Tiziano Terzani

Vedere il mondo per raccontarlo

Ogni viaggiatore che usa la fotografia o la scrittura come mezzo per raccontare la realtà dovrebbe conoscere il nome di Tiziano Terzani. La sua non è solo la storia di un giornalista o di un fotografo, ma il percorso di un uomo che ha saputo trasformare il viaggio in un atto di ricerca profonda, di conoscenza, di messa in discussione continua.

Terzani non è stato un fotografo tecnico in senso stretto. Le sue immagini, realizzate spesso durante le sue corrispondenze, non inseguono la perfezione formale, ma portano dentro il respiro della strada, la luce diffusa dell’Asia, l’imperfezione autentica degli incontri. Come il suo stile di scrittura, le sue fotografie – molte delle quali si trovano pubblicate nei suoi libri o negli archivi dei reportage – sono strumenti per fermare il tempo, per dare un volto e un contesto alle storie che raccontava.

Ritratto di Tiziano Terzani in bianco e nero che inquadra un soggetto usando le dita come se fosse una fotocamera
Tiziano Terzani era un uomo di grande ironia

Il viaggio come scuola di vita

Nato a Firenze nel 1938, Terzani ha fatto del viaggio una condizione permanente dell’anima. Per oltre trent’anni ha lavorato come corrispondente in Asia per il settimanale tedesco Der Spiegel, collaborando anche con Repubblica e il Corriere della Sera. La sua vita è stata un susseguirsi di tappe che non sono semplici città, ma veri e propri snodi esistenziali.

Tiziano Terzani ha vissuto e raccontato la Cina negli anni complessi della Rivoluzione Culturale, fino a esserne espulso nel 1984. Successivamente ha seguito da vicino il Vietnam, documentando gli anni durissimi della guerra e quelli delicati della ricostruzione. Ha viaggiato in Cambogia, riportando al mondo le tragedie vissute sotto il regime dei Khmer Rossi. In India si è immerso nella spiritualità, nei templi, nei volti e nelle contraddizioni di un continente che lo ha profondamente trasformato. Infine, ha percorso i sentieri del Tibet e dell’Himalaya, luoghi che nella sua visione del mondo rappresentano la sintesi perfetta tra viaggio esteriore e ricerca interiore.

Scatto dal finestrino di un treno in Asia
Per Tiziano Terzani il viaggio era un vero stile di vita, non un semplice lavoro da Giornalista

Pubblicazioni

l senso del viaggio per Tiziano Terzani si traduceva anche nel desiderio di restituire al lettore una narrazione completa, fatta di parole, fotografie, impressioni e analisi. I suoi libri non sono semplici cronache di viaggio, ma percorsi che attraversano popoli, conflitti, spiritualità e domande esistenziali. Conoscere le sue opere significa entrare in un mosaico di esperienze che parlano al viaggiatore, al fotografo e a chiunque cerchi di comprendere il mondo.

Dalla cronaca asciutta di Pelle di leopardo, che fotografa il Vietnam in guerra, al realismo partecipe di Giai Phong!, dedicato alla caduta di Saigon, Terzani racconta sempre dall’interno, con sguardo umano.

La porta proibita svela le contraddizioni della Cina negli anni della Rivoluzione Culturale, mentre Un indovino mi disse diventa il manifesto di un viaggiare lento e consapevole, tra rotte terrestri e incontri profondi.

Con Lettere contro la guerra Terzani invita al dialogo, rifiutando ogni forma di violenza. Infine, Un altro giro di giostra segna il suo percorso più intimo, tra malattia, ricerca spirituale e interrogativi sul senso della vita e del viaggio interiore.

Scatto di Tiziano Terzani realizzato in Asia
Dagli archivi di Tiziano Terzani

Tiziano Terzani – Mostre in Italia:

L’approccio visivo di Tiziano Terzani ha sempre seguito la stessa filosofia che ha guidato i suoi scritti: non raccontare per stupire, ma per comprendere. Le sue fotografie nascono dal viaggio, dallo sguardo attento e dall’incontro con le persone, con i luoghi, con la cultura dei popoli che ha attraversato. Anche chi lo conosce principalmente come scrittore o giornalista rimane colpito dalla forza discreta delle sue immagini, capaci di accompagnare il lettore dentro l’atmosfera dei mercati asiatici, lungo le strade polverose dei villaggi o tra i templi nascosti nelle montagne.

Sulle rive del Gange, una foto in bianco e nero di Tiziano Terzani
L’immagine di un mondo che ormai esiste solo nei nostri ricordi. L’India di Tiziano Terzani

Oltre ai suoi libri, le sue fotografie e i suoi scritti sono stati esposti in diverse mostre, tra cui:

  • 2007, Un altro giro di giostra, mostra fotografica itinerante in Italia
  • 2014, Tiziano Terzani: il viaggio e lo sguardo, Firenze, Palazzo Medici Riccardi
  • 2018, Il fotografo delle parole, rassegna presso la Biblioteca delle Oblate, Firenze

Le immagini di Terzani, in bianco e nero o a colori, raccontano volti, paesaggi, mercati, templi, con la discrezione e il rispetto tipico del suo approccio. Non c’è mai sensazionalismo, solo il desiderio di comprendere. È proprio in questo sguardo delicato e profondo che risiede il valore del suo lavoro visivo, complementare alle sue parole, capace di trasformare la fotografia in uno strumento di riflessione e di dialogo con il mondo.

