Quando nel 2019 ho intrapreso il viaggio in India per partecipare al Kumbh Mela, non sapevo neanche cosa volesse dire questa parola, sapevo che era un pellegrinaggio religioso molto sentito dal popolo indiano, invece adesso, a distanza di 4 anni, Kumbh Mela per me vuol dire: “avventura”.
Ero già stata in India, quindi ero preparata alla folla, alla devozione, ai suoni e agli odori di un campo indiano, ma non avevo idea di quello che sarebbe successo appena attraversato uno dei ponti di collegamento con il campo di Allahabad.
Una voce da un altoparlante annuncia pochi minuti dopo il nostro arrivo che a causa dell’imprevisto numero di persone, per motivi di sicurezza, i ponti sarebbero immediatamente stati chiusi sia in entrata che in uscita. In pochi istanti mi ritrovo prigioniera del Kumb!
L’euforia data dall’atmosfera, magica già ad una prima occhiata, supera il pensiero di qualsiasi problema pratico.
Gli Aghori:
L’esplorazione del luogo è l’assoluta priorità, con il passare delle ore però la nostra salvezza sarà l’incomparabile ospitalità indiana, troveremo asilo nel campo tendato dei Naga Aghori, una setta di asceti induisti che avrebbero sfilato durante la notte fino al fiume per immergersi nelle acque e trovare così la purificazione dai mali del mondo.
La prima sorpresa sarà che per poter essere ospitati nel loro campo dobbiamo diventare loro seguaci, ed è così che dal febbraio 2019 sono a tutti gli effetti una seguace dei Naga Aghori con tanto di tessera plastificata a testimoniarlo.
Scoprirò un’ospitalità incondizionata, ricorderò per sempre la sveglia per partecipare alla processione alle tre del mattino da parte di un Aghori completamente nudo e coperto di cenere con in mano un vassoio da tè. Non ho documenti fotografici di quel momento se non la mia memoria, quell’apparizione allo stesso tempo inquietante e tenera prima dell’alba è ancora oggi la sveglia più sorprendente della mia vita.
I bagni rituali:
Alle tre del mattino il campo già pullula di persone, il rumore è assordante, i tamburi scandiscono il tempo che ci separa dall’inizio della processione verso il fiume. Gli Aghori si stanno cospargendo il corpo di cenere come segno di devozione.
Quando un Sadhu a cavallo darà il via alla festa mi ritrovo stretta tra la folla che si muove verso il fiume. Sono in un vortice di pensieri, suoni, odori, persone, stringo la macchina fotografica più forte che posso e mi lascio trasportare, mi fermerò solo quando sarò arrivata in fondo.
L’arrivo al fiume è emozionante, l’alba si alza a poco poco, uomini donne e bambini si immergono semi vestiti nell’acqua ancora nera della notte e pregano. Intorno a me sento una grande energia spirituale, anche se non condivido con questa gente la stessa religione condivido uno stesso momento di intensa spiritualità.
Anche la strada del ritorno sarà un’avventura fatta di incontri di ogni tipo.
Sarò di nuovo al campo degli Aghori a giorno inoltrato e non so se sia stata la fame, ma il pranzo offertomi (completamente vegano) è ancora oggi il più buono mai mangiato in India.
La stanchezza a questo punto è tanta, ma mi sento parte integrante di un evento più grande di me, e attraversando il ponte che mi porterà definitivamente fuori dal campo e lontano dal Kumbh Mela, ho già in fondo al cuore un sentimento di nostalgia per un’esperienza che so già irripetibile.