Wakhan: un paradiso in pericolo
Il corridoio del Wakhan è un’impervio lembo di terra che si estende nella parte nord-orientale dell’Afghanistan; area tra le più remote del mondo, venne percorsa da Alessandro Magno nel 327, da Marco Polo nel 1271 e da Genghis Khan nel XIII secolo: ramo dell’antica via della Seta, è stato crocevia di comunicazione tra Oriente e Occidente.
È in questa terra severa che, circa 2.500 anni fa, si insediarono i pastori nomadi di origine Kirghisa e i Wakhi, minoranze etniche dalla vita sospesa nel tempo.
I carovanieri kirghisi praticano ancora oggi un nomadismo pastorale: perennemente in viaggio con le loro mandrie e con le loro abitazioni mobili, le yurta, si possono incontrare durante le loro traversate, negli accampamenti temporanei, tra le immensità delle notti stellate, quando è solo la luce calda di un piccolo falò ad illuminare i visi solcati dai segni di un’esistenza durissima.
La vita delle tribù stanziali Wakhi si basa su un’agricoltura di altura combinata con la pastorizia. Fuori le mura dei villaggi le donne mungono e piccoli pastori accudiscono gli animali. I panni lavati nel fiume, nei brevi mesi estivi possono essere stesi sull’erba sotto il cielo terso, tappezzando come arazzi un panorama incantato.
I numerosissimi bambini hanno tratti somatici, così come i loro occhi incredibilmente verdi o di un nero profondo, che rivelano le loro radici iraniche e mongole.
Il regime talebano
Purtroppo oggi queste popolazioni vengono messe a rischio dal regime talebano. Da quando hanno preso il controllo dell’Afghanistan, i talebani hanno lanciato un assalto ai diritti umani, perseguitando le minoranze etniche e religiose. Il Corridoio è di particolare interesse per il traffico di oppio, in quanto unica frontiera terrestre dell’Afghanistan con la Cina.
Il progetto di una strada che attraverserà quest’area porta con sé implicazioni fortemente negative per le popolazioni locali: contaminazione culturale, antropizzazione di un’area selvaggia, rilocazioni forzate e aumento del presidio talebano.
I talebani avevano promesso un governo inclusivo e tollerante, rispettoso dei diritti della popolazione, dichiarazioni che si sono presto dimostrate false. Le afgane e gli afgani che hanno deciso di rimanere nel paese per provare a darsi un’altra possibilità oggi vivono un incubo senza fine.
Foto e parole di Robertino Radovix
Questo racconto ha partecipato al Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.