Un villaggio in Asia fotografato da Tiziano Terzani
Un villaggio in Asia dai viaggi di Tiziano Terzani

La malattia e il viaggio interiore

Nel 2001 Tiziano Terzani riceve una diagnosi di cancro. Da quel momento la sua idea di viaggio cambia radicalmente: la geografia delle mappe lascia spazio a una geografia più complessa, quella interiore. Inizia un percorso di ricerca che non parla solo di luoghi, ma di senso, di fragilità, di consapevolezza della fine. Da questa esperienza nasce Un altro giro di giostra, un libro che è molto più di un reportage: è un invito a rallentare, a osservare con attenzione, a interrogarsi su vita e morte, oltre la superficie delle cose.

Terzani si ritira tra i boschi, sulle montagne sopra Firenze. In quell’eremo silenzioso continua a scrivere, a scavare dentro di sé, a smontare le certezze accumulate in una vita di viaggi e domande. Il suo testamento più intimo è La fine è il mio inizio, un lungo dialogo con il figlio Folco. Più che un addio, è il racconto lucido di chi ha cercato il mondo e, inevitabilmente, si è trovato davanti allo specchio.

Ritratto in bianco e nero di Tiziano Terzani
Tiziano Terzani nella sua ultima fase, quella più spirituale e introspettiva

Per Terzani il viaggio non è mai stato solo spostamento, chilometri o fotografie da collezionare. Ogni tappa, ogni parola, ogni immagine è sempre stata uno strumento per superare l’apparenza, per osservare in profondità, per raccontare senza artifici. “Partire è il modo più diretto per perdersi”, diceva, “ma anche l’unico per ritrovarsi cambiati”.

Chi si avvicina ai suoi libri ritrova il senso più autentico del viaggio: quello che attraversa il mondo per arrivare a noi stessi. Non il turismo veloce, ma la conoscenza lenta, fatta di sguardi, di silenzi, di tempo. E a volte — come lui stesso ci ricorda — il viaggio più difficile è quello che si fa restando fermi, dentro una stanza o immersi nella quiete della natura, lasciando che sia il mondo a parlare.

All'interno di un tempio hindù
La spiritualità ha pervaso tutta la vita e in particolare gli ultimi anni di malattia di Tiziano Terzani

L’Archivo Terzani

Uno degli archivi più preziosi per chi ama viaggiare con la testa e con il cuore è sicuramente quello di Tiziano Terzani. Nel 2014, sua moglie Angela Staude ha donato tutto il materiale alla Fondazione Cini di Venezia: un patrimonio di valore enorme, fatto di appunti, taccuini, diari di viaggio, fotografie istantanee, ritagli di giornale, documenti personali e anche materiali postumi selezionati con cura dalla famiglia. Dentro quell’archivio non c’è solo la storia di un uomo, ma il percorso umano e intellettuale di chi ha saputo raccontare il mondo intrecciando il giornalismo con la ricerca spirituale, con lo sguardo di chi si mette sempre in discussione.

Scoprire questo archivio è un’occasione unica per approfondire davvero il lavoro e la visione di Terzani, un autore che ha saputo guardare oltre la superficie, raccontando i popoli e i luoghi con rispetto, ma anche interrogandosi continuamente sul senso del viaggio e sul senso della vita stessa.

Because the light di Tiziano Terzani
“Because the light” di Tiziano Terzani

I mercati di Marrakech

Quando l’ombra si fa colore

Sono gli inizi di maggio e sto costeggiando i giardini dell’Oliveraie a Marrakech. Ancora pochi metri e, oltrepassata la stretta porta di Bab Ighli, entrerò nel centro storico di questa antica e famosa città, diretto al mio riad.

L’autista corre veloce e sicuro, malgrado i mille motorini, carretti e viandanti. Vicoli stretti e affaccendati tra i mercati di Marrakech, di gente veloce e laboriosa che disbriga mille incarichi e lavori. C’è chi trasporta verdure e casse di birra, vende pane e souvenir di vari colori; alcuni mi offrono bibite colorate o semplicemente attraversano di corsa strade e cortili per andare chissà dove.

Foto ©Andrea Riberti

Penso a Napoli per l’enorme (e apparente) confusione, oppure a Genova per i vicoli stretti e l’atmosfera ombrosa, ma nei mercati di Marrakech è tutto molto di più. Il clacson e lo sfrecciare dei numerosi veicoli sono più intensi; le stradine appaiono ancora più anguste e trafficate.

Poi i colori: intensi e vividi. Nascono sempre improvvisi, nelle ombre dei riad e dei caravanserragli, si manifestano e si allungano nelle vesti e nei tessuti e nelle più svariate merci espose.

Le scene passano veloci sotto i miei occhi senza riuscire a capirne, a volte, il senso: la mente ancora non è abituata a questi ritmi. Tanti occhi attenti mi guardano, soppesano i miei gesti e mi “valutano” pur essendo uno sconosciuto tra le tante migliaia di turisti che attraversano, ogni giorno,queste vie e piazze. Questo popolo ha una innata capacità di scambio e commercio: senza conoscerti, quegli occhi sanno già che tipo di acquirente sarai.

Foto ©Andrea Riberti

Marrakesh è così un grande insieme di souk: grandi ed intricati mercati di tappeti e ceramiche, ferro e spezie, tessuti e pelli. Nelle ombre spesse dei cortili e delle strade penetrano lame di luce di sole africano che esaltano i tanti colori degli oggetti esposti. È un po’ come se la vita di questa città fosse scandita ed intrisa dal susseguirsi delle tante cromie e dal loro significato. Il rosso simbolo di fertilità, il blu dell’infinito, il verde della speranza, il giallo della gioia.

