LATINA CITTA’ INVISIBILE

Giovedì 22 Febbraio dalle 16.00 alle 20.00, presso Otto Gallery in piazza Mazzini 27 a Roma, si inaugura la mostra fotografica di Alessandro Bavari. “Latina Città Invisibile” è un incredibile e riuscitissimo esempio di dialogo tra Arte ed Intelligenza Artificiale.

Bavari
ERSILIA: © Alessandro Bavari

LA MOSTRA

LATINA CITTÀ INVISIBILE

Come si rivelerebbe la città di Latina attraverso lo sguardo di Marco Polo, se fosse stata declinata in tutte le sue infinite sfaccettature da Italo Calvino nelle sue Città Invisibili? Kublai Kan ne sarebbe rimasto suggestionato? Le Città Invisibili si potrebbe considerare come una tra le opere più umorali di Calvino, costruita nel corso di diversi anni, abbandonata e poi ripresa, riorganizzata più volte in cartelle dedicate alle stagioni, ai cinque sensi, agli animali, agli eroi della mitologia.

Ma Calvino a tratti è anche spinto da compulsione creativa, traendo ispirazione sia dal quotidiano che dai suoi lunghi viaggi, fantasticando tra città ideali e città distopiche proprio come nella scrittura altrettanto creativa di un prompt A.I. destinato alla generazione di immagini. Ed il caso vuole che l’algoritmo utilizzato per realizzare questo progetto ispirato all’opera di Calvino, si chiami MidJourney, ovvero MezzoViaggio. Affidarsi all’Intelligenza Artificiale è come sussurrare frasi e parole di matrice dadaista in un grande orecchio algoritmico, in attesa che restituisca qualcosa di inaspettato e sorprendentemente onirico.

Dunque un viaggio psichedelico che oscilla tra la dimensione mistica e quella matematica, dove l’incalzante scambio simbiotico tra l’immaginazione individuale e la rete neurale dell’A.I., assume forme a volte assolutamente realistiche, ma anche, al contrario, scevre da qualsiasi sovrastruttura estetica dove in un sol colpo è capace di miscelare accademismi classici con il pop caotico del web e le conseguenze da errore di calcolo, restituendo spesso senza alcun processo logico, risultati del tutto irrazionali ed imprevedibili definendo finalmente un metodo ed un’estetica figurativa tutta nuova. In conclusione, parafrasando un’aforisma di Orson Welles, l’A.I. è molto più di un generatore di visioni, è un mezzo attraverso il quale le immagini ci raggiungono da un altro mondo.

Alessandro Bavari

Bavari
ZENOBIA: © Alessandro Bavari

L’Autore:

Considerato pioniere dell’arte digitale, Alessandro Bavari sviluppa nel corso degli anni il proprio linguaggio artistico digitale affrontandolo sin dal 1993 in tutte le sue espressioni come ulteriore disciplina di ricerca audio-visiva.
Le sue opere sono state pubblicate su centinaia di riviste e libri d’arte oltre che essere oggetto di studio continuo in università e istituti in tutto il mondo. Nel 2011 vince il Golden Nica al Prix Ars Electronica con Metachaos primo premio per la miglior animazione. È grazie a questo video futuristico che Alessandro nel 2017 viene contattato dalla 20th Century Fox come concept artist per il film Alien: Covenant tramite una chiamata diretta da Sir Ridley Scott. Continua a lavorare come direttore artistico nel cinema con registi come Gabriele Lavia e Luca Guadagnino oltre che come concept artist e direttore artistico nel campo dei videogiochi.
Oltre al Golden Nica raccoglie vari premi tra cui il Digital Hall of Fame Award al 3D Festival Awards di Copenaghen, il premio Photo-realistic images all’Adobe The Power of Design – European Competition a Londra, il 2001 International Digital Art Award in Australia e ancora al Clio Awards One Show Awards, Art Director Club Awards e molti altri.
Ha esposto in varie gallerie e musei come al Museo della Permanente di Milano, al Museo la Pelanda all’ex Mattatoio di Roma, al Salon Art Paris presso il Museo del Louvre, alla Guinness Storehouse a Dublino, al Museo d’Arte di Jyväskylä in Finlandia, all’esposizione State of Digital Art presso il Devos Art Museum negli USA, al Digital Hall of Fame di Stoccolma, al Palazzo delle Arti di Napoli, al Museo d’Arte Itabashi a Tokyo, al Mimi and Ian Rolland Art and Visual Communication Center negli USA, al FIMA – Festival International Montreal en Arts in Canada, al Kronos Art BCN 2020 a Barcellona, alla DigitalArt Factory a Roma e molti altri.
Dal 2021 le sue opere entrano a fare parte delle collezioni NFTs ed esposte alla Biennale di Venezia nel 2022.

