, riassumendo le tante immagini viste e catturate, ho voluto rappresentare principalmente un’ India dai colori caldi e forti. Accogliente e ricca di emozione e sensorialità, il suo fascino e la sua ricchezza unica e catalizzante. La luce quando aiuta ad immergersi e lasciarsi trasportare e sempre con la voglia di tornare per scoprire e documentare di più.

In realtà è uno di quei luoghi che crea dipendenza, dopo un pò di tempo che non ci vai, senti l’esigenza di tornare ed ogni volta che concludi il viaggio sai che non sarà l’ultimo.

Luigi Rota

Foto e parole di Luigi Rota

Questo racconto ha partecipato al  Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

Sri Lanka

Sri Lanka

I segni indelebili dello Tsunami del 2004 e la guerra civile cruenta in Sri Lanka terminata il 18 maggio 2008, distrussero questa terra ed il suo nuovo futuro è iniziato da allora.

Sri Lanka

Decisi di viaggiare alcuni anni dalla costa nord ovest di Jaffna alla costa sud a wiligama passando per le grandi colline del centro fino a Nuwara Elia, ritraendo le piccole donne tamil raccoglitrici del the.

Sri Lanka

In questo lavoro ho voluto ricercare le storie e i racconti anche di quel passato, ma provando a vederne la bellezza attraverso la fotografia in bianco e nero.

Gjivovich

Un viaggio dalle colline del The di Nuwara Elia alle coste a nord di Mannar distretto settentrionale confinate con il continente Indiano ancora oggi zona militarizzata.

Oggi questa terra ricomincia a vivere ed a convivere (anche se con estrema difficoltà vivendo per il suo 80% di turismo), con quel passato che oggi rimane nelle testimonianze nei volti e nelle storie della gente dello Sri Lanka.

 

Foto e parole di Maurizio Gjivovich

Questo racconto ha partecipato al  Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione

 

La mostra presso OTTO Gallery, Roma

La storia di Maurizio Gjivovich qui pubblicata è esposta a Roma fino al 21 febbraio 2024 presso la OTTO Gallery in Piazza Mazzini 27, scala A piano 4.

Quelle che seguono qui sono le foto dell’allestimento:

Travel Tales

LATINA CITTA’ INVISIBILE

Giovedì 22 Febbraio dalle 16.00 alle 20.00, presso Otto Gallery in piazza Mazzini 27 a Roma, si inaugura la mostra fotografica di Alessandro Bavari. “Latina Città Invisibile” è un incredibile e riuscitissimo esempio di dialogo tra Arte ed Intelligenza Artificiale.

Bavari
ERSILIA: © Alessandro Bavari

LA MOSTRA

LATINA CITTÀ INVISIBILE

Come si rivelerebbe la città di Latina attraverso lo sguardo di Marco Polo, se fosse stata declinata in tutte le sue infinite sfaccettature da Italo Calvino nelle sue Città Invisibili? Kublai Kan ne sarebbe rimasto suggestionato? Le Città Invisibili si potrebbe considerare come una tra le opere più umorali di Calvino, costruita nel corso di diversi anni, abbandonata e poi ripresa, riorganizzata più volte in cartelle dedicate alle stagioni, ai cinque sensi, agli animali, agli eroi della mitologia.

Ma Calvino a tratti è anche spinto da compulsione creativa, traendo ispirazione sia dal quotidiano che dai suoi lunghi viaggi, fantasticando tra città ideali e città distopiche proprio come nella scrittura altrettanto creativa di un prompt A.I. destinato alla generazione di immagini. Ed il caso vuole che l’algoritmo utilizzato per realizzare questo progetto ispirato all’opera di Calvino, si chiami MidJourney, ovvero MezzoViaggio. Affidarsi all’Intelligenza Artificiale è come sussurrare frasi e parole di matrice dadaista in un grande orecchio algoritmico, in attesa che restituisca qualcosa di inaspettato e sorprendentemente onirico.

Dunque un viaggio psichedelico che oscilla tra la dimensione mistica e quella matematica, dove l’incalzante scambio simbiotico tra l’immaginazione individuale e la rete neurale dell’A.I., assume forme a volte assolutamente realistiche, ma anche, al contrario, scevre da qualsiasi sovrastruttura estetica dove in un sol colpo è capace di miscelare accademismi classici con il pop caotico del web e le conseguenze da errore di calcolo, restituendo spesso senza alcun processo logico, risultati del tutto irrazionali ed imprevedibili definendo finalmente un metodo ed un’estetica figurativa tutta nuova. In conclusione, parafrasando un’aforisma di Orson Welles, l’A.I. è molto più di un generatore di visioni, è un mezzo attraverso il quale le immagini ci raggiungono da un altro mondo.

Alessandro Bavari

Bavari
ZENOBIA: © Alessandro Bavari

L’Autore:

Considerato pioniere dell’arte digitale, Alessandro Bavari sviluppa nel corso degli anni il proprio linguaggio artistico digitale affrontandolo sin dal 1993 in tutte le sue espressioni come ulteriore disciplina di ricerca audio-visiva.
Le sue opere sono state pubblicate su centinaia di riviste e libri d’arte oltre che essere oggetto di studio continuo in università e istituti in tutto il mondo. Nel 2011 vince il Golden Nica al Prix Ars Electronica con Metachaos primo premio per la miglior animazione. È grazie a questo video futuristico che Alessandro nel 2017 viene contattato dalla 20th Century Fox come concept artist per il film Alien: Covenant tramite una chiamata diretta da Sir Ridley Scott. Continua a lavorare come direttore artistico nel cinema con registi come Gabriele Lavia e Luca Guadagnino oltre che come concept artist e direttore artistico nel campo dei videogiochi.
Oltre al Golden Nica raccoglie vari premi tra cui il Digital Hall of Fame Award al 3D Festival Awards di Copenaghen, il premio Photo-realistic images all’Adobe The Power of Design – European Competition a Londra, il 2001 International Digital Art Award in Australia e ancora al Clio Awards One Show Awards, Art Director Club Awards e molti altri.
Ha esposto in varie gallerie e musei come al Museo della Permanente di Milano, al Museo la Pelanda all’ex Mattatoio di Roma, al Salon Art Paris presso il Museo del Louvre, alla Guinness Storehouse a Dublino, al Museo d’Arte di Jyväskylä in Finlandia, all’esposizione State of Digital Art presso il Devos Art Museum negli USA, al Digital Hall of Fame di Stoccolma, al Palazzo delle Arti di Napoli, al Museo d’Arte Itabashi a Tokyo, al Mimi and Ian Rolland Art and Visual Communication Center negli USA, al FIMA – Festival International Montreal en Arts in Canada, al Kronos Art BCN 2020 a Barcellona, alla DigitalArt Factory a Roma e molti altri.
Dal 2021 le sue opere entrano a fare parte delle collezioni NFTs ed esposte alla Biennale di Venezia nel 2022.

Bavari
ZIRMA: © Alessandro Bavari

DOVE?

OTTO Gallery
Piazza Giuseppe Mazzini 27 – Piano 4 Scala A.
00195 Roma
Citofona OTTO Rooms
Ecco il link: https://goo.gl/maps/YZFemWnRGQstxum2A

Come arrivare:

OTTO Gallery si trova nel Quartiere Prati di Roma ed è collegata benissimo anche con i mezzi di trasporto:

  • Metro Rossa LINEA A stazione Lepanto
  • Oppure in bus che arrivano fino qui da tutta Roma: 19-30-69-89-280-301-490-495

E se vieni da lontano:

Puoi dormire direttamente nella nostra guesthouse OTTO Rooms! Per prenotare la tua camera da OTTO Rooms CLICCA SU QUESTO LINK.

CONTATTI:

Website: https://www.alessandrobavari.com/
Facebook: https://www.facebook.com/alessandro.bavari
Instagram: https://www.instagram.com/alessandrobavari/

C’era una volta il mare

C’ERA UNA VOLTA IL MARE
Il lago di Aral

Negli ultimi decenni si è consumato un enorme disastro ambientale, quasi sconosciuto, ma forse il più grave; grave perché ampiamente previsto fin dal 1964 da studi appositamente commissionati e ciò nonostante scientemente perseguito.

aral

L’Aral era un grande lago salato, quasi tre volte la Sicilia. Tanto grande da essere chiamato “mare”, il Mar d’atal. Ed era molto pescoso.

Moynak, in Uzbekistan,  era un tempo una ridente cittadina sulle rive del Mar d’Aral. Oggi non ride più, perché l’Aral non c’è più. Viveva grazie alla pesca e alla lavorazione del pescato, inscatolato sul posto in una fabbrica i cui prodotti rifornivano tutta l’URSS, di cui faceva parte l’Uzbekistan.

Aral

Ma nel secolo scorso l’URSS volle sviluppare l’agricoltura in zone semidesertiche, attingendo le acque d’irrigazione dagli immissari dell’Aral. Si sapeva che l’Aral sarebbe morto, ma si pensava di sfruttare anche le nuove terre emerse per questa coltivazione.

Aral

Le acque cominciarono a ritrarsi dal 1960. Nel 2007 il 90% dell’Aral era sparito; la salinità dell’acqua rimasta era decuplicata, rendendo impossibile la vita. La flotta di pescherecci fu abbandonata ad arrugginire sul fondo prosciugato del lago.

La lavorazione del pesce però continuò inscatolando il pescato del Mar Baltico, trasportato in Uzbekistan da migliaia di chilometri, e poi ridistribuito a migliaia di chilometri di distanza. Ma la dissoluzione dell’URSS rese insostenibile questo sistema e la fabbrica fu abbandonata. Lasciando gli abitanti senza risorse: anche l’agricoltura è impossibile, perché le acque dell’Aral, ritirandosi hanno lasciato sul terreno un concentrato di sale, fertilizzanti e pesticidi, con l’aggiunta delle scorie tossiche gettate in acqua da una base militare sovietica, situata in un isola in mezzo all’Aral.

aral

Quando il clima diventa caldo e secco, il che accade molto spesso, il terreno diviene polveroso; il vento porta questa polvere tossica sulla città e i suoi abitanti, ma arriva anche a centinaia di chilometri.

aral

L’unica cosa che cresce sono dei miseri sterpi, buoni solo per le capre e le pecore. Per il resto si vedono uomini e bambini tra le macerie di quella che era la fabbrica del pesce, alla ricerca di rottami ferrosi da vendere per pochi spicci. Non c’è acqua corrente, non ci sono fognature. I bambini che giocano per le strade polverose, sorridendo felici come tutti i bambini, sono l’unica nota di speranza.

lago aral

Si va in Uzbekistan per vedere la favolosa Samarcanda e le antiche città che costellavano la via della seta. Ma visitare l’Aral, significa visitare qualcosa che non c’è, un non-luogo, un non-mare, pieno di non-acqua e di non-vita. Una distesa di chilometri di conchiglie bianche nel deserto. Non sono le conchiglie fossili che si trovano anche in montagna: sono conchiglie che solo pochi anni fa ospitavano un essere vivente e ora sono li a tappezzare quello che era un fondale.

desertoIntanto le navi fantasma solcano il deserto, guidate da un faro spento che sorge dove non c’è più la costa.

Foto e parole di Roberto Manfredi

Questo racconto ha partecipato al  Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

La mostra presso OTTO Gallery, Roma

La storia di Roberto Manfredi qui pubblicata è esposta a Roma fino al 21 febbraio 2024 presso la OTTO Gallery in Piazza Mazzini 27, scala A piano 4.

Quelle che seguono qui sono le foto dell’allestimento:

Aral

Aral

La materassaia di Bukhara

Mi chiamo Narghisa sono una materassaia.

materassaia

Lavoro in questo edificio da così tanto tempo che oramai lo chiamo casa.

bukhara

Qua trascorro gran parte della mia giornata e con ago e filo cucio insieme scampoli di stoffa e scampoli di vita.

materassaia

Le fotografie sbiadite alle pareti raccontano di un tempo lontano, lavoravamo in tanti, oggi sono rimasta solo io.

materassaia

Scrivo a mano con precisione sul mio quaderno gli ultimi ordini.

materassaia

A breve il laboratorio sarà venduto, stanno costruendo grandi alberghi, stanno immaginando grandi cose e strumenti piccoli come ago e filo non ce la fanno più a tenere insieme i pezzi della storia.

materrassaia

Non so cosa ci sarà qui domani e se resterà la traccia di un ricordo, quello che so è che tutto ciò che fin ora ho realizzato l’ho fatto con le mie mani.

bukhara

Foto e parole di Laura Pierangeli

“La materassaia di Bukhara” ha partecipato al  Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

“Chadar”

Il popolo Zanskari e l’antica via di ghiaccio

ladakh

C’è un’antica via di ghiaccio che da generazioni apre le porte del mondo al popolo Zanskari, “chadar”. Siamo in Ladakh, regione dell’India racchiusa tra Karakorum e Himalaya ad oltre 3.700 metri di altezza. Qui, per poco più di un mese, tra gennaio e febbraio, il fiume Zanskar diventa percorribile e rompe l’isolamento dell’inverno.

chadar

I mercanti di spezie e stoffe hanno aspettato quel momento ogni inverno per secoli… l’attimo in cui oriente e occidente si incontravano sulla Via della Seta. Sembra ancora di vederli, accalcati tra le locande e nelle strade di Leh, avvolti nei profumi e il vociare dell’antica capitale. 

chadar

È un cammino incantato e terribile, tra gole profonde, crepacci, dirupi ma anche colori inattesi e cascate di ghiaccio. Avanti, un passo dopo l’altro, nel vento gelido, ho imparato ad ascoltare con rispetto la voce del ghiaccio sotto gli scarponi.

chadar

La macchina fotografica per rubare almeno un po’ di quella meraviglia che riempie gli occhi, per cristallizzare i gesti rituali delle guide che si ripetono da secoli: la preparazione delle slitte, lallestimento delle grotte per i bivacchi, i canti tradizionali che accompagnano in ogni momento della giornata.

ghaccio

Tre giorni di cammino che diventano un viaggio nel tempo verso il monastero di Karsha Gompa, circondato dal suo villaggio, dove il potente suono della Sankha, la tromba conchiglia, richiama i monaci per l’inizio della Puja, la celebrazione del Risveglio del Buddha.

chadar

L’antico monastero del X secolo è uno scrigno di storia e spiritualità, ma anche di arte con i suoi straordinari dipinti murali.

chadar

Il tesoro più prezioso di Karsha Gompa è, però, la luce nello sguardo dei monaci e del popolo Zanskari… il mio pretesto per tornare a casa è stato quello di poter raccontare quella luce con queste foto.

chadar

Foto e parole di Christian Giudice

Questo racconto ha partecipato al  Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

MAURITANIA

Mauritania, le sfumature del silenzio

I ricordi fanno rumore: le voci, suoni di passanti, risa dei bambini o del vento che insinua ovunque la sabbia divenuta respiro.

mauritania

Un andare e venire nel mobile sguardo che tutto vuole accogliere e di cui non ha mai abbastanza: orizzonti leggermente frastagliati, cespugli di faticoso verde, vette miti accerchiate d’intenso arancio, morbide dune che dividono lo spazio con l’azzurro liquido, divorato dal verso dei gabbiani.

mauritania

E il cielo, il grande cielo azzurro o disseminato di nastri di nuvole a raccogliere ombre.

africa

La luce disegna e definisce luoghi, sguardi, intenzioni, pietre, mura policrome sbrecciate incomplete antiche e nuove, uomini e animali, donne e passi frettolosi, bambini e la curiosità del divenire, in un frammento costante pieno di vita.

mauritania

Quando poi al buio, tutto diventa uno, custodito dal silenzio delle stelle.

mauritania

Foto di Roberto Malagoli, parole di Lisanna Pina

“Mauritania” è il SECONDO CLASSIFICATO di  Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.             