Foto ©Andrea Riberti

Questo intrecciato fervore di vita, tra i mercati di Marrakech, si svolge ai piedi di palazzi spesso sontuosi ed antichi: al di là delle trasparenze ombrose delle loro mura ocra, posso solo immaginare vite fiabesche, tessuti raffinati e sguardi potenti e carichi di storia, ma anche una umanità ricca di piccoli gesti e molto solidale.

Foto ©Andrea Riberti

Poi, svoltato un angolo, a volte, mi ritrovo nella calma rarefatta ed intima di un giardino segreto con essenze esotiche ed architetture islamiche. E qui anche l’olfatto, riposa.

Ma è forse col sopraggiungere della sera, che tutto si impasta: i colori si combinano in un “blu notte” che rende le atmosfere ancora più incantate e affascinanti.

Foto ©Andrea Riberti

Salendo su uno dei tanti terrazzi panoramici, attorno a piazza El Fna, il colpo d’occhio è formidabile.

Le lampade di luce fredda delle centinaia di bancarelle e “street food” illuminano una moltitudine che, in quest’ora del tramonto, si muove a ritmi più lenti e sostenibili, quasi si preparasse ad affrontare, ancora con maggiore forza, le luci del giorno successivo, in un infinito e perpetuo movimento di vita e colori.

Foto ©Andrea Riberti

 

Mike Brodie, fotografo nomade

Mike Brodie: uno di noi

Ogni viaggiatore che utilizza la fotografia come strumento narrativo dovrebbe conoscere il nome di Mike Brodie. Invece pur essendo “uno di noi” è un Autore praticamente sconosciuto in Italia. Il suo è stato un passaggio rapido e fulminante sulla scena della fotografia contemporanea, una parabola che, proprio per la sua brevità e spontaneità, ha lasciato un’impronta indelebile. Brodie non ha mai cercato la carriera artistica, non ha mai costruito un progetto con l’intento di essere pubblicato o celebrato.

Ritratto di un amico sul treno avvolto in un sacco a pelo
Sguardi intensi, immagini potenti, storie di vita raccontate in uno scatto. Foto © Mike Brodie

A mio avviso era anche piuttosto inconsapevole del valore estetico e narrativo di ciò che faceva, era un vero talento naturale: uno che impugnava la fotocamera e scattava seguendo il cuore e un geniale istinto creativo che uniti ad una incredibile capacità comunicativa gli permettevano di non attivare ragionamenti che gli avrebbero messo paletti mentali ad un racconto della libertà. “Ha fotografato la libertà prima ancora di sapere che stava facendo arte.”

Eppure, la coerenza poetica (e visiva) del suo sguardo, l’onestà con cui ha vissuto e documentato un mondo periferico e vagabondo, ne fanno un punto di riferimento imprescindibile per chi come noi, che siamo appassionati di viaggi e di fotografia, voglia affrontare la narrazione per immagini in modo autentico. Conoscere il lavoro di Mike Brodie significa interrogarsi sul senso stesso del viaggiare e dello storytelling: su cosa valga davvero la pena raccontare quando siamo in viaggio, sul concetto di libertà e su come mettere insieme tutto questo in un progetto narrativo coerente.

Ragazzo con il dito alzato in segno di ribellione
La sensazione di libertà raccontata con un sapiente uso del “mosso” e un gesto che abbatte tutte le regole – Foto: © Mike Brodie

Mike Brodie: il “Polaroid Kidd” che cercava se stesso sui treni

Michael Christopher Brodie, nato nel 1985 in Arizona, si è avvicinato alla pratica del freighthopping – ossia il viaggio clandestino a bordo di treni merci – all’età di 17 anni, durante la sua permanenza a Pensacola, Florida. Tutto iniziò nel 2004, come un percorso senza meta ma fortemente identitario, che lo ha condotto a percorrere oltre 50.000 miglia attraverso 46 stati degli Stati Uniti nell’arco di quattro anni senza mai pagare un biglietto. Ha scelto consapevolmente di abitare i margini della società statunitense, identificandosi con la sottocultura hobo e con il movimento crust punk, lontano dal conformismo urbano.

Ragazzi con una mappa in mano si interrogano su dove potrebbe portarli il treno sul quale si trovano
Ragazzi con una mappa in mano si interrogano su dove potrebbe portarli il treno sul quale si trovano. Foto © Mike Brodie

L’approccio fotografico di Mike Brodie ha preso forma attraverso una Polaroid SX‑70 ricevuta da un amico, con il quale ha iniziato una documentazione istintiva della comunità vagabonda di cui faceva parte. La “tribù della rotaia” è stata oggetto e soggetto di una rappresentazione intima, priva di costruzione, che mira a raccontare se stesso fotografando gli altri. La sua fotografia, in questa fase, è una sorta di diario personale attraverso cui raccontare a se stesso la storia della sua vita, influenzata più dalla quotidianità dell’esperienza vissuta che da codici visivi predefiniti e costruiti.

La vita scorre osservata dalla locomotiva
Il mondo osservato dalla locomotiva è una metafora del nostro passaggio nella vita. Foto: © Mike Brodie

Successivamente, la scelta di adottare una Nikon F3 con pellicola 35 mm (Kodak Portra 400 per i suoi toni caldi e la grande latitudine di esposizione e Fujifilm Superia per le sue rese più contrastate e colori saturi) lo portò ad un’evoluzione di tecnica e di stile verso una maggiore consapevolezza formale, senza mai compromettere l’autenticità emotiva dei soggetti ritratti.

