Travel Tales Weekend 2023

Il Travel Tales Award 2023 è giunto al termine!

Nel weekend di sabato 25 e domenica 26 Novembre si è svolto a Roma il Travel Tales Weekend negli spazi espositivi della OTTO Gallery .

Tante sono state state le iniziative che hanno caratterizzato questo evento, dalla visita alla mostra di Helmut Newton all’Ara Pacis il sabato mattina ad una piacevolissima passeggiata fotografica tra le periferie romane, accompagnati da Roberto Gabriele, nella mattina di domenica.

Il cuore di tutta l’iniziativa è stato il sabato pomeriggio con l’inaugurazione della mostra TTA2023, e la proclamazione dei 3 vincitori del TRAVEL TALES AWARD 2023.

La mostra Travel Tales Award 2023

La mostra vede esposti 10 racconti fotografici tra le 50 storie selezionate dal contest di fotografia di viaggio.

Di seguito gli autori e le rispettive opere esposte:

  • Jacopo Della Valle, Waterworld 
  • Roberto Manfredi, Once upon a time there was a sea
  • Soumayan Biswas, Salt worker
  • Roberto Malagoli, Mauritania
  • Maurizio Gjivovich, Sri Lanka
  • Laura Pierangeli, The mattress maker of Bukhara
  • Christian Giudice, Chadar, old iced route
  • Yuliy Vasilev, miglior autore selezionato al 10th “Plovdiv International Photo Salon”
  • Luigi Rota, India, a magic place
  • Suryene Ramaget, Kushti
In ordine dall’alto a sx: Jacopo Della Valle, Roberto Manfredi, Soumayan Biswas, Roberto Malagoli, Maurizio Gjivovich, Laura Pierangeli, Christian Giudice, Yuliy Vasilev, Luigi Rota, Suryene Ramaget

I 3 vincitori del Travel Tales Award:

Durante l’inaugurazione della mostra, si è svolta la premiazione dei primi tre selezionati per i lavori più meritevoli, scelti dalla giuria italiana ed internazionale, del TTA2023:

Travel Tales Weekend
I tre vincitori, da sinistra Roberto Malagoli, Suryene Ramaget e Jacopo Della Valle, con i rispettivi diplomi. Assieme a loro anche i “padroni di casa” Simona Ottolenghi e Roberto Gabriele.

Siamo quindi felici di condividere i VINCITORI DEL TRAVEL TALES AWARD 2023:

1° classificato:

Jacopo Della Valle, con la storia Waterworld. 

Un racconto molto coinvolgente che esplora la vita degli abitanti nomadi delle acque, conosciuti come “zingari del mare”, lungo le coste delle Filippine, della Malaysia e dell’Indonesia.

In quanto vincitore vedremo presto il suo lavoro esposto negli spazi della OTTO Gallery.

Jacopo della valle
@Jacopo Della Valle

2° classificato:

Roberto Malagoli, con la storia Mauritania

Un bel lavoro in chiave “street” che coglie con autenticità la vita quotidiana della gente nell’immensa e desolata Mauritania desertica.

mauritania
@Roberto Malagoli

3° classificato:

Suryene Ramaget, con la storia Kushti

Un importante reportage a lungo termine sull’antica lotta indiana del Kushti, che esplora in profondità la cultura e la persistenza di questo antico stile di lotta nel difficile contesto Indiano.

 

kushti
@Suryene Ramaget

 

Il video della premiazione:

Se non sei riuscito ad essere con noi durante il Travel Tales Weekend puoi vedere a questo link il video della premiazione con le storie raccontate dai autori: https://www.youtube.com/watch?v=Z1xS1YFikbc.

Pubblicheremo nelle prossime settimane tutte le 50 storie selezionate sul nostro sito.

La mostra di Travel Tales 2023 è gratuita e visitabile tutti i giorni dalle 15.00 alle 20.00 presso la Otto Gallery in piazza Mazzini 27, Roma (per info e prenotazioni chiamare il 375/5790929).

Genna, il Natale copto in Etiopia

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Genna

le Isole Derawan nel Borneo

Sono passati tanti anni, da luglio 2007 quando ho fatto questo viaggio che ormai posso definire “vintage” nelle Isole Derawan.