KUSHTI

Si tratta di un’ antica lotta indiana chiamata “kushti”.

Ho cercato di raccontare l’intimità e lo svolgersi delle loro giornate/quotidianità

kushti

Giovani bambini, spesso di famiglie povere, o salvati dalla vita di strada, vengono assorbiti nella scuola palestra-monastero chiamata akhara già in tenera età, iniziando un percorso di duro allenamento fisico e mentale.

india

Al rigoroso allenamento si uniscono le fondamentali regole religiose che educano i ragazzi. Tra queste niente sesso, niente alcol, poca vita sociale e rigorosa preghiera alle prime ore del mattino e durante la giornata.

Kushti

Combattono nella Sacra terra di argilla rossa, chiamati “Akhada”.

L’obiettivo è concentrarsi su uno stile di vita puro per costruire forza mentale e fisica: la debolezza sarà debellata, forza e virilità restituiti all’ uomo, l’orgoglio della nazione restaurato.

kushti

La kushti tradizionale sta vivendo un periodo di profonda crisi perdendo il contatto con la terra rossa sostituita da materassini e perdendo la filosofia che la caratterizza a causa di un processo di modernizzazione sociale che tende a svalutare l’aspetto spirituale e rendendo lo spazio/scuola più sicuro e lontano da vecchie pratiche e regole religiose.

kushti

I bambini spesso vengono presi dalla strada, orfani e soli. Oppure figli di famiglie povere, quelli piu forti verranno accolti nella scuola. Qui però non riceveranno istruzione scolastica. Se non otterranno titoli e premi nella lotta verranno allontanati e si ritroveranno soli, senza cultura, senza saper leggere. Senza amici e senza saper dare una carezza alla vita, saranno facilmente assorbiti nel crimine!

india

Kushti

WATERWORLD

Waterworld

Da quasi 10 anni viaggio per il mondo alla ricerca di tutte quelle popolazioni e minoranze etniche poco conosciute, spesso invisibili alla nostra società, che ancora sopravvivono alla globalizzazione cercando di mantenere vive le loro caratteristiche tradizioni ancestrali

Jacopo della Valle

Al largo delle coste di Filippine, Malesia ed Indonesia vivono i Bajau,popoli indigeni, nomadi e apolidi conosciuti anche come zingari del mare. 

Waterworld

Diffidenti, perché abituati a vivere isolati, sono spesso trattati con indifferenza o denunciati perché considerati immigrati illegali sulla terraferma, infatti non sono riconosciuti da nessuno Stato e non hanno alcun diritto fondamentale. 

Filippine

In passato si muovevano liberamente nei mari del Sud-est asiatico mentre oggi sono più stanziali, ma ancora vivono strettamente legati al mare in piccole palafitte di legno costruite sull’acqua bassa o in barche chiamate “lepas”, lontani dalla terraferma e la sua società.

Waterworld

Hanno una conoscenza dell’Oceano senza eguali e la loro vita trascorre lenta, scandita dai ritmi delle maree.

Esperti apneisti, imparano a nuotare appena nati; la pesca e la raccolta di conchiglie e crostacei rappresentano la fonte principale di sostentamento dei Bajau, che raggiungono la costa solamente per commerciare i loro prodotti o per ripararsi dalle forti tempeste.

Waterworld

Salis, un pescatore Bajau, mi ha introdotto nella sua comunità facendo da interprete e permettendomi di fotografare il loro stile di vita e le loro abitudini. Mi ha raccontato che ha provato a trasferirsi sulla terraferma per lavorare in città, ma dopo qualche mese, il richiamo nostalgico del mare è stato troppo forte ed è tornato a vivere nella sua palafitta, scappando dalla routine e dalla quotidianità di una vita stanziale.

L’inasprimento dei controlli, la graduale diminuzione della fauna marina e le restrizioni ai loro movimenti stanno mettendo a rischio la sopravvivenza dei Bajau, ma trasferirsi sulla terraferma e abbandonare il loro stile di vita non è ancora un’opzione contemplata.

Waterworld

 

Foto di Jacopo Della Valle, parole di Anita Palma

“Waterworld” E’ IL VINCITORE ASSOLUTO di Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

Travel Tales Weekend 2023

Il Travel Tales Award 2023 è giunto al termine!

Nel weekend di sabato 25 e domenica 26 Novembre si è svolto a Roma il Travel Tales Weekend negli spazi espositivi della OTTO Gallery .

Tante sono state state le iniziative che hanno caratterizzato questo evento, dalla visita alla mostra di Helmut Newton all’Ara Pacis il sabato mattina ad una piacevolissima passeggiata fotografica tra le periferie romane, accompagnati da Roberto Gabriele, nella mattina di domenica.

Il cuore di tutta l’iniziativa è stato il sabato pomeriggio con l’inaugurazione della mostra TTA2023, e la proclamazione dei 3 vincitori del TRAVEL TALES AWARD 2023.

La mostra Travel Tales Award 2023

La mostra vede esposti 10 racconti fotografici tra le 50 storie selezionate dal contest di fotografia di viaggio.

Di seguito gli autori e le rispettive opere esposte:

  • Jacopo Della Valle, Waterworld 
  • Roberto Manfredi, Once upon a time there was a sea
  • Soumayan Biswas, Salt worker
  • Roberto Malagoli, Mauritania
  • Maurizio Gjivovich, Sri Lanka
  • Laura Pierangeli, The mattress maker of Bukhara
  • Christian Giudice, Chadar, old iced route
  • Yuliy Vasilev, miglior autore selezionato al 10th “Plovdiv International Photo Salon”
  • Luigi Rota, India, a magic place
  • Suryene Ramaget, Kushti
In ordine dall’alto a sx: Jacopo Della Valle, Roberto Manfredi, Soumayan Biswas, Roberto Malagoli, Maurizio Gjivovich, Laura Pierangeli, Christian Giudice, Yuliy Vasilev, Luigi Rota, Suryene Ramaget

I 3 vincitori del Travel Tales Award:

Durante l’inaugurazione della mostra, si è svolta la premiazione dei primi tre selezionati per i lavori più meritevoli, scelti dalla giuria italiana ed internazionale, del TTA2023:

Travel Tales Weekend
I tre vincitori, da sinistra Roberto Malagoli, Suryene Ramaget e Jacopo Della Valle, con i rispettivi diplomi. Assieme a loro anche i “padroni di casa” Simona Ottolenghi e Roberto Gabriele.

Siamo quindi felici di condividere i VINCITORI DEL TRAVEL TALES AWARD 2023:

1° classificato:

Jacopo Della Valle, con la storia Waterworld. 

Un racconto molto coinvolgente che esplora la vita degli abitanti nomadi delle acque, conosciuti come “zingari del mare”, lungo le coste delle Filippine, della Malaysia e dell’Indonesia.

In quanto vincitore vedremo presto il suo lavoro esposto negli spazi della OTTO Gallery.

Jacopo della valle
@Jacopo Della Valle

2° classificato:

Roberto Malagoli, con la storia Mauritania

Un bel lavoro in chiave “street” che coglie con autenticità la vita quotidiana della gente nell’immensa e desolata Mauritania desertica.

mauritania
@Roberto Malagoli

3° classificato:

Suryene Ramaget, con la storia Kushti

Un importante reportage a lungo termine sull’antica lotta indiana del Kushti, che esplora in profondità la cultura e la persistenza di questo antico stile di lotta nel difficile contesto Indiano.

 

kushti
@Suryene Ramaget

 

Il video della premiazione:

Se non sei riuscito ad essere con noi durante il Travel Tales Weekend puoi vedere a questo link il video della premiazione con le storie raccontate dai autori: https://www.youtube.com/watch?v=Z1xS1YFikbc.

Pubblicheremo nelle prossime settimane tutte le 50 storie selezionate sul nostro sito.

La mostra di Travel Tales 2023 è gratuita e visitabile tutti i giorni dalle 15.00 alle 20.00 presso la Otto Gallery in piazza Mazzini 27, Roma (per info e prenotazioni chiamare il 375/5790929).

Balance in the confusion – Giulio Cesare Grandi

Balance in the Confusion
di Giulio Cesare Grandi

india

Balance in the confusion – Mi sono trovato spesso a chiedermi come sia viaggiare in India per la prima volta. Io la mia opportunità non l’ho mai avuta. Sono figlio di un viaggiatore che ha fatto dell’India la sua meta preferita, perciò i tantissimi racconti di questo luogo non mi hanno permesso di viverla questa “prima volta “.

balance
Posso però mostrare come vivo interiormente i miei diversi viaggi in questa terra.
Il titolo del progetto lo racconta brevemente e il mio vissuto lo trasforma in quelle che sono le mie personali sensazioni, quando entro in questo luogo che per me è magico.

india

All’interno di un mondo confusionario fatto di suoni, rumori, occhi grandi di bambini che sorridono e altri che ti “squadrano”. Fatto di oscurità e colore, di profumi e odori forti, di commercianti e mendicanti, e di fede.

balance

In mezzo a tutta questa apparente confusione io trovo la mia pace, il mio equilibrio, un mondo rallentato che mi permette di osservare dentro ad ogni persona che inquadro e mette tutto al suo posto regalandomi quel senso di magia che provo ogni volta che sono qui.

balance
Foto e parole di Giulio Cesare Grandi

Questa storia ha partecipato a Travel Tales Award 2022. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

La linea sottile

Islanda. In nessun luogo al mondo come su quest’isola all’estremo nord dell’Europa ci si sente al limite tra due opposti, come se camminassimo lungo una linea sottile tracciata tra due diversi universi.

islanda

Siamo in Islanda, che già di per sé non è un’unica isola, come superficialmente appare se ci limitiamo ad osservare la mappa. Qui affiorano e si incontrano due diverse placche tettoniche. La cosa fa sì, ad esempio, che un giorno calpesti suolo europeo, mentre un altro sei già in America.

islanda

Qui, lingue di ghiaccio che nascono dalle montagne dell’interno finiscono la loro corsa gettandosi in acque scaldate dalla Corrente del Golfo. All’interno, intanto, getti di vapore bollente fuoriescono impetuosi dalla neve.

isalnda

Guidi nelle aree densamente popolate della costa, ma poco dopo ti trovi ad attraversare territori completamente deserti per centinaia di chilometri, pietraie nere che non ospitano da millenni neanche le forme di vita più elementari.
Tutto qui sembra essere al crocevia tra universi opposti.

crocevia

Porticcioli, barche da pesca, marinai abituati a prendere il largo incuranti di ogni meteo. Anche qui, mi chiedo se le scene a cui assito appartengono al presente o se non siano piuttosto ricordi, dejà vu di un passato a lungo sognato, fatto di terre estreme e avventure immaginate.

islanda

E’ un mondo a colori, come nel mirino della mia reflex, o soltanto monocromatico, come se lo vedessi sul vetro smerigliato di una vecchia macchina a lastre?

Tutto è come camminare lungo una linea sottile. Un po’ di qua, un po’ di là

islanda

Foto e parole di Aldo Frezza 

Questa storia ha partecipato a Travel Tales Award 2022. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

 

LE CHAPITEAU DES MERVEILLES – Sergio Sechi

Giovedì 15 giugno dalle 16.00 alle 20.00, presso Otto Gallery in piazza Mazzini 27 a Roma, si inaugura la mostra fotografica di Sergio Sechi: Le Chapiteau des Merveilles, la vera storia del Rony Roller Circus, a cura di Dafne Crocella.

LA MOSTRA

Un progetto nato nel gennaio 2022 che ha impegnato l’artista per oltre 16 mesi, quello che ha dato vita alla mostra Le Chapiteau des Merveilles: 20 stampe fotografiche, un video e uno story book raccontano l’incontro tra il fotografo Sergio Sechi e il Rony Roller Circus.

Come nasce Le Chapiteu des Merveilles 

La storia ha inizio da un primo scatto fatto all’esterno del tendone. L’immagine, destinata alla personale Cieli di Fango, doveva raccontare il territorio della periferia romana di Primavalle con le sue poche tracce di arte. Dopo quello scatto Sergio Sechi è stato invitato ad entrare e quell’ingresso è stato per lui un ribaltamento di percezioni e pregiudizi, uno spingersi dietro le quinte e scoprire un mondo affascinante, difficile, troppo spesso superficialmente criticato.