Di se disse: «Sarei riuscito ad avvicinarmi molto di più se non avessi avuto quella dannata macchina fotografica davanti alla faccia… Ho semplicemente fotografato la mia vita.» – Mike Brodie

Mike Brodie con la nua Nikon F3 ritratto da qualcuno dei suoi amici
Mike Brodie con la nua Nikon F3 ritratto da qualcuno dei suoi amici

La poetica visiva di Mike Brodie

L’operato fotografico di Mike Brodie si colloca a pieno titolo in quella che potremmo definire antropologia visuale non convenzionale. Le immagini di Brodie restituiscono un’atmosfera densa di libertà percepita, vissuta in modo pregnante durante la sua adolescenza nomade. «Ha vissuto la fotografia come una fuga e l’ha lasciata quando stava per diventare una gabbia.»

Ragazzo si lancia tra due vagoni su un treno in corsa
Pochi Autori hanno espresso altrettanto bene la sensazione di movimento e di libertà. Foto: © Mike Brodie

L’accoglienza critica dell’opera di Mike Brodie da parte di autori quali Martin Parr ne ha evidenziato l’impatto per la sua aderenza visiva e affettiva ai contesti rappresentati, definendola «sfrontatamente romantica».

Alec Soth, tra i più influenti autori contemporanei, ha dichiarato: «Volevo davvero che questo libro non mi piacesse, ma sono stato completamente conquistato dalle immagini… Spero che questo libro venga ricordato per sempre.»

Brodie stesso, con disarmante semplicità, ha raccontato l’innesco della sua vocazione visiva: «Ho visto un libro di Steve McCurry… Ne sono rimasto ispirato… così sono andato per il mondo cercando di fare buone foto delle persone e dei luoghi che contavano per me.»

Un ragazzo da un ponte contempla il passaggio dei treni
Nostalgia della libertà. Foto: © Mike Brodie

Il ritiro e la scelta di una vita pratica

Nel 2009 Mike Brodie dopo soli 5 anni in cui si è dedicato alla fotografia lasciando una traccia indelebile del suo passaggio, ha deciso di intraprendere un percorso formativo radicalmente diverso da quello fotografico, iscrivendosi a una scuola professionale per meccanici diesel a Nashville. Dopo un anno di studi intensivi e formazione tecnica, ha conseguito il diploma nel 2010. Questa scelta ha segnato una svolta netta nella sua vita, allontanandolo dalla fotografia e inserendolo in una dimensione professionale concreta e pratica. Ha così iniziato a lavorare come meccanico per la Union Pacific Railroad a Oakland, in California, città nella quale risiede tuttora con sua moglie, la quale, a sua volta, lavora come conduttrice di treni. La loro vita quotidiana, costruita attorno alla dimensione ferroviaria, sembra continuare – sotto altra forma – il filo narrativo del viaggio che Brodie aveva esplorato fotograficamente negli anni precedenti.

2 ragazzi che dormono in pieno giorno lungo una desolata strada di campagna
La fine del nomadismo. Foto: © Mike Brodie

Nel 2013, con una dichiarazione che sconvolse tutti, affermò pubblicamente di voler abbandonare la fotografia e il suo percorso artistico che, pur offrendogli notorietà, non coincideva con le sue aspirazioni di autenticità e autonomia che gli avrebbe dato una vita più “borghese, normale”.

2 amiche dormono abbracciate
Occorre vivere in questo modo per scattare immagini come questa. Foto: © Mike Brodie

Pubblicazioni e riconoscimenti

Di Mike Brodie rimangono poche prove della sua brevissima quanto intensa produzione fotografica:

  • Tones of Dirt and Bone (2006, TBW): raccolta di Polaroid scattate nei primi anni di viaggio.
  • A Period of Juvenile Prosperity (2013, Twin Palms): il suo libro più famoso, con edizioni successive fino alla quinta. Include reportage di vita reale in viaggio.
  • Polaroid Kid (2023, Stanley/Barker): scatola con 50 riproduzioni delle prime Polaroid.
  • Failing (2024) e The Slack Trilogy (2025): continuano la serie della Polaroid Kidd.

Dove acquistarli online

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Anche Polaroid Kid: https://amzn.eu/d/hVzFHxh 

La copertina del libro The Polaroid Kid di Mike Brodie in vendita su Amazon
La copertina del libro The Polaroid Kid in vendita su Amazon

Mostre e rassegne in Italia

Dalle nostre fonti sembra che Mike Brodie abbia esposto solo una volta al SI Fest nel 2015 a Savignano sul Rubicone, ma la sua popolarità internazionale lo ha portato spesso su riviste italiane come Vogue Italia, che nel 2013 l’ha intervistato durante la mostra newyorkese e il lancio del libro.

Una ragazza con i capelli al vento si affaccia sporgendosi da un vagone merci
Tutto passa, a volte velocemente, il vento nei capelli di questa ragazza, come la carriera artistica di Mike Brodie

Viaggiare rimanendo a casa

Il vagabondaggio per Mike Brodie fonde l’imprevisto con l’identità e il tutto si plasma nel movimento che rende nelle sue fotografie. Il rumore metallico e stridente dei binari, la polvere e la luce incerta dei crepuscoli ferroviari diventano così la metafora dell’instabilità e della ricerca esistenziale.

Le sue (poche) pubblicazioni non vanno lette unicamente come opere fotografiche, ma anche come esercizi di autonarrazione e strumenti per ripensare il proprio rapporto con il mondo, anche da una condizione di immobilità. Aprire uno dei suoi libri o semplicemente osservare le sue foto in questo articolo è un invito a vivere la propria quotidianità con lo stesso spirito esplorativo e aperto con cui si attraverserebbe una terra sconosciuta pur rimandendo seduti sulla propria poltrona in casa.

