CINA

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La consapevolezza dell’esistenza di una sovrastruttura di principi morali universali, un ne­mine ledere elevato a principio etico e morale valido per tutti gli uomini, e che trascende e pervade le singole culture, ha condizionato tutti i miei viaggi e quello in Cina in particolare.

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Ho quindi diretto la mia ricerca fo­tografica verso la scoperta di quel mondo fantastico, ancora genuino e autentico, intriso di magia e di religione, che rischia di dissolversi sotto la spinta dei grandi processi di secolariz­zazione e globalizzazione e, per le minoranze cinesi, per la pressione esercitata da quello di sinizzazione.

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Ho sempre considerato la fotografia lo strumento con il quale veicolare, con la diffusione e la condivisione delle immagini, l’esistenza di mondi, culture, civiltà e prospettive di vita alternative alle nostre.

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La Fotografia

E la fotografia può diventare un attore determinante in grado di disinnescare i potenziali conflitti connaturati nei pregiudizi e nei diversi modi in cui la cultura etnocentrica è declinata. In questa serie di foto sulla Cina non ci sono le città famose della Cina, ma quella poco conosciuta, con un patrimonio culturale ultramillenario, dove i modi di produrre e di vivere restano legati al passato e le regole delle tradizioni dettano ancora il tempo e scandiscono il ritmo della vita quotidiana.

riso

Troverete le terrazze di riso di Longji Titian nel Guanxi e quelle colorate dello Yunnan. Le terrazze di riso sono una testimonianza del lavoro e delle opere realizzate dall’ingegno umano. L’uomo è riuscito a rendere coltivabile un territorio caratterizzato da ripide pendenze e a modellare le montagne con opere di ingegneria rurale.

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I pescatori con i cormorani e due foto del mondo contadino dello Yunnan, in cui l’agricoltura è praticata ancora con l’ausilio degli animali da tiro.

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Questa serie di foto è tratta da due libri fotografici sulla Cina: “Diario di un viaggio. Dalla Cina rurale a Shanghai” e l’atro “Cina: dallo Yunnan rurale ai parchi del Gansu”, di prossima uscita, con i quali, per l’appunto, intendo, nel mio piccolo, contribuire alla diffusione della cultura e delle civiltà lontane attraverso la fotografia.

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Questo racconto di Tommaso Stilla ha partecipato al  Travel Tales Award 2024

MAKHA BUCHA DAY

MAKHA BUCHA DAY – BANGKOK

Bangkok

Il tempio Wat Phra Dhammachaya, situato nella periferia nord di Bangkok, colpisce subito per la sua grande cupola dorata che rappresenta un sole nascente ma assomiglia più a un moderno disco volante.

Il Makha Bucha è una delle più importanti feste buddiste e celebra l’evento in cui il Buddha, quando illuminato, inizia a predicare e pronunciare le sue leggi. Qui queste celebrazioni sono di grande fascino e scenografiche in modo spettacolare. Il tempio rappresenta il volto moderno del buddismo thailandese, è seguito da milioni di fedeli ma anche molto contestato a causa delle ingenti donazioni che riceve.

Bangkok

Si compone di 150 edifici moderni, può ospitare 10.000 monaci e l’area all’aperto sottostante può radunare 600.000 fedeli rigorosamente vestiti di bianco per contribuire alla scenografia e all’allestimento delle funzioni religiose.

David Marciano

Durante i festeggiamenti i monaci siedono ordinatamente con accanto una boule di vetro con una candela accesa, l’ordine maniacale delle file, i luoghi rigorosamente segnati per i fedeli compongono una coreografia spettacolare più simile a una parata militare che a una festa religiosa.

David Marciano

La setta Dhammakaya incarna perfettamente la società di oggi, i moderni metodi di marketing sono utilizzati per la promozione e i fedeli pregano per il successo della carriera e per la prosperità della loro famiglia.

Bangkok

Ho scattato queste fotografie durante il mio ultimo viaggio in Thailandia tra febbraio e marzo 2024, soggiornando tre giorni all’interno della struttura monastica.