Inizia così un viaggio magnetico che il fotografo riporta con fedeltà nei suoi scatti, dando vita a una narrazione che pur raccontando il vero, si allontana dal reportage, prendendo tinte oniriche per raccontare un mondo che convive all’interno del nostro, colorandosi di poesia. La dimensione della fiaba si mostra come incisivo strumento di decostruzione di preconcetti e raccontare con naturalezza verità̀ altrimenti scomode. 

L’intero progetto prende le sembianze di un racconto, dove la camera del fotografo non si ferma solo davanti all’incanto di un trapezio sospeso nel vuoto tra i fumi e le luci di uno spettacolo circense, ma sceglie di spingersi oltre e seguire gli artisti nei backstage, ritrarli nei momenti di quotidianità̀, nei preparativi, nel rapporto con gli animali.

Ne emerge una toccante storia d’amore tra circensi umani e circensi animali, una storia che scardina pregiudizi e mostra le difficoltà e i momenti di gioia e condivisione che legano tutti i componenti della famiglia del circo.

 La mostra sarà visibile fino al 5 settembre su appuntamento.

Sergio Sechi

L’ARTISTA

Sergio Sechi – (Roma 1967) si è formato presso l’Istituto Statale d’Arte Silvio d’Amico per poi diplomarsi nel 1986 al Liceo Artistico Casal de Merode. Dopo una lunga pausa (1984-2014) riprende l’attività di fotografo. I suoi scatti compaiono su periodici e quotidiani (quali Premium, Focus Storia e il Sole 24 Ore) e sono stati scelti come copertine per alcuni volumi di narrativa e saggistica.

Si è aggiudicato riconoscimenti ed ha partecipato a diverse collettive in Italia. “Sono andato a letto presto” è la sua prima mostra personale, a cura della storica dell’arte Maria Arcidiacono, che ha curato anche la personale “Cieli di Fango” del 2022. Tra le principali collettive: Il Cadavere Squisito, e il Mostro presso la Tevere Art Gallery. “For the love of God” a Muro Leccese, “The Darkroom Project”, la RAW nel Giardino di Nina. Nel 2017 ha partecipato a Diecilune – Festival dell’Autore – Il lato oscuro” e “Les Rencontres de la photographie” ad Arles in Francia.

DOVE?

OTTO Gallery
Piazza Giuseppe Mazzini 27 – Piano 4 Scala A.
00195 Roma
Ecco il link: https://goo.gl/maps/YZFemWnRGQstxum2A

Come arrivare:

OTTO Gallery si trova nel Quartiere Prati di Roma ed è collegata benissimo anche con i mezzi di trasporto:

  • Metro Rossa LINEA A stazione Lepanto
  • Oppure in bus che arrivano fino qui da tutta Roma: 19-30-69-89-280-301-490-495

E se vieni da lontano:

Puoi dormire direttamente nella di OTTO Rooms! Per prenotare la tua camera da OTTO Rooms CLICCA SU QUESTO LINK.

CONTATTI

http://www.sergiosechi.com
https://www.artplatform.it

facebook: https://www.facebook.com/profile.php?id=100011388624150
instagram: https://www.instagram.com/sergiosechipic/

 

Francesco Carmignoto – Yemen, ritorno a Sana’a

Yemen, ritorno a Sana’a

yemen
Sana’a
è ancora la bellissima Venezia d’Oriente dei miei ricordi del viaggio di alcuni anni or sono.
Pochi i kalashnikov a tracolla. Restano i jambiya, i pugnaloni ricurvi portati nella fascia attorno ai fianchi da tutti i maschi yemeniti, le case deliziose di mattoni color ocra, gli archi delle porte e delle terrazze, le decorazioni di gesso che contornano le finestre, i vetri dai tanti colori. Una fantasia irrefrenabile di ricami che salgono nelle facciate, nei vicoli, nelle piazzette e nei giardini con palme e alberi da frutto.

yemen

Lo sguardo si sofferma inebriato dal bellissimo e umano disordine.
Partiamo subito per i monti dell’Harazz, in un susseguirsi di piccoli villaggi arroccati sui pendii. Sembrano fortificati come quelli del nostro Medioevo. Da ogni cocuzzolo i castelli turriti dominano le larghe terrazze coltivate. Quasi tutte ad alberelli di qat, delle cui foglioline gli yemeniti vanno matti.

yemen

Ecco le belle case in pietra rosata di Thilla, distesa sul pendio. Nel suo negozietto ritrovo la giovane donna di un viaggio precedente, che non portava il velo e che mi aveva assicurato con forza che lei non lo avrebbe mai messo.

yemen

Mi mostra orgogliosa il suo volto, con un sorriso allegro. Anche le donne yemenite possono avere un simbolo di libertà! Le faccio i miei complimenti, ricordandole l’incontro di sei anni prima. Mi aggiro nel suo negozio pieno di oggetti interessanti. Compro una specie di cuore di alabastro trasparente, intarsiato con curiose scritte in ebraico. Non sono convinto che sia antico, ma mi sembra molto bello e misterioso.
Nello Yemen erano molti gli ebrei, spesso artigiani bravissimi a lavorare anche l’argento e considerati veri maestri nel cesellare i più preziosi jambiya.

yemen

Foto e parole di Francesco Carmignoto

Questa storia ha partecipato a Travel Tales Award 2022. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

Milena Masini – Gerusalemme

Gerusalemme

Israele è un concentrato di emozioni, contraddizioni, stati d’animo, profumi. L’arrivo a Tel Aviv si presenta come un’odissea di controlli meticolosi, lunghi ed estenuanti. Poi esci dal terminal e ti ritrovi proiettato in una città giovane, eccentrica, di tendenza.

Gerusalemme

Tel Aviv non dorme mai quasi a sembrare l’oblio dei giovani israeliani, che vogliono lasciarsi alle spalle le complessità della vita quotidiana.
Poi Gerusalemme.

Gerusalemme

Qui potrei scrivere un libro, come d’altra parte potrei non scrivere nulla. Gerusalemme è una città impossibile da raccontare, puoi solo farti guidare da emozioni e sensazioni.

La città vecchia intanto; dentro le antiche mura è bellissima, i colori chiari e tenui, il suq pieno di gente, avvolta dai colori della frutta, dal profumo di pane fresco, e spezie. Tutt’intorno le chiese, i minareti, contornate da vicoli che formano un labirinto quasi senza fine.

Gerusalemme

La città è divisa in quattro quartieri: il quartiere musulmano, ebraico, cristiano e armeno. In ognuno di questi settori, si percepiscono, si vedono, si toccano le singole diversità e differenze. In ogni spazio si delineano tutte le icone delle singole religioni monoteiste: il Muro del Pianto, la Chiesa del Santo Sepolcro, la Spianata delle Moschee.

Gerusalemme

Camminando in questi luoghi sacri, si avverte tutta la carica emotiva, tutte le tensioni, e quella strana energia, che deriva dalla convivenza in spazi decisamente compressi. A fine giornata senti il cuore, la testa e l’anima che chiedono a gran voce un po’ di riposo. Con gli occhi di medico e la mia grande passione per la fotografia, ho cercato di catturare ogni mia singola emozione in uno scatto. Gerusalemme è respirare emozioni con l’anima.

Gerusalemme

Un semplice tramonto si trasforma in una luce sensoriale, l’alba ti travolge di spiritualità interiore. La fotografia è lo specchio di un’interpretazione emotiva soggettiva, personale. E’ in grado di sviluppare quella chimica cellulare che accende la comunicazione sensoriale di chi osserva. A Gerusalemme tutto ciò è possibile.

Foto e parole di Milena Masini

Questa storia ha partecipato a Travel Tales Award 2022. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

Luigi Vigliotti – Viaggio nei paesi Berberi

Viaggio nei paesi Berberi – Tunisia

Un viaggio in Tunisia per raccontare “Il Maghreb Dimenticato”. Un progetto per diffondere e far conoscere le popolazioni Berbere del Nord-Africa. Il progetto costituisce un’occasione di riflessione sulla civiltà mediterranea, sui caratteri di parentela e non di antagonismo tra popolazioni che rappresentano la cultura millenaria del Maghreb, e che concorrono alla creazione della nostra storia comune fin dall’alba dei tempi.

tunisia

Le aree montuose del Dahar, nel sud desertico della Tunisia, sono caratterizzate da paesaggi di monti aridi e rocciosi stagliati da erosioni di milioni di anni. Qui sorgono villaggi abitati da tempi immemori da popolazioni che noi genericamente chiamiamo “Berberi” o Imazighen (uomini liberi), come essi preferiscono definirsi.

Usi e costumi di antica memoria sono stati mantenuti e tramandati e costituiscono quell’ “essenza Berbera” che aveva affascinato lo storiografo tunisino Ibn Khaldoun che nel XIV secolo ne raccontò storia e gesta.
Il viaggio è l’occasione per entrare in contatto con lo stile di vita delle comunità di questi villaggi dove il tempo scorre lento tra paesaggi evocativi ed emozionanti. Tradizioni secolari scandiscono la vita quotidiana, gestita soprattutto dalle donne.

tunisia

Ancora vestite con abbigliamenti lontani dal XXI secolo svolgono tutti i lavori più pesanti, in casa come nei campi. Le antiche fibule utilizzate per l’abbigliamento e i tatuaggi marcano un’identità che difficilmente si potrà tramandare. Per fotografare non bisogna essere invadenti. E’ necessario stabilire un contatto in modo da poter condividere momenti importanti della quotidianità e così osservare attività legate alle tradizioni locali. Ho anche la fortuna di assistere ad una “Fantasia”; straordinaria esibizione equestre di antica tradizione, sfrenata corsa di cavalli in cui viene simulato un attacco armato.

tunisia

Il paesaggio del Maghreb in Tunisia

Qui il turismo di massa non è mai arrivato e le primavere arabe hanno solo contribuito ad accentuare l’isolamento di questi luoghi. Villaggi celati nel paesaggio come Chenini, Douiret, Guermessa, Matmata, Tamerza punteggiano un territorio di desertica grandiosità con architetture caratterizzate dalla presenza di cittadelle abbarbicate sulle rocce o sorprendenti abitazioni trogloditiche scavate nella terra.

tunisia

La miscela tra nomadismo, agricoltura e sedentarizzazione è il vero fondamento su cui si basava la creazione degli Ksour: castelli con la funzione di granai. All’interno, ogni famiglia possedeva, e la pratica era in vigore fino a pochi anni fa, il suo ghorfa, una celletta di stoccaggio dei generi di prima necessitò (olio d’oliva, cereali).

tunisia

Alcuni di questi granai fortificati, come Ksar Ouled Sultane, possono essere considerati veri e propri capolavori architettonici. Ksar Metameur, Ksar Hallouf, Ksar Haddada, Ksar Mrabtine, Ksar El Ferch, Ksar Gattoufa, Ksar Kedim, Ksar Ouled Debab, Ksar Ouled Sultane…, come una litania di santi ogni spuntone roccioso o avamposto di pianura conserva uno ksar o i ruderi di quello che un tempo lo era. Ne esistono più di 150, molti avvolti solo dal silenzio dell’abbandono, ma tutti degni di uno sguardo che però il tempo non può assicurare.

berberi

 

Foto e parole di Luigi Vigliotti

Questa storia ha partecipato a Travel Tales Award 2022. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

Artica – Roberto Manfredi

Artica – Le isole Lofoten

lofoten

Isole Lofoten – Il termine “arcipelago” a me, e penso a molti altri, suggerisce infallibilmente la visione di spiagge tropicali che scendono in acque cristalline, costellate da palme inclinate che si protendono verso il mare.

isole lofoten

-Dove vai? -Alle isole Lofoten -Che bello! Non prendere troppo sole!
Raccomandazione nemmeno troppo stupida, perché alle Lofoten, per tutto il mese di giugno, ci sono 24 ore di sole al giorno. Sì, perché le Lofoten si trovano all’interno del circolo polare artico, dove, all’inizio dell’estate, si può vedere il sole di mezzanotte.

-Vai in marzo? Chissà che freddo!
-Davvero! Pensa che a Svolvær (che per inciso è la più antica città del circolo polare artico) la temperatura minima di marzo è in media di ben due gradi sotto zero! Ma non c’entra il riscaldamento globale: grazie alla Corrente del Golfo le Lofoten hanno la più grande anomalia di temperatura positiva al mondo rispetto alla latitudine. L’Islanda, ad esempio, si trova più a sud ma è molto più fredda!

norvegia

E grazie a queste singolarità che le Lofoten ci offrono qualcosa di unico, senza chiederci di morire di freddo. Paesaggi artici davvero singolari, dove si possono ammirare montagne innevate che si gettano nel mare, fiordi che si inoltrano nell’entroterra al punto che risulta difficile capire se si sta guardando il mare o un lago, vedute decorate da piccole città e dalle onnipresenti “rorbu”, le caratteristiche abitazioni su palafitte, sempre dipinte di rosso pompeiano.

logfoten

Ma le Lofoten non sarebbero magiche come sono se non ci fosse la dama verde. Le aurore boreali. Che qui si possono osservare in una situazione geoclimatica pressoché ideale. Arrivano quando vogliono, si offrono, danzano, danno al paesaggio, già fiabesco di suo, un pizzico di magia. E poi se ne vanno, lasciandoci senza fiato.