Ragazzo dorme in un campo a pochi metri dai binari
Libertà è non avere regole, dormire dove capita, seguire i ritmi della natura e del caso.

Invito alla scoperta

L’opera di Mike Brodie è un invito a scattare e a viaggiare, ma è anche un invito ad osservare, a vivere la vita alla giornata, come capita, con consapevole lentezza e con una velocità passiva e involontaria, a scegliere una strada incerta con il cuore e la fotocamera sullo stesso binario, sapendo che spesso è proprio il non sapere dove si arriverà a rendere autentico il cammino.

Ragazzi si dividono le more raccolte in un cappello
Punti di vista in soggettiva, attenzione per i dettagli, questo caratterizza la poetica visiva di Mike Brodie

Questo viaggio visivo, profondamente biografico e al tempo stesso collettivo, è un’ode al nomadismo esistenziale, a quella forma di documentazione che non vuole spiegare il mondo ma viverlo, raccontarlo per frammenti, affidandosi all’istinto e alla sensibilità. È anche un richiamo implicito a riappropriarsi di un tempo proprio, sganciato dall’urgenza e dalla pianificazione, dove ogni incontro diventa racconto e ogni deviazione una possibile rivelazione.

Una testimonianza che incoraggia chi non ha smesso di interrogarsi, di osservare, di desiderare. È un invito a riprendere in mano la tua fotocamera per scrivere con la luce la tua narrazione, passo dopo passo, immagine dopo immagine, anche restando fermi – perché partire, in fondo, è uno stato della mente e non del corpo.

Ragazza attraverso il vetro sporco di un finestrino
Ragazze separate dal vetro lercio di un finestrino su un treno merci americano. Foto: Mike Brodie

Mostra Thailandia a Roma

Thailandia: Emozioni d’Oriente

A Villa Lazzaroni di Roma, una mostra fotografica collettiva con le foto del nostro Viaggio Fotografico in Thailandia

Sono Roberto Gabriele, fondatore di Viaggio Fotografico e con grandissima soddisfazione ti invito a partecipare alla mostra fotografica “Thailandia: Emozioni d’Oriente”, che sarà inaugurata mercoledì 12 giugno alle ore 19:00 presso lo splendido scenario di Villa Lazzaroni, in Via Appia Nuova 522, Roma.

Questa mostra nasce da un progetto durato più di un anno, da quando abbiamo iniziato a creare il programma del Viaggio Fotografico in Thailandia – Il Paese del Sorriso, che ho accompagnato personalmente nel novembre 2024. In quell’occasione, insieme ai miei compagni di viaggio pacificamente armati di fotocamere abbiamo percorso il Paese a caccia di foto con uno sguardo attento e rispettoso, dedicando tempo e cura a raccontare le sue molteplici sfumature: dai templi dorati di Chiang Mai ai mercati galleggianti, dalle atmosfere sacre di Ayutthaya alla vitalità di Bangkok.

La locandina SOCIAL dell'evento

Una mostra nata da un viaggio creato da noi fotografi

Quello che presenteremo a Roma non è solo una selezione di “belle foto”, il meglio del viaggio. È il frutto di un percorso fotografico e umano condiviso, che ha preso forma lungo le strade della Thailandia, tra incontri, rituali, mercati e momenti di vita quotidiana. Il progetto è nato da un contest interno al nostro gruppo, pensato per valorizzare la pluralità degli sguardi, e si è trasformato in una testimonianza corale grazie all’entusiasmo e alla sensibilità di tutti i partecipanti.

Tutto questo è stato possibile anche grazie al supporto essenziale dell’Ente Nazionale del Turismo Thailandese, che ci ha sostenuto fin dal principio, con una presenza costante e concreta, sia durante il viaggio stesso sia nella fase successiva di valorizzazione del progetto. Prova tangibile di questo sostegno è stata anche la pubblicazione di un bellissimo libro fotografico con le immagini di Anna Bondavalli Ward, vincitrice del contest, un volume che rappresenta al meglio lo spirito di questo lavoro collettivo.

Un ringraziamento speciale va a Sandro Botticelli, responsabile marketing per l’Italia dell’Ente del Turismo Thailandese, che ha creduto nel valore del nostro lavoro e ne è diventato promotore entusiasta, contribuendo attivamente alla sua diffusione e visibilità. E voglio anche ringraziare Marco Borghesi e tutto lo staff di TiBiWorld Tour Operator, con cui da anni condividiamo l’organizzazione di questi viaggi. Il loro contributo va ben oltre la logistica: è una partnership costruita su ascolto, progettazione comune e un forte senso di responsabilità culturale verso le esperienze che proponiamo. Insieme a loro abbiamo costruito un viaggio che oggi diventa anche esposizione, racconto e memoria.

momenti del Lazzaroni Summer Fest
Edizioni passate del Villa Lazzaroni Summer Festival

Gli Autori in mostra

Esporranno le loro opere i partecipanti al viaggio che hanno scelto di mettersi in gioco con la propria visione personale:

  • Anna Bondavalli Ward – vincitrice del contest, sua è anche la foto in locandina
  • Dario Mamerti
  • Francesco Dolfi
  • Laura Pierangeli
  • Roberta Vitali
  • Roberto Gabriele
  • Roberto Manfredi
  • Rosalba Palazzotto
  • Rosario D’Amelio

Ognuno di loro ha saputo raccontare il proprio sguardo sul Paese del Sorriso con autenticità, sensibilità e rispetto, restituendo un racconto corale che va oltre gli stereotipi da cartolina.

