Priverno, i Sacconi del Venerdì Santo

Oggi parliamo della nostra Bella Italia e delle sue tradizioni così affascinanti che fino alle restrizioni dovute al covid 19 riempivano i calendari di tutto lo Stivale.

A pochi passi da Latina esiste (o meglio esisteva prima del covid) una realtà quasi sconosciuta eppure molto sentita: ci troviamo a Priverno e qui la Processione del Venerdì Santo ha radici profonde e un fortissimo senso religioso. Il Paese intero si riversa in strada non solo per assistere, ma per partecipare attivamente alla sacra sfilata. Tra loro le Anime Nere: due detenuti anonimi che volontariamente in segno di penitenza camminano scalzi e con i piedi incatenati portando una croce sulle spalle.

I Sacconi, le Anime Nere, sono dei Detenuti con un permesso speciale dell’Autorità Carceraria che richiedono volontariamente di espiare le loro colpe verso Dio camminando in processione. Foto: © Roberto Gabriele

A Priverno si celebra la Passione di Cristo non è una rievocazione storica come avviene in tante altre località, qui viene vissuta attraverso il suo significato simbolico.

Tutto ha inizio nella Cattedrale: i membri delle confraternite (Anime Bianche) si riuniscono in preghiera nel tardo pomeriggio. Con loro ci sono i due detenuti (Anime Nere) che con un permesso speciale dell’autorità carceraria escono appositamente dal carcere per manifestare il loro pentimento e per espiare le loro colpe davanti a Dio, e alla società seppur protetti dall’anonimato del cappuccio che ricopre i loro volti.

Le donne con i vessilli aspettano l’uscita dei Sacconi. Foto: © Roberto Gabriele

In chiesa entrano scalzi e tali resteranno fino alla fine, quando escono per la processione i loro piedi vengono legati con pesanti catene e sfilano accompagnati dai Carabinieri. Il clima è di silenziosa preghiera e di profondo rispetto. Si percepisce un silenzio sacro ma non muto. L’emozione è forte, ci si sente circondati da migliaia di persone a lutto. Dappertutto c’è un enorme silenzio. Non c’è la banda, qui si celebra in strada il funerale di Cristo.

La piazza è gremita. La processione ha inizio. Foto: © Roberto Gabriele

La folla dei fedeli esce dalla chiesa accolta da una piazza gremita di altre migliaia di persone. Tutti hanno un ruolo, chi porta un vessillo, chi un enorme lampadario a bracci che rischiarerà la marcia notturna di tutti, chi canta e chi trasporta le statue sacre della passione. E’ questo il momento in cui alle Anime nere vengono incatenati i piedi e caricate le pesanti croci sulle spalle: le portano in segno di penitenza per più di due ore.

Le Anime Bianche delle Confraternite illuminano le anime dei Penitenti portando la Luce sul loro cammino. Foto: © Roberto Gabriele

Il corteo viene aperto dai cori delle contrade che lo precedono lungo tutta la via crucis, nei vicoli vengono fatte delle soste in prossimità di tutte le chiese del paese. I personaggi incappucciati in bianco precedono le Anime Nere e ne annunciano il passaggio, poi sfilano i penitenti con i loro pesanti carichi sia dal punto di vista fisico che emotivo. Il rumore delle catene che strusciano sul selciato a sampietrini rompe il profondo silenzio che ammanta il paese e scandisce il passo dei due uomini che si fanno carico della croce di Cristo. La statua del Cristo disteso chiude poi la lunga colonna umana.

I piedi dei Sacconi legati a pesanti catene che simboleggiano il peso dei peccati portati dai Sacconi penitenti. Foto: © Roberto Gabriele

Le Anime Nere che la gente qui chiama i Sacconi, sono quelli che espiano pubblicamente le loro colpe, tutto qui è rituale e simbolico: i buoni sono bianchi, i cattivi sono neri. E’ l’alternanza tra il bene e il male, tra chi sceglie la retta via e chi la ha lasciata per poi ravvedersi. E ci sono i Carabinieri in divisa, in un apparente mescolamento tra sacro e profano, ma si tratta di un gioco di ruoli, un sottile gioco delle parti in cui ciascuno incarna un personaggio.

I Sacconi sfilano accompagnati dai Carabinieri. Foto: © Roberto Gabriele

A volte partiamo per lunghi viaggi alla ricerca di rituali lontani e culture diverse dimenticando di cercare le nostre origini sociali e culturali a poca distanza da noi. Vivere qui una serata così intensa è un’esperienza da non perdere (anche per chi non è credente): l’aspetto antropologico, culturale e spirituale è enorme. Vi sembrerà di vivere in un sogno, qui tutto è rarefatto, lontano nel tempo e nello spazio sembra incredibile ma siamo a pochi chilometri da Roma, e la spiritualità è fortissima.