Foto e parole di Roberto Manfredi

Questa storia ha partecipato a Travel Tales Award 2022. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

Donne in Myanmar – Maurizio Trifilidis

Donne in Myanmar

birmania donne

Due cose colpiscono viaggiando in Myanmar: l’intensa attività di costruzione, mantenimento e allargamento della rete stradale e il fatto che gli aspetti più faticosi di questa attività vengano svolti per la maggior parte da manodopera di genere femminile.

myanmar

Le donne in Myanmar hanno un grado di indipendenza e autonomia relativamente maggiore rispetto ad altri paesi asiatici. Il sistema educativo però le penalizza, le posizioni di responsabilità sono precluse e conseguentemente a esse sono affidati i lavori più faticosi e di minor valore.

myanmar

La costruzione delle strade è un esempio immediato di tutto ciò. L’attività è piuttosto semplice, sulla terra viene disposto un letto di sassi e successivamente passato il catrame.

myanmar

Il lavoro di raccolta e trasporto di grandi pietre, la loro successiva rottura in sassi più piccoli, il trasporto e il posizionamento finale di quest’ultimi sono tutti demandati al genere femminile.

myanmar

Gli uomini si occupano solo della guida degli automezzi, del fuoco che scioglie il catrame e del versamento del catrame stesso sui sassi. Tutte attività che comportano molto più pause di quelle svolte dalle donne.

myanmar

Questo tipo di cantieri si trova spesso su qualsiasi strada si faccia; già poche foto testimoniano quanto descritto e spiegano più di molte parole.

myanmar

Foto e parole di Maurizio Trifilidis

Questa storia ha partecipato a Travel Tales Award 2022. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

Aluminium Slaves

“Aluminium Slaves” in Madagascar

In Madagascar, la città di Ambatolampy è rinomata per i suoi manufatti in alluminio. I turisti vengono portati lì da compagnie di viaggio per acquistare bellissimi oggetti in alluminio lucido.

Aluminium

Possono entrare nelle manifatture e osservare la gente del posto al lavoro. Giovani uomini e adolescenti si guadagnano da vivere fondendo vecchie parti metalliche, da qui il nome “aluminium slaves”. I pezzi vengono raccolti in tutto il paese e portati in questa città.

alluminium

Come ovunque in Madagascar, le persone usano il carbone per accendere fuochi. Qui lo usano per fondere il metallo, una volta smontati i blocchi motore o le barriere metalliche. Mettono le parti metalliche in pentole sterili e le fondono. Quindi portano le pentole con il metallo fuso nelle case con tetto e lo versano negli stampi che hanno preparato in precedenza, con argilla, sabbia e legno.

Non ci sono precauzioni di sicurezza: gli uomini maneggiano le pentole di alluminio liquido a mani nude. Versano il liquido in forme semplici accanto ai loro piedi nudi. Per tutto il giorno respirano la polvere e l’inquinamento, dalla prima infanzia in poi. Alla fine della giornata, l’elettricità viene interrotta afferrando il cavo nudo dal contatto.

alluminium

Le manifatture sono presentate come una forma di lavoro romantica e vecchio stile, ma è una vita molto dura. E la gente continua a sorridere.
Sono dovuto andare in Madagascar per una conferenza sulla biologia della conservazione. Ho trascorso un mese viaggiando e cercando di capire le dinamiche di un paese con una distruzione devastante. Con questa serie voglio documentare la vita di questi lavoratori che ho visitato due volte durante il mio soggiorno in Madagascar nell’agosto 2019.

Madagascar

Foto e parole di Pia Parolin

Questa storia ha partecipato a Travel Tales Award 2022. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

Pasqua Ortodossa – Sergio Volani

Pasqua Ortodossa a Karpathos

Pasqua ortodossa
La Pasqua è la festività più sacra di tutto l’anno per il mondo ortodosso, ed anche in Grecia è particolarmente sentita. Sull’isola di Karpathos, nel piccolo villaggio di Olympos, abbarbicato sulle montagne a nord dell’isola, si svolgono ancora i riti pasquali legati alle tradizioni bizantine.
Pasqua ortodossa

La festa coinvolge tutti gli abitanti del piccolo paesino, ed inizia il venerdì santo (Megali Paraskevi) , quando donne e bambini portano in chiesa fiori per decorare l’Epitaffio, bara simbolica di Cristo , sulla quale vengono anche appese foto dei defunti nell’ultimo anno . Alla sera, l’Epitaffio viene portato in processione nelle viuzze del paese, fermandosi nelle case per la recita di preghiere.

Il sabato è la giornata dedicata alla preparazione del pranzo pasquale. Le donne fanno il pane negli antichi forni e viene messa a cuocere la capra, piatto tipico di questa festa. Alla sera inizia il rito pasquale che si prolunga per ore, in una chiesa gremita di gente.

Pasqua ortodossa
Le celebrazioni terminano il martedì con la processione delle icone attraverso il paese fino al piccolo cimitero e poi in giro per i sentieri fermandosi nelle piccole chiesette disseminate ovunque nella vallata circostante.

Pasqua ortodossa

Foto e testo di Sergio Volani
Questa storia ha partecipato a Travel Tales Award 2022. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

 

Nelly Schneider – “The homage and the hero”

“The homage and the hero”

Il mio lavoro fotografico è costantemente ispirato dall’arte e dall’architettura che mi circonda nella mia città natale Roma, e dalla diversità di coloro che la frequentano. La collezione di immagini “The homage and the hero” è realizzata con un senso di profonda gratitudine per l’unicità e la bellezza di ciò che abbiamo intorno e per la possibilità di poterne usufruire. In questa collezione racconto l’apprezzamento per il lavoro che altri hanno svolto nel creare tale bellezza nella opposta relazione tra l’omaggio e l’eroe.

Da un lato la vita erratica e vulnerabile dell’eroe dello scatto, “the hero”. Si tratta di colui o colei che sta vivendo quel luogo, che ne definisce lo spazio, il protagonista dell’immagine. Ha colto la mia attenzione, passa di li per caso o che magari viene dal lato opposto della terra per visitare la città e la sua architettura anche solo per una volta. Mostra meraviglia e stupore per l’unicità di ciò che vede.

Dall’altro vi è invece l’elemento architettonico, “the homage”, ovvero il dono lasciato da coloro che ci hanno preceduti. Spesso origine di dolori e sofferenze, di punizioni e sacrifici. L’omaggio è li affinché si possa ammirarlo ed usufruirne, dargli un senso. Di opposta natura rispetto all’eroe, perché permanente e costante nel tempo, è spesso lì da secoli.

 

L’intento del lavoro

L’omaggio e l’eroe alla fine tornano insieme, in una danza comune, si fondono nella moltitudine di scatti sovrapposti che sintetizzano tutto il lavoro fatto sul luogo delle riprese. le immagini, una sull’altra, enfatizzano l’intenzione comune dell’omaggio e dell’eroe di stare insieme, di onorare il regalo ricevuto dando scopo alla reciproca presenza. l’obiettivo finale, ambizioso, è di convogliare i due protagonisti in un unico elemento dinamico, dando loro forza e finalità, ritrovando il movimento che si era perso nelle singole immagini.

Le immagini, una sull’altra, enfatizzano l’intenzione comune dell’omaggio e dell’eroe di stare insieme, di onorare il regalo ricevuto dando scopo alla reciproca presenza.

Biografia

Nata e cresciuta nella città eterna, ad eccezione di quattro anni passati a New York per favorire la crescita personale, Nelly attualmente vive a Roma. Inizia ad interessarsi in maniera costante alla fotografia, a scattare con regolarità e ad approfondirne le conoscenze nel 2013, ma è solo a fine 2019 che propone il suo lavoro al pubblico partecipando al “Wave market fair” a Roma.

Da autodidatta in ripresa, post produzione e stampa di fotografia digitale, usa frequentemente altre metodologie per fotografare sperimentando continuamente modalità diverse dalle regole canoniche. L’obiettivo finale è quello di provocare i limiti imposti dalla fotografia sull’incapacità di riprodurre il senso del movimento. La fotografia è un mezzo di comunicazione letargico e statico; lei utilizza spesso multiple esposizioni o altri sistemi di ripresa non convenzionali (quali l’uso di obiettivi basculanti o vintage e a fuoco manuale) per enfatizzare il movimento anziché documentare la nuda e cruda realtà.

Il suo obiettivo finale è portare l’osservatore lontano dalle difficoltà quotidiane, far si che lo stesso possa condurre il proprio pensiero distaccandosene temporaneamente. Avendo a disposizione solo una parte del messaggio, l’osservatore, per mezzo del suo vissuto, aspirazioni e immaginario ne completa e personalizza l’interpretazione; se questi si lascia andare all’istinto e alla sua voce interiore.

  • Mercoledì 12 Aprile 2023 OPENING dalle 16 alle 20 con la presenza del’Autrice
  • Da Giovedì 13 Aprile fino al 14 giugno 2023: tutti i giorni dalle 14 alle 20 con PRENOTAZIONE al 3755790929

 

DOVE?

OTTO Rooms
Piazza Giuseppe Mazzini 27 – Piano 4 Scala A.
00195 Roma
Ecco il link: https://goo.gl/maps/AhST5w2Nkc52

Come arrivare:

OTTO Gallery si trova nel Quartiere Prati di Roma ed è collegata benissimo anche con i mezzi di trasporto:

  • Metro Rossa LINEA A stazione Lepanto
  • E poi ci sono tantissimi bus che arrivano qui da tutta Roma: 19-30-69-89-280-301-490-495)

E se vieni da lontano:

Puoi dormire direttamente nella di OTTO Rooms! Per prenotare la tua camera da OTTO Rooms CLICCA SU QUESTO LINK.

 

Campane Marinelli

La fonderia pontificia di campane Marinelli

fonderia marinelli

Le campane hanno avuto nei secoli un funzione pubblica, civica e religiosa, trasmettendo messaggi e acquisendo un valore simbolico.
Le campane venivano e vengono tutt’ora usate anche nei rituali magici: per scacciare gli spiriti malevoli e allontanare i temporali o per attirare gli Angeli.
Oltre a scandire il trascorrere del tempo e costituire un richiamo liturgico, svolgono da sempre la funzione di comunicare al popolo situazioni di pericolo imminente, gioie, dolori e lutti.
Utilizzate nei rituali religiosi di Occidente e Oriente, con il loro suono, dolce e potente allo stesso tempo, attirano a sé gli uomini e segnano un sacro legame fra l’Uomo e il Divino.

In Italia sono poche le fonderie di campane rimaste ma è ad Agnone, piccolo borgo dell’Alto Molise, conosciuto anche come il “paese delle campane”, che nasce la voce degli Angeli.

campane

Il paese delle campane

Qui infatti si trova la più antica fonderia in Italia, la Pontificia Fonderia Marinelli, dove i segreti e le tecniche di questo antichissimo mestiere sono tramandati da padre in figlio. Una tradizione che perdura da oltre 1000 anni, oggi portata avanti dai fratelli Armando e Pasquale Marinelli.
In questa antica fonderia di famiglia si realizzano campane e sculture bronzee a mano utilizzando la tecnica della “cera persa” già conosciuta dai fonditori medievali e rinascimentali.
Le campane quindi non sono fatte in serie ma ogni pezzo viene realizzato a mano su commissione da chiese, governi, imprese e organizzazioni e le sue campane si possono trovare in tutto il mondo.

Molte delle campane realizzate dalla fonderia si trovano in Vaticano. La fonderia ha anche ottenuto il diritto e l’onore, conferitole da Papa Pio XI nel 1924, di effigiarsi dello Stemma Pontificio.

Le fasi della forgiatura

Fabbricare una campana è una vera opera d’arte e la sua realizzazione è una esperienza di notevole impatto emotivo.
Il materiale utilizzato è il bronzo, una lega di rame e stagno che nel caso delle opere artistiche della fonderia Marinelli è di qualità purissima. Per l’intero processo si va dai tre mesi per le campane più piccole fino a un anno per quelle più complesse.

Si parte dalla costruzione di una forma costituita dall’Anima, che corrisponde all’interno della campana e viene realizzata in mattoni, lasciando la parte interna cava e un foro nella parte alta e viene ricoperta da un primo strato argilla.

 

campane

Si procede con la Falsa campana, ovvero l’anima viene ricoperta con ulteriori strati di argilla speciale, sino ad ottenere una superficie levigata. Questa avrà esattamente lo spessore voluto per la campana. Su questa vengono applicate le cere con le iscrizioni dedicatorie, le immagini ed i fregi artistici.

Infine si fora il Mantello applicando sulla falsa campana altri strati di argilla sino allo spessore desiderato.
La forma così completata si riscalda con la tecnica della “cera persa”, ovvero viene acceso il fuoco all’interno dell’anima per far sì che la cera si sciolga col calore lasciando impressa in negativo, all’interno del mantello, la composizione artistica.
A questo punto si solleva il mantello, si distrugge la falsa campana e lo si ricolloca sull’anima.

Il modello è ora interrato nel fosso di colata dove avviene la fusione a circa 1150°C. Il bronzo liquefatto viene versato nelle singole forme riempendo lo spazio libero creatosi tra l’Anima e il Mantello.

campane

Gli ultimi ritocchi

La fusione è un processo che non può permettersi il minimo errore pena la cattiva riuscita del lavoro. Ha sempre una componente quasi mistica e delicata e come tale genera apprensione e va benedetta. Spesso questo viene fatto alla presenza di un sacerdote che accompagna con litanie e preghiere il culmine di tale fase produttiva.
Solo dopo svariato tempo si potranno rompere le forme per vedere il risultato. Il metallo deve raffreddare poco a poco e senza sbalzi di temperatura. Dal suo raffreddamento può cambiare la “voce” della campana.
Ma la campana non è ancora terminata. Appena liberata del suo involucro, deve essere pulita: i bassorilievi vanno puliti con spazzole d’acciaio e poi a colpi di scalpello e di lima.
Si tratta di un lungo e paziente lavoro affidato alle mani esperte di maestri artigiani. L’interno deve alla fine essere riguardato e vi si deve attaccare il battaglio.
Per constatare inoltre che la campana sia perfettamente funzionante e non incrinata, vengono convocati degli esperti che con un diapason verificano il livello di tonalità della campana. Visitare la fonderia è un’esperienza unica.

campane

Foto e parole di Lia Dondini Taddei 

Per saperne di più sul “Travel Tales Award” vai su: https://traveltalesaward.com/

Berlin Colors

BERLIN COLORS
per le strade di Berlino

Viaggio spesso in Germania e mi piace perdermi nelle strade andando incontro alla gente.

