Racconti dal Mondo

Il Texas tra missili e rodei

Autore Roberto Gabriele

Il mio Texas

Stavo pensando al Texas. Non volevo che fosse il solito viaggio negli USA alla scoperta dei pur meravigliosi Parchi americani, li avevo già visti due volte facendo due Coast to Coast.

Quello che avevo capito nei viaggi precedenti è il fatto che ciò che mi piaceva degli Stati Uniti non sono tanto le grandi città o le bellezze incontaminate dei monumenti naturali.

No, avevo capito che l’aspetto che preferivo del viaggio è la scoperta della Provincia americana, quel Deep South sperduto e dimenticato da dio e dagli uomini.

Mi affascinava il nowhere di quelle cittadine che sorgono in mezzo al nulla e che hanno ragione di esistere solo perchè lì qualcuno ci ha messo un distributore di benzina, un fast food e un supermercato nel quale comprare di tutto, dalla falciaerba ai fiocchi d’avena.

Texas
Cittadina americana, la Provincia impersonale e desolata del deep south. Foto: © Roberto Gabriele

Quelle cittadine disabitate nelle quali non ci sono case, dove la gente vive nei ranch distanti anche 70 miglia dal centro e dove si va in paese una volta alla settimana per fare la spesa o il pieno di benzina, dove a causa delle distanze i bambini vanno a scuola con lo scuolabus…

Ecco… Quelli erano i posti che volevo imprimere per sempre nella mia memoria emozionale e fotografica, quelli sarebbero stati la meta del mio viaggio in Texas, un viaggio che non volevo perdermi, pieno di fascino e di aspettative.

Luoghi abbandonati in pieno centro, nessuno cammina a piedi, non si sa dove viva la gente. Foto © Roberto Gabriele

Intendiamoci: sapevo di non potermi aspettare grandi cose, nè paesaggi mozzafiato, nè monumenti storici o scavi archeologici. Sapevo che sarebbe stato un viaggio piuttosto intimo più alla ricerca di me stesso che non alla scoperta di luoghi da cartolina, per andare a trovare tutto questo mi documentai a lungo e scelsi il Texas, dove ho trovato tutto quello che mi aspettavo…

Partimmo in agosto, volevo il periodo più caldo e soleggiato per andare a scoprire il Texas e le sue sconfinate praterie, per percepire sulla mia pelle il rapporto tra uomini e bovini che mi avrebbe riportato ai vecchi film western di John Wayne visti nelle lunghe afose domeniche estive o in terza serata in compagnia di mio padre: lui vedeva quelle pellicole per rivivere la sua gioventù mentre io le vedevo per sognare qualcosa che finalmente mi apprestavo a realizzare.

“Houston, abbiamo un problema…”

Houston Space Center. Foto: © Roberto Gabriele
Vecchi missili “parcheggiati” nello Houston Space Center. Foto: © Roberto Gabriele

Il nostro viaggio è iniziato da Houston, la città più importante del Texas, uno degli Stati più estesi degli USA, mezzo deserto, mezzo al pascolo, tagliato a nord dalla mitica Route 66 nelle città di Amarillo e Flagstaff.

Houston è famosa in tutto il mondo per la famosa base di lancio missilistica, quella del film Apollo 13: “Houston, abbiamo un problema”, la base è tutt’oggi visitabile, si può ancora vedere la famosa sala di controllo dalla quale venivano lanciati i missili diretti verso la luna e un missile intero all’interno di un hangar, è annesso un museo dell’esplorazione spaziale che piace molto ai “bambini” da 5 a 70 anni!

Altri… “missili” alla Gruene Hall… Foto: © Roberto Gabriele

Il Deep South

C’è poi un posto che si chiama Marfa, è un piccolo villaggio, la cittadina ospita un piccolissimo ma interessante museo di arte moderna e contemporanea che ha una sua installazione proprio in mezzo al deserto a poca distanza dal centro: si tratta di una (falsa) vetrina di Prada con tanto di insegna e logo originale che secondo l’idea dell’artista sarebbe lì per esporre le creazioni del famoso stilista ai pochi viaggiatori di passaggio.

La (falsa) boutique di Prada a Marfa. Foto: © Simona Ottolenghi

Viaggiare nel Deep South americano non è facile ma è bellissimo: il Texas è un luogo vuoto con enormi praterie, orizzonti infiniti, niente montagne e niente persone, poche auto… Il caldo si fa sentire tutto il giorno e mi è capitato di viaggiare per due giorni senza vedere assolutamente nulla, in una strada che divide in due uno spazio abitato solo da vacche e cavalli.