Bavari
ZIRMA: © Alessandro Bavari

DOVE?

OTTO Gallery
Piazza Giuseppe Mazzini 27 – Piano 4 Scala A.
00195 Roma
Citofona OTTO Rooms
Ecco il link: https://goo.gl/maps/YZFemWnRGQstxum2A

Come arrivare:

OTTO Gallery si trova nel Quartiere Prati di Roma ed è collegata benissimo anche con i mezzi di trasporto:

  • Metro Rossa LINEA A stazione Lepanto
  • Oppure in bus che arrivano fino qui da tutta Roma: 19-30-69-89-280-301-490-495

E se vieni da lontano:

Puoi dormire direttamente nella nostra guesthouse OTTO Rooms! Per prenotare la tua camera da OTTO Rooms CLICCA SU QUESTO LINK.

CONTATTI:

Website: https://www.alessandrobavari.com/
Facebook: https://www.facebook.com/alessandro.bavari
Instagram: https://www.instagram.com/alessandrobavari/

C’era una volta il mare

C’ERA UNA VOLTA IL MARE
Il lago di Aral

Negli ultimi decenni si è consumato un enorme disastro ambientale, quasi sconosciuto, ma forse il più grave; grave perché ampiamente previsto fin dal 1964 da studi appositamente commissionati e ciò nonostante scientemente perseguito.

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L’Aral era un grande lago salato, quasi tre volte la Sicilia. Tanto grande da essere chiamato “mare”, il Mar d’atal. Ed era molto pescoso.

Moynak, in Uzbekistan,  era un tempo una ridente cittadina sulle rive del Mar d’Aral. Oggi non ride più, perché l’Aral non c’è più. Viveva grazie alla pesca e alla lavorazione del pescato, inscatolato sul posto in una fabbrica i cui prodotti rifornivano tutta l’URSS, di cui faceva parte l’Uzbekistan.

Aral

Ma nel secolo scorso l’URSS volle sviluppare l’agricoltura in zone semidesertiche, attingendo le acque d’irrigazione dagli immissari dell’Aral. Si sapeva che l’Aral sarebbe morto, ma si pensava di sfruttare anche le nuove terre emerse per questa coltivazione.

Aral

Le acque cominciarono a ritrarsi dal 1960. Nel 2007 il 90% dell’Aral era sparito; la salinità dell’acqua rimasta era decuplicata, rendendo impossibile la vita. La flotta di pescherecci fu abbandonata ad arrugginire sul fondo prosciugato del lago.

La lavorazione del pesce però continuò inscatolando il pescato del Mar Baltico, trasportato in Uzbekistan da migliaia di chilometri, e poi ridistribuito a migliaia di chilometri di distanza. Ma la dissoluzione dell’URSS rese insostenibile questo sistema e la fabbrica fu abbandonata. Lasciando gli abitanti senza risorse: anche l’agricoltura è impossibile, perché le acque dell’Aral, ritirandosi hanno lasciato sul terreno un concentrato di sale, fertilizzanti e pesticidi, con l’aggiunta delle scorie tossiche gettate in acqua da una base militare sovietica, situata in un isola in mezzo all’Aral.

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Quando il clima diventa caldo e secco, il che accade molto spesso, il terreno diviene polveroso; il vento porta questa polvere tossica sulla città e i suoi abitanti, ma arriva anche a centinaia di chilometri.

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L’unica cosa che cresce sono dei miseri sterpi, buoni solo per le capre e le pecore. Per il resto si vedono uomini e bambini tra le macerie di quella che era la fabbrica del pesce, alla ricerca di rottami ferrosi da vendere per pochi spicci. Non c’è acqua corrente, non ci sono fognature. I bambini che giocano per le strade polverose, sorridendo felici come tutti i bambini, sono l’unica nota di speranza.

lago aral

Si va in Uzbekistan per vedere la favolosa Samarcanda e le antiche città che costellavano la via della seta. Ma visitare l’Aral, significa visitare qualcosa che non c’è, un non-luogo, un non-mare, pieno di non-acqua e di non-vita. Una distesa di chilometri di conchiglie bianche nel deserto. Non sono le conchiglie fossili che si trovano anche in montagna: sono conchiglie che solo pochi anni fa ospitavano un essere vivente e ora sono li a tappezzare quello che era un fondale.

desertoIntanto le navi fantasma solcano il deserto, guidate da un faro spento che sorge dove non c’è più la costa.

