I mercati di Marrakech

Quando l’ombra si fa colore

Sono gli inizi di maggio e sto costeggiando i giardini dell’Oliveraie a Marrakech. Ancora pochi metri e, oltrepassata la stretta porta di Bab Ighli, entrerò nel centro storico di questa antica e famosa città, diretto al mio riad.

L’autista corre veloce e sicuro, malgrado i mille motorini, carretti e viandanti. Vicoli stretti e affaccendati tra i mercati di Marrakech, di gente veloce e laboriosa che disbriga mille incarichi e lavori. C’è chi trasporta verdure e casse di birra, vende pane e souvenir di vari colori; alcuni mi offrono bibite colorate o semplicemente attraversano di corsa strade e cortili per andare chissà dove.

Foto ©Andrea Riberti

Penso a Napoli per l’enorme (e apparente) confusione, oppure a Genova per i vicoli stretti e l’atmosfera ombrosa, ma nei mercati di Marrakech è tutto molto di più. Il clacson e lo sfrecciare dei numerosi veicoli sono più intensi; le stradine appaiono ancora più anguste e trafficate.

Poi i colori: intensi e vividi. Nascono sempre improvvisi, nelle ombre dei riad e dei caravanserragli, si manifestano e si allungano nelle vesti e nei tessuti e nelle più svariate merci espose.

Le scene passano veloci sotto i miei occhi senza riuscire a capirne, a volte, il senso: la mente ancora non è abituata a questi ritmi. Tanti occhi attenti mi guardano, soppesano i miei gesti e mi “valutano” pur essendo uno sconosciuto tra le tante migliaia di turisti che attraversano, ogni giorno,queste vie e piazze. Questo popolo ha una innata capacità di scambio e commercio: senza conoscerti, quegli occhi sanno già che tipo di acquirente sarai.

Foto ©Andrea Riberti

Marrakesh è così un grande insieme di souk: grandi ed intricati mercati di tappeti e ceramiche, ferro e spezie, tessuti e pelli. Nelle ombre spesse dei cortili e delle strade penetrano lame di luce di sole africano che esaltano i tanti colori degli oggetti esposti. È un po’ come se la vita di questa città fosse scandita ed intrisa dal susseguirsi delle tante cromie e dal loro significato. Il rosso simbolo di fertilità, il blu dell’infinito, il verde della speranza, il giallo della gioia.

Foto ©Andrea Riberti

Questo intrecciato fervore di vita, tra i mercati di Marrakech, si svolge ai piedi di palazzi spesso sontuosi ed antichi: al di là delle trasparenze ombrose delle loro mura ocra, posso solo immaginare vite fiabesche, tessuti raffinati e sguardi potenti e carichi di storia, ma anche una umanità ricca di piccoli gesti e molto solidale.

Foto ©Andrea Riberti

Poi, svoltato un angolo, a volte, mi ritrovo nella calma rarefatta ed intima di un giardino segreto con essenze esotiche ed architetture islamiche. E qui anche l’olfatto, riposa.

Ma è forse col sopraggiungere della sera, che tutto si impasta: i colori si combinano in un “blu notte” che rende le atmosfere ancora più incantate e affascinanti.

Foto ©Andrea Riberti

Salendo su uno dei tanti terrazzi panoramici, attorno a piazza El Fna, il colpo d’occhio è formidabile.

Le lampade di luce fredda delle centinaia di bancarelle e “street food” illuminano una moltitudine che, in quest’ora del tramonto, si muove a ritmi più lenti e sostenibili, quasi si preparasse ad affrontare, ancora con maggiore forza, le luci del giorno successivo, in un infinito e perpetuo movimento di vita e colori.

Foto ©Andrea Riberti

 

Areni – Armenia

Il fiume Arpa nasce in Armenia nelle catene montuose del Piccolo Caucaso. Scorre in direzione sud-ovest attraversando l’enclave azera del Naxçıvan per poi gettarsi nell’Aras, al confine con l’Iran. Un fiume importante per questi territori. Nel 1963 cominciarono, infatti, i lavori di costruzione di un tunnel con lo scopo di convogliare parte delle sue acque nel lago Sevan il cui livello, a causa del prelievo per scopi idroelettrici e di irrigazione intensiva, aveva subito un inarrestabile declino.

La storia:

I lavori vennero completati nel 1981 e consentirono l’afflusso di 250 milioni di metri cubi annui di acqua nel lago. Tuttavia, la condotta, della straordinaria lunghezza di oltre 48 km, subì ripetuti rallentamenti e blocchi di esercizio per manutenzione fino alla sua totale inutilizzabilità.

Oggi quel territorio appare sospeso: ancora si vedono, incisi nella natura, i grandiosi interventi della dominazione russa, ma, dopo la fine di questa, pare le atmosfere si siano rarefatte. Alcuni luoghi sono rimasti chiusi nel tempo e il tempo stesso pare fluire con ritmi più naturali.

Areni

Proprio lungo queste valli fluviali, in un territorio di mezzo tra Armenia e Azerbaigian, si trova il villaggio di Areni. Un territorio brullo, a quasi 1000 mt di quota. Poche case in stile sovietico, di mattoni grigi e tetti di zinco, lungo un fiume livido e stretto. Siamo nella provincia di Vayots Dzor. Un luogo rurale, con basse colline e sparute coltivazioni di alberi di pesco. Gente cresciuta nella semplicità di una terra quantomai isolata e sperduta. Sconosciuta alla maggior parte del mondo se non fosse che qui è stata scoperta una delle cantine di vino più antiche del mondo, risalente al 4100-4000 a.C.

All’epoca, in questi luoghi prosperava una antica cultura caucasica: i Kura-Araxes. Comprendeva gli stati moderni di Armenia, Azerbaigian, Georgia e Turchia. Una civiltà antichissima, proveniente dalle valli dell’Ararat, che aveva nella ceramica dipinta di nero e rosso, il suo tratto artistico più alto.

In una grotta preistorica, proprio alle pendici di questo villaggio, antichi viticoltori usavano i piedi per pressare l’uva in vasche di argilla, facendo colare il succo in piccoli tini. Il vino così prodotto sarebbe poi rimasto a fermentare fino allo stoccaggio in giare. Questa produzione, su larga scala, ha convinto gli archeologi che l’uva fosse, già a quei tempi, coltivata in filari e addomesticata per produrre vino, anche da commerciare.

Areni

Areni oggi:

Percorrendo oggi la strada principale di Areni, l’unica asfaltata, si trova un divertente e colorato “shopping street” all’aperto: tanti piccoli e variegati negozi, ai lati della via, che offrono svariati servizi e oggetti. Tante piccole vetrine spartane e dignitose, in spazi perfettamente integrati con la natura e costruiti in materiale di riciclo. Pare quasi che in questi antichi e remoti territori si seguano principi di “sostenibilità” quantomai moderni. Ma il fatto più sorprendente è che, ancora oggi come nei millenni passati, seguendo una tradizione antichissima, l’economia del luogo è sostenuta sempre dalla vendita al dettaglio di vino.

Nella speranza che questi luoghi siano qui ancora nei prossimi secoli.

Areni

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