Bangkok

Avevo già visitato questo istituto in precedenza e ho chiesto l’accredito per poter seguire la cerimonia e scattare fotografie.

David Marciano

Questo racconto di David Marciano ha partecipato al  Travel Tales Award 2024

Mongolia

Vita estrema

La migrazione invernale dei nomadi cacciatori di aquile della Mongolia occidentale

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La Mongolia occidentale è una vasta regione caratterizzata da ecosistemi diversificati. Il suo paesaggio spazia dalle montagne innevate ai prati alpini, fino alle vaste steppe e ai deserti. Si estende su una superficie di circa 340.000 km quadrati. È un’area scarsamente popolata, con una grande parte della popolazione che conduce ancora una tradizionale vita pastorale nomade.

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Uno dei gruppi etnici che vivono in questa zona sono i kazaki. Nella provincia di bayan-Olgii vive un gruppo unico di kazaki che praticano l’antica tradizione della caccia con l’aquila reale. Addestrano le giovani aquile a cacciare volpi, conigli e lupi e il legame che si forma tra l’aquila e il cacciatore è molto forte.

Ogni anno, durante i mesi di febbraio e marzo, circa 200 famiglie di cacciatori di aquile nomadi intraprendono un’insidiosa migrazione invernale di 5 giorni e 150 km verso il loro accampamento primaverile nelle remote distese mozzafiato dei Monti Altai della Mongolia occidentale, nella speranza di trovare pascoli migliori per il loro prezioso bestiame. Qui rimarranno per circa 3-4 mesi prima di passare al loro campo estivo. In media migrano 3-4 volte l’anno.

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Gli inverni qui sono spietati, con temperature che scendono ben al di sotto dello zero (-40°C) e venti feroci e bufere di neve che spazzano le pianure aperte in qualsiasi momento. Mentre in passato l’intera famiglia faceva il viaggio a piedi o a cavallo, oggi le cose sono un po’ diverse. Donne, bambini molto piccoli e anziani si recano al loro campo primaverile su un camion insieme a tutti gli effetti personali della famiglia, che spesso includono animali malati, vecchi, feriti e neonati, che altrimenti non sarebbero in grado di sopravvivere al viaggio. La maggior parte del gregge, tuttavia, di solito tra i 500 e i 1500 animali composto da cammelli battriani, capre, mucche, cavalli e yak, non ha altra scelta che fare questo straordinario viaggio a piedi guidati dagli uomini più giovani della famiglia a cavallo.

La migrazione invernale è una prova di resistenza sia per l’uomo che per gli animali. Per oltre 5 giorni non c’è cibo per gli animali su cui pascolare mentre si spostano da terreni estremamente secchi e nudi a passi e distese innevate.

È stata un’esperienza incredibile assistere in prima persona alla resilienza di alcuni di questi animali, in particolare i cammelli della Battriana che sono le centrali elettriche della migrazione. La loro folta pelliccia permette loro di resistere a temperature estreme. Sono straordinariamente forti e svolgono un ruolo vitale nella vita dei nomadi. Durante la migrazione invernale trasportano Gers portatili (tradizionali abitazioni di forma rotonda), stufe, cibo, provviste e spesso altri animali che non possono più camminare.

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Ma sfortunatamente, troppo spesso la combinazione di esaurimento, mancanza di cibo e temperature estreme può essere mortale per molti animali. Negli ultimi anni la regione dell’Altai ha sperimentato modelli meteorologici molto imprevedibili, e solo quest’anno è stato riferito che “Dzud”, il termine mongolo per un inverno rigido o un’ondata particolarmente fredda, è stato responsabile della perdita di oltre 1,5 milioni di capi di bestiame.

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Nonostante le sfide che devono affrontare, hanno un incredibile senso di orgoglio per il loro stile di vita. Sono forti e resilienti. Spesso affrontano le difficoltà con intraprendenza e una forte determinazione a superare gli ostacoli. Hanno un profondo legame con i loro animali e una straordinaria capacità non solo di adattarsi, ma anche di prosperare in condizioni così difficili.

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