Foto e parole di Roberto Manfredi

Questo racconto ha partecipato al  Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

La mostra presso OTTO Gallery, Roma

La storia di Roberto Manfredi qui pubblicata è esposta a Roma fino al 21 febbraio 2024 presso la OTTO Gallery in Piazza Mazzini 27, scala A piano 4.

Quelle che seguono qui sono le foto dell’allestimento:

Aral

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La materassaia di Bukhara

Mi chiamo Narghisa sono una materassaia.

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Lavoro in questo edificio da così tanto tempo che oramai lo chiamo casa.

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Qua trascorro gran parte della mia giornata e con ago e filo cucio insieme scampoli di stoffa e scampoli di vita.

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Le fotografie sbiadite alle pareti raccontano di un tempo lontano, lavoravamo in tanti, oggi sono rimasta solo io.

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Scrivo a mano con precisione sul mio quaderno gli ultimi ordini.

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A breve il laboratorio sarà venduto, stanno costruendo grandi alberghi, stanno immaginando grandi cose e strumenti piccoli come ago e filo non ce la fanno più a tenere insieme i pezzi della storia.

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Non so cosa ci sarà qui domani e se resterà la traccia di un ricordo, quello che so è che tutto ciò che fin ora ho realizzato l’ho fatto con le mie mani.

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Foto e parole di Laura Pierangeli

“La materassaia di Bukhara” ha partecipato al  Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

“Chadar”

Il popolo Zanskari e l’antica via di ghiaccio

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C’è un’antica via di ghiaccio che da generazioni apre le porte del mondo al popolo Zanskari, “chadar”. Siamo in Ladakh, regione dell’India racchiusa tra Karakorum e Himalaya ad oltre 3.700 metri di altezza. Qui, per poco più di un mese, tra gennaio e febbraio, il fiume Zanskar diventa percorribile e rompe l’isolamento dell’inverno.

chadar

I mercanti di spezie e stoffe hanno aspettato quel momento ogni inverno per secoli… l’attimo in cui oriente e occidente si incontravano sulla Via della Seta. Sembra ancora di vederli, accalcati tra le locande e nelle strade di Leh, avvolti nei profumi e il vociare dell’antica capitale. 

chadar

È un cammino incantato e terribile, tra gole profonde, crepacci, dirupi ma anche colori inattesi e cascate di ghiaccio. Avanti, un passo dopo l’altro, nel vento gelido, ho imparato ad ascoltare con rispetto la voce del ghiaccio sotto gli scarponi.

chadar

La macchina fotografica per rubare almeno un po’ di quella meraviglia che riempie gli occhi, per cristallizzare i gesti rituali delle guide che si ripetono da secoli: la preparazione delle slitte, lallestimento delle grotte per i bivacchi, i canti tradizionali che accompagnano in ogni momento della giornata.

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Tre giorni di cammino che diventano un viaggio nel tempo verso il monastero di Karsha Gompa, circondato dal suo villaggio, dove il potente suono della Sankha, la tromba conchiglia, richiama i monaci per l’inizio della Puja, la celebrazione del Risveglio del Buddha.

chadar

L’antico monastero del X secolo è uno scrigno di storia e spiritualità, ma anche di arte con i suoi straordinari dipinti murali.

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Il tesoro più prezioso di Karsha Gompa è, però, la luce nello sguardo dei monaci e del popolo Zanskari… il mio pretesto per tornare a casa è stato quello di poter raccontare quella luce con queste foto.

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Foto e parole di Christian Giudice

Questo racconto ha partecipato al  Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

MAURITANIA

Mauritania, le sfumature del silenzio

I ricordi fanno rumore: le voci, suoni di passanti, risa dei bambini o del vento che insinua ovunque la sabbia divenuta respiro.

mauritania

Un andare e venire nel mobile sguardo che tutto vuole accogliere e di cui non ha mai abbastanza: orizzonti leggermente frastagliati, cespugli di faticoso verde, vette miti accerchiate d’intenso arancio, morbide dune che dividono lo spazio con l’azzurro liquido, divorato dal verso dei gabbiani.

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E il cielo, il grande cielo azzurro o disseminato di nastri di nuvole a raccogliere ombre.

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La luce disegna e definisce luoghi, sguardi, intenzioni, pietre, mura policrome sbrecciate incomplete antiche e nuove, uomini e animali, donne e passi frettolosi, bambini e la curiosità del divenire, in un frammento costante pieno di vita.

