Holi Festival dei Colori in India

Quando si pensa all’India, immediatamente si pensa al COLORE in tutte le sue forme: gli sgargianti Sari che le donne di ogni casta e ceto sociale indossano sempre con grande grazia ed eleganza, i TEMPLI induisti tempestati di migliaia di decorazioni e divinità colorate, le SPEZIE, che caratterizzano tutti i piatti tradizionali e che sono le protagoniste degli affollatissimi mercati con tutte le gradazioni del rosso e del giallo… insomma l’India senza colori non sarebbe l’India!!!

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©Simona Ottolenghi

Ma c’è un periodo dell’anno, che corrisponde all’inizio della primavera, in cui l’esplosione di colori assume la sua massima potenza: si tratta di HOLI, il festival dei colori più famoso del Mondo, durante il quale migliaia, se non milioni di persone, scendono in strada imbrattando con polveri colorate chiunque capiti a tiro.

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©Simona Ottolenghi

E’ una delle feste più antiche della mitologia Indù, e viene celebrata il giorno successivo alla prima notte di luna piena nel mese di Phalgun, che segna anche l’inizio della primavera.

Holi significa ‘bruciare’ e trae origine dalla leggenda di Holika: durante la sera della luna piena, si accendano infatti falò per allontanare gli spiriti e celebrare la Vittoria del Bene sul Male.

Il rito ricorda anche la miracolosa fuga del giovane Prahalad, devoto di Vishnu, dalla demone Holika che voleva darlo alle fiamme: Prahalad grazie alla sua fede in Vishnu scampò illeso mentre Holika morì arsa.

Il giorno successivo all’accensione dei falò la gente si ammassa per il lancio di acqua e polveri colorate per le vie delle città e nei villaggi.

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©Simona Ottolenghi

La Leggenda di Radha-Krishna ricorda proprio il lancio di colori: il giovane Khrisna, geloso dell’amata Rada per la bellezza della sua pelle, le dipinse tutta la faccia.

Così, i Templi durante Holi sono decorati con i colori e un idolo di Radha sull’altare.

Nel nostro Viaggio Fotografico abbiamo partecipato con grande entusiasmo, divertimento e qualche piacevole sorpresa ai festeggiamenti di questa fantastica festa dalle lontane origini religiose.

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©Simona Ottolenghi

Il nostro Holi è iniziato in un piccolissimo Tempio della bellissima Bundi, nel cuore del Rajastan dove siamo stati invitati a partecipare ad una loro cerimonia. Siamo stati accolti con grande calore  e subito coinvolti a stare in mezzo alla folla ed a ballare con loro. Non c’era differenza tra loro e noi, eravamo lì, ballavamo e scattavamo foto, quando improvvisamente, senza accorgercene, eravamo completamente colorati! Mancava ancora qualche giorno ad Holi, quindi non eravamo assolutamente preparati a ciò che ci avrebbe attesi. Avevano infatti iniziato a lanciare prima fiori e poi polveri di tutti i colori trasformando il Tempio in un fantastico e gioioso arcobaleno!

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©Simona Ottolenghi

Per fortuna siamo riusciti a salvare in qualche modo le fotocamere che non avevamo avuto modo di proteggere con le migliaia di buste che avevamo portato proprio per l’occasione.

Tra i partecipanti alla festa c’era anche un fotografo indiano che ci ha scattato qualche foto con la promessa di inviarcele via mail… certo non ci aspettavamo che quelle foto erano destinate ad una delle più famose testate del Rajastan!!!!

Dopo questo primo assaggio di Holi a Bundi, siamo andati a Jaipur dove abbiamo partecipato ai falò sulle strade della città e ci siamo immersi il giorno dopo nei veri festeggiamenti trasformandoci in divertite macchiette colorate! In giro per la città sui risciò ci fermavamo non appena individuavamo situazioni interessanti anche dal punto di vista fotografico… ma non facevamo a tempo a scendere che le nostre facce ed i nostri vestiti venivano ricoperti di ulteriori strati di colori fino a renderci assolutamente irriconoscibili!

