Mongolia

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Vita estrema

La migrazione invernale dei nomadi in Mongolia

La Mongolia occidentale è una vasta regione caratterizzata da ecosistemi diversificati. Il suo paesaggio spazia dalle montagne innevate ai prati alpini, fino alle vaste steppe e ai deserti. Si estende su una superficie di circa 340.000 km quadrati. È un’area scarsamente popolata, con una grande parte della popolazione che conduce ancora una tradizionale vita pastorale nomade.

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Uno dei gruppi etnici che vivono in questa zona sono i kazaki. Nella provincia di bayan-Olgii vive un gruppo unico di kazaki che praticano l’antica tradizione della caccia con l’aquila reale. Addestrano le giovani aquile a cacciare volpi, conigli e lupi e il legame che si forma tra l’aquila e il cacciatore è molto forte.

Ogni anno, durante i mesi di febbraio e marzo, circa 200 famiglie di cacciatori di aquile nomadi intraprendono un’insidiosa migrazione invernale di 5 giorni e 150 km verso il loro accampamento primaverile nelle remote distese mozzafiato dei Monti Altai della Mongolia occidentale, nella speranza di trovare pascoli migliori per il loro prezioso bestiame. Qui rimarranno per circa 3-4 mesi prima di passare al loro campo estivo. In media migrano 3-4 volte l’anno.

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Gli inverni qui sono spietati, con temperature che scendono ben al di sotto dello zero (-40°C) e venti feroci e bufere di neve che spazzano le pianure aperte in qualsiasi momento. Mentre in passato l’intera famiglia faceva il viaggio a piedi o a cavallo, oggi le cose sono un po’ diverse. Donne, bambini molto piccoli e anziani si recano al loro campo primaverile su un camion insieme a tutti gli effetti personali della famiglia, che spesso includono animali malati, vecchi, feriti e neonati, che altrimenti non sarebbero in grado di sopravvivere al viaggio. La maggior parte del gregge, tuttavia, di solito tra i 500 e i 1500 animali composto da cammelli battriani, capre, mucche, cavalli e yak, non ha altra scelta che fare questo straordinario viaggio a piedi guidati dagli uomini più giovani della famiglia a cavallo.

La migrazione invernale è una prova di resistenza sia per l’uomo che per gli animali. Per oltre 5 giorni non c’è cibo per gli animali su cui pascolare mentre si spostano da terreni estremamente secchi e nudi a passi e distese innevate.

È stata un’esperienza incredibile assistere in prima persona alla resilienza di alcuni di questi animali, in particolare i cammelli della Battriana che sono le centrali elettriche della migrazione. La loro folta pelliccia permette loro di resistere a temperature estreme. Sono straordinariamente forti e svolgono un ruolo vitale nella vita dei nomadi. Durante la migrazione invernale trasportano Gers portatili (tradizionali abitazioni di forma rotonda), stufe, cibo, provviste e spesso altri animali che non possono più camminare.

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Ma sfortunatamente, troppo spesso la combinazione di esaurimento, mancanza di cibo e temperature estreme può essere mortale per molti animali. Negli ultimi anni la regione dell’Altai ha sperimentato modelli meteorologici molto imprevedibili, e solo quest’anno è stato riferito che “Dzud”, il termine mongolo per un inverno rigido o un’ondata particolarmente fredda, è stato responsabile della perdita di oltre 1,5 milioni di capi di bestiame.

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Nonostante le sfide che devono affrontare, hanno un incredibile senso di orgoglio per il loro stile di vita. Sono forti e resilienti. Spesso affrontano le difficoltà con intraprendenza e una forte determinazione a superare gli ostacoli. Hanno un profondo legame con i loro animali e una straordinaria capacità non solo di adattarsi, ma anche di prosperare in condizioni così difficili.

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Viaggio nelle selvagge terre di Gengis Khan

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La Mongolia va esplorata fuori dai confini della capitale, Ulan Bator. È lì fuori che esiste un microcosmo di paesaggi e climi diversi di cui l’occhio e il cuore non si stancano mai. È lì fuori che bisogna fare caso ai suoi abitanti, i loro sguardi e la loro gentilezza. Il loro essere nomadi e strettamente legato alla natura e alle stagioni. Uno stile di vita che li rende distaccati dal consumismo e li tiene lontani da questo mondo caotico.