La locandina della mostra di Villa Lazzaroni
La locandina di Villa Lazzaroni con la foto di Anna Bondavalli Ward, vincitrice del nostro contest che ha visto la pubblicazione del suo libro sulla Thailandia.

Un evento aperto a tutti, ricco di contenuti

Durante la serata inaugurale ci saranno talk, performance, degustazioni e ospiti di rilievo provenienti dal mondo della fotografia, del turismo e dello spettacolo. Sul palco interverranno:

  • Sandro Botticelli, responsabile marketing dell’Ente del Turismo Thailandese
  • Roberto Gabriele, fotografo e fondatore di Viaggio Fotografico
  • Federico Zampaglione, musicista e viaggiatore
  • Paola Barale, conduttrice e appassionata di culture orientali
  • Piergiorgio Pirrone, giornalista e travel designer
  • Danilo Ragona & Luca Paiardi, ideatori di Viaggio Italia
  • Tommaso Teruzzi, content creator e viaggiatore inclusivo
  • Gianluca Colonnese, coach di Muay Thai e promotore di cultura thailandese

La serata di Villa Lazzaroni sarà arricchita da esibizioni di Muay Thai, massaggi tradizionali thailandesi e degustazioni gastronomiche tipiche, per offrire un’esperienza immersiva nella cultura del Paese del Sorriso.

Rassegna Stampa e copertura mediatica

Questo evento ha suscitato un notevole interesse anche nel panorama della stampa specializzata. Diversi portali autorevoli del settore turistico e culturale hanno dato ampio spazio alla mostra, riconoscendone il valore non solo fotografico ma anche culturale, capace di dialogare con un pubblico trasversale.

La mostra “Thailandia: Emozioni d’Oriente” si sta affermando come un vero e proprio momento di riferimento all’interno della scena romana, andando oltre il nostro ambito di nicchia legato al viaggio fotografico, per diventare un’occasione di incontro tra culture, linguaggi e territori.

Ecco alcuni degli articoli pubblicati in rete:

Questi contributi rappresentano per noi una conferma della qualità del lavoro svolto e dell’interesse crescente verso un modo di viaggiare che mette al centro la lentezza, l’ascolto e la narrazione per immagini.

L’appuntamento

Per noi di Viaggio Fotografico questa mostra rappresenta qualcosa di molto più grande di un’esposizione: è la dimostrazione che il viaggio, quando vissuto con lo spirito giusto, può diventare racconto, testimonianza, memoria. Siamo orgogliosi di aver realizzato tutto questo insieme a TiBiWorld Tour Operator e grazie alla fiducia dell’Ente del Turismo Thailandese.

Ti aspettiamo il 12 giugno alle 19:00 a Villa Lazzaroni, Via Appia Nuova 522, Roma. Sarà un’occasione per incontrarci, condividere emozioni e celebrare la fotografia come strumento di dialogo tra culture.

A presto, Roberto Gabriele

Come arrivare

La mostra sarà a Villa Lazzaroni: Via Appia Nuova, 522, 00179 Roma RM clicca su questo link per arrivare: https://maps.app.goo.gl/UNzPHF56n34XDFk1A

Si trova a pochi passi dalla metro Rossa linea A FURIO CAMILLO

Mappa di Villa Lazzaroni
Ecco la mappa. Per arrivare con i mezzi prendi la Metro Rossa linea A e scendi a FURIO CAMILLO

Intorno al treno – Mauritania

Era il 2023 quando con Simona Ottolenghi abbiamo scoperto la Mauritania, da quel giorno è stato il Viaggio dei Viaggi. Ci siamo tornati 3 volte in 2 anni per condividere con i nostri gruppi la bellezza di questo Paese.

I dromedari selvatici si nutrono lungo i binari del treno
Dromedari selvaggi pascolano indisturbati lungo i binari del treno. Foto: © Roberto Gabriele

INTORNO AL TRENO è il racconto della vita che si respira ai lati della ferrovia mineraria che taglia quel lungo tratto di deserto a nord di Choum, vicino al confine con il Sahara Occidentale (Western Sahara) e che si estende anche verso l’Adrar mauritano.

La motrice del lungo convoglio ferroviario
La motrice del lungo convoglio minerario che corre lungo il deserto in Mauritania per portare il ferro verso il mare. Foto: © Roberto Gabriele

Io e Simona abbiamo percorso il deserto per documentare quella parte di mondo e soprattutto la gente che vive a contatto con un treno che passa spesso senza orario preciso e il cui avanzare dipende più dalla natura, dal vento, dalla sabbia sulla linea, o dalla quantità di ferro scavata quel giorno a Zouerat che non dalla volontà umana di rispettare la puntualità.

Convoglio di manutenzione nel deserto
Convoglio di manutenzione ferroviaria nel deserto. L’attività di pulizia dei binari è quotidiana perchè il vento riempie di sabbia lo spazio tre le rotaie. Foto: © Roberto Gabriele

Il convoglio può arrivare a superare i 2,5 Km di lunghezza, le motrici possono essere 2, a volte anche 3, e sono necessarie per spostare l’enorme peso del carico di ferro estratto che viene portato al mare.

Il treno fermo nella stazione di Choum
Choum vive intorno alla ferrovia ma è come se l’una per l’altra non esistessero. Foto: © Roberto Gabriele

La gente:

La gente, dicevamo… Di fatto NON usa il treno, non è un treno passeggeri, se non per alcune carrozze che non vengono attaccate alla motrice neanche tutti i giorni che interessano più ai pochi turisti che arrivano da queste parti che alla gente del posto. Chi vive lì praticamente non è influenzato né nel bene, né nel male dalla ferrovia. Sono mondi paralleli, sistemi indipendenti. Avere la ferrovia non serve a loro per essere più ricchi, né per essere più poveri. Non gli porta denaro né inquinamento né disagi di sorta.

