Siamo felici di presentare il nuovo libro fotografico “Mauritanie. Le peuple du desert” i cui autori, oltre aSimona Ottolenghi e Roberto Gabriele, hanno partecipato al Viaggio Fotografico in Mauritania nel 2023 e 2024.
Questo bellissimo libro di oltre 200 pagine, con le immagini di 7 autori, segna una nuova iniziativa di collaborazione tra Viaggio Fotografico e la ONG Bambini nel Deserto ETS di cui Roberto e Simona sono soci attivi da circa un decennio.
Il libro:
Sfogliare il libro “Mauritanie. Le peuple du desert” è come ripercorrere assieme ai 7 autori le esperienze loro vissute in un percorso personale e intimo, che li portati a vivere la vastità ed eterogeneità di questo vastissimo territorio dominato da infinite distese di sabbia desertica.
E’ il deserto infatti il protagonista assoluto che ha plasmato la gente del posto, dalla vita quotidiana alle tradizioni vissute dagli autori attraverso la condivisione del tè nelle loro tende, o nella partecipazione al festival dei nomadi che si svolge nel mese di dicembre alle porte della città di Chinguetti custode di biblioteche con manoscritti antichissimi.
Gli autori:
I 7 autori dello splendido volume sono (in ordine alfabetico):
Andrea Del Genovese
Brunella Martucci
Elisabetta Tufarelli
Luca Maiorano
Roberto Gabriele
Silvana Di Segni
Simona Ottolenghi
QUANDO:
Vi aspettiamo mercoledì 16 Luglio 2025 dalle 18:45.
Saranno presenti alcuni degli autori, tra cui Luca Maiorano e Silvana Di Segni, Simona Ottolenghi e Roberto Gabriele di Viaggio Fotografico, Luca Iotti presidente di Bambini nel Deserto, Dahi Kourou nostro referente in Mauritania e Marco Borghesi del Tour Operator TibiWorld.
DOVE?
Studio Aedificante di Luca Fiorentino
Via Tripolitania 164
00199 Roma
Come arrivare:
Lo studio Aedificante,è collegato benissimo anche con i mezzi di trasporto, e si trova 6 minuti a piedi dalla stazione Metro Libia, sulla linea BLU:
IL LIBRO SARA’ IN VENDITA DURANTE LA SERATA
Intorno al treno – Mauritania
Era il 2023 quando con Simona Ottolenghi abbiamo scoperto la Mauritania, da quel giorno è stato il Viaggio dei Viaggi. Ci siamo tornati 3 volte in 2 anni per condividere con i nostri gruppi la bellezza di questo Paese.
INTORNO AL TRENO è il racconto della vita che si respira ai lati della ferrovia mineraria che taglia quel lungo tratto di deserto a nord di Choum, vicino al confine con il Sahara Occidentale (Western Sahara) e che si estende anche verso l’Adrar mauritano.
Io e Simona abbiamo percorso il deserto per documentare quella parte di mondo e soprattutto la gente che vive a contatto con un treno che passa spesso senza orario preciso e il cui avanzare dipende più dalla natura, dal vento, dalla sabbia sulla linea, o dalla quantità di ferro scavata quel giorno a Zouerat che non dalla volontà umana di rispettare la puntualità.
Il convoglio può arrivare a superare i 2,5 Km di lunghezza, le motrici possono essere 2, a volte anche 3, e sono necessarie per spostare l’enorme peso del carico di ferro estratto che viene portato al mare.
La gente, dicevamo… Di fatto NON usa il treno, non è un treno passeggeri, se non per alcune carrozze che non vengono attaccate alla motrice neanche tutti i giorni che interessano più ai pochi turisti che arrivano da queste parti che alla gente del posto. Chi vive lì praticamente non è influenzato né nel bene, né nel male dalla ferrovia. Sono mondi paralleli, sistemi indipendenti. Avere la ferrovia non serve a loro per essere più ricchi, né per essere più poveri. Non gli porta denaro né inquinamento né disagi di sorta.
Qui l’unico punto di scambio tra la gente e la ferrovia è il riutilizzo delle vecchie traversine ferroviarie di acciaio che una volta dismesse dalla linea ferrata vengono utilizzate in ogni modo possibile nel deserto per farne recinti, capanne, decorazioni…
Mentre fotografavamo tutto questo, concentrandoci un pò sulle persone, un pò su quel paesaggio antropizzato con i resti scheletrici di una ferrovia dismessa, siamo riusciti anche a salire su un convoglio ferroviario di quelli che fanno la manutenzione della linea: una motrice con un carrello che riportava gli operai a casa a fine turno. Siamo saliti con loro alla cieca, senza neanche sapere dove saremmo finiti esattamente. Sapevamo solo che alla fine saremmo arrivati in un centro abitato e questo ci bastava per conoscere la nostra sorte fino a quella sera.