Berlin

In questo Paese le città e le persone hanno la fama di essere rigorose e grigie, ma all’osservazione dei fatti, mi sembra davvero uno stereotipo non sostenibile.

Berlino

In realtà c’è tanto colore in tutto e in tutti e in questo lavoro mi è piaciuto riscoprirlo per esorcizzare in questo momento storico il vero grigio che c’è nei nostri cuori.

Berlin

La pandemia, le guerre, i disastri ecologici chiudono i nostri animi in scure prigioni e forse i colori ci aiuteranno a trovare nuove risorse impensate nelle differenze,

Berlin

nell’amicizia, nelle reti costruttive positive, perché possiamo ancora sperare in un futuro multicolor, multietnico e vivibile.

Berlin

Foto e testo di Francesca Romana Semerano
Questa storia ha partecipato a Travel Tales Award 2022. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

Cambogia

I MINATORI DEL XXI SECOLO

Si definiscono «minatori freelance». Vivono con pochi ricavi dopo aver rivoltato, setacciato, e scavato nella terra rossa cambogiana alla ricerca di zirconi azzurri, pietre preziose destinate al mercato locale e internazionale.

minatori

La regione di Ratanakiri, nel nord est della Cambogia, è conosciuta per le gemme che la sua terra rossa nasconde nel ventre. Nel villaggio di Bar Kaev, abbandonata la strada maestra che porta verso il Vietnam, ci si addentra in una superficie che una volta ospitava la foresta. Lungo il sentiero che la attraversa compaiono qua e là decine di profondi buchi neri.

cambogia

Ogni buco è una cicatrice lasciata da una miniera di zirconi abbandonata: quelle in funzione si riconoscono subito dal telo teso che le ombreggia. Non siamo in una grande miniera a cielo aperto dove migliaia di uomini formiche lavorano come formiche per estrarre le pietre preziose; qui le miniere sono a conduzione familiare, aperture larghe a sufficienza per farci infilare un uomo e profonde più di dieci metri.

cambogia

Non ci sono scale per salire e scendere laggiù. Si sfrutta solo la forza delle braccia e delle gambe per entrare e uscire dalla pancia della terra. La squadra è composta da due persone, che ciclicamente si alternano. Uno scava e l’altro si mette all’argano mentre l’altro in fondo al pozzo, lavorando sempre in ginocchio riempie i secchi e li aggancia uno dopo l’altro alla corda che li porterà in superficie.

cambogia

Metà della giornata la si trascorre in superficie e l’altra metà nel sottosuolo, queste sono le proporzioni, la fatica è equivalente e condivisa a metà, come diviso è il ricavo frutto del sudore di giornata.

cambogia

La speranza di buona sorte nutre la smania del cercatore ma la perseveranza appaga la necessità di garantire alle proprie famiglie che vivono in capanne vicino alla miniera, un guadagno medio giornaliero decente di circa 15 dollari.

cambogia

 

Foto e testo di Lello Fargione
Questa storia ha partecipato a Travel Tales Award 2022. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

USA

Born in the USA

Un lungo viaggio in famiglia negli Usa, dopo aver trascorso l’anno prima in Vietnam, in compagnia di moglie e figli.

Scettico della meta americana, ma pressato da molti (papà ce lo devi, non possiamo solo fare trekking e girare per villaggi sperduti, vogliamo andare negli stati uniti) mi sono sentito in dovere di proporre alternativa ai miei amati viaggi.

In preda a due adolescenti curiosi ed euforici di vedere le grandi metropoli americane, eccoci a New York City. Da lì, con i famosi megabus alla volta di Philly e Washington per poi dirigerci con un auto a nolo x miglia e miglia attraverso  New Jersey, Delaware, Virginia, North Carolina e South Carolina, alla scoperta della middle america on holiday.

Pick up stracarichi, con al seguito barche, grill….insomma, mi sono dovuto ricredere.
Una Vacanza all’insegna del Big is Better…Risvegli felici, seduto fuori da un motel ad osservare l’americano in vacanza. Fantastico!

Scrivi un commento all’Autore usando il form qui in basso. Non è richiesta alcuna registrazione, noi riceveremo il tuo commento e lo pubblicheremo e quando riceverai delle risposte al tuo messaggio verrai avvisato dal nostro sistema se lo vorrai.

 

Questa storia ha partecipato a Travel Tales Award 2022. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

Bulgaria

Life in Rhodope Mountains

bulgaria

La voglia di fotografare nasce spontaneamente nella prima infanzia vissuta tra le Rhodope Mountains. Vado per la mia strada, cercando di trasformare un frammento di tempo in eternità attraverso le mie fotografie.

Negli ultimi dodici anni ho viaggiato molto in giro per le Rhodope Mountains, nella mia Bulgaria.  Una montagna di una bellezza unica, ricca di passato e piena di misticismo e misteri. Le Rhodope Mountains sono vaste e non basterebbe una vita per vedere tutto quello che offrono.

bulgaria

Qui ho incontrato persone quasi centenarie, che portano dentro di sé un’intera epoca, un tesoro prezioso. In questo lavoro ho voluto raccontare momenti di vita della gente che vive nei piccoli villaggi di queste montagne.

bulgaria

Ho raccontato di Emine, nel Villaggio di Krestava, che tratta la sua mucca come un’amica portandola ogni mattina al più vicino abbeveratoio.  Del vecchio pastore Ali, nel Villaggio di Smolevo, che da giovane allevava milleduecento pecore ed ora ne ha solo una ventina di cui si prende cura.

bulgaria

Alla fine di maggio, nella parte occidentale dei Monti Rodopi, inizia la tosatura delle pecore ed Ali è così abile col suo vecchio paio di forbici che sono riuscito a malapena a scattagli una foto. Altro aspetto importante nel raccontare la quotidianità di questi villaggi è l’importante attività legata alla raccolta ed essiccazione del tabacco, utilizzato poi per fare le sigarette e guadagnare qualcosa da vivere, come Abidim, del mio amato villaggio di Ribnovo, che tira giù il tabacco essiccato per fare spazio al nuovo.

bulgaria

Infine non possono mancare le persone dei villaggi durante vari tipi di eventi, come i festeggiamenti per la tradizionale “Syunet” (circoncisione dei ragazzi) sempre nel piccolo villaggio di Ribnovo, o i matrimoni nel centro del paese in cui la gente esce per divertirsi e curiosare.

Sempre qui si svolgono le partite di “grease wrestling” (sport tradizionale turco). I concorrenti si spalmano olio sul corpo per rendere i combattimenti più difficili e interessanti. I vincitori delle categorie leggere ricevono come premio un percorso con un coach, e nelle categorie pesanti il migliore vince un vitello.

Foto e parole di Miroslav Mominski

Per saperne di più sul “Travel Tales Award” vai su: https://traveltalesaward.com/

Dancalia

Le carovane e i tagliatori di sale

carovanePoche zone sulla Terra riuniscono una così straordinaria quantità di motivi d’interesse. È una regione di difficile accesso, dal clima estremo, dove si raggiungono le temperature più alte del pianeta. Per secoli l’unico collegamento con il resto del mondo è avvenuto attraverso le carovane di dromedari che trasportavano blocchi di sale sull’altopiano etiopico. Ancora fanno da cornice ad una regione dalle mille sfumature. Nel percorrere il tragitto delle carovane attraversando Il Fiume Saba ho voluto mettere in evidenza le sfumature e le forti emozioni che hanno lasciato in me una traccia indelebile.

sale

Uomini che alle prime luci del mattino sono pronti ad accingere il loro cammino e nelle luci del giorno la loro tenacia, allegria e socievolezza scalpisce la loro fatica. Nel caldo riposo del sole sfrecciano come lance con le lunghe file di Dromedari al loro seguito per proteggersi dal caldo torrido del giorno.

Uomini dalla pelle dura ma con sguardi che lasciano trasparire la loro fragile timidezza, celata dalla forza che imprimono sui sassi di sale della Piana del Sale e nei passi lenti ma ritmati del loro cammino.

sale

Uomini di etnie diverse ( Musulmani e cristiani) lavorano insieme, condividono abilità e capacità. Hanno bisogno gli uni degli altri per vivere e per conservare un’identità e una tradizione che resiste da millenni. In un paese dove niente fa pensare a un equilibrio, musulmani e cristiani riescono a convivere con un obiettivo comune: il commercio del sale, che da tempi immemorabili fa vivere migliaia di famiglie.

sale

” Le carovane di Sale, una vita in cammino, di sudore, di sete e stanchezza. A volte la sosta in un oasi. Le carovane restano un racconto di silenzio e di luce argentata” ( cit. tratta dal libro” Gente in Cammino” di Malika Mokeddem ).

sale

Foto e parole di Anna Rita Carrisi

Per saperne di più sul “Travel Tales Award” vai su: https://traveltalesaward.com/

 

Cuba

Yo soy Fidel

Per anni mi sono detto che avrei dovuto visitare Cuba prima della dipartita di Fidel Castro pensando che alla sua morte l’isola si sarebbe velocemente trasformata.

cuba

Il caso ha voluto che fossi a Cuba, assieme a tre amici fotografi, proprio il giorno della sua morte, il 25 novembre 2016 e per i successivi 9 giorni di lutto nazionale dichiarati dal fratello e capo del governo cubano, Raul Castro.

In quei giorni abbiamo attraversato tutta l’isola, dall’Avana a Santiago, percorrendo le stesse strade del corteo funebre, incontrando e parlando con decine e decine di donne e uomini cubani. Abbiamo visto una Cuba compatta nell’unità nazionale e penso sinceramente addolorata per la mancanza improvvisa del loro “Comandante”, come tutti lo chiamavano, uniti nello slogan “Yo soy Fidel”.

cuba

Alla domanda: “Ed ora dove andrà Cuba?” tutti, con varie sfumature, ma con grande determinazione, hanno risposto che la direzione era già stata segnata dal Comandante e che avevano intenzione di seguirla adattandola ai giorni nostri.

So perfettamente che a Cuba c’è un ferreo regime, ma penso che la maggior parte fosse sincera, unita da una orgogliosa identità nazionale che il lutto rendeva, se possibile, più forte.

cuba

Ho avuto la sensazione che per tanti fosse come la perdita di un padre, molti hanno anche aggiunto: “Nel bene e nel male”, parlando della guida del Comandante, “Ha fatto il meglio che poteva per Cuba”.
La storia giudicherà.

fidel

 

Foto e parole di Francesco Munaro

Per saperne di più sul “Travel Tales Award” vai su: https://traveltalesaward.com/

La Puna Argentina

Il deserto freddo dell’Argentina

 

Nell’agosto del 2018 parto alla scoperta della Puna, il vasto altopiano desertico dell’Argentina nord-occidentale, che si estende in mezzo alle due cordigliere andine, come lo spazio compreso tra i due lembi scostati di una cerniera lampo aperta malamente. Ci arrivo da Salta (a due ore di volo da Buenos Aires) dapprima percorrendo in 4×4 una pianura dove si alternano vigneti e cactus a perdita d’occhio.

argentina

Poi salendo, per oltrepassare il primo lembo della cerniera montuosa, tra cui sono adagiate morbide dune di sabbia rosata finissima punteggiate di cespugli dorati. E finalmente, si dispiega davanti ai miei occhi la vuota vastità della Puna di cui non si coglie la fine.
Capisco subito di essere molto in alto, oltre i 2000 metri, perché l’aria ha il sapore e l’odore della purezza, e il respiro ti brucia in gola.
I colori predominanti sono il giallo della secca e rara vegetazione bassa, il rosa violaceo delle alture striate di neve, il blu intenso del cielo e il nero della cenere sparata nei secoli dai numerosi coni vulcanici.
Non si incontra nessuno lungo i lunghi rettilinei di terra battuta che sembrano tracciati con il righello.

argentina

L’autista/guida dice che qui vengono pochissimi turisti, e neanche gli Argentini conoscono la Puna. Di tanto in tanto si incrociano i binari di una ferrovia ancora usata per trasportare sale e minerali tra Argentina e Cile. A Tolar Grande (m. 3508), un villaggio in mezzo al nulla, c’è una minuscola stazione dove i camion caricano e scaricano i vagoni.

 

Gli abitanti della Puna Argentina

E’ qui che finalmente incontro i pochi abitanti della Puna. Si radunano alla sera a mangiare e bere nell’unica locanda del paese, mantenendo indosso le giacche a vento perché anche all’interno il freddo è davvero tosto, e la stufa a legna proprio non ce la fa a scaldare.
E, usciti fuori, li ritrovo rannicchiati sulle panche della sala del municipio, l’unico posto dove prende il cellulare, o rintanati nelle loro jeep parcheggiate lì intorno con i motori accesi per ripararsi dal gelo.

Il primo agosto qui si celebra il rito di ringraziamento alla Pachamama (Madre Terra), una tradizione antichissima delle popolazioni andine. Per caso mi accorgo di un gruppo radunato attorno a una buca scavata nel terreno. Dopo aver recitato in raccoglimento la loro invocazione vi seppelliscono i loro doni alla Madre Terra: alcolici, frutta, ortaggi, riso, sigarette e foglie di coca, di cui hanno tutti le guance gonfie. Si passano l’un l’altro una ciotola contenente un miscuglio di tutte le bevande che hanno radunato, alcoliche e non.
Anch’io ne provo un sorso, per non offenderli. Il tono delle voci è sommesso per rispettare la sacralità del momento. Il silenzio è il suono tipico della Puna. Ancora adesso, a distanza di anni, se chiudo gli occhi lo rivedo quel cielo blu, avverto il vuoto silenzio e respiro la purezza di quell’aria.