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©Simona Ottolenghi

E’ stata una bellissima esperienza che ripeteremo sicuramente il prossimo anno e che spero possa essere di augurio per un anno pieno di gioia e colori per tutti!

Articolo giornale
Pubblicazione su giornale locale

Holi Festival 2015

Foto: © Simona Ottolenghi
Foto: © Simona Ottolenghi

 

Sunflower Blues – Mississsippi

Mississippi:

Ogni anno, ad agosto la piccola cittadina di Clarksdale in Mississippi diventa la Capitale del Blues diventando la sede del più grande festival del mondo dedicato a questo genere musicale quando dai 17.000 Abitanti la cittadina esplode a oltre 100.000 durante il Sunflower Blues Festival

Ci troviamo nel sud degli Stati Uniti d’America, in quelle zone dove tra il XVI e il XIX secolo vennero portati gli schiavi dall’Africa per coltivare il cotone negli immensi campi dei bianchi che abbiamo visto in film come Via col vento…. La cosa bella è che da quelle parti vivono ancora oggi quasi esclusivamente i discendenti di quegli stessi schiavi. Gli americani che sono lì sono tutti neri e hanno i tipici caratteri somatici africani, da questa gente e dalle loro storie è nato il blues, la più “malinconica” musica americana.

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Josh “Razorblade”Stewart fotografato al Ground Zero da Roberto Gabriele

Partecipare al Sunflower diventa quindi un modo non solo per ascoltare i migliori musicisti del mondo di questo genere che è nato qui da loro e dai loro padri, ma è anche un modo per conoscerli dal vivo. I Bluesman non sono certo persone schive, nè divi del Rock che devono tenere a distanza i loro fans. Venendo al Festival Vi capiterà, di sedervi accanto a loro la mattina dopo al bancone di un saloon e di mettervi a chiacchierare con loro e magari di ricevere un Cd in omaggio in cambio del tuo indirizzo email. Ed è proprio quello che è successo a noi con Josh “Razorblade” Stewart del quale puoi ascoltare le note che abbiamo registrato dal vivo durante il suo concerto…. Clicca sul player qui sotto e inizia a sognare…

 

Arrivare a Clarksdale

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Foto: © Roberto Gabriele

Già all’entrata in città ti capiterà di accorgeryi che sei proprio all’incrocio della musica: dove si incontrano la Route 49 e 61 lì nasce il blues e lo si capisce da subito, non potrebbe che essere così. Tutto da queste parti è fatto per favorire l’industria e l’indotto della musica. Dai negozi ai locali in cui ascoltare musica dal vivo, dai servizi agli hotel in perfetto stile Mississippi. Ma qui la musica non è solo business, è un vero e proprio stile di vita, un modo di essere che si tramanda da generazioni.

Qui siamo nel sud degli Stati Uniti e come diceva Renzo Arbore (Bluesman anche lui) “Siamo sempre Meridionali di qualcuno”, qui nel Mississippi ti sembrerà di stare nel nostro meridione per la cortese ospitalità della gente di queste parti, per l’ottima cucina ben condita e per la tipica tradizione contadina che qui viene conservata dai pronipoti di quegli schiavi neri portati qui dall’Africa Orientale nelle Piantagioni di cotone, i bianchi sono ancora pochissimi e quando sarai qui ti accorgerai che la gente ti sorride quando ti incontra per strada.

Qui in città naturalmente c’è anche il Delta Blues Museum che ha una parte importantissima nel Festival in quanto partner e promotore culturale del Festival e di tutte le sue attività formative e concerti. Una visita qui servirà sicuramente a capire meglio cosa si sta per vivere durante i concerti live che durano 3 giorni. A proposito di musei, a poca distanza da Clarksdale, a Indianola c’è il Museo di BB King che forse in assoluto è il nome più famoso che ricordi questo genere musicale.