Un viaggio on the road, quindi, da godersi al volante andando a cercare le piccole cose che a sorpresa si susseguono chilometro dopo chilometro, andando a provare la cucina messicana che ha sconfinato anche qui sui tavolacci di legno grezzo che sono nei pub, andando a ballare il country in un locale con musica dal vivo di fronte alla ferrovia…

Un locale tipico a Gruene Hall. Foto: © Roberto Gabriele

Uomini e bovini

I texani si sentono vaccari, in effetti sono i pronipoti dei cow boys che vedevo in quei film che hanno riempito la mia infanzia: il loro look è rimasto oggi come allora.

Mi ha colpito il fatto che un viaggio in Texas è molto più etnico di quello che si possa pensare: la gente veste ancora con il classico cappellone a falda larga, la camicia a quadroni, i jeans e gli immancabili boots, gli stivaloni di cuoio impunturati con disegni fiorati.

E anche il loro stile di vita non è granchè cambiato da allora: amano muoversi a cavallo e radunare le mandrie al pascolo galoppando tra centinaia di capi della specie texana che si chiama long horn, ossia lungo corno. Posso garantire che le dimensioni del copricapo sono veramente esagerate arrivando a sfiorare i due metri di apertura totale!

Un bovino “long horn” le sue corna in effetti sono gigantesche. Foto: © Roberto Gabriele

In America tutto è grande: dai pascoli alle dimensioni delle mandrie, un bovino ha bisogno di 70 ettari di pascolo per anno, una mandria di piccole dimensioni con 400-500 capi (a conduzione familiare) ha bisogno di uno spazio grande come mezza Provincia delle nostre…

In Texas sono rimasto letteralmente estasiato a rimirare per ore i giganteschi silos in acciaio specchiato di immagazzinamento di granaglie, ho passato ore a fotografare un ufficio postale abbandonato in un incrocio nel bel mezzo del nulla, mi sono fermato per mezz’ora a guardare un pozzo di petrolio che pompava il prezioso oro nero…

Il mercatino Texano

Le cose che mi piacciono di più quando viaggio sono i mercati popolari, ma non credevo che ce ne fossero negli USA, nella grande civiltà modernizzata americana. E invece ne ho trovato uno straordinario. E’ un mercato settimanale, lo fanno dal venerdì pomeriggio alla domenica dalle parti di Fredericksburgh ed è un vero mercatino dell’usato in stile texano.

La cosa fantastica è la gente che va a vendere pezzi di casa e vecchi memorabilia originali di antichi ranch. Ti capiterà di trovare in vendita dalla classica cassetta per le lettere sagomata a forma di bufalo fino all’insegna del benzinaio della Texaco o al martello da maniscalco per ferrare i cavalli…

E poi migliaia di targhe automobilistiche arrugginite, vecchi giocattoli di legno, juke box degli anni ‘50 e ‘60, pannelli della Coca Cola, teste di alce imbalsamate…

E’ un posto incredibile: spesso i venditori sono coppie di pensionati (anche loro ovviamente in perfetto look da bovari) che hanno cambiato casa e invece di gettare pezzi della loro storia li vendono al mercatino.

Restano lì sulle loro poltroncine con la lattina di birra in mano e visto che da quelle parti sono completamente fuori da ogni itinerario turistico. Eravamo gli unici forestieri ed eravamo noi a stimolare la loro curiosità a tal punto che la gente ci fermava per chiederci se ci fossimo persi. Alla nostra negazione rispondevano: «ma allora perchè siete venuti? Qui non c’è nulla da fare nè da vedere, ci sono solo vacche e cavalli…»

Mercatino texano di cianfrusaglie usate. Foto: © Roberto Gabriele

On the Road

Invece per un viaggiatore in un posto del genere di cose da fare e da vedere ce ne sono davvero tante: dal cimitero delle Cadillac ad Amarillo, un posto dove sono state conficcate 12 automobili vere nel terreno e ora sono diventate un monumento del famoso brand americano alla portata di tutti che sono liberi di decorarle con vernici e ogni altro tipo di arte.

Cimitero delle Cadillac ad Amarillo. Foto: © Roberto Gabriele

Un viaggiatore apprezzerà bar e motel in stile anni ‘50 e ‘60 lungo la Route 66 nei quali il tempo sembra che si sia fermato all’epoca nella quale sono stati costruiti.

Un viaggiatore non potrà che notare le enormi strade deserte e assolate tipo “Mezzogiorno di fuoco” in pieno centro abitato.

Strade enormi e desolate in cittadine abitate ma prive di vita. Questo è il deeep south americano. Benvenuti in Texas. Foto: © Roberto Gabriele

Ma se c’è una cosa per la quale il viaggio merita di essere fatto è il Rodeo che abbiamo visto a Johnson City, ce ne sono tanti in giro: anche ad Austin, o a Vega… E’ una delle cose più belle di tutto il viaggio.