Andiamo per ordine… ho sempre amato i viaggi antropologici con etnie e festival particolari per fotografare le tradizioni, gli usi, i costumi e le culture lontane, diverse dalla mia. Scovai un itinerario molto particolare che si svolgeva nel Borneo e comprendeva giungla e isole completamente disabitate.

Questi sono gli abiti tipici dei giorni di festa e usati un tempo per la caccia, la gente li indossa volentieri anche su richiesta.

DOVE SIAMO:

Il Borneo è la terza isola più grande del mondo ed è divisa tra una piccola parte costiera in territorio malese e la maggior parte della superficie, tutta di giungla impenetrabile si chiama Kalimantan ed appartiene all’Indonesia, ed è proprio qui che siamo andati: in un piccolo arcipelago di isole tropicali sconosciute al turismo.

Le Isole Derawan sono 6 e solo 2 di queste sono abitate, le altre sono completamente deserte e per vederle occorre organizzarsi bene. Quando andammo, lo facemmo per puro desiderio di esplorazione, per il piacere della scoperta, di poter vedere qualcosa di esclusivo, un paradiso inesplorato. All’epoca non esistevano neanche reality come quelli che ci sono ora sulle varie isole deserte, una volta trovata la location il resto era da organizzarsi sul campo. E così facemmo.

Non era un viaggio semplice da organizzare: innanzitutto avevamo bisogno di una guida specializzata che sapesse condurci in posti così sperduti in cui ogni imprevisto può trasformarsi in un problema o una tragedia. 11 persone che arrivano dall’Italia hanno necessità di muoversi in sicurezza, dovevo prendermi cura di tutto per fare una fantastica esperienza.

Nelle due isole abitate delle Derawan, naturalmente c’è la scuola, ne abbiamo approfittato per andare a fare qualche scatto. Foto: © Roberto Gabriele 2007

LA GRANDE AVVENTURA:

La prima cosa imprescindibile della quale occuparsi è l’acqua potabile… Eh già… Nella giungla l’acqua non manca: la prendi dal fiume ed è pulitissima, ma nelle isole deserte circondate dal mare, l’acqua da bere è un grosso problema, nessuno aveva voglia di raccogliere quella piovana che nessuno poteva assicurarmi che ci sarebbe stata, nonostante il monsone.

Ho fatto quindi due conti sul fabbisogno giornaliero e ho preso acqua in bottiglie di plastica che bastassero per tutti e fossero più che sufficienti senza sprechi. 3 litri a persona per 11 persone per 8 giorni…. fanno…. 44 casse di acqua da 6 bottiglie! Un numero decisamente impressionante, ovviamente per trovarle prima di partire è stato difficile nel porticciolo di Tarakan, l’unica abitata tra le Isole Derawan, ma questa è la parte divertente del viaggio: abbiamo preso un pulmino e ci siamo fatti portare a fare la spesa in un supermercato più grande. In questi posti, pagando pochi spicci puoi ottenere qualsiasi servizio inizialmente non previsto.

Quando cerchi di immaginare il paradiso, forse potrebbe venirti in mente un posto come questo. Foto: © Roberto Gabriele 2007

Anche i viveri non sono stati una cosa semplice da gestirein un arcipelago deserto come le Isole Derawan: le verdure non si sarebbero conservate per 10 giorni fuori dal frigo, idem per le uova, formaggi non se ne trovano perchè in zona non ne producono, ho risolto il problema anche della conservazione con i famosi formaggini con la mucca disegnata sulla scatola. Poi scatolame di mais e tonno locale e fagioli e le solite patate che non mancano mai nel menu di sopravvivenza. Immancabile la pasta…. di grano tenero, quella che noi italiani amiamo tanto, quella che si incolla e si disfa impastandosi nel piatto solo per condirla… ma non avevamo alternative… Ci rimaneva il pesce che avremo pescato in navigazione.