Nella cittadina di choum il rapporto tra il treno e le case è continuo
Nella cittadina di Choum il treno è parte del paesaggio urbano. Foto: ©Roberto Gabriele

Qui l’unico punto di scambio tra la gente e la ferrovia è il riutilizzo delle vecchie traversine ferroviarie di acciaio che una volta dismesse dalla linea ferrata vengono utilizzate in ogni modo possibile nel deserto per farne recinti, capanne, decorazioni…

il deserto antropizzato
Il deserto antropizzato: finti binari abbandonati. Foto: © Roberto Gabriele

Il treno:

Mentre fotografavamo tutto questo, concentrandoci un pò sulle persone, un pò su quel paesaggio antropizzato con i resti scheletrici di una ferrovia dismessa, siamo riusciti anche a salire su un convoglio ferroviario di quelli che fanno la manutenzione della linea: una motrice con un carrello che riportava gli operai a casa a fine turno. Siamo saliti con loro alla cieca, senza neanche sapere dove saremmo finiti esattamente. Sapevamo solo che alla fine saremmo arrivati in un centro abitato e questo ci bastava per conoscere la nostra sorte fino a quella sera.

Uno scambio lungo la linea del treno in Mauritania
Anche in mezzo al deserto, lungo una infinita linea retta di binari, si trova uno scambio che porta in un ramo di servizio. Foto: ©Roberto Gabriele

L’eccitamento di essere cronisti e fotografi di un’esperienza così unica arrivava alle stelle. Una volta arrivati era il tramonto e noncuranti delle nostre sorti per la notte ci siamo messi a fotografare quella cittadina in mezzo al deserto: fotografavamo il rientro degli operai nelle loro case.

Notturno lungo la ferrovia
Gli operai rientrano a casa lungo i binari. Il loro cammino è rischiarato dai fari della motrice. Foto: © Roberto Gabriele

Lighreidat:

Quello è stato l’unico centro abitato che avesse una parvenza di illuminazione notturna. La Società Ferroviaria ha infatti elargito a tutta la cittadina elettricità gratuita nelle strade e nelle case che fornisce dalla piccola centrale elettrica che serve al cantiere ferroviario. In città si cammina tra i fili che portano la corrente nelle case che vengono accoppiati scoperti e lasciati nella sabbia. Se un filo si dovesse staccare sarebbe facilissimo trovare il guasto e ripararlo: la linea è di pochi volt in bassa tensione, tutto funziona con piccole lampade led che però fanno la differenza.

Lampioni a Lighreidat
Lighreidat è l’unica cittadina in tutto il deserto che abbia una parvenza di illuminazione notturna. Foto: © Roberto Gabriele

Choum:

Choum come Lighreidat sono due cittadine nelle quali siamo stati che sono nate lungo la ferrovia come dormitori per gli operai che lavorano lungo la linea per la manutenzione. In mezzo c’è il deserto piatto e noioso, con poca sabbia che raramente forma dune: un infinito orizzonte di una pianura di sabbia grigia che si estende per centinaia di chilometri. Ci sono solo 2 elementi che in qualche modo differenziano quella enorme distesa di polvere.

Abitante di Choum
La gente di Choum. Foto: © Roberto Gabriele


Il vecchio tunnel francese, scavato proprio come diversivo per passare intorno a quell’angolo di Marocco che passa a pochi metri dalla ferrovia oltre confine. Oggi il treno ha un nuovo tracciato e quel tunnel è rimasto di fatto esattamente ciò che di fatto è: un buco in mezzo al deserto, senza alcuna funzione. Percorrerlo è un salto in una dimensione parallela in un mondo senza tempo. Non c’è più la ferrovia, né ci passa una strada né tantomeno una pista ciclabile. E’ un buco nel deserto.

Sculture astratte di arte moderna realizzate con le traversine dismesse del treno nel deserto in Mauritania
Improbabili e involontarie sculture astratte di arte moderna realizzate con le traversine dismesse della ferrovia nel deserto in Mauritania. In realtà si tratta di un secondo utilizzo, di una nuova vita di qualcosa che ormai ha perso la sua funzione primaria. Foto: © Roberto Gabriele

E l’altro diversivo al deserto che sembra non avere confini è la roccia di Aicha che è una montagna che ha una fessura il cui nome ricorda molto da vicino un dettaglio del corpo femminile visto anche da una posizione molto esplicita… Quelle stranezze della natura che tanto piacciono ai travel blogger e poco ai fotografi: i primi infatti amano fotografare e fotografarsi vicino a cose che tutti capiscono e che sarebbero disposti a partire da casa per andare a fotografare, i secondi, noi fotografi, che quando  ci troviamo di fronte a qualcosa che sappiamo essere stato già fotografato da qualcun altro, riponiamo la fotocamera e andiamo oltre.

Scheletri della vecchia ferrovia
Nel deserto emergono scheletrice parti della vecchia ferrovia riutilizzate come recinti, come tettoie, come oggetti e punti di segalazione. Nulla è perso, tutto trova una nuova vita. Foto: © Roberto Gabriele


Ecco: questo è il mondo che gira INTORNO AL TRENO in Mauritania.