Priverno riscopre una sua identità che non ha varcato i confini del proprio territorio e che quindi non è ancora diventato un’attrazione turistica. A Priverno, ogni anno, il Venerdì Santo, farete un viaggio alla ricerca di una valori dimenticati, di un’Italia che “non esiste solo al sud”.

Roberto Gabriele

La salita finale con la lunga scalinata che porta verso la cattedrale segna la fine dell’espiazione delle colpe dei Sacconi. Foto: © Roberto Gabriele

E’ morto Giovanni Gastel

Oggi 13 marzo 2021 intorno alle ore 18, il mondo della fotografia piange uno dei suoi più indiscussi Maestri.

E’ morto Giovanni Gastel ci ha lasciati oggi a soli 65 anni a causa del Covid-19. Sono cresciuto con le sue immagini: 30 anni fa, quando ho iniziato ero solo un ragazzino e lui, poco più grande di me era già Giovanni Gastel
Una persona raffinata, colta, elegante, un grande ritrattista che si è contraddistinto per le sue immagini pulite, creative, potentissimi strumenti di comunicazione che per 40 anni esatti hanno segnato la storia della fotografia commerciale, moderna e contemporanea.

Giovanni Gastel ha fotografato le donne più belle del mondo rendendole ancora più affascinanti e mai volgari, mai ammiccanti ma sempre sature di infinita personalità. Ma a parte una sua predilezione per il le donne ha fotografato anche tanti uomini, artisti, industriali, politici…

Una persona che ha sempre avuto intorno a se solo stima e mai clamore, mai uno scandalo, uno dei pochi di cui si poteva solo parlare bene e del quale mai nessuno è riuscito a mettere in dubbio l’efficacia e del suo stile semplice e inconfondibile.

Giovanni Gastel nasce a Milano il 27 dicembre 1955 ultimo di sette figli e nipote di Luchino Visconti, inizia la sua carriera nel 1981 a soli 26 anni collaborando con riviste come Vogue Italia e Rolling Stone, e firmando nei rampanti anno ’80 campagne pubblicitarie per i più grandi stilisti di tutto il mondo tra cui Versace, Missoni, Trussardi, Dior, Nina Ricci, Guerlain e molti altri.

Quel che mi piaceva di lui era la semplicità: non aveva bisogno di urlare. A Gastel bastavano pochi elementi, schemi di luce piena senza effetti drammatici e senza speculazioni. Lui sapeva tirare fuori la bellezza intrinseca dei suoi soggetti. Di lui ricordo i suoi Polaroid scattati con il banco ottico 20×25, delle opere d’arte che hanno segnato la mia formazione e la mia crescita fotografica.

La sua mostra al MAXXI di Roma è finita il 5 marzo 2021, 8 giorni fa. Di lui mi piaceva molto anche il lato umano che emergeva dalle sue pagine Social nelle quali spiegava ogni giorno i motivi della sua arte, cosa spingeva i suoi scatti, quali erano le sue emozioni a stare dietro alla fotocamera. Le pagine social in cui pochi mesi fa, nell’autunno 2020, non parlava più di fotografia ma del fatto di essere diventato nonno e della sua enorme gioia di questo.

Oggi sono triste, davvero. Di lui non voglio dire molto di più. Vi lascio con le sue parole, quelle che potete andare a leggere voi stessi sulla sua pagina facebook: https://www.facebook.com/GiovanniGastelFotografo

Ciao Maestro, grazie di aver ILLUMINATO la mia fotografia.

Roberto Gabriele


Serie “Madonne”

Gastel madonne
Serie “Madonne” foto: © Giovanni Gastel

Il progetto ‘Madonne’, ideato da me e il grandissimo stylist Simone Guidarelli, con la bellissima modella Beatrice Brusco nasce dall’idea di lasciare un interpretazione contemporanea della Vergine come tutte le epoche hanno fatto attraverso l’arte. L’ispirazione è alle Madonne barocche e andine.

Il mio amore per la figura della Santissima Vergine Maria come simbolo del massimo amore e insieme del massimo dolore è immenso!


Serie “My Ladies”

Serie “My Ladies”. Foto: © Giovanni Gastel

Le donne sono state per tutta la mia vita faro e muse del mio cammino. Ancora oggi dedico a loro il mio lavoro fotografico e letterario!

Grazie mille vi amo tutte e vi ringrazio di essermi sempre vicine.


Roberto Bolle

Roberto Bolle
Roberto Bolle. Foto: © Giovanni Gastel

Foto dell’amico e sublime danzatore Roberto Bolle che ho avuto la gioia di fotografare la prima volta a 18 anni nel foyer del teatro alla Scala quando era già un promessa della danza mondiale. Qua Roberto siede pensoso, per una volta nella platea.