Fatta la spesa siamo andati al porto a prendere la barca… speravamo in un cabinato spartano ma ci siamo resi conto che l’unica cabina presente a bordo era quella del timoniere, nella quale ovviamente era impossibile dormire!!!! Ok, in effetti partiamo per andare a dormire sulle isole, il cabinato non ci occorre: abbiamo le nostre tende per colonizzare le spiagge vergini di queste isole che si trovano due gradi al di sopra della linea dell’equatore. Siamo saliti su una specie di peschereccio di legno che aveva un tendalino sopra, fortuna che non puzzava di pesce marcio: sarebbe stato la nostra casa galleggiante x 8 giorni…

Tipica barca locale ormeggiata in un paradiso nautico. Foto: © Roberto Gabriele 2007

Inizia la navigazione: circa 100 miglia marine (160 km) da fare sul nostro peschereccio… Impiegheremo una giornata intera per coprire la distanza. Finalmente arriviamo a destinazione: attracchiamo su una delle due isole abitate: Pulau Panjang. Qui troviamo un piccolo villaggio ma molto vivo, c’è il porticciolo e per noi un alberghetto, nulla di lusso ma le stanze sono delle palafitte in mezzo al mare e collegate con un pontile alla terraferma, sotto di noi vediamo delle grandi gabbie in mare…. servono per l’allevamento delle aragoste che mangeremo a cena: una aragosta intera a 7 euro!!!!

Prima di cena decidiamo di fare un aperitivo…. Ci accorgiamo però di quanto sia difficile da spiegare ai locali cosa sia un aperitivo!!!! 10 anni fa anche in Italia non era un modo tanto diffuso come oggi per fare una serata… ma noi avevamo tempo e voglia di spiegarlo al povero ristoratore che aveva avuto la sfortuna di riceverci nel suo locale. Ovviamente la prendemmo tutti a ridere ed era un modo per relazionarci con lui… non aveva nulla che fosse spizzicabile come siamo abituati noi… riuscimmo a farci preparare una frittura di calamari con una birra calda (non c’era il frigo) e quello fu il nostro aperitivo di tendenza. La location in riva al mare, su un’acqua trasparente e cristallina e circondati dal silenzio rotto solo dalle onde erano invece la cornice perfetta per una serata fantastica prima di iniziare il tour.

Ultimo avamposto semicivilizzato su una delle due isole abitate delle Derawan. Foto: © Roberto Gabriele 2007

Al mattino successivo prendemmo il nostro peschereccio con il pieno di benzina fatto alla volta di Pulau Maratua, la prima delle isole deserte in cui sbarchiamo. Eh, già… il nostro è un vero e proprio sbarco: essendo deserta l’isola, evidentemente non c’è neanche un approdo: la nostra barca oltrepassa la barriera corallina, si avvicina a riva e ci tuffiamo nelle acque basse per procedere a piedi fino alla spiaggia. Naturalmente in questo modo scarichiamo a mano l’acqua, le tende, i viveri e… le fotocamere!!!!

derawan

Siamo, ovviamente da soli, sulla spiaggia di un’isola deserta nella quale non c’è nulla, non esiste neanche pensare alla copertura del segnale per i cellulari, nulla di nulla che ci avvicini in qualche modo alla civiltà, quando sarà buio tra le tende vedremo grazie alla luna e al fuoco che accenderemo sulla spiaggia usando i rami di palma secchi che raccoglieremo nel pomeriggio. Totalmente isolati, niente acqua se non la nostra, nessun rifugio, niente corrente elettrica e in caso di una qualsiasi emergenza sanitaria che può sempre capitare, siamo ad almeno 10 ore di navigazione dal più vicino ospedale. Mi raccomando con il gruppo di… evitare incidenti!!!!

La nostra barca all’ancora nel primo mattino. Foto: © Roberto Gabriele 2007

Stare su un’isola deserta è eccitante, lo senti, lo sai che quell’angolo di paradiso in terra è reale, e per quel giorno è solo tuo! Un’isola deserta è destabilizzante, perchè sai di essere da solo e vedi realizzato un sogno che pensavi potesse esistere solo nella tua fantasia. Lontanissimo da tutto e da tutti. Sei da solo con te stesso! Il tempo si dilata, le giornate vengono cadenzate solo dal ritmo della natura, dal sorgere e calare del sole, dal caldo, dalle piogge e dalle maree. Ti accorgi che improvvisamente cambia la tua scala di valori e di priorità. Lì non ti servono soldi nè tecnologia, nè auto, nè abbigliamento, ti basta la fotocamera, l’acqua, qualcosa da mangiare e per accendere il fuoco.  Oltre alla benzina nella barca per tornare a casa… Fine. Non hai bisogno di altro.