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Parrucchiere anni ’50 Foto © Roberto Gabriele

Ma a Clarksdale tutto è “Black Style”, anche, naturalmente, il parrucchiere del villaggio in cui il tempo pare si sia fermato agli anni ’50 con i suoi caschi per capelli da signora, con la sua clientela rigorosamente nera di carnagione e con le acconciature che qui si usa fare, molto più simili alla tradizione africana che non alla modernità americana. Qui per molti versi ti sembrerà di essere in Africa: per la gente, per la trascuratezza dei luoghi, per lo stile di vita… L’unica cosa che ti ricorderà l’america sarà la musica che sentirai già appartenere alla tua cultura, al tuo modo di essere, il Blues ti scorre nelle vene, mentre sei li scopri la tua vera Black Soul, una vera anima nera che forse non sapevi ti appartenesse, eppure scopri di averla dentro da sempre. Questa musica ti entra dentro al cuore e non ti abbandona. Mai. Nemmeno dopo che sarai tornato a casa.

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Staff al Ground Zero. Foto: © Simona Ottolenghi

Ground Zero

E’ il più mitico e inconfondibile locale che esiste in città, acquistato da Morgan Freeman si dice per per salvarlo dalla sua fine e ora è un pezzo vivente e cuore pulsante della Storia della musica e del Blues. Se riuscirai a sederti sui suoi lerci e schifosi divani damascati e in pelle che sono sulla terrazzetta esterna potrai godere del miglior posto possibile per capire a fondo lo stile spartano ed essenziale del Blues e di questo locale in particolare.

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i divani fradici fuori al Ground Zero. Foto © Simona Ottolenghi

Al Ground Zero puoi passarci la vita senza invecchiare. Al Ground zero il tempo viene scandito non dall’orologio ma dal ritmo della batteria, dal tempo del basso elettrico e dalle melodie della chitarra acustica dei musicisti che iniziano a suonare musica live alle 10,00 del mattino mentre gli ospiti seduti mangiano i famosissimi Pomodori Verdi Fritti cucinati secondo la più classica delle ricettte e annaffiati da fiumi di birra che vengono consumati non solo ai tavoli ma anche in piedi, fuori dal locale dove le note arrivano e si sentono a decine di metri di distanza…

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Live in Ground Zero – Foto: © Simona Ottolenghi

I Musicisti qui vengono per divertirsi, per suonare ma fondamentalmente ti accorgi che lo fanno per incontrare e allietare i loro amici che vanno a trovarli, sono i migliori del mondo e raccolgono le offerte con il piattino e mentre cantano li senti ringraziare per ogni singola mancia che qualcuno gli lascia durante il concerto. Qui la musica si sente ad alto volume ma si riesce sempre a parlare ed è impossibile non battere il tempo con la testa e con tutto te stesso mentre sei lì sorseggiando l’ennesima birra…

Lo stile del locale è il più scarno e autentico che possa esserci: pareti fatte con assi di legno inchiodate e su di esse trovi attaccata e scritta la testimonianza di chi è stato qui prima di te: locandine, fotografie, giornali, stumenti musicali e copertine di dischi sono attaccati a tratti sui muri, affinchè nulla prevalga sul resto qui vince la regola che chi scrive dopo domina su tutti gli altri. Persino le pareti dei bagni sono completamente ricoperte dalle firme praticamente di tutti i clienti che sono transitati di là e che lasciano alla storia il segno del loro passaggio…

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L’interno del Ground Zero. Foto: © Simona Ottolenghi

 

Il Sunflower river Blues Festival

A Clarksdale durante il Delta Blues Music Festival in Mississippi la musica va avanti per tre giorni e ogni luogo è buono per suonare: la mattina i concerti ufficiali si tengono nella scuola della piccola cittadina, nella palestra in cui ti immagini le ragazzine che durante il resto dell’anno si allenano lì a fare le Majorette. Qui al mattino suonano gli stessi grandi musicisti che suonano la sera in piazza, è solo un fatto di compatibilità di orari e non di qualità della musica.

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concerto serale. Foto © Simona Ottolenghi

Il grande palco ad ingresso libero è montato in un piazzale e lì si suona durante tutto il pomeriggio e la serata. La folla arriva con i caravan e si accampano dove capita per ascoltare ogni nota che esce dagli strumenti e dalle voci di questa gente fatta per fare musica.

I concerti sono tutti rigorosamente gratuiti e si susseguono l’uno dopo l’altro in un clima caldo e davvero friendly, per dirla a modo loro. due giorni qui volano, le cose da vedere, la musica da ascoltare, gli ambienti da fotografare sono così tanti che di certo non ci si annoia.