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Il viaggio ci ha portato a scoprire due aree estreme della Mongolia, la parte occidentale con le terre dell’imponente Altai Nuruu, la più alta catena montuosa della Mongolia, e la parte dell’estremo nord coperta dal verde della Taiga.

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Le alture

Le distanze da percorrere sono lunghe ma il paesaggio in continuo cambiamento riduce i tempi di percorrenza. Tra spostamenti a cavallo e mezzi a motore il viaggio è un continuo di emozioni e avventura e ci porta persino a raggiungere il ghiacciaio Tavan Bogd, ai confini con Russia e Cina, dove montiamo il campo base e ci prepariamo alla conquistiamo la vetta del Malchin Peak (4050 m).

Successivamente siamo entrati nella taiga dove siamo stati ospiti di una famiglia Tsaatan. Abbiamo condiviso con loro attimi, lavori, giochi, sorrisi e cibo.

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In questo angolo di paradiso è come essere tornato indietro nel tempo e se ti immergi senza freni nella vita di queste famiglie, capisci che è la natura a dettare i tempi e puoi percepire l’essenza, la semplicità e le vere necessità della vita.

Il viaggio si conclude con rientro ad Ulan Bator, con lo zaino pieno di emozioni e ricordi e con gli occhio lucidi ma più vivi.

Vorrei concludere questa narrazione con una frase del libro “Il leopardo e lo sciamano” di Federico Pistone, “La Mongolia è la terra dei miracoli. Semplicemente perché riporta l’uomo alle origini, lo spoglia e lo risana dalle malattie che la nostra condizione evoluta ci consegna in cambio di qualche comoda inutilità contronatura”.

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Questo racconto di Loris Delvecchio ha partecipato al  Travel Tales Award 2024

Afghanistan

Wakhan: un paradiso in pericolo

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Il corridoio del Wakhan è un’impervio lembo di terra che si estende nella parte nord-orientale dell’Afghanistan; area tra le più remote del mondo, venne percorsa da Alessandro Magno nel 327, da Marco Polo nel 1271 e da Genghis Khan nel XIII secolo: ramo dell’antica via della Seta, è stato crocevia di comunicazione tra Oriente e Occidente.

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È in questa terra severa che, circa 2.500 anni fa, si insediarono i pastori nomadi di origine Kirghisa e i Wakhi, minoranze etniche dalla vita sospesa nel tempo.

I carovanieri kirghisi praticano ancora oggi un nomadismo pastorale: perennemente in viaggio con le loro mandrie e con le loro abitazioni mobili, le yurta, si possono incontrare durante le loro traversate, negli accampamenti temporanei, tra le immensità delle notti stellate, quando è solo la luce calda di un piccolo falò ad illuminare i visi solcati dai segni di un’esistenza durissima. 

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La vita delle tribù stanziali Wakhi si basa su un’agricoltura di altura combinata con la pastorizia.  Fuori le mura dei villaggi le donne mungono e piccoli pastori accudiscono gli animali. I panni lavati nel fiume, nei brevi mesi estivi possono essere stesi sull’erba sotto il cielo terso, tappezzando come arazzi un panorama incantato.

I numerosissimi bambini hanno tratti somatici, così come i loro occhi incredibilmente verdi o di un nero profondo, che rivelano le loro radici iraniche e mongole.

Afghanistan

Il regime talebano


Purtroppo oggi queste popolazioni vengono messe a rischio dal regime talebano. Da quando hanno preso il controllo dell’Afghanistan, i talebani hanno lanciato un assalto ai diritti umani, perseguitando le minoranze etniche e religiose. Il Corridoio è di particolare interesse per il traffico di oppio, in quanto unica frontiera terrestre dell’Afghanistan con la Cina.

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Il progetto di una strada che attraverserà quest’area porta con sé implicazioni fortemente negative per le popolazioni locali: contaminazione culturale, antropizzazione di un’area selvaggia, rilocazioni forzate e aumento del presidio talebano.

I talebani avevano promesso un governo inclusivo e tollerante, rispettoso dei diritti della popolazione, dichiarazioni che si sono presto dimostrate false. Le afgane e gli afgani che hanno deciso di rimanere nel paese per provare a darsi un’altra possibilità oggi vivono un incubo senza fine.

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Foto e parole di Robertino Radovix 

Questo racconto ha partecipato al  Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

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