Questo tratto di sabbia che ci divide dagli alberi che si intravedono all’orizzonte, 6 ore prima era mare aperto, adesso con la bassa marea possiamo attraversarlo a piedi. Foto© Roberto Gabriele 2007

LA SCOPERTA DEL MARE nelle Isole Derawan:

Personalmente non amo il mare, non mi piace stare in spiaggia a prendere il sole, ma qui è tutto diverso e quindi stimola la mia curiosità di fotografo e di viaggiatore. Mi sono cercato delle occasioni per fare le mie foto e ho scoperto la bassa marea, un fenomeno del tutto normale in natura a qualsiasi latitudine, tranne nel momento in cui mi accorsi che su quell’isoletta che vedevo davanti a me quella mattina, nel pomeriggio potevo andarci a piedi!

E così facemmo: raggiungemmo l’isoletta camminando su un prato di stelle marine che erano rimaste sul fondo sabbioso del mare in certe pozze di acqua lasciate dal mare quando si ritirava. Lì ci fu un incontro piuttosto particolare… sul lato opposto dell’isoletta vedemmo da lontano una barca ormeggiata e 4-5 uomini tutti armati di pugnale che camminavano sulla spiaggia. Essendo quella una zona di pirati, il primo pensiero naturalmente fu al peggio: se fossero stati lì per noi non avremmo avuto scampo, come minimo ci avrebbero rubato tutto. Ma intuii che se fossero stati lì per noi sarebbero venuti direttamente sulla nostra isola e che quella non mi sembrava una azione di attacco. Infatti li avvicinammo nonostante tenessero i pugnali in mano ed erano dei semplici cercatori di ostriche che approfittavano della bassa marea per raccogliere i preziosi mitili da vendere ai ristoranti.

Gli uomini armati di pugnale: pensavamo fossero assassini o pirati, ma erano per fortuna solo dei raccoglitori di ostriche sbarcati per lavoro sulla nostra isola deserta. Foto: © Roberto Gabriele 2007

Nella fascia equatoriale fa buio presto: intorno alle 18, tutto l’anno. E così poco dopo quell’ora si cena e si resta a rimirare il cielo stellato e ad ascoltare lo sciabordio delle onde che di notte si colorano dei bagliori verdi generati dal plancton. Rimaniamo estasiati dallo spettacolo e nessuno ha il coraggio di dire banalità…. Non ci sono neanche zanzare, per cui ci possiamo addormentare sulla spiaggia, fuori dalle tende e attendere l’alba arrivare sulle Isole Derawan prima che in ogni altra parte del mondo…

Non saprei il nome di questo simpatico animaletto con gli occhi grandi che corre con le zampette fuori dall’acqua e nuota velocissimo quando vi è immerso. Foto© Roberto Gabriele 2007

Quando fa giorno abbozziamo una specie di colazione: qualche biscotto e una tazza di the, non abbiamo altro e questo sarà il nostro menù per i prossimi 10 giorni. La giornata prosegue con l’esplorazione dell’intricata foresta di mangrovie che ricopre l’isola. Scopriamo dei curiosi animaletti che assomigliano a delle velocissime lucertole anfibie con gli occhi grandi che respirano fuori dall’acqua ma che sono velocissime a tuffarcisi per difendersi se temono il pericolo…

Scopriamo il piacere dell’ozio filosofico, della noia dialettica, impossibile fare programmi, non ci sono alternative che lasciar passare le ore della giornata continuando a pensare se davvero sia bello vivere in paradiso. Tra un silenzio e l’altro, tra una palma e un varano, ogni tanto qualcuno si determina a rompere gli indugi e tuffarsi in mare armato di maschera, boccaglio e pinne per fare un pò di snorkeling nella barriera corallina.

Anche qui si aprono per me dei mondi nuovi e inesplorati: non avevo mai nuotato sulla barriera corallina, solo stando con la testa sott’acqua entri in un mondo parallelo: il grande blu. Sotto di me a pochi centimetri ci sono coralli e pesci coloratissimi, uscendo di pochi metri, la barriera corallina sprofonda fino a perdita d’occhio, molti metri più in basso vedo pesci enormi che mi inquietano quanto basta per ritornare nella mia zona di comfort: sopravvivere in un’isola deserta non mi spaventa, le profondità misteriose del mare invece ci riescono benissimo.