Gesti che si ripetono. Questa è la tipica posizione da Cow Boy al Rodeo. Non è certo una regola scritta, ma è quella che con naturalezza estrema assumono tutti. Foto: © Roberto Gabriele

Il Rodeo

Sin da piccoli si imparano i gesti che si faranno da grandi. Il look di questo bambino è già perfetto. Foto: © Roberto Gabriele

Il Rodeo è una festa che dura per tutto il week end. Si arriva il venerdì pomeriggio per iniziare a sistemarsi con i camper e le stalle a ruote in tempo per gli allenamenti pre-gara.

Il terreno di gara è il classico recinto fatto con pesantissimi tubi di ferro a prova di toro, sono più alti di una persona e proteggono gli spettatori da ogni incidente.

La sera al tramonto si iniziano a diffondere nell’aria gli odori degli stand gastronomici che profumano l’aria con aromi di patatine fritte e di carni alla brace.

E dopo cena iniziano le danze: persone di tutte le età che si alternano nelle quadriglie, in balli tipici del country melodico o ritmato del sud…

Mamme con bimbi al rodeo. Foto: © Roberto Gabriele

Il sabato mattina ci sono le prove libere delle varie specialità, ciascun atleta prova per l’ultima volta i suoi movimenti, ottimizza le attrezzature e le protezioni personali perchè si tratta di sport comunque molto duri e violenti.

Poi inizia un momento di forte concentrazione e tutto sembra fermarsi in una atmosfera ovattata in attesa delle gare di specialità.

La preparazione della sella e della sua giusta misura è fondamentale in gara e questo cow boy la regola al millimetro. Foto: © Roberto Gabriele

La sera del sabato, poco prima del tramonto si inizia e l’atmosfera diventa immediatamente elettrica. La voce del cronista apre il Rodeo e fa uscire tutti: sulle note de “I Magnifici Sette” entrano i cavalieri con le bandiere degli Stati Uniti e del Texas, segue l’inno degli USA e iniziano le prime manches di velocità per catturare il vitello al lazo e legarne le zampe.

Lo speaker parla dei cow boys in gara e si intende che sono tutti suoi vecchi amici e ne racconta le gesta descrivendoli come eroi, è una grande famiglia quella che unisce questa gente: si rivedono di volta in volta nei vari rodei sfidandosi in competizioni fatte per uomini duri e donne coraggiose ma non solo: lo stadio va letteralmente in delirio quando si aprono i cancelli ed escono i bambini aggrappati ai montoni che fuggono: vince il giovane campione che riesce a rimanere più a lungo sulla povera bestiola.

La cerimonia di inizio è un momento molto sentito. Foto: © Roberto Gabriele

E dopo i bambini ecco la gara finale, la più attesa, la più breve ma pericolosa e spettacolare, la più impegnativa, stiamo parlando della monta del toro. Qui la sfida è talmente difficile che vincono tutti quelli che riescono a rimanere seduto sull’enorme animale per almeno 8 secondi. Chi resiste va a finire nell’Olimpo dei Cow Boys, nell’albo d’oro di quelli che ce l’hanno fatta.

Alla fine vince il toro

Non conta il migliore, il migliore è sempre il toro, non importa quanti siano i vincitori o se non ce ne sia nessuno, qui basta sopravvivere anche perchè cadendo si rischia di rimanere schiacciati dalla furia e dalla potenza indomita del bovino, impossibile controllarlo, l’unica cosa che possono fare gli assistenti di gara è ricondurlo nel suo recinto dopo che scalciando ha disarcionato l’uomo che ha cercato invano di dominarlo.

La monta del toro: vincono tutti quelli che riescono a stargli addosso per almeno 8 secondi. Foto: © Roberto Gabriele

Al mattino successivo i cow boys fanno una parata d’onore in città per mostrarsi e farsi applaudire dai propri familiari e poi il Rodeo è ufficialmente finito: i camper smontano gli accampamenti, uomini e cavalli si preparano per tornare alle loro case che a volte possono essere lontane centinaia di miglia, o trovarsi in New Mexico o Arizona….

La sfilata dei Cow Boys dopo il Rodeo. Foto © Roberto Gabriele


E con i cow boys che tornavano a casa, anche noi riprendemmo la strada: il nostro viaggio era ancora lungo e Los Angeles ancora lontana, ma questo magari ve lo racconterò la prossima volta…

Le Reginette del Rodeo salutano il loro pubblico e anche io vi saluto. Foto: © Roberto Gabriele

[/vc_gutenberg][vc_gutenberg]Articolo pubblicato sul numero di luglio 2018 della Rivista in distribuzione gratuita in tutti i negozi di Acqua & Sapone.

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Questo articolo è stato pubblicato sul numero di luglio 2018 della Rivista in distribuzione gratuita presso i negozi #Acqua&Sapone, direttore #AngelaIantosca

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