E’ morto Sebastiao Salgado

Il mio primo incontro con Salgado:

Ricordo perfettamente il giorno in cui ho “incontrato” Salgado e ho deciso che “da grande sarei diventato fotografo” era esattamente il 16 ottobre 1987, quando sfogliai il primo numero de Il Venerdì di Repubblica che uscì esattamente in quel giorno che mi cambiò la vita, avevo 19 anni.

La copertina del famoso magazine che usciva come inserto del quotidiano, annunciava un lungo reportage interno sulla condizione e il lavoro di migliaia di minatori di oro di Serra Pelada in Brasile, che scavavano e trasportavano letteralmente con le mani il prezioso metallo in miniere che sembravano gironi danteschi.

Fui fulminato dalla potenza di quelle foto che (lo avrai già capito) erano di Sebastiao Salgado e, durante i primi giorni di università nella Facoltà di Ingegneria, capii al primo sguardo il mio amore per la fotografia, avevo immediatamente intuito che ERO fotografo ma ovviamente non potevo non finire l’Università iniziata 2 settimane prima: pensavo che fosse un sogno insano e irresponsabile poter pensare di vivere viaggiando in tutto il mondo e vendendo fotografie.

Pensavo che sarebbe stato impossibile e irraggiungibile per me fare una vita di quel tipo con la valigia in una mano, la fotocamera nell’altra e il passaporto stretto tra i denti.

i minatori di oro che scavano a mano in Brasile in una foto di Sebastiao Salgado
Minatori d’oro al lavoro in Brasile. Foto: © Sebastiao Salgado

Il grande cambiamento:

Quel giornale entrato entrato in casa mia alla sua prima uscita in edicola, come si dice…  mi cambiò ogni prospettiva, è proprio il caso di dirlo… NON smettevo mai di sfogliarlo, lo conservai a lungo, forse per anni, e spesso lo rileggevo avidamente, guardavo quelle immagini rimanendone letteralmente ipnotizzato e incapace di distogliere lo sguardo da esse e di pensare ad altro. Quel reportage era al centro della rivista, uno speciale “staccabile” e conservabile a parte e fu per me un rito di iniziazione.

Mi fu chiaro quasi da subito che stavo seguendo contemporaneamente la testa iscritta ad Ingegneria mentre il cuore batteva e si nutriva di fotografia. Dopo l’ennesima bocciatura all’esame di Geometria 1 chiusi dietro di me la porta dell’Università e a febbraio 1990 partii militare (a quell’epoca la leva era ancora obbligatoria) aprendo il grande portone dell’Istituto Superiore di Fotografia di Roma al quale mi iscrissi accarezzando il mito di Salgado e sognando di seguirne le orme seppure ad anni luce di distanza.

Ovviamente non sono diventato bravo come Salgado nè altrettanto famoso, ma di tutto mi sarei aspettato dalla mia vita, tranne che avrei fatto a modo mio, nel mio piccolo e con molta umiltà, esattamente lo stesso tipo di vita che ha fatto lui. E così è stato: eccomi ad essere il motore portante di questo sito di Viaggio Fotografico.

Incontri successivi:

Iniziai a dire di me stesso che NON FACCIO il fotografo, SONO fotografo. E la fotografia da subito diventò parte di me, del mio modo di essere, di pensare, di comportarmi. Per me la fotografia era ed è ancora uno stile di vita con il quale pago le bollette, non è un lavoro. E tutto questo grazie a quella fascinazione subita da quel primo incontro con Salgado.

Ovviamente nella mia formazione successiva Salgado è sempre stato uno dei miei fari  illuminanti che hanno sempre segnato la rotta del mio cammino. Non l’ho mai perso di vista, ho poi studiato tutta la sua produzione successiva seguendolo passo per passo in tutti i suoi progetti che si sono susseguiti negli anni. L’ho seguito sul web, ho comprato i suoi libri, ho seguito le sue tracce e le sue mostre, le sue conferenze a Roma. Ecco cosa mi ha lasciato, come mi ha segnato…

Exodus il progetto di Sebastiao Salgado sui popoli in fuga
Foto: © Sebastiao Salgado

In cammino

Andai a vedere la mostra di Salgado In Cammino nel 2000 alle Scuderie Papali del Quirinale a Roma. Ero appena uscito dal matrimonio, era per me il momento di guardarmi intorno e di trovare di nuovo il faro di Salgado e della fsua fotografia da seguire. Partii da Latina per andare da solo a visitare quella mostra: certi momenti vanno vissuti da soli, servono, ne abbiamo bisogno.