Serie: Metamorfosi

Metamorfosi Giovanni Gastel
Serie “Metamorfosi”. Foto: © Giovanni Gastel

Mi ha sempre affascinato la commistione contenuta nella Mitologia tra Esseri di diversa natura. Quasi un monito a non allontanarci da essa.

Macchina: Plaubell 300 mm su Polaroid 20×25
Foto rielaborate con sovrapposizioni e filettature in post-produzione


Luciana Littizzetto

Giovanni Gastel
Luciana Littizzetto Foto: © Giovanni Gastel

Quando Luciana è arrivata da me era visibilmente contraria all’idea di farsi ritrarre. Allora ho cercato di calmarla e alla fine ne è uscito questo ritratto in cui si è riconosciuta con grande gioia.

Una donna straordinaria e un onore fotografarla.
Torna presto Luciana!
Un bacio grande grande ?
Gio

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Morto Giovanni Gastel

Harry Gruyaert, solo luci e forme

Harry Gruyaert nasce a Antwerp (Belgio) nel 1941, dal 1959 al 1962 ha studiato presso la scuola di cinema e Fotografia di Bruxelles, in seguito si trasferisce come fotografo freelance a Parigi, dove ha cominciato a lavorare nel campo della pubblicità e dove divenne in seguito direttore della Flemish Television.

Gruyaert ha il desiderio di viaggiare e fotografare e soprattutto di scoprire il mondo, prima della fine degli anni ’70 avrà già lavorato in moltissimi luoghi, visitando paesi come :India, Stati Uniti, Egitto Giappone e Marocco. Ora è pronto per tornare nel paese d’origine, il Belgio, per cominciare a lavorare sulla ricerca del colore.

Gruyaert non si considera un fotoreporter, ma ha adottato questa filosofia “ Non ci sono storie, è solo una questione di luci e forme”, come affermato in una sua intervista di qualche anno fa .

I primi tempi non sono stati molto semplici, in quanto tutto ciò che riguardava la fotografia di strada, fino a quel momento, vedeva una netta predominanza del bianconero e quindi i suoi scatti erano visti con molto scetticismo, ma continuerà incessantemente a esplorare il colore fino a farlo diventare uno dei fotografi più importanti del panorama europeo.

Non aveva importanza dove si trovasse, poteva essere in Belgio come a Las Vegas, ad Anversa oppure a Mosca o a Los Angeles, il suo scopo finale è sempre stato quello di far emergere il colore da qualunque elemento gli si prospettasse davanti.

Gruyaert ha sempre avuto la capacità di lavorare con qualsiasi condizione di luce, realizzando immagini straordinarie, non si limitava a sfruttare la luce naturale, sapeva usare a proprio piacimento qualunque tipo di illuminazione avesse a disposizione, luci a neon, lampioni, insegne di caffè, tutto poteva essere usato.

Quando ha cominciato a scattare a colori, non erano stati pubblicati moltissimi lavori, negli Stati Uniti “William Eggleston’s Guide” ed in Italia “Kodachrome” di Luigi Ghirri, giusto per citare due autori che hanno usato il colore in maniera esemplare.

Nel 1981 gli viene proposto di realizzare un lavoro per la rivista “GEO” a Las Vegas, una di quelle città americane dove il colore è presente in ogni luogo, soprattutto la notte. Ma Gruyaert sceglie un approccio diverso e decide di raccontare la Las Vegas di giorno perchè considerava troppo facile lo spettacolo della notte della città del gioco.

Nel suo lavoro si ritrova tutta l’iconografia americana, centri commerciali, stazioni di servizio, autostrade, parcheggi, automobili, hotel e le persone che vivono questi luoghi, ma non sono mai invadenti, tutto è concentrato e basato sempre sul colore.

L’anno seguente, il 1982, sarà invitato a far parte dell’agenzia Magnum.

Gruyaert ha lavorato fino al 2009 con pellicola Kodachrome, anno di cessazione della produzione, convertendosi poi al digitale con il quale continua a lavorare.

Le sue immagini sono sempre state in anticipo sui tempi, un po’ come quelle di William Eggleston, Joel Sternfeld, Stephen Shore, Luigi Ghirri, Guido Guidi giusto per citarne alcuni, e continuano a mantenere ancora una contemporaneità assoluta.

Pur non considerandosi un testimone di qualcosa, è indubbio che gli scatti di Harry Gruyaert rappresentano dei documenti importantissimi sul tempo che scorre.

I suoi colori continuano ad emozionarci a distanza di anni, il giallo, il rosso, il verde, l’azzurro ci fanno reagire come se fossimo presenti sulla scena, questo è la capacità e la maestria dei grandi fotografi, far rivivere il momento dello scatto attraverso il tempo.

Siti riferimento

https://www.magnumphotos.com/photographer/harry-gruyaert/

http://www.harrygruyaert-film.com/

Roberto Bianchi:

Facebook: https://www.facebook.com/robybianchi

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