Racconti dal Mondo

Sulle orme di Emmett Till

Autore Simona Ottolenghi

Simbolo della lotta ai diritti civili nel Sud USA

Dopo aver vissuto il 60° anniversario della marcia da Selma a Montgomery, momento chiave per il movimento dei diritti civili in America, sono rientrata nel Mississippi. Qui ho seguito le orme di un’altra storia cruciale, profondamente radicata in quella stessa lotta: la vicenda di Emmett Till. Una storia per lo più sconosciuta qui in Italia, ma che negli Stati Uniti ha rappresentato un punto di svolta per l’inizio del lento cambiamento.
In un clima di razzismo e intolleranza si inserisce la vicenda di Emmett Till, un quattordicenne afroamericano di Chicago che, nell’estate del 1955, si recò in vacanza dai parenti a Money, un piccolo paese rurale del poverissimo Delta del Mississippi.
La sua storia avrebbe cambiato per sempre la coscienza del Paese.

©Simona Ottolenghi

La segregazione razziale nel Delta del Mississippi

La situazione per gli afroamericani nel Delta era radicalmente diversa da quella di Chicago. Qui la segregazione razziale era parte integrante della vita quotidiana. Le leggi e le consuetudini dividevano nettamente bianchi e neri in ogni ambito sociale, giustificando profonde disuguaglianze e una cultura diffusa di violenza e intimidazione verso la popolazione afroamericana.
Le leggi Jim Crow, emanate a partire dalla fine del XIX secolo, separavano i bianchi e i neri in ogni ambito della società: dall’istruzione ai trasporti, dai ristoranti alle scuole. Nonostante l’abolizione della schiavitù nel 1865 e i successivi emendamenti costituzionali, la supremazia bianca era ancora radicata, e la violenza contro gli afroamericani era considerata giustificata in molti casi.
Il soggiorno di Emmett Till si trasformò in tragedia quando, il 24 agosto, un presunto e innocuo complimento rivolto a Carolyn Bryant, la proprietaria bianca dell’omonimo negozio di alimentari, scatenò una reazione brutale e inimmaginabile.

Nel mio viaggio in solitaria ho cercato di seguire il percorso della sua storia.
A Money la Bryant Grocery oggi non esiste più, ma è ben segnalata da un cartello che ne ricorda la storia. Una fitta siepe nasconde quasi completamente ciò che resta di quel negozietto diventato tristemente famoso. Intorno il tipico paesaggio del Delta: distese pianeggianti e strade polverose con vaste piantagioni di cotone, dove per generazioni gli afroamericani avevano lavorato come schiavi e mezzadri.
Nonostante la sua apparente tranquillità, sono ancora vivi i segni del suo passato di sfruttamento e ingiustizia razziale.
Una curiosità: Non lontano da qui si trovano anche la tomba e i luoghi legati alla memoria del leggendario bluesman Robert Johnson, a testimonianza della ricca e complessa storia culturale e sociale di questa regione.

Il rapimento e il viaggio verso l’orrore

©Simona Ottolenghi

Pochi giorni dopo quel presunto episodio, nella notte del 28 agosto, Emmett fu rapito nella casa dello zio da Roy Bryant e J.W. Milam. Le testimonianze dell’epoca riportano la straziante scena del ragazzo, prelevato con la forza dalla casa di suo zio e condotto verso un pick-up Ford blu nel pieno della notte. Questo dettaglio del veicolo è rimasto impresso nella memoria collettiva come un elemento cruciale di quei momenti finali.

©Simona Ottolenghi

La ricerca del ponte

Fu brutalmente picchiato, torturato e infine ucciso. Il suo corpo gettato nel fiume Tallahatchie dal Bayou Bridge.
Trovare quel ponte non è stato facile, ma alla fine ce l’ho fatta. Avevo anche chiesto informazioni sul dove si trovasse agli addetti del Museo dedicato alla storia Emmett Till a Glendora, ma non lo sapevano con certezza nemmeno loro… “Dovrebbe essere da quella parte… ma è chiuso da allora!”.
Oggi, ciò che rimane è una struttura abbandonata, arrugginita e inagibile, in gran parte sommersa dalla vegetazione e riassorbita dalla natura circostante. Con spirito di avventura e un pò di coraggio mi sono addentrata fino alla base del ponte tra tanto fango misto a rami secchi, una selva di cipressi spogli e piante selvagge.