Foto e parole di Marco Parenti

Per saperne di più sul “Travel Tales Award” vai su: https://traveltalesaward.com/

 

Il Natale Copto

Genna, il Natale Copto

copto

Genna è il nome che viene dato dai cristiani copti di Etiopia al Natale. Questo viene celebrato il 7 gennaio, dato che in Etiopia viene ancora seguito l’antico calendario giuliano.
I festeggiamenti del Natale Copto si svolgono nella città santa di Lalibela che si trova nel nord dell’Etiopia ad una altezza di ca. 2500 metri sul livello del mare. La città è famosa per le sue chiese rupestri scavate nella roccia, che nel 1978 sono state dichiarate patrimonio mondiale dell’UNESCO.

copto

Lalibela ha ventimila abitanti che diventano circa duecentomila a inizio gennaio. In questo periodo migliaia di fedeli da tutto il paese percorrendo piste polverose la raggiungono camminando per giorni o anche per settimane.
I festeggiamenti del Genna iniziano nel pomeriggio del 6 gennaio e si protraggono tutta la notte e per tutto il giorno di Natale.
Abbiamo passato la notte della vigilia all’interno della chiesa rupestre Bet Maryam insieme ai fedeli copti. Si è trattata di una esperienza eccezionale e indimenticabile.

natale

La cerimonia

Attraverso un angusto passaggio scavato nella roccia, si raggiunge lo spazio posto intorno alla Chiesa dove moltissime persone, in gran parte vestite di bianco, sono ammassate dappertutto.
Vista la calca non è possibile muoversi liberamente. Ci si trova come immersi tra i fedeli e può succedere di colpire o anche di calpestare qualcuno nel tentativo di spostarsi senza, peraltro, suscitare lamentele.

copto

Sembra di essere in un sogno: il fossato intorno alla chiesa è popolato da una moltitudine di fedeli che in piedi, seduti o sdraiati per terra vegliano per tutta la notte alla luce di centinaia di candele. Il suono delle nenie e dei tamburi è continuo; alcuni dei fedeli pregano o leggono testi sacri, altri cantano o danzano, altri si appisolano dove capita, tutti aspettano la cerimonia del mattino quando i sacerdoti vestiti con i loro tipici costumi sgargianti formano un corteo e raggiungono la chiesa pe celebrare la messa.

copto

Colpiscono la profonda devozione e la grande umanità dei fedeli che dimostrano una inaspettata disponibilità. Lo straniero viene accettato senza indecisione e con grande tolleranza. Non si può non essere rapiti da questa magica atmosfera e rimarrà probabilmente per sempre il desiderio di ritornare al Genna.

copto

Foto e parole di Stefano Bianchi

Per saperne di più sul “Travel Tales Award” vai su: https://traveltalesaward.com/

 

Ogni giorno accade

Ogni giorno accade

accade

Viaggiare. È uno stato dell’essere, oltre il movimento oggettivo del corpo.
Testimone, vestito d’invisibilità per non interferire, fotografo con l’intento di cogliere quel momento, movimento, ripetuto all’infinito eppure diverso ogni volta. La luce colpisce gli oggetti: contenuti e forme danno significato ai semplici e rituali gesti, definiti, irripetibili per senso e appartenenza: la foto insegue la trama e ne cerca la sintesi.

accade

Alle prime luci dell’alba giovani Dei tritano ghiaccio freddo come polvere di stelle. L’eco lontano millenni che affiora continuo alle labbra: tu conosci la mia pena, aiutami, tu che puoi tutto. Un’ombra su un muro ocra o turchese: di chi sei?

accade

Un sorriso fugge inconsapevole sotto il peso (della vita), e dei mattoni. Il vento che muove lievi teli, ordinando il colore di pieno e vuoto: dov’è il colore del cielo, dove il tessuto?

india

O lo scambio di parole fuori un bar, uguali, negli innumerevoli idiomi dei diversi confini. Ogni giorno sulla Terra accade: la magia dell’essere qui. Guardarsi intorno, simili ed estranei: scegliere cosa prendere, cosa portare con sé, perché da quello verremo cambiati. Le immagini precipitano nell’anima e muteranno il modo di percepire, d’intendere, la relazione con l’altro. Uno specchio dell’esistenza: potresti essere tu, potrei essere io..

accade

Foto di Roberto Malagoli e parole di Lisanna Pinna

Per saperne di più sul “Travel Tales Award” vai su: https://traveltalesaward.com/

Dubai “The new city”

“The new city”

 

dubai

Dubai è una nuova città, una città che vuole essere moderna, ad iniziare dalla sua urbanistica e dalle sue architetture.
E’ un grande centro urbano che oppone la verticalità dei grattacieli all’orizzonte del deserto; la modernità svettante verso l’alto alla tradizione islamica.

dubai

“E’ delle città come dei sogni: tutto l’immaginabile può essere sognato ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio, oppure il suo rovescio, una paura.

 

Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure, anche il filo del loro discorso è segreto, le loro regole sono assurde, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un’altra.”
Le città invisibili – Italo Calvino

 

Foto e parole di Sandro Lombardo

Per saperne di più sul “Travel Tales Award” vai su: https://traveltalesaward.com/

Lago Aral

“Il mare di sole” del lago Aral

Sui banchi di scuola avevo imparato che nel lontano continente asiatico esisteva un immenso lago salato, che noi chiamiamo lago di Aral, ma che nella lingua locale è chiamato « mare di sole ».

Il suo bacino acquifero era grande tanto quanto la superficie dell’intera Svizzera. I pescherecci solcavano le sue acque, mentre nei porti ferveva l’attività dell’uomo.
Così, un bel giorno di primavera dell’anno 2018, mi ritrovai a 4’000 km da casa, nel Karakalpakstan, sulle rive di quello che, nei miei libri di scuola, veniva definito il quarto più grande lago al mondo.
Mi ritrovai sulle sponde di un deserto dove lo sguardo si perdeva nell’infinito alla ricerca di un orizzonte incerto.
Il lago del mio vecchio atlante di scuola era letteralmente evaporato.

aral

Incontrai un ragazzino sveglio, che mi disse che lui il mare non l’aveva mai visto, ma a scuola gli avevano insegnato che, da qualche parte, il mare esisteva ancora e lui un giorno ci sarebbe andato. Fu così che partii in una sorta di pellegrinaggio alla ricerca del mare perduto.

mare di sole

Lungo il tragitto attraversai quello che era stato un borgo di pescatori, un villaggio oramai dimenticato dal resto del mondo e dalle mappe.
Le tracce di una qualche forma di sopravvivenza umana erano tristemente visibili.

aral

Fu lì, che mi apparve una scuola frequentata da giovani, vestiti con cura, spensierati e divertiti dalla mia inattesa quanto improbabile presenza. Ritrovai i simboli di una mia quotidiana « normalità ». Vedevo una nuova generazione di giovani, simbolo di rinascita e di speranza, proiettata verso un futuro sicuramente diverso da quello dei loro padri e dei loro nonni che furono pescatori. Una nuova generazione che apprende dell’esistenza del mare dai libri di storia anziché dai libri di geografia.

aral

Dopo svariate ore di fuoristrada, attraverso quello che fu il fondale del lago di Aral, i mi ritrovai davanti al « mare di sole ».
Una fangosa reliquia, che appartiene oramai ai libri di storia.

aral

Foto e parole di Francesco Dolfi

https://www.facebook.com/francesco.dolfi.3

Per saperne di più sul “Travel Tales Award” vai su: https://traveltalesaward.com/

Vieni con noi a scoprire il Lago Aral:

Se vuoi partire con noi per l’Uzbekistan clicca su QUESTO LINK.

Muay Thai

La terribile boxe thailandese

Pur ritenendomi una persona pacifica e contraria alla violenza in ogni sua forma, devo dire che ho sempre trovato nobile uno sport duro come la boxe. Questo porta gli atleti a contendersi gli esiti di un incontro con sonori pugni ben assestati sferzati all’avversario.

Da bambino ricordo le estati calde passate davanti alla televisione a vedere le Olimpiadi. Non c’erano condizionatori in casa, mia nonna che dormiva e io perfettamente attrezzato in bermuda e canotta come il miglior Fantozzi cercavo refrigerio rotolandomi sul pavimento di marmo in quei lunghi torridi pomeriggi nella città deserta il cui silenzio era rotto dall’assordante frinire delle cicale. E a quell’ora la televisione (c’era solo la RAI) passava solo la boxe, ore e ore di incontri, pugni e sudore.

I massaggi negli spogliatoi. Foto: © Roberto Gabriele

 

Questa è stata quindi la mia iniziazione alla boxe: fu un pò una forzatura alla quale non potevo sottrarmi… Erano le Olimpiadi di Mosca 1980.

Fin da quella età mi chiedevo perché ci fossero persone disposte a prendere un sacco di pugni per il piacere di darne ad un altro che fondamentalmente non gli aveva fatto nulla di male se non aver scelto di fare lo stesso sport e di trovarsi per un caso del destino ad essere estratti come avversari.

Mi chiedevo insomma se fosse giusto tutto quello, se ne valesse la pena. Mi domandavo quale fosse il valore del denaro e se i soldi fossero una motivazione abbastanza valida per non scegliere un altro sport in cui non ci si facesse così male.

Tra una riflessione e l’altra sono diventato grande e ho iniziato a dare qualche risposta, o almeno qualche giustificazione, a quelle mie domande. Mi dicevo che già esisteva nell’antica Grecia come sport olimpico e che è meglio quello che delinquere in strada e… bla bla bla…

Sta di fatto che nella vita certi cerchi devono chiudersi, senti il bisogno di toccare con mano il fuoco per vedere se brucia, senti il bisogno di avvicinarti al drago per sfidarlo e vedere se è così cattivo.

Muay Thai
Riscaldamento di un pugile. Foto: © Roberto Gabriele

IL VIAGGIO A BANGKOK:

Ho scelto quindi di avvicinarmi a chi fa questo sport e da bravo viaggiatore e fotografo non l’ho fatto alla palestra dietro casa, giusto per capire o per provare, ma sono andato a cercarmi le frange più estreme di questo sport. Sono andato fino in Thailandia dove è lo sport nazionale portato alla sua massima espressione.

Lì si chiama Muay Thai ed è la boxe thailandese tradizionale che non conosce esclusione di colpi: sono ammessi pugni, ginocchiate, gomitate e persino il temutissimo calcio al collo che può essere dato in modo tanto violento quanto coreografico addirittura facendo una piroetta che ne aumenta ancora di più la velocità e la forza di impatto. 

Muay Thai
Il combattimento. Foto: © Roberto Gabriele

Prima di partire mi misi a cercare una palestra in cui andare a fotografare gli allenamenti: volevo capire perchè questo sport fosse tanto sentito a Bangkok.

Volevo capire anche perchè così tante minute ragazzine di 18-20 anni con lo smalto alle mani e ai piedi andassero a vivere mantenendosi estremamente femminili in uno sport tanto duro che pensavo fosse quasi esclusivamente per veri uomini. Pregiudizi che volevo scardinare in me e per i quali ero disposto a rimettere in gioco tutte le mie convinzioni.

 

LE PALESTRE di boxe:

La prima palestra era di fatto una semplice tettoia, e ho capito subito perché ci andavano le ragazze carine. La palestra era gestita da due fratelli ormai in età avanzata che l’avevano aperta per insegnare agli altri la difficile arte del combattimento.

I due fratelli su un tappeto antiscivolo si riempiono di protezioni la testa, le mani le braccia e le gambe e di fatto diventavano due bersagli sui quali far sfogare la rabbia delle giovani ragazzine. Queste li riempirono di sonore raffiche velocissime di calci e pugni che senza le protezioni farebbero comunque male anche agli esperti maestri.

Di fatto un posto dove fare un pò di sport dopo le lezioni all’Università divertendosi a dare botte sapendo comunque di non prenderne. Gli allenamenti di boxe thailandese si svolgevano con il maestro che dava i comandi per farsi colpire dagli allievi e dava il ritmo per farlo, con brevi parole gli diceva se tirare un pugno sul guantone o un calcio che lui sarà pronto a parare per proteggersi.

Da quel posto gli unici campioni che ne sarebbero usciti erano i maestri la sera quando tornavano a casa dopo l’orario di lavoro.

Muay Thai
Si preparano i guantoni per l’allenamento. Foto: © Roberto Gabriele

Non ne rimasi deluso, ma al contrario fui soddisfatto di quella visione del mondo che non conoscevo. Di certo era una palestra in cui fare sport anche impegnativo, ma quello era un posto alla moda, non una fucina di atleti come quella che volevo io. 

Capii però il perché questo sport sia tanto diffuso in Thailandia: perché in quel modo lo può fare davvero chiunque, è questo il motivo del suo successo.

Eppure mentre ero lì c’era una sensazione che non riuscivo a spiegarmi. Mi mancava qualcosa ma non capivo cosa fosse, me ne sono reso conto solo dopo essere rientrato in Italia riguardando le fotografie con una certa attenzione…Era una sensazione che lì sul momento non riuscivo a spiegarmi, qualcosa mi sfuggiva…

Ecco cosa era: mancava il ring!!! Mica una cosa secondaria: non ce ne era traccia, e quella fu la prova: era un posto per divertirsi e non un posto in cui combattere. La boxe è uno sport nobile, non dimentichiamocelo.

Il giorno dopo andai a cercare emozioni nuove in un’altra palestra di boxe thailandese. Anche qui persone di entrambi i sessi e con una età più allargata: c’era anche gente decisamente più grande di età. Qui finalmente c’era un vero ring!!!

Muay Thai
Allenamento in palestra. Foto: © Roberto Gabriele

IL RING:

 

Un grande spazio in cemento armato, decisamente più spartano nel quale finalmente sentivo l’odore acido delle persone che si mescolava con quello della pelle dei guantoni creando quel mix olfattivo deciso, forte, sofferto.

Anche qui mi avvicinai ad una ragazza molto carina, tonica, scattante, con dei guantoni più grandi di lei e le chiesi chi le avesse fatto quell’enorme livido grande come tutta la coscia destra.