TARTARUGHE E ALTRI INCONTRI:

Uno dei ranger ha scavato le uova di tartaruga deposte nel nido per portarle al sicuro da predatori. Foto: © Roberto Gabriele 2007

Sangalaki è poco più di uno scoglio, sarebbe disabitata se non ci fossero 4 rangers che vivono lì per fare una serie di studi sulle tartarughe marine giganti che arrivano a decine ogni notte per fare il nido e deporre migliaia di uova. Qui è impossibile dormire fuori dalla tenda: le tartarughe ti passerebbero sopra e la cosa non sarebbe bella: un animale del genere facilmente supera i 150 chili! Evitano invece le tende perchè le vedono come ostacoli. La notte in quest’isola però l’abbiamo passata in bianco a guardare lo spettacolo della natura.

Le tartarughe arrivano in spiaggia, e vanno dritte come se sapessero già dove andare a fare il loro nido, e anzi, sicuramente lo sanno benissimo, poi si fermano e iniziano a scavare una buca profonda circa 80 centimetri, appena finita la buca si mettono su di essa in posizione per deporre le uova e poi la richiudono con la sabbia.

Il respiro della tartaruga mentre lavora per deporre le uova è impressionante, è un forte sospiro, quasi un rantolo che si sente forte e deciso nel buio della notte. Tutta la nidificazione dura circa 2 ore. Avviciniamo i rangers che censiscono il fenomeno: quante tartarughe per ciascuna notte, dove depongono le uova, quante ne fanno…. Sono dei giovani ragazzi che vivono qui sull’isola e fanno anche un lavoro duplice di ripopolamento: da una parte prendono alcune uova e le mettono nelle incubatrici per farle dischiudere in modo sicuro lontane dai pericoli, e dall’altra creano delle gabbie sulla sabbia  intorno ai nidi che terranno fino a quando si schiudono le uova, poi proteggeranno alcuni piccoli dai predatori fino a quando arriveranno al mare.

Giovanissimo tartarughino, nato pochi minuti fa, si avvia rapidamente verso il mare dove sarà al sicuro da varani e uccelli predatori. Ne muoiono a migliaia ogni giorno, quelli che si riescono a salvare sono pochissimi. Foto: © Roberto Gabriele 2007

I varani e gli uccelli sono pericolosissimi sia per le uova che per i neonati mentre si avvicinano all’acqua del mare, in quel momento sono vulnerabilissimi: pochi di loro riescono ad arrivare a riva, gli altri piccoli muoiono di stenti solo per uscire dalla sabbia o vengono predati. E’ questa la dura legge della natura.

L’isola di Kakaban famosa per le sue meduse non urticanti. Foto: © Roberto Gabriele 2007

Pulau Kakaban è un’isola incredibile: anche questa è completamente disabitata, è palesemente il cratere di un vulcano spento che esce dal mare ed è pieno di acqua marina senza alcun collegamento con il mare aperto. Questo ha fatto sì che all’interno del cratere ci sia un lago di acqua marina nel quale l’unica forma di vita sono milioni di piccole meduse non urticanti tra le quali si può nuotare liberi da ogni pericolo.

Sull’isola l’unico pericolo sono invece alcuni piccoli serpenti non velenosi ma tossici, il loro morso non è letale ma occorre fare molta attenzione per non passare qualche ora con grossi problemi… Piazzammo le tende sull’unico spazio disponibile in tutta l’isola che non fosse in pendenza: un pontile di legno che faceva da attracco per le barche.

Tutto bene fino a quando nel pomeriggio iniziarono ad avvicinarsi le nuvole, non erano semplici nuvole da pioggia, lo capimmo subito. Arrivarono dal mare nere, profonde e minacciose. Il tempo passò dal sole al buio in pochi istanti, e rimase oscurato per un’oretta, aspettavo di fare il mio incontro con il monsone. Hai presente il detto della calma che precede la tempesta? Ecco… Improvvisamente dal nulla si alza un vento fortissimo, è un vento che è dato dall’improvviso cambio di temperatura, quasi che Zeus abbia aperto il portone dell’uragano, riusciamo ad entrare in tenda e un minuto dopo il cielo si apre in una secchiata di acqua che attraversa i teli delle tende come se non ci fossero.