Roberto Gabriele

Uno degli operai della ferrovia vestiti in abiti tradizionali. Foto: ©Roberto Gabriele

Progetto umanitario in Marocco

Echoes of Atlas 2025

Nel febbraio del 2025 nel corso del raduno annuale di Viaggio Fotografico, al quale partecipano, oltre a molti fotografi anche giornalisti, viaggiatori, artisti da tutta Italia, Luca Iotti, presidente di Bambini nel Deserto (BnD), ha illustrato “Echoes of Atlas” progetto da realizzare in Marocco a beneficio degli sfollati del terremoto del settembre 2023.

Echoes of Atlas. Il nostro team operativo in Marocco
Echoes of Atlas. Il nostro team di Bambini nel Deserto e Viaggio Fotografico operativo in Marocco

Bambini nel Deserto è una organizzazione umanitaria riconosciuta come ETS che si occupa di migliorare le condizioni di vita dei bambini e delle loro comunità d’appartenenza nei contesti più difficili del Terzo Mondo.

Bambino marocchino posa accanto ad uno dei mezzi di Bambini nel Deserto utilizzati per portare aiuti umanitari alle popolazioni terremotate sull'Atlante
Missione Umanitaria di Bambini nel Deserto per sostenere le popolazioni terremotate in Marocco.

Al termine del suo intervento Luca Iotti ha chiesto se qualche fotografo in sala fosse disponibile a documentare questa missione, come volontario. Abbiamo aderito subito con entusiasmo! Si trattava di percorrere gli sterrati e le valli dell’Atlante in cerca dei villaggi più remoti e difficilmente raggiungibili, alcuni neppure rintracciabili sulle mappe.

Atlas mountains in Marocco. Le moto del BnD bikers team
Le moto del BnD Bikers Team tra i monti dell’Atlante in Marocco

Il viaggio verso l’Atlante:

A fine marzo siamo partiti insieme al Team BnD per Marrakech e lungo la strada che va verso sud, facendo base ad Amizmiz con le nostre 4×4 e le moto abbiamo percorso le curve silenziose e aspre della montagna dell’Alto Atlante, fino a raggiungere i villaggi più vicini all’epicentro, non segnati sulle cartine né sulle mappe online, villaggi ormai ridotti a macerie e le tendopoli di fortuna installati dal governo o da organizzazioni umanitarie che ancora ospitano la popolazione sopravvissuta.

Uno dei nostri volontari tra le macerie tra le atlas mountains
Uno dei nostri volontari tra le macerie del terremoto 2023 nei monti dell’Atlante.

Lungo le strade sterrate ed i silenzi della montagna, quella gente dai volti segnati dalla durezza della vita riesce ad essere sorridente per la loro resilienza alle disgrazie.

Con le nostre fotocamere siamo andati a raccontare in quegli sguardi la fierezza della gente di montagna, le loro storie.

In quei giorni abbiamo consegnato abbigliamento per bambini, attrezzature per le scuole e ascoltato i bisogni della gente per futuri progetti.

Un anziano nei monti dell'Atlante sorseggia il suo the
Un anziano nei monti dell’Atlante sorseggia il suo the sulla porta di quella che fu casa sua, ora distrutta dal terremoto

Ad ogni tappa, per ringraziarci, siamo sempre stati accolti nelle loro tende ed i capivillaggi ci hanno offerto dolci, thè alla menta e il batbout, pane tipico marocchino, a dimostrazione dell’ospitalità berbera.

Il rito del the in Marocco tra i monti dell'Atlante
Il rito del the in Marocco tra i monti dell’Atlante. Siamo andati per aiutare e abbiamo ricevuto un sorriso. Nessuno è così povero da non poterti offrire un the quando vai a casa sua

Siamo tornati in Italia con il cuore pieno di emozioni e negli occhi quelle immagini che vogliamo condividere tramite questa pubblicazione per dare voce con la fotografia a storie come questa, fatte di avventura, amore ed altruismo; da questo percorso nasce ’’Echoes of Atlas 2025”

La gen
La gente ci ha sempre accolto in quelle case povere tutte distrutte dal sisma e solo pochissime già ricostruite

 

Fotografi accreditati

Barbara Rubino: instagram.com/barbararubino.ph/

Silvana Di Segni  https://silvanadisegni.myportfolio.com/

Luca Maiorano   www.lucamaiorano.com

Bambini con le mani a cuoricino per ringraziarci del nostro aiuto in Echoes of Atlas
I bambini ci ringraziano con una lingua fatta di gesti universalmente riconosciuti

Da Luca Iotti – Presidente di Bambini nel Deserto

“Un libro fotografico, in 70 scatti intensi e poetici, il volume raccoglie l’essenza di un mondo quasi antico colpito dalla fragilità della natura ma saldamente proiettato in avanti grazie alla dignità ed al coraggio della sua gente.

Ogni immagine è un’eco, un richiamo visivo non solo alla bellezza aspra e incantata dei luoghi ma anche alla quotidianità delle comunità segnate dal terremoto e impegnate a ricostruire un futuro per i loro bambini.”

Acquistandolo, con una offerta minima di 25 euro (più spese di spedizione), contribuirai direttamente al finanziamento di progetti di sviluppo nelle aree montane colpite dal sisma.

 

Il QR per sostenere il Progetto Echoes of Atlas
Clicca sul QR per sostenere il Progetto Echoes of Atlas comprando il libro

 

L'immagine iconica del progetto Echoes of Atlas
Questa è l’immagine iconica del progetto Echoes of Atlas realizzato dalla collaborazione tra alcuni nostri compagni di Viaggio Fotografico e la ONG Bambini nel Deserto
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