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Quando poi al buio, tutto diventa uno, custodito dal silenzio delle stelle.

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Foto di Roberto Malagoli, parole di Lisanna Pina

“Mauritania” è il SECONDO CLASSIFICATO di  Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.             

KUSHTI

Si tratta di un’ antica lotta indiana chiamata “kushti”.

Ho cercato di raccontare l’intimità e lo svolgersi delle loro giornate/quotidianità

kushti

Giovani bambini, spesso di famiglie povere, o salvati dalla vita di strada, vengono assorbiti nella scuola palestra-monastero chiamata akhara già in tenera età, iniziando un percorso di duro allenamento fisico e mentale.

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Al rigoroso allenamento si uniscono le fondamentali regole religiose che educano i ragazzi. Tra queste niente sesso, niente alcol, poca vita sociale e rigorosa preghiera alle prime ore del mattino e durante la giornata.

Kushti

Combattono nella Sacra terra di argilla rossa, chiamati “Akhada”.

L’obiettivo è concentrarsi su uno stile di vita puro per costruire forza mentale e fisica: la debolezza sarà debellata, forza e virilità restituiti all’ uomo, l’orgoglio della nazione restaurato.

kushti

La kushti tradizionale sta vivendo un periodo di profonda crisi perdendo il contatto con la terra rossa sostituita da materassini e perdendo la filosofia che la caratterizza a causa di un processo di modernizzazione sociale che tende a svalutare l’aspetto spirituale e rendendo lo spazio/scuola più sicuro e lontano da vecchie pratiche e regole religiose.

kushti

I bambini spesso vengono presi dalla strada, orfani e soli. Oppure figli di famiglie povere, quelli piu forti verranno accolti nella scuola. Qui però non riceveranno istruzione scolastica. Se non otterranno titoli e premi nella lotta verranno allontanati e si ritroveranno soli, senza cultura, senza saper leggere. Senza amici e senza saper dare una carezza alla vita, saranno facilmente assorbiti nel crimine!

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Kushti

WATERWORLD

Waterworld

Da quasi 10 anni viaggio per il mondo alla ricerca di tutte quelle popolazioni e minoranze etniche poco conosciute, spesso invisibili alla nostra società, che ancora sopravvivono alla globalizzazione cercando di mantenere vive le loro caratteristiche tradizioni ancestrali

Jacopo della Valle

Al largo delle coste di Filippine, Malesia ed Indonesia vivono i Bajau,popoli indigeni, nomadi e apolidi conosciuti anche come zingari del mare. 

Waterworld

Diffidenti, perché abituati a vivere isolati, sono spesso trattati con indifferenza o denunciati perché considerati immigrati illegali sulla terraferma, infatti non sono riconosciuti da nessuno Stato e non hanno alcun diritto fondamentale. 

Filippine

In passato si muovevano liberamente nei mari del Sud-est asiatico mentre oggi sono più stanziali, ma ancora vivono strettamente legati al mare in piccole palafitte di legno costruite sull’acqua bassa o in barche chiamate “lepas”, lontani dalla terraferma e la sua società.

Waterworld

Hanno una conoscenza dell’Oceano senza eguali e la loro vita trascorre lenta, scandita dai ritmi delle maree.

Esperti apneisti, imparano a nuotare appena nati; la pesca e la raccolta di conchiglie e crostacei rappresentano la fonte principale di sostentamento dei Bajau, che raggiungono la costa solamente per commerciare i loro prodotti o per ripararsi dalle forti tempeste.

Waterworld

Salis, un pescatore Bajau, mi ha introdotto nella sua comunità facendo da interprete e permettendomi di fotografare il loro stile di vita e le loro abitudini. Mi ha raccontato che ha provato a trasferirsi sulla terraferma per lavorare in città, ma dopo qualche mese, il richiamo nostalgico del mare è stato troppo forte ed è tornato a vivere nella sua palafitta, scappando dalla routine e dalla quotidianità di una vita stanziale.

L’inasprimento dei controlli, la graduale diminuzione della fauna marina e le restrizioni ai loro movimenti stanno mettendo a rischio la sopravvivenza dei Bajau, ma trasferirsi sulla terraferma e abbandonare il loro stile di vita non è ancora un’opzione contemplata.

Waterworld

 

Foto di Jacopo Della Valle, parole di Anita Palma

“Waterworld” E’ IL VINCITORE ASSOLUTO di Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

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