Era il momento in cui mi ero rimesso di nuovo al timone della mia vita e mai come allora dovevo seguire un percorso sicuro per approdare in un porto sicuro come quello che Salgado poteva offrirmi con la sua visione del mondo, la sua sensibilità. Ritornai a casa in treno appesantito da un pesante catalogo della mostra in mano e un pesantissimo piede di marmo “fermaporta” che è ancora a casa mia a ricordo di quella giornata indimenticabile.

La guerra in Qwait e i pozzi di petrolio incendiati
La guerra in Qwait nel 1991 e i pozzi di petrolio incendiati. Foto: © Sebastiao Salgado

Genesis

Genesis fu esposta all’Ara Pacis di Roma, una mostra indimenticabile. Uno di quegli spartiacque che segnano il confine tra il PRIMA di quella mostra e il DOPO averla vista. Una di quelle mostre che non possono lasciarti indifferente, una di quelle mostre in cui ti accorgi che di quell’Autore del quale pensavi di sapere già tutto, in realtà non sapevi proprio nulla. Una mostra di una bellezza sconvolgente, dopo 12 anni ancora la ricordo foto per foto, la vidi 3 volte ricominciando il giro daccapo tanto che quelli della sorveglianza mi guardavano a distanza con un certo sospetto.

Gabbiano in volo in antartide con colonia di altri gabbiani a terra
Genesis – Foto: © Sebastiao Salgado

Amazzonia

Amazzonia è stata la mostra della luce. Chiunque l’abbia vista non può non ricordare il suo allestimento al MAXXI di Roma (il bellissimo museo progettato  da Zaha Hadid) in una serie sale buie in cui ci si muoveva in tagli di luce strettissima che arrivavano sulle foto grazie a proiettori sagomati che le facevano sembrare sospese nell’aria. Foto straordinarie, bellissime, con un bianco e nero profondo e contrastatissimo, con delle nuvole che sembravano tridimensionali. Due ore e 30 di visita questa volta mi sono bastate. Ne uscii con un senso di “ripetizione” le foto, ripeto meravigliose” erano per me un pò troppo simili tra loro: divise in sezioni, ciascuna di esse ripeteva il concetto.

Tornato a casa ci pensai per giorni… Perchè così tante foto? Perchè tanti begli  scatti ma ripetitivi tra loro? Non poteva essere che Salgado, il mio Maestro, avesse l’imbarazzo di scegliere tra i suoi capolavori e li avesse messi tutti… Ci pensai e alla fine, forse, un motivo me lo sono dato… L’Amazzonia è la più grande foresta del mondo, si estende da est a ovest a coprire 3 fusi orari, è enorme, e ha miliardi di alberi, non solo è sempre uguale a se stessa e ugualmente coperta di alberi, ma nello stesso tempo se in un’area c’è il sole magari 1000 Km più in là piove… Ecco… Salgado non mi aveva deluso: con quel suo allestimento voleva esprimere forse proprio quella vastità infinita, forse era il suo urlo i dolore a riconoscersi infinitamente piccolo e la sua impossibilità a raccontare tutta l’Amazzonia…

L'amazzonia in una foto aerea in bianco e nero di Sebastiao Salgado
Amazonas – Foto: © Sebastiao Salgado

Il Sale della Terra

E per finire il Sale della Terra che è stato un altro dei suoi capolavori. Raccontato con quel bianco e nero asciutto che portava l’osservatore ad avere la sensazione che le foto prendessero vita, si animassero con il susseguirsi dei fotogrammi. Il sale della terra, lo abbiamo visto tutti, è un’opera colossale che racconta Salgado non solo come fotografo ma come uomo, racconta il suo temporaneo distacco dalla fotografia di guerra quando ne fu nauseato e preferì ritirarsi in Brasile dove riuscì a ricreare a casa sua la foresta pluviale e attraverso questo progetto a riavvicinarsi alla fotografia.

Si tratta di un vero film biografico più che un docufilm, diretto magistralmente da Wim Wenders ha una trama che appassiona perchè riesce a tenere alta l’attenzione di chi guarda, a farlo entrare nella storia per scoprirne le trame, svelare il profilo psicologico di quelli che non sono attori, ma persone reali che vivono la loro vita vera, la quotidianità di successi e insuccessi, le speranze e le delusioni di ogni giorno e lo fanno davanti alla macchina da presa.