Lei si girò verso un’altra ragazza e con un sorriso vero e sincero mi disse: “E’ stata la mia amica: è stata bravissima, molto più veloce di me, mi ha dato un calcio che non sono riuscita ad evitare. Ma la prossima volta sarò più veloce io”.

Non c’era vendetta né risentimento nelle sue parole. Ho visto il sorriso di chi sa di essersi difeso con onore dagli attacchi di un avversario più forte.

Gli allenamenti qui erano veramente seri: ci si allenava a colpire un sacco pieno di sabbia senza spaccarsi una mano, si facevano migliaia di salti con la corda ad un ritmo fittissimo. Qui si sollevavano manubri e bilancieri e non si colpiva il maestro per gioco o per sfogarsi.

Qui impari non solo a colpire ma anche a difenderti perché nella vita servono entrambe le cose.

Il mio viaggio qui iniziava a prendere un senso… Qui vedevo ciò che avrei voluto vedere. Quanto coraggio, mi chiedevo, quanto coraggio ci vuole a passare dall’allenamento al ring? Quanta forza e concentrazione ci vuole a liberarsi della sicurezza mentale che quelle piccole protezioni per le braccia e la testa danno a chi si allena?

 

L’INCONTRO:

E finalmente dopo le due palestre all’incontro ci sono andato davvero. Munito di un permesso speciale per entrare e uscire liberamente dagli spogliatoi. Avrei potuto assistere al sacro rituale preparatorio degli atleti prima di andare a combattere.

E nel fetido spogliatoio del palazzetto dello sport, tutto il mio viaggio ha trovato il senso che cercavo. Ho provato le emozioni più forti proprio in quel silenzio che precede l’incontro. Ragazzini, giovanissimi, muscolosi e definiti, agili e scattanti come molle, fisici asciutti ed esili, 15-20 anni…

Distesi su dei tavolacci lerci ci sono gli atleti completamente glabri che vengono unti e massaggiati dai loro preparatori prima del match. La cosa che mi ha colpito subito era il fatto che lo spogliatoio era lo stesso contemporaneamente per tutti gli atleti.
Non c’erano delle stanzette, ma un unico stanzone scarsamente illuminato dalla luce incerta di un neon schifoso coperto di ragnatele. Erano lì tutti insieme: pugili e allenatori… I secondi, il medico, gli amici dei ragazzi e tutto si svolgeva in un apparente clima di amicizia prima di darsele di santa ragione.

Il combattimento sul ring. Foto: © Roberto Gabriele



Mi piaceva studiare i loro sguardi persi nel vuoto, vedere nei loro occhi la concentrazione che precede i grandi momenti. Gli allenatori con una serie di gesti ripetuti e abituali, dosati e precisi andavano a preparare le mani dei loro campioni. Le riempivano di garze, cerotti e infilavano loro i guantoni che avrebbero dato l’ultimo dettaglio alla vestizione.

Negli spogliatoi la tensione era fortissima, si sentiva tutta l’emozione di quegli ultimi istanti che precedono la gara. Gli atleti sapevano di stare bene ma anche che da lì a poco, comunque vadano le cose, la lotta sarebbe stata durissima.

Qualcuno restava disteso sul tavolaccio a mandare un whatsapp all’esterno. Altri li vedevo tirare pugni e calci in aria in una specie di disimpegno prima del corridoio che porta sul ring. Nessuno sembrava accorgersi di me e della mia fotocamera. Tutti erano, giustamente, impegnati in ben altro tipo di ragionamenti tanto che io passavo del tutto inosservato.

Nell’aria adesso non c’era odore di sudore nè si sentiva quello dello scantinato in cui ci trovavamo. L’aria era invece piena di odore di olio canforato: un odore fresco e piacevole, stridente e inaspettato in quel luogo malsano in cui mi trovavo a vivere un’emozione fortissima condividendola con degli sconosciuti.

Ed ecco il grande momento: i combattenti vengono chiamati sul ring. Camminando all’indietro precedevo i contendenti vestiti con il loro tipico mantellino per fotografarli mentre si dirigevano verso il quadrato in cui il pubblico li aspettava. Ero emozionato più di loro: aspettavo quel momento da 40 anni. Stavo per chiudere il mio cerchio emozionale chiudendo la boxe tra le esperienze che ho vissuto da vicino seppur non in prima persona.

GONG!!!! L’incontro abbia inizio: vinca il migliore.

Foto e parole di Roberto Gabriele

Muay Thai
Rituali di preparazione all’incontro. Foto: © Roberto Gabriele

Basilicata Inside

Basilicata inside

basilicata

Nel cuore della Basilicata esiste e resiste ancora un mondo lontano dai frenetici ritmi del modello economico che il turismo di massa ha ormai imposto da Matera fino alla costa pugliese.

La civiltà contadina, portata alla luce da Carlo Levi nel suo Cristo si è fermato ad Eboli, qui esiste ancora. La si trova nel fragile equilibrio di una terra soggetta a siccità ed erosione.

calanchi

E’ presente, seppur in forma ammodernata ed ancora saldamente legata ai vincoli e alla struttura del territorio, aspro e fragile.
Questo è delizia per gli occhi del visitatore occasionale ma anche condanna per chi lo abita da sempre.

E’ un mondo sospeso tra antiche tradizioni e dinamiche moderne, in cui il viaggiatore è ancora un ospite ben accolto e sinceramente gradito.

basilicata

La terra si consuma, cede, scivola a valle trascinando pian piano i paesi, che giorno dopo giorno perdono pezzi fino a scomparire: Craco è l’esempio più famoso ma non certo un caso isolato.
Non è raro imbattersi in borghi fantasma disabitati ed abbandonati, testimonianze di un mondo non del tutto passato.

Fede, tradizioni e rispetto sono i cardini attorno cui si sviluppa la vita di chi, nonostante tutto, mantiene vivo questo territorio di rara bellezza, in cui il viaggiatore può ancora trovare la sua dimensione più vera.

Foto e parole di Ugo Baldassarre

Per saperne di più sul “Travel Tales Award” vai su: https://traveltalesaward.com/

Viaggio in laguna

Viaggio in laguna

laguna

Sono rimasti in pochi i pescatori di “moeche” (granchi) e tutti concentrati nella laguna di Venezia. Il loro è un lavoro duro e impegnativo che si tramanda di padre in figlio.

pescatori

Ci si sveglia molto presto, prima dell’alba, si inizia poi a navigare freneticamente in laguna per spostare i pali delle le reti o per tirarle su e controllare il bottino…granchi, crostacei e pesci grossi vengono tenuti, il resto torna in mare.

laguna

Durante un viaggio a Venezia, ho avuto modo di vedere all’opera questi pescatori.
Sono rimasto colpito dal contrasto tra questa frenesia nei loro spostamenti e la calma placida che trasmette il paesaggio circostante.

laguna

 

Questo contrasto è ancor più percepibile nei momenti di pausa lavorativa dei pescatori e che ho voluto rappresentare negli scatti che presento.

venezia

Foto e parole di Roberto Moreschi

Per saperne di più sul “Travel Tales Award” vai su: https://traveltalesaward.com/

Delta del Po

Un viaggio metafisico sul Delta del Po

Viaggio fotografico sul Delta del Po 2021

Delta del Po

L’Universo Elegante descritto da Brian Green con la Teoria delle Stringhe. Lo scontro secolare tra le leggi del grande (la relatività generale) e le leggi del piccolo (la meccanica dei quanti) viene superato a vantaggio di una superiore unità, basata sull’affermazione che tutti gli eventi dell’universo nascono da un’unica entità: microscopici cicli di energia nascosti nel cuore della materia.

Delta del Po

Cuore e materia, corpo e anima.
Un luogo-non luogo con passato e futuro senza presente.

 

Dove non esistono confini tra SOGNI e illusioni,
Cielo e mare, mare e fiume, acqua e terra.

sogni

Dove si confondono uomini e animali, pesci e uccelli (“qui i pesci nuotano più in alto del volo degli uccelli”),
Dove si fondono storie e leggende, metafisica ed immanenza.

Delta del Po

Dove esistono i vongolari ed i “vongoladri”, ed insieme giocano a carte al bar.
Dove la Romea sostituisce la Route 66 nell’immaginario dei popoli di destra e di sinistra (di sponda).

Bar sul fiume

Dove i confini, se esistono, si intrecciano e si confondono, nascono, crescono e spariscono.

 

Foto e parole di Claudio Varaldi

Per saperne di più sul “Travel Tales Award” vai su: https://traveltalesaward.com/

Parti con noi per il Delta del Po

Se vuoi partire con noi per il Delta del Po clicca su QUESTO LINK.

Uzbekistan

Kupkari di Carmen Garcìa Llorens

Viaggio in Uzbekistan, durante il Navruz, la festa della primavera.

uzbekistan

 

Tutto il paese, proprio lungo la mitica Ruta della Seta, è da raccontare perché è bellissimo. Ma mi fermeró soltanto all’esperienza eccezionale che ho vissuto quando ho assistito, vicino a Samarcanda, alla celebrazione del Kupkari, un antico gioco di cavalli tradizionale dei nomadi dell’Asia Centrale. Un bambino era stato circonciso e suo nonno aveva organizzato la festa in suo onore.

“Kupkari” significa “prendere la capra”. L’obiettivo del gioco è prendere la carcassa di una capra e muoversi in qualsiasi direzione fino ad allontanarsi dagli altri giocatori e portarla al posto indicato dalle regole del gioco.

 

uzbekistan

 

Quando siamo arrivati sul posto centinaia di cavalieri con i loro cavalli si stavano preparando per la festa. Una moltitudine di uomini, bambini, cavalli, auto, furgoni, si riunivano in una mattina nuvolosa, povera di colori. Nessuna donna, nessuna bambina, solo le cinque donne del nostro gruppo di turisti.

 

 

Ci siamo sentiti trasportati in un’epoca passata, come in un film storico. Quei cavalieri con i loro vestiti tradizionali, montati sui loro cavalli ornati di attrezzi colorati…

 

uxbekistan

 

Noi eravamo stupiti da quello che avevamo davanti, ma loro non lo erano meno. Chi  guardava chi?

La guida ci ha detto che forse non avevano mai visto una donna occidentale lì, ad una festa per uomini. La polizia ci chiede di andarcene, troppi uomini, alcuni ubriachi,  non era sicuro. Ci allontaniamo dallo sciame di uomini e ci mettiamo in un posto più lontano da dove guardare la festa.

 

uzbekistan

 

Ben presto si sparse però la voce che c’erano dei fotografi stranieri sul posto. Credo che fossero curiosi quanto noi e non smisero di avvicinarsi al nostro gruppo, amabili ci sorridevano e ci salutavano con la mano sul cuore.
Un vecchio chiese alla nostra guida: Di dove sono? – Dall’Italia, rispose Bek, la nostra guida.- Dov’è, è oltre Mosca? Chiede il vecchio uzbeko con la sua innocenza.

 

uzbekistan

 

Gli uzbeki ci dimostrarono la loro generosità quando i cavalieri fecero più d’una corsa verso di noi per mostrarci da vicino il gioco, tanto che la faccia del cavallo era proprio davanti alla nostra!

Gli spettatori, a volte estranei al gioco, facevano battute, mangiavano semi di girasole, bevevano. I cavalieri con la capra, una corsa di qua, una corsa di là, finirono esausti, pieni di sudore e polvere. Dopo diverse ore, finito il gioco, tornarono alle loro case, di nuovo a piedi, con i loro cavalli o nelle loro vecchie auto piene di gente.

 

uzbekistan

 

Li abbiamo salutati anche noi con le nostre mani sui cuori. Loro ci hanno dedicato sorrisi e gesti di rispetto. Indimenticabile.

 

Foto e parole di Carmen Garcìa

Per saperne di più sul “Travel Tales Award” vai su: https://traveltalesaward.com/

Siberia

La Siberia, i Nenets e le loro renne

La penisola di Yamal, in Siberia è uno dei luoghi più inospitali e desolati della terra. Ricoperto dal ghiaccio per molti mesi all’anno, è abitato da un silenzio surreale rotto soltanto dai forti venti. Il sole rimane basso vicino all’orizzonte per poche ore al giorno avvolgendo tutto con una magica e bellissima luce crepuscolare dalle sfumature delicate color pastello.

 

siberia

Lo sguardo volto all’infinito, a volte, non percepisce il confine fra il cielo e la terra. E’ confuso dai cristalli di ghiaccio che vengono sollevati dal vento. Durante le gelide notti la volta celeste è di una straordinaria bellezza cosparsa da migliaia di stelle. Se si è fortunati si può assistere ad uno degli spettacoli più belli che la natura possa offrire, l’aurora boreale.

La mente si perde come in una favola, come se si venisse catapultati in un mondo primordiale e surreale in cui sembra che il tempo si sia fermato e che solamente la morsa del freddo riesce a riportare alla realtà.

I Nenets

Anche se risulta difficile pensarlo, in questo aspro ambiente si sono insediati i Nenets, un popolo nomade che alleva renne.

Siberia

I Nenets conducono una vita dura ed essenziale che ruota attorno all’allevamento delle renne e alla propria sopravvivenza, portando avanti con onore antiche tradizioni tramandate centinaia di anni fa.

Tuttavia i Nenets sono minacciati da alcuni fattori, come la loro complessa vita, il riscaldamento globale e l’estrazione del gas. Questo fa sì che sempre meno persone decidano di continuare a vivere nella tundra, costringendoli ad una vita ancora più difficile se non alla loro scomparsa.

siberia

L’opportunità di vivere con loro è emozionante e gratificante sia a livello culturale che umano. L’esperienza di poter incontrare persone così lontane dal nostro stile di vita, affrontando un viaggio non proprio semplice, fa riflettere su come si possa vivere in certe situazioni, regalando un’apertura mentale ed emozioni uniche che fanno apprezzare molto di più le piccole cose quotidiane.

