Travel Diaries – Roma

La collana Travel Diaries a Roma da Officine Fotografiche!

La collana Travel Diaries curata da Simona Ottolenghi e Sonia Pampuri cresce!

Dopo i primi 3 titoli (la Mauritania di Roberto Malagoli, la Namibia di Claudio Varaldi e il Marocco di Luigi Rota) sono ora arrivati altri due titoli, i CARAIBI di Francesca Gherro e il MYANMAR di Claudio Varaldi.

Il prossimo appuntamenti di presenza della collana è da Officine Fotografiche a Roma, venerdi 16 maggio alle ore 18,30, con la curatrice Simona Ottolenghi affiancata da Roberto Gabriele.

Simona mostrerà i volumi finora realizzati, dialogando con Roberto di fotografia di viaggio autoriale, ricordando che è attiva fino a fine giugno la call per partecipare al premio Travel Tales Award.

5 copertine di Travel Diaries

Inoltre in ANTEPRIMA ESCLUSIVA verrà proiettato lo speciale Cities Kumbh Mela, uno speciale della collana Cities dedicato al più grande evento mondiale, con 13 serie di Fabio Bellavia, Andrea Bettancini, Stefano Caffo, Rosario Lo Presti, Roberto Manfredi, David Marciano, Marcello Mariella, Francesco Merella, Simona Ottolenghi, Laura Pierangeli, Roberto Polillo, Luigi Rota, Ignazio Sfragara.

Lo speciale verrà presentato in edizione cartacea insieme con Cities 15, ma per l’occasione i presenti alla serata potranno visionarlo in anteprima e dialogare con Simona e con gli autori dello speciale presenti.

Link Utili:

Scopri la collana TRAVEL DIARIES a https://traveltalesaward.com/travel-diaries/

Scopri di più sullo speciale Cities Kumbh Mela a https://www.italianstreetphotography.com/news/cities-kumbh-mela-special-edition

Scarica il pdf dello speciale Kumbh Mela su:  https://www.swisstransfer.com/d/693b2b43-6b04-4660-9158-54e77d9430d9

Sfoglia online lo speciale Kumbh Mela https://www.sfogliami.it/fl/313372/qhz1rpyk2895e88rr7qsq2gdms6s856

DOVE?

Officine Fotografiche
Via Libetta 1.
00198 Roma
Ecco il link: https://maps.app.goo.gl/1vtCf3Xzqcj6unyq7

 

Come arrivare:

Officine Fotografiche si trova nel Quartiere Ostiense a 2 passi dalla metropolitana GARBATELLA ed è collegata benissimo anche con i mezzi di trasporto:

  • Metro Blu LINEA B stazione Garbatella
  • Oppure in bus che arrivano fino qui da tutta Roma: 123-670-715-716-769-792


Kolmanskop di Roberto Manfredi

Kolmanskop (o, in tedesco,  Kolmannskuppe) è una cittadina costruita, nei primi anni del ‘900, attorno a una miniera di diamanti nel deserto del Namib.

Nel 1908, l’operaio Zacharias Lewala trovò un diamante mentre lavorava alla costruzione di una ferrovia in quest’area, allora appartenente alla colonia tedesca dell’Africa del Sud Ovest, dando il via allo sfruttamento minerario della zona.

Kolmanskop
Kolmanskop – Foto: © Roberto Manfredi

Attorno alla miniera sorse rapidamente una cittadina, costruita nello stile architettonico delle città tedesche, fornita di tutti i servizi, compresi un ospedale, una sala da ballo, una scuola, un teatro.

Kolmanskop – Foto: © Roberto Manfredi

Ma quando la miniera comincio ad esaurirsi e vennero scoperti, vicino al fiume Orange, depositi di diamanti ancora più ricchi, la città cominciò a declinare, fino ad essere del tutto abbandonata nel 1956.
Da allora il deserto ha cominciato a entrare in città e la sabbia se ne è impadronita.

Kolmanskop
Kolmanskop – Foto: © Roberto Manfredi

La città oggi

Oggi Kolmanskop è una suggestiva città fantasma, spesso usata come location di film e serie televisive, che offre agli appassionati di fotografia l’occasione di scatti unici.

Kolmanskop
Kolmanskop – Foto: © Roberto Manfredi

Abbiamo avuto la fortuna di esplorare questo luogo nel tardo pomeriggio, godendo così di una luce particolarmente favorevole. I raggi del sole che spesso entravano negli ambienti ad illuminare la sabbia che li riempiva, creando così, insieme agli scorci del mondo esterno con piante e fiori che sembravano voler entrare anch’essi , nsieme alla sabbia, un’atmosfera magica, di sospensione del tempo.

Certo il contrasto di luminosità era spesso molto forte, rendendo problematici molti scatti, resi possibili solo dalla tecnica dell’HDR.

Altre info:

Per saperne di più sul nostro Viaggio Fotografico in Namibia fatto ad agosto 2024, clicca su questo link e mettiti in lista di attesa per la prossima partenza prevista per agosto 2026.

Kolmanskop – Foto: © Roberto Manfredi

C’era una volta il mare

C’ERA UNA VOLTA IL MARE
Il lago di Aral

Negli ultimi decenni si è consumato un enorme disastro ambientale, quasi sconosciuto, ma forse il più grave; grave perché ampiamente previsto fin dal 1964 da studi appositamente commissionati e ciò nonostante scientemente perseguito.

aral

L’Aral era un grande lago salato, quasi tre volte la Sicilia. Tanto grande da essere chiamato “mare”, il Mar d’atal. Ed era molto pescoso.

Moynak, in Uzbekistan,  era un tempo una ridente cittadina sulle rive del Mar d’Aral. Oggi non ride più, perché l’Aral non c’è più. Viveva grazie alla pesca e alla lavorazione del pescato, inscatolato sul posto in una fabbrica i cui prodotti rifornivano tutta l’URSS, di cui faceva parte l’Uzbekistan.

Aral

Ma nel secolo scorso l’URSS volle sviluppare l’agricoltura in zone semidesertiche, attingendo le acque d’irrigazione dagli immissari dell’Aral. Si sapeva che l’Aral sarebbe morto, ma si pensava di sfruttare anche le nuove terre emerse per questa coltivazione.

Aral

Le acque cominciarono a ritrarsi dal 1960. Nel 2007 il 90% dell’Aral era sparito; la salinità dell’acqua rimasta era decuplicata, rendendo impossibile la vita. La flotta di pescherecci fu abbandonata ad arrugginire sul fondo prosciugato del lago.

La lavorazione del pesce però continuò inscatolando il pescato del Mar Baltico, trasportato in Uzbekistan da migliaia di chilometri, e poi ridistribuito a migliaia di chilometri di distanza. Ma la dissoluzione dell’URSS rese insostenibile questo sistema e la fabbrica fu abbandonata. Lasciando gli abitanti senza risorse: anche l’agricoltura è impossibile, perché le acque dell’Aral, ritirandosi hanno lasciato sul terreno un concentrato di sale, fertilizzanti e pesticidi, con l’aggiunta delle scorie tossiche gettate in acqua da una base militare sovietica, situata in un isola in mezzo all’Aral.

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Quando il clima diventa caldo e secco, il che accade molto spesso, il terreno diviene polveroso; il vento porta questa polvere tossica sulla città e i suoi abitanti, ma arriva anche a centinaia di chilometri.

aral

L’unica cosa che cresce sono dei miseri sterpi, buoni solo per le capre e le pecore. Per il resto si vedono uomini e bambini tra le macerie di quella che era la fabbrica del pesce, alla ricerca di rottami ferrosi da vendere per pochi spicci. Non c’è acqua corrente, non ci sono fognature. I bambini che giocano per le strade polverose, sorridendo felici come tutti i bambini, sono l’unica nota di speranza.

lago aral

Si va in Uzbekistan per vedere la favolosa Samarcanda e le antiche città che costellavano la via della seta. Ma visitare l’Aral, significa visitare qualcosa che non c’è, un non-luogo, un non-mare, pieno di non-acqua e di non-vita. Una distesa di chilometri di conchiglie bianche nel deserto. Non sono le conchiglie fossili che si trovano anche in montagna: sono conchiglie che solo pochi anni fa ospitavano un essere vivente e ora sono li a tappezzare quello che era un fondale.

desertoIntanto le navi fantasma solcano il deserto, guidate da un faro spento che sorge dove non c’è più la costa.

Foto e parole di Roberto Manfredi

Questo racconto ha partecipato al  Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

La mostra presso OTTO Gallery, Roma

La storia di Roberto Manfredi qui pubblicata è esposta a Roma fino al 21 febbraio 2024 presso la OTTO Gallery in Piazza Mazzini 27, scala A piano 4.

Quelle che seguono qui sono le foto dell’allestimento:

Aral

Aral

Street Photography in New York

Avevo sempre snobbato New York. Mi domandavo: ma perché tanta gente ci va? Cosa ci trovano di interessante in una megalopoli caotica? Ma, se piace a tanti, una ragione ci deve pur essere.

Così ho deciso: proviamo. Fu una delle decisioni più azzeccate che abbia mai preso, ne sono rimasto letteralmente entusiasta.

Perché New York è davvero la capitale del mondo. Girando con l’underground in poche ore potete passare dal Brasile alla Russia, dal Sudamerica all’Africa. Ed è straordinaria la gente che popola questa città, a cui ho voluto dedicare questo portfolio.

Perché anche dal punto di vista umano a New York si trova davvero di tutto: dogsitter professionali, anziani pattinatori, runner obesi, amanti dei piccioni, calciatori di fiume…
E non ultimo New York è il paradiso della street photography: si può fotografare liberamente quasi in ogni luogo e le persone fotografate, nella maggior parte dei casi, sembrano considerarla una cosa normalissima.

E poi a NY si trova un’incredibile varietà di soggetti e di ambienti: si può fare il giro del mondo in pochi giorni prendendo solo l’underground, senza uscire dalla città.

E dunque come non approfittarne? Io ne ho approfittato!
Eccovi il risultato

Testi e foto di: Roberto Manfredi

 

 

 

 




 

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