Roberto Gabriele

Una foca con lo sguardo all'indietro rivolto verso l'osservatore fotografata da Sebastiao Salgado
Genesis – Foto: © Sebastiao Salgado

Mato Grosso

XINGU
Immersione nelle terre indigene amazzoniche

XINGU

Il popolo XINGU è un gruppo di 16 tribù amerinde che parlano quattro diversi gruppi linguistici, che vivono nella parte superiore del Rio Xingu, un affluente del Rio delle Amazzoni, nello stato federale del Mato Grosso.

Tuttavia, la sopravvivenza degli Xingus è continuamente minacciata dalla deforestazione e dall’impatto sul fiume Xingu, considerato da diverse tribù indigene la loro casa e quella di specie uniche. Vivono in armonia con la terra lungo il fiume, facendo il bagno nelle lagune e guadagnandosi da vivere con la pesca.

XINGU

Gli Xingus che vivono in questa regione hanno costumi e sistemi sociali completamente simili, nonostante abbiano lingue diverse. Feste e cerimonie comuni li uniscono, come il Kuarup e il tradizionale evento di wrestling, huka-huka.

Usi e costumi tradizionali

Il Kuarup è la più grande cerimonia intercomunitaria degli Xinguaniani. Si tiene nell’arco di un giorno e mezzo, celebra i funerali secondari e riunisce i morti della regione e i vivi quando entrano nell’età adulta. Le ragazze pubescenti vengono presentate ai villaggi. Dopo la prima mestruazione, le ragazze trascorrono un anno confinate nella loro OKA, la casa della comunità, ricevendo lezioni sul comportamento e le azioni femminili.

XINGU

Dopo quest’anno, durante il Kuarup, accompagnati da suonatori di flauto e vestiti con collane di perle di roccia, una fascia di lana e altro ancora alle punte dei capelli, vengono presentati a tutto il villaggio.

Al termine della cerimonia, il rito finale di passaggio all’età adulta, la madre taglierà la frangia di capelli che è rimasta intatta per tutto questo tempo. Questa cerimonia non significa che queste giovani ragazze siano destinate a sposarsi immediatamente. Celebra la vita che queste giovani donne sono ora pronte a dare e celebra il cerchio della vita associato alla cerimonia funebre di Kuarup.

L’huka-huka è un’arte marziale tradizionale praticata dagli Xingus. Le piume, la carcassa del cassique dal culo giallo e la pelle di giaguaro sono segni di distinzione che i migliori lottatori possono indossare alla cintura.

Il wrestling richiede anni di preparazione fisica e meditazione per gli uomini a partire dai quattordici anni. I lottatori sono dipinti di rosso e nero in omaggio al giaguaro. Poco prima del combattimento, i protagonisti vengono ricoperti di olio di pequi.

XINGU

Reportage fotografico che racconta la storia della nostra immersione con una delle tribù, i Mehinako.

Questo racconto di Anne Francoise Tasnier ha partecipato al  Travel Tales Award 2024

Cobra Grande

Cobra Grande

Cobra Grande

Vi presentiamo Cobra Grande, il racconto di viaggio con il quale Pierluigi Ciambra è stato selezionato come Finalista a Travel Tales Award 2021, la storia di una grande avventura amazzonica con la fotocamera in mano per raccontare esperienze ed emozioni irripetibili.

Foto: © Pierluigi Ciambra

Manicoré, centro della foresta pluviale Amazzonica, agosto 2004.

Si arriva con il battello, lungo il Rio Madeira, in due giorni di navigazione da Manaus.

Foto: © Pierluigi Ciambra

Varie tonalità di verde intenso e miriadi di fiumi e fiumiciattoli creano un panorama mozzafiato, la natura detta le proprie regole e determina la vita della popolazione, un’esistenza simbiotica tra uomo e natura.

Foto: © Pierluigi Ciambra

Si vive per strada, le case sono troppo piccole e le famiglie troppo numerose, molti giovani migrano verso la città.

Il più delle volte è ancora più dura e allora si risale sul battello, a fendere le acque del fiume.

Foto: © Pierluigi Ciambra

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Ecco il link per scoprire tutto il lavoro di questo Autore sensibile e molto preparato: https://www.pierluigiciambra.com/ qui troverai tutti i suoi progetti, la bio, altre info e fotografie.

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