Su quel palco hanno suonato tutti i più grandi Bluesman della storia da BB King a Eddie Cusic, Denise LaSalle, Lisa Knowles & the Brown Singers…  Impossibile perdersi questi concerti destinati tutti ad entrare nel mito di questo luogo incantato.

Quando sei nel prato di Clarksdale al Sunflover Blues Festival senti un senso di appartenenza a qualcosa che non sapevi facesse parte così intensamente di te, senti che sei lì con altre migliaia di persone a costruire un pezzo di Storia della Musica.

 

 

 

Scattando nella Grande Mela

Fare un Viaggio Fotografico con noi è un’esperienza che non finisce rientrando a casa.

Il lavoro fatto insieme, la condivisione delle foto dopo il rientro, lo spirito collaborativo che si creano durante e dopo il Viaggio portano a iniziare dei rapporti personali e professionali tra gli Allievi e i Docenti che si trovano riuniti tutti come Soci della Associazione “Viaggio Fotografico”.

Ed è proprio questo che è capitato ad Alessandro Pasqualini, partito nel 2014 per un primo pionieristico itinerario a New York, quarto Viaggio Fotografico a New York per il Capogruppo Roberto Gabriele, prima esperienza per lui, primo viaggio intercontinentale per Viaggio Fotografico.

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Foto: © Alessandro Pasqualini

Alessandro Pasqualini in questi 12 mesi ne ha fatta di strada: è diventato un Professionista e ha esposto le sue foto già in due importanti mostre di cui vogliamo condividere alcune immagini e i relativi link ufficiali.

Nato con una grande passione per il reportage, Alessandro Pasqualini ha poi fatto della fotografia sportiva la sua attività fotografica, ma in queste foto vediamo il suo racconto di una città come New York. Street Photography, immagini dinamiche costruite e raccolte in strada, a volte con intuito, altre con faticose attese a 22 gradi sotto zero appostati con i cavalletti in mezzo a 40 cm di neve per oltre 2 ore a fotografare tramonti e notturni di Manhattan vista da Brooklyn.

Amerigo Village – San Benedetto del Tronto

Mostra Fotografica Chalet Amerigo Village: http://www.alessandropasqualini.it/myalbum.php?id=4809 , a San Benedetto del Tronto (A.P )

[highlight]Una[/highlight]bella esperienza, nata da una mia idea, in collaborazione con uno studio fotografico e con dei ragazzi che mi hanno fatto partecipare al loro festival itinerante.

Ho realizzato la mia prima mostra fotografica utilizzando le foto di un mio viaggio fotografico fatto con Roberto Gabriele nel febbraio scorso. Ho selezionato 21 foto tra le tante scattate a NY, dando volutamente un tipo di impronta a quello che avrei voluto raccontare.

La stampa mi è stata consigliata dallo studio fotografico, invece la realizzazione e la messa in mostra delle foto è stata ideata e progettata da me. Posso dire che sono rimasto soddisfatto tantissimo, sia per le persone che sono venute a visitarl ma soprattutto per i complimenti ricevuti da amici e turisti venuti da diverse parte d’italia a San benedetto in vacanza. Inoltre da pochi giorni ho avuto la fortuna di vendere le mie prime foto. Soddisfazioni che restano.”

Alessandro Pasqualini

Pasqualini New York
Foto: © Alessandro Pasqualini

Aeroporto di Trieste

Questa mostra nasce in maniera diversa, è direttamente l’associazione dotArt che ha selezionato le mie foto per una loro mostra internazionale che per quest’anno hanno svolto all’aeroporto FVG. Io e la dotArt ci conosciamo tramite un concorso urban del 2014 proprio con loro, dove ho presentato un mio portfolio e da li i primi contatti e scambi di idee e possibilita’ di collaborazione. Dalla loro selezione nasce questa esposizione e messa in mostra: http://www.alessandropasqualini.it/myalbum.php?id=5350

Alessandro Pasqualini

Foto: © Alessandro Pasqualini
Foto: © Alessandro Pasqualini

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