 

Foto e parole di Alessandro Malaguti

Per saperne di più sul “Travel Tales Award” vai su: https://traveltalesaward.com/

Iraq

Chaldoran – L’esodo curdo

 

Nel corso della storia del Medio Oriente, il popolo curdo si è differenziato per il coraggio e l’onore dei suoi guerrieri. Per questo motivo ha acquisito una posizione di rilievo nella regione.
Questo ha comportato che i re, i sultani e i califfati di quel tempo prendessero di mira e utilizzassero i curdi per proteggere e sviluppare i loro confini e stabilizzare l’entità dei loro imperi.
Del resto, sono stati spesso esiliati e costretti ad emigrare, con molti esempi negli imperi ottomano e iraniano.

Iran

Quattro secoli fa, dopo la guerra caldea e la sconfitta dei Safavi contro gli ottomani, i curdi furono gradualmente e con la forza sfollati.
Più di 50.000 famiglie del Khurasan Kurmanji si diressero verso i confini orientali dell’Iran per proteggere i confini dagli uzbeki che avrebbero poi occupato l’area.

Dopo la fine delle guerre, i curdi sfollati sono rimasti bloccati in quei confini e non hanno potuto tornare nel loro territorio. Da allora i loro discendenti vivono nel nord dell’Iran e vicino al confine del Turkmenistan.

Iran

Un popolo in transizione

 

In questo progetto artistico, studierò alcune delle conseguenze di questo esodo forzato imposto ad alcune famiglie curde da Safavi in ​​Iran. È per me motivo di riflessione costatare che durante questi secoli di migrazione forzata, sebbene molte delle loro tradizioni siano cambiate, si parli ancora curdo e kurmanji. I loro vestiti sono cambiati in un modo che non assomiglia a quello curdo, un misto di abbigliamento turco e abbigliamento persiano.

Iran

In generale, vivono una vita instabile e immigrata, molti di loro sono impegnati nell’allevamento. Questi curdi ancora non si considerano padroni di nessun luogo e hanno una vita semplice e difficile, che è sicuramente il risultato della separazione dalla loro patria.
A mio parere, questo problema merita di essere indagato e affrontato, quindi è fondamentale esaminarlo di più e renderlo uno dei miei progetti.

Ho ora dedicato questa collezione di opere d’arte a questo argomento che è parte di un progetto incompleto sempre più ampio. Questo sarà un tentativo di presentare e dimostrare le sofferenze e i dolori di queste famiglie curde e gli effetti di questo esodo sulla loro cultura, lingua e tradizioni.

 

Foto e parole di Younes Mohammad

Per saperne di più sul “Travel Tales Award” vai su: https://traveltalesaward.com/

Concorso a premi “Ritratti- il volto dell’Anima”

Ottobre è il mese dell’anno in cui ci si organizza per fare le attività che più ci piacciono, che cosa è meglio di un concorso a premi?

E’ il momento di scegliere tra i propri scatti le foto più belle da mostrare a tutti. Scegliete perciò  i migliori ritratti e le migliori foto di qualsiasi tema e partecipate al concorso  “Ritratti – il volto dell’Anima

 

Il circolo LUCIS IMAGO vi invita a mettervi in gioco, a sfidare gli altri fotografi, a vedere la vostra foto premiata, ma anche di aggiudicarvi un bel premio.

concorso

 

Il 1° Trofeo Alfredo Matacotta Cordella che abbiamo organizzato, vi aspetta fino al 31 ottobre per partecipare con 4 foto di ritratto e 4 foto a tema libero.

Perciò vi aspettiamo con questi premi:

 

 

Sezione Ritratto

1° premio «Trofeo Alfredo Matacotta Cordella»: fotocamera analogica Rolleiflex  Sincro Compur offerta dalla Famiglia Matacotta

2° premio: buono acquisto di 200€ offerto da METROPHOTO Roma

3° premio: zaino Lowepro 350 AW o equivalente buono acquisto offerto da DOTTI Fotografia Modena

 

 

Sezione Tema Libero

1° premio: treppiede Manfrotto MK190X3 2W o equivalente buono acquisto offerto da DOTTI Fotografia Modena

2° premio: buono acquisto di 200€ offerto da FOTO MECARINI Viterbo

3° premio: zaino Lowepro 350 AW o equivalente buono acquisto offerto da DOTTI Fotografia Modena

Inoltre verrà attribuita dalla Giuria una Menzione d’Onore alla migliore immagine proposta da un fotografo residente nel Lazio consistente in un buono acquisto da 200€ offerto da OTTICA UNIVERSITARIA.

ISCRIZIONI E CALENDARIO

  • Termine di ricevimento opere: 31 OTTOBRE 2022
  • Riunione Giuria: 19 NOVEMBRE 2022
  • Comunicazione dei risultati entro: 30 NOVEMBRE 2022
  • Cerimonia di premiazione: 9 DICEMBRE 2022
  • Mostra 9-10 DICEMBRE 2022
  • Invio cataloghi entro: 31 DICEMBRE 2022

Per iscriverti clicca qui: Modulo di iscrizione

Per maggiori info consulta il regolamento  o il sito http://www.lucis-imago.it

contatti  concorso@lucis-imago.it

 

Sicilia

In viaggio con la lupa

Acciughe e sardine sono pesci pelagici molto diffusi in tutto il Mediterraneo. In Italia le zone più frequentate da questi pesci “azzurri” sono la Sicilia e il medio e basso Adriatico. Un metodo per catturarli, ovvero una tecnica ancora in uso oggi é la pesca con la lampara . Questa viene effettuata da un’imbarcazione madre, e da 2-3 piccole barchette o gozzi. Ognuna di esse ha delle grosse “lampare” installate ed alimentate a batteria oppure a gas.

Vie più che ’ndarno da riva si parte … Chi pesca per lo vero e non ha l’arte (Dante)

 

Arrivati sul luogo di pesca nottetempo, i marinai ammainano i piccoli gozzi e, a lento moto di corte bracciate, azionano la lampara per attrarre dal fondale marino. Banchi di sardine, piccoli sgombri, alici, acciughe, circuiti dal forte bagliore della luce artificiale della lampara.

 

 

Una volta “radunati” i diversi banchi di pesci sotto le loro chiglie, i gozzi si avvicinano quasi a toccarsi. A questo punto entra in gioco la barca-madre con il compito di gettare in mare il cianciolo: una rete tesa in verticale tenuta in superficie da sugheri galleggianti, mentre nella parte inferiore porta dei piccoli piombi che la stendono formando una parete mobile fino a quasi toccare il fondo che lentamente circonda il pesce ammassato in un piccolo spazio.

 

 

Chiuso il cerchio, le lampare spengono le luci ed escono dalla rete e il pesce rimane intrappolato.
Da bordo della barca-madre, tirano delle cime per chiudere la rete sul fondo e trasformarla in un sacco pieno di pescato che viene finalmente issato a bordo.

Foto e parole di Claudio Varaldi

Per saperne di più sul “Travel Tales Award” vai su: https://traveltalesaward.com/

Marocco

Le donne ripudiate nel deserto del Marocco

 

Focus del nostro viaggio è stata una missione umanitaria in Marocco. Dalle affollate medine di Marrakech attraversiamo le pianure desertiche del al-Rashidiyya dirigendoci verso est. Il passo obbligato è Merzouga, la prima tappa del nostro viaggio, da lì in poi solo le sabbie del Sahara. Questa terra attraversata un tempo da carovane di beduini a cammello, osserva oggi il passaggio di motociclisti da tutta Europa in cerca di avventura nelle dune sabbiose. Questa è stata la mèta del nostro viaggio umanitario; dove vivono le donne ripudiate ed i loro bambini.

 

Marocco

 

Donne sole per lo più divorziate, vedove o abbandonate dai mariti e perciò ripudiate. Una volta che hanno perduta la loro dignità e il riconoscimento da parte dei loro uomini sono lasciate vivere in condizioni precarie al limite della sopportabilità.

Abbiamo incontrato alcune di loro, Kadija, Arkia, Labo, Zoara, Boulemane. Chi con un bambino e chi con anche 5 figli, abitano a sud-est delle dune di Merzouga senza alcun sostentamento se non di qualche associazione umanitaria.

 

 

Da tutta Europa, gli amanti dei tour di motociclismo che transitano per queste zone colgono sempre l’occasione di fermarsi per un tè e così di lasciare un dono al loro passaggio.

Queste donne non possono tornare nei loro villaggi di origine, la maggior parte sono di Tafroutein, ridotte a vivere in tende mal ridotte che non proteggono dal vento e dalla sabbia né loro né i loro bambini.

marocco

 

Il dono delle capre alle donne

 

Ad ognuna, con il supporto di una ONG italiana, abbiamo avuto l’occasione di donare, merito di una raccolta fondi, fino a quattro capre per il loro sostentamento. In questo ambiente così difficile, nella povertà in cui vive questa gente anche una sola capra rappresenta una risorsa preziosa.

 

deserto

 

Le caprette sono state acquistate nel mercato locale con l’aiuto del capo del vicino villaggio. Una volta arrivate su un furgone, non è stato semplice distribuirle. Il nostro accompagnatore si è occupato di farci da interprete e di provvedere alla distribuzione degli animali, secondo i reali bisogni e il numero dei componenti di ogni tenda.

Inoltre, ad una di loro è stato anche donato un forno solare. Questo è stato progettato e realizzato da ingegneri italiani, trasportato smontato in aereo e installato sul luogo. Questo sfrutta direttamente la luce solare senza altri fonti energetiche quindi adatto a situazioni limite. E’ stato subito utilizzato per cuocere il batbout, il loro pane tipico, e con il tajine ed il thè alla menta. Ci hanno accolto nelle loro tende per ringraziarci a dimostrazione dell’ospitalità berbera.

 

 

La realtà rappresentata è certamente informazione ma anche il significato di questa informazione.
Il fine ultimo di questa serie avrebbe voluto essere di spiegare, nel gergo “umanistico”, l’uomo all’uomo. Solitamente le fotografie, nello specifico documentaristiche, constatano soltanto, non hanno velleità di cambiamento. Io vorrei invece mostrare che un cambiamento è possibile e noi dovremmo renderlo tale. E’ soprattutto in situazioni come quelle mostrate qui che possiamo rivalutare il nostro modo di pensare il presente, dove l’altro anche se non ha nulla, ci arricchisce della sua umanità.

A sera dopo le rituali foto di gruppo, tra saluti, sorrisi e benedizioni, abbiamo lasciato l’accampamento. Appena slegate alcune caprette hanno accennato ad un tentativo di fuga ma poco dopo si son fermate ad aspettare. Non c’era nessun posto dove andare.

 

Foto e parole di Luca Maiorano: https://www.facebook.com/luca.maiorano.57

Per saperne di più sul “Travel Tales Award” vai su: https://traveltalesaward.com/

Pakistan

I volti di Lahore di Usama Khan

Provo sempre piacere ogni volta che prendo la mia macchina fotografica e vado nella città murata di Lahore, in Pakistan, che è anche chiamata Old Lahore (Androon Lahore), per fare ritratti di persone anziane e bambini. La città murata di Lahore costituisce il nucleo storico di Lahore. Fu fondata intorno al 1000 d.C. nella metà occidentale della città murata che fu fortificata da un muro di fango durante l’era medievale.
Ho viaggiato in bicicletta. Mi sono sentito molto al sicuro durante il mio viaggio a Old Lahore (Pakistan). Questo posto, il loro cibo e le persone mi attraggono sempre a venire lì e a catturare le storie delle persone lì.

pakistan

Per me i volti su cui ho cliccato non sono solo volti umani ma sono pieni di emozioni e storie. Possiamo vedere l’amore, la rabbia e le emozioni attraverso i loro occhi e la felicità, le sofferenze e le difficoltà della loro vita attraverso le rughe.

Era un novembre quando sono andato a Old Lahore per esplorare la bellezza di questo luogo storico. C’erano anche moschee e monumenti molto belli, ma dato che sono un fotografo ritrattista ho iniziato a cercare dei volti unici per catturarli nella mia fotocamera.
Non si tratta solo di scattare foto di volti unici di uomini o donne anziani. Si tratta di catturare storie, emozioni e momenti magici. Si tratta di catturare le emozioni che guardano sui loro volti e nei loro occhi. Per me le immagini sono film o canzoni fisse che esprimono tutto da sé.

pakistan

Questa zona di Lahore ha strade molto strette con storie illimitate. Ho trovato molte storie diverse vedendo i diversi Uomini e Donne per le strade che poi ho cercato di catturare nella mia macchina fotografica e mostrare le loro emozioni e storie attraverso le mie immagini.
Ho sempre cercato di comunicarli bene attraverso gesti ed espressioni piacevoli e ho avuto un’ottima conversazione con loro.

pakistan

Mi hanno raccontato molto delle loro vite e delle loro storie. Alcuni di loro mi hanno persino raccontato di come hanno viaggiato o sono emigrati dall’India al Pakistan dopo l’Indipendenza. Come hanno vissuto la loro vita qui e molto altro ancora.
Ho scattato tutte queste foto durante il mio viaggio ad Androon Lahore ed è stata davvero un’esperienza straordinaria catturare i volti unici di Lahore. La vecchia Lahore è sempre piena di queste storie. Possiamo vedere tutta la vita e le storie delle persone attraverso i loro occhi e le rughe dei loro volti.

Un’altra cosa è che quando ero in questo viaggio c’erano anche molti pellegrini sikh, che venivano dall’India per i loro riti religiosi. E ho anche trovato più interessante comunicare con queste persone e catturare anche le loro storie.
È stata davvero un’esperienza straordinaria lì. Voglio davvero andare in queste stradine di Lahore ancora e ancora per catturare storie belle e interessanti di persone.

pakistan

foto e parole di Usama Khan

Per partecipare anche tu al”Travel Tales Award 2023″ vai su https://traveltalesaward.com/

Contattaci Richiedi informazioni



    Questo sito è protetto da reCAPTCHA e viene applicato quanto previsto da Google per la Privacy Policy e i Termini di servizio.

    * campi obbligatori