L’eccitamento di essere cronisti e fotografi di un’esperienza così unica arrivava alle stelle. Una volta arrivati era il tramonto e noncuranti delle nostre sorti per la notte ci siamo messi a fotografare quella cittadina in mezzo al deserto: fotografavamo il rientro degli operai nelle loro case.
Quello è stato l’unico centro abitato che avesse una parvenza di illuminazione notturna. La Società Ferroviaria ha infatti elargito a tutta la cittadina elettricità gratuita nelle strade e nelle case che fornisce dalla piccola centrale elettrica che serve al cantiere ferroviario. In città si cammina tra i fili che portano la corrente nelle case che vengono accoppiati scoperti e lasciati nella sabbia. Se un filo si dovesse staccare sarebbe facilissimo trovare il guasto e ripararlo: la linea è di pochi volt in bassa tensione, tutto funziona con piccole lampade led che però fanno la differenza.
Choum come Lighreidat sono due cittadine nelle quali siamo stati che sono nate lungo la ferrovia come dormitori per gli operai che lavorano lungo la linea per la manutenzione. In mezzo c’è il deserto piatto e noioso, con poca sabbia che raramente forma dune: un infinito orizzonte di una pianura di sabbia grigia che si estende per centinaia di chilometri. Ci sono solo 2 elementi che in qualche modo differenziano quella enorme distesa di polvere.
Il vecchio tunnel francese, scavato proprio come diversivo per passare intorno a quell’angolo di Marocco che passa a pochi metri dalla ferrovia oltre confine. Oggi il treno ha un nuovo tracciato e quel tunnel è rimasto di fatto esattamente ciò che di fatto è: un buco in mezzo al deserto, senza alcuna funzione. Percorrerlo è un salto in una dimensione parallela in un mondo senza tempo. Non c’è più la ferrovia, né ci passa una strada né tantomeno una pista ciclabile. E’ un buco nel deserto.
E l’altro diversivo al deserto che sembra non avere confini è la roccia di Aicha che è una montagna che ha una fessura il cui nome ricorda molto da vicino un dettaglio del corpo femminile visto anche da una posizione molto esplicita… Quelle stranezze della natura che tanto piacciono ai travel blogger e poco ai fotografi: i primi infatti amano fotografare e fotografarsi vicino a cose che tutti capiscono e che sarebbero disposti a partire da casa per andare a fotografare, i secondi, noi fotografi, che quando ci troviamo di fronte a qualcosa che sappiamo essere stato già fotografato da qualcun altro, riponiamo la fotocamera e andiamo oltre.
I ricordi fanno rumore: le voci, suoni di passanti, risa dei bambini o del vento che insinua ovunque la sabbia divenuta respiro.
Un andare e venire nel mobile sguardo che tutto vuole accogliere e di cui non ha mai abbastanza: orizzonti leggermente frastagliati, cespugli di faticoso verde, vette miti accerchiate d’intenso arancio, morbide dune che dividono lo spazio con l’azzurro liquido, divorato dal verso dei gabbiani.
E il cielo, il grande cielo azzurro o disseminato di nastri di nuvole a raccogliere ombre.
La luce disegna e definisce luoghi, sguardi, intenzioni, pietre, mura policrome sbrecciate incomplete antiche e nuove, uomini e animali, donne e passi frettolosi, bambini e la curiosità del divenire, in un frammento costante pieno di vita.
Quando poi al buio, tutto diventa uno, custodito dal silenzio delle stelle.
Foto di Roberto Malagoli, parole di Lisanna Pina
“Mauritania” è il SECONDO CLASSIFICATO di Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.
Ogni giorno accade
Ogni giorno accade
Viaggiare. È uno stato dell’essere, oltre il movimento oggettivo del corpo.
Testimone, vestito d’invisibilità per non interferire, fotografo con l’intento di cogliere quel momento, movimento, ripetuto all’infinito eppure diverso ogni volta. La luce colpisce gli oggetti: contenuti e forme danno significato ai semplici e rituali gesti, definiti, irripetibili per senso e appartenenza: la foto insegue la trama e ne cerca la sintesi.
Alle prime luci dell’alba giovani Dei tritano ghiaccio freddo come polvere di stelle. L’eco lontano millenni che affiora continuo alle labbra: tu conosci la mia pena, aiutami, tu che puoi tutto. Un’ombra su un muro ocra o turchese: di chi sei?
Un sorriso fugge inconsapevole sotto il peso (della vita), e dei mattoni. Il vento che muove lievi teli, ordinando il colore di pieno e vuoto: dov’è il colore del cielo, dove il tessuto?
O lo scambio di parole fuori un bar, uguali, negli innumerevoli idiomi dei diversi confini. Ogni giorno sulla Terra accade: la magia dell’essere qui. Guardarsi intorno, simili ed estranei: scegliere cosa prendere, cosa portare con sé, perché da quello verremo cambiati. Le immagini precipitano nell’anima e muteranno il modo di percepire, d’intendere, la relazione con l’altro. Uno specchio dell’esistenza: potresti essere tu, potrei essere io..
Foto di Roberto Malagoli e parole di Lisanna Pinna
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