Bayou Bridge. ©Simona Ottolenghi

Il paesaggio sul lento e fangoso fiume sottostante toglie il fiato per la sua bellezza. Le ombre quasi spettrali dei cipressi creano una texture che sembra essere disegnata o proiettata direttamente sull’acqua.

Il Tallahatchie River visto dal ponte. ©Simona Ottolenghi

Graball Landing: il ritrovamento

Continuo la mia ricerca in macchina, tra una mappa e un cartello che segnala qualcosa di poco comprensibile con una freccia. Seguo la freccia e la strada sterrata e arrivo al Graball Landing, il punto sulla riva del fiume dove  un pescatore ritrovò il suo corpo, sfregiato ed irriconoscibile. Aveva al dito un anello che è stato fondamentale per il riconoscimento altrimenti quasi impossibile con i mezzi di allora.
La targa commemorativa indica che, sebbene la posizione esatta del ritrovamento non sia certa, diverse testimonianze lo collocano in quest’area, nel bel mezzo della vegetazione palustre.

Il luogo del ritrovamento del corpo. ©Simona Ottolenghi

Il forza della madre

La straordinaria forza, il coraggio e la dignità di sua madre, Mamie Till-Mobley furono fondamentali per portare questa storia all’attenzione dell’intera Nazione Americana. Prese con fermezza la decisione di tenere un funerale a bara aperta, mostrando al mondo le orribili mutilazioni subite dal figlio. Questa scelta che generò un’ondata di indignazione e sdegno, e così doveva essere. Le immagini pubblicate su riviste come Jet Magazine ebbero un impatto profondo, e contribuirono a sensibilizzare l’opinione pubblica e a mobilitare il movimento per i diritti civili.
Nel 2022 è uscito il film diretto da Chinonye Chukwu Till – Il Coraggio Di Una Madre che descrive tutta la sua storia dal punto di vista di mamma forte, e decisa a far uscire la verità sul figlio.

Emmett Till e la madre. ©Simona Ottolenghi

Sumner e la memoria di una svolta

Per caso sulla strada vedo un altro cartello che segnala qualcosa legato alla vicenda di Till. Lo seguo fino alla piccola cittadina di Sumner, dove, con mia grande sorpresa, si trova la Court Room, l’aula di tribunale in cui si svolse il processo.
In quella sala, nel settembre del 1955, si tenne il processo contro Roy Bryant e J.W. Milam, i due uomini bianchi accusati dell’omicidio. Nonostante le prove presentate, inclusa l’identificazione del corpo da parte dello zio di Emmett, e le testimonianze, una giuria composta interamente da uomini bianchi deliberò per poco più di un’ora, prima di emettere un verdetto di non colpevolezza. L’assoluzione, anche se prevedibile considerato il contesto, sconvolse profondamente la comunità afroamericana e scosse tutto il paese. Era chiara l’ingiustizia di un sistema legale che non considerava la vita di un ragazzo nero alla pari di quella di un bianco.

L’aula dove avvenne il processo. ©Simona Ottolenghi

Negli anni successivi, protetti dalla legge sul doppio rischio, Bryant e Milam ammisero pubblicamente in un’intervista del 1956 alla rivista Look di aver rapito e ucciso Emmett, descrivendo nei dettagli il loro brutale crimine. Questa confessione, avvenuta l’assoluzione, non portò a un nuovo processo penale ma servì a rafforzare nella coscienza collettiva l’orrore di quanto accaduto e l’impunità di cui godevano i bianchi nel Sud segregazionista. Il caso di Emmett Till divenne un potente catalizzatore per il movimento per i diritti civili, ispirando nuove generazioni di attivisti a lottare per l’uguaglianza e la giustizia.”

©Simona Ottolenghi

Questo viaggio mi ha segnata molto. In questo periodo storico così difficile in cui sembra che ci si sia dimenticati della Storia, anche recente, credo sia davvero molto importante informarsi, andare oltre, conoscere fatti come questo che risalgono pochi decenni fa ma che in fondo riguardano tutti noi. L’attualità purtroppo ce lo conferma.

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