Impossibile anche svuotare gli interni della tenda: l’acqua ci sommerge completamente, inutile anche rimanere dentro, tanto vale uscire fuori a lavarsi finalmente per la prima volta dopo una settimana con l’acqua dolce. Sfruttiamo il monsone per una doccia che ci toglie il sale accumulato sulla pelle ma non i ricordi di un Viaggio straordinario oltre i confini dell’immaginario.

Il nostro campo tendato: lo abbiamo montato nell’unico parte pianeggiante dell’isola, il molo di attracco. Foto © Roberto Gabriele 2007

Leggilo su Acqua & Sapone:

Questo Articolo è stato pubblicato sulla Rivista Acqua & Sapone a luglio 2017, sfoglialo sul sito: https://www.ioacquaesapone.it/leggi/?n=asluglio2017#115

L’articolo impaginato sulla rivista a pagina 115.
Clicca sull’immagine per leggerlo on line.

PARTI CON NOI:

Torneremo nel Borneo con Viaggio Fotografico, scopri qui le prossime date: https://viaggiofotografico.it/product/borneo-malese/

New York e Dubai: amore e piacere.

Quando conosciamo una persona (uomo o donna che sia non ha importanza), si puó creare un certo feeling, una sintonia che puó andare avanti o finire, le strade sono infinite, tante quanti gli incontri che possiamo fare.

Ci si guarda, l’aspetto fisico conta, l’occhio deve essere il primo a giudicare, occorre far scattare certe emozioni e queste possono essere delle fortissime reazioni chimiche a catena esplosive oppure possono avvenire con il lavoro costante del tempo, con la conoscenza e la perseveranza.

All’apprezzamento visivo ne segue uno fisico che a sua volta puó dare sensazioni di breve o lunga durata. Ci si puó vedere per una volta o per tutta la vita, dipende dal tipo di reazione emozionale che cerchiamo e da cosa troviamo.

Ci sono persone da amare e persone da sposare. Ecco: dopo aver visto Dubai e New York sento in me questo effetto.

Dubai saprà stupirti con il suo skyline, i suoi colori e la sua perfezione

Dubai è la città che ti prende immediatamente, è la perfezione esteriore alla massima potenza, è una attrazione fatale, impossibile non rimanerne affascinati, stregati. Ne hai sentito parlare, sai che è giovane, ricca, bella, elegante e molto, molto passionale, lo capisci dal primo sguardo: è esagerata e perfetta in tutto, al punto da chiederti come mai sia lì a darsi proprio a te e a tanti altri contemporaneamente e con tanta forza. Dubai sa di piacere, sa vestirsi, ha portamento e sa distinguersi, sa dove vuole arrivare, Dubai è di tutti, non sarà mai solo tua. E lo sai, te ne fai una ragione e la ami per quello che è: oggi a te, domani ad un altro, o anche di tutti contemporaneamente.

Central Park a New York è un enorme polmone verde nel quale rifugiarsi

New York è invece la città matura, indipendente, con una grande personalità, con una sua storia importante fatta di successi e di fallimenti, ha un forte spessore morale che sa affascinarti nonostante sia lì a mostrarti senza vergogna i suoi difetti dei quali sa farsi vanto o sa correggerli. New York è li per te, si concede con generosità a chi sappia accettarne le regole che impone, è per molti ma non per tutti, New York sa stupirti sempre, anche dopo anni e non finisci mai di conoscerla fino in fondo. È spigolosa, dura, difficile da capire, schiva con chi la rifiuta, generosissima di se con chi sappia amarla e accettarla: ogni giorno nuova e diversa, mai uguale a se stessa e sempre in evoluzione. Corre veloce ed è difficile starle dietro: è autonoma, non ha bisogno di te, ma sei tu ad aver bisogno di lei.

La metropolitana sopraelevata di Dubai corre tra i grattacieli per 70 chilometri

Dubai alla fine è un’amante focosissima con la quale vuoi solo godere di meravigliosi istanti senza futuro. New York è una compagna di vita da sposare e con la quale sai di stare bene a lungo.

Con Dubai sai che non c’è storia, non c’è futuro, non c’è rapporto ma è troppo bella per non farla tua almeno per una volta. È una città da vedere, non può mancarti, saprà farsi piacere. È ricchissima ma a buon mercato, adatta a tutte le tasche. Dubai va bene per un rapporto mordi e fuggi con la città.

New York, sospesa tra cielo e terra, sullo sfondo il fascino intramontabile dell’Empire State Building

New York invece te la sposeresti, sai che non ti tradirà mai. Cambierà ma ti piacerà ancora, vuoi invecchiarci insieme e ci torni per vedere come è cambiata e cosa è rimasto, ma sapendo che non sarà l’ultima volta.

Dubai è sconfinata, non è fatta per viverci, ha spazi vuoti per chilometri, impossibile e inutile camminare a piedi

A Dubai manca l’anima, manca la gente. Camminando tra le sue strade ti accorgerai di essere sempre da solo, sembra di vivere in un meraviglioso e iper realistico rendering di architettura, nel quale le persone e le auto servono solo a dare le proporzioni degli edifici. Bella senz’anima. Vedila una volta nella vita, godila fino in fondo e ricordala, fotografala, ma non tornarci.

La Highline di New York: una ex metropolitana sopraelevata è rimasta abbandonata per anni e ora è diventata un giardino pensile in cui passeggiare in centro a Manhattan

A New York invece la cosa più bella è proprio la gente, sempre diversa, sempre cosmopolita, multiculturale e multietnica. A New York non ti sentirai mai solo, i grattacieli hanno quel fascino intramontabile delle cose antiche, è romantica, ti tiene la mano e con le sue strade parallele ti fa sentire al sicuro e consapevole che non ti perderai, anche se è la prima volta che ci vai.

E allora dove ti consiglio di andare? A te la scelta e ricorda: Dubai per una notte, New York per una vita.

La Famadihana in Madagascar

Da qualche parte in Madagascar, nell’estate del 2008, ho assistito al rito della Famadihana.

Nel nord del Madagascar, nella piccola zona che si estende dalla Capitale Antananarivo fino ad Antsirabe, nelle campagne è ancora in vigore la Famadihana: un rituale di riesumazione dei morti dalle tombe di famiglia, le tradizioni legate al culto dei morti sono molto importanti e sentite e in ogni zona dell’isola si celebra in modo diverso la perdita dei propri cari.

Spostandosi  verso l’estremo sud, invece, questa usanza è quasi del tutto sconosciuta: da quelle parti vengono costruite tombe enormi con muretti lunghi circa 10 metri di lato e alti circa un metro e venti. Le tombe del sud vengono decorate con dipinti che ricordano la vita del defunto nelle sue passioni e nei suoi interessi. Una specie di fumetto, un fotoromanzo che raccontano il lavoro, la famiglia o le sue attività. Le tombe vengono adornate con oggetti che erano del defunto o con simbologie varie realizzate su totem piantati nel terreno.

L’uscita della salma

L’uscita della salma dalla tomba. Migliaia di persone sono arrivate da tutta la valle per festeggiare. Foto: © Roberto Gabriele

La Famadihana del nord, invece, è un rituale che viene fatto dopo sette anni dalla morte del congiunto (e solo nel periodo fra luglio e settembre), la famiglia organizza una grande festa in onore del defunto che viene riesumato dal suo sepolcro e portato in processione dalla folla gioiosa che canta e balla accompagnata da intere bande musicali.

Io andai a fotografare questo rituale nel 2008 durante uno dei miei viaggi, riuscii ad organizzarmi con un autista che mi portò in giro per tutta la giornata, partenza al mattino prestissimo e dopo 4 ore di auto arrivai nella zona il cui è possibile vedere il rito. Il problema era che non è così scontato trovare la festa, non si tratta di un evento che viene celebrato in un giorno fisso ogni anno, può essere in qualsiasi giorno e ci vuole un pò di fortuna per trovarne una quando si è in giro a cercarla.

Il momento del pranzo ricorda l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci. Foto: © Roberto Gabriele

La festa della Famadihana ha inizio già al primo mattino, la casa dei parenti viene trasformata in un ristorante dove decine o centinