Eagle’s Festival
Festival delle Aquile: due giorni ad alta intensità emotiva
Testo e foto di Maurizio Trifilidis
Sui Monti dell’Altaj della Mongolia vivono i pastori dell’etnia kazaca; per motivi tradizionali e culturali profondamente radicati, praticano la caccia con l’aquila, le cui tecniche e conoscenze vengono tramandate con orgoglio tra le diverse generazioni.
La caccia si svolge principalmente nel periodo più freddo, quando la terra è coperta di neve e le greggi richiedono meno attenzione. Un periodo in cui la rigidità del clima impedisce la mobilità dei pastori e le poche occasioni di incontro con altre famiglie possono anche essere a ore di viaggio. Le volpi sono la principale preda dei rapaci; il cacciatore trattiene la pelliccia della preda, che usa per il suo vestiario, e ne lascia la carne al rapace.
Alla fine di settembre i pastori si radunano per sfidarsi in una serie di gare di abilità e destrezza in un evento per tutti noto con il Festival delle Aquile.
Il campo di gara si trova in un altopiano a 2.000 metri, in una area priva di qualsivoglia abitazione, lontana dal più vicino centro abitato. I cacciatori arrivano a cavallo anche da zone molto distanti, sfoggiando abbigliamento e accessori tradizionali.
L’aquila, con la testa protetta da un cappuccio di cuoio, è posata sul braccio o su un bastone legato alla sella. Il rapporto tra il cacciatore e il suo rapace è esclusivo e dura molti anni.
Il Festival è una importante, e quasi unica, occasione d’incontro collettivo, l’ultima prima dell’inverno. Alle gare partecipano cacciatori di diverse età. Parenti e amici assistono con passione e forte coinvolgimento. Tra i spettatori, gli stranieri sono ben accetti. Vicino al campo di gara, si montano le tende pronte a fornire cibo e ospitalità, facilitando la socializzazione tra i presenti.
Le gare principali consistono proprio in una simulazione dell’azione di caccia: in una il cacciatore lascia la sua aquila su una collina, le toglie il cappuccio e poi, raggiunto un punto distante un centinaio o più di metri, la richiama, la invita a raggiungerlo e a posarsi sul suo braccio.
In una altra l’aquila deve catturare una preda, generalmente un pellicciotto di volpe trascinato dal cavallo del suo cacciatore, e posarsi su di essa.
Il cacciatore richiama l’aquila lanciandole una preda e urlando l’ordine con suoni gutturali. Velocità, obbedienza e precisione dell’aquila sono gli elementi di giudizio per vincere.
I pastori mongoli sono tutti eccellenti cavallerizzi e tra le gare più spettacolari, vi è quella della raccolta da terra di piccoli oggetti da parte di cavalieri lanciati al galoppo: velocità e numero degli oggetti raccolti sono gli elementi di vittoria.
Alla fine della seconda giornata, i cacciatori, sempre a cavallo, tornano a casa; per loro inizia un lungo periodo di solitudine. Anche io devo tornare: ho l’impressione di esser entrato in un altro secolo, per poi uscirne malvolentieri ma certo più ricco di emozioni e suggestioni.
Lascia un commento