La decisione del Viaggio Fotografico a Tokyo l’ho presa in cinque minuti circa, sposava perfettamente le mie richieste di andare dalla parte opposta del pianeta e immergermi in una cultura lontana. Il programma di viaggio fotografico mi soddisfaceva in pieno , una settimana intera per cercare di raccontare quello che avrei visto per le strade della capitale nipponica.
I due mesi precedenti la partenza li ho passati vedendo qualche foto di qualche streeter giapponese, qualche film e leggendo qualcosa sui vari forum fotografici. La distanza che separa Roma da Tokyo corrisponde a circa 13 ore di volo, ma una volta che ti immergi nella capitale ti accorgi che questa distanza è molto più ampia.
Appena entri a Tokyo ti sorprendono due cose, una è il silenzio nonostante il traffico infernale, la seconda è la mancanza di indicazioni in inglese. Ti senti subito perso, fai fatica a chiedere informazioni perchè pochissime persone comunicano con la lingua più parlata nel mondo, sembri proiettato in un’altra dimensione.
In ogni luogo si respira una ricerca incessante della perfezione e dell’ordine e il collettivo sembra sovrastare il singolo che lentamente sparisce. Prendendo spunto da tutti questi contrasti si è materializzato il mio progetto fotografico.
Con il passare dei giorni vedevo che le persone erano sempre più distanti, c’era una sorta di barriera, ognuno andava per la propria strada e anche quando venivano fermate per la richiesta di informazioni sembrava recitassero un copione già scritto, senza andare mai oltre il dovuto.
Il mio portfolio si è sviluppato inizialmente con l’utilizzo di ombre e neri fortemente contrastati per poi passare alle silhouette, perchè la silhouette è l’estremizzazione delle ombre in quanto ne cancella tutti i dettagli e la riduce ad una semplice sagoma. Quest’ultima non svela il contenuto, permette di spaziare con la mente e la fantasia nel tentativo di immaginare chi, in realtà, dietro quella sagoma si nasconda. Il giapponese ai miei occhi è apparso così, una persona che lentamente spariva dal mio campo visivo e riuscivo a intravederne solo il profilo.
Non è stato facile sviluppare questo progetto perchè dovevo sfruttare al massimo i tagli di luce del mattino o il tardo pomeriggio. A mio parere questa tecnica è il miglior modo di rappresentare un Paese che non sembra ancora pronto a far convivere una mentalità legatissima alle tradizioni del passato con le moderne tecnologie.
Foto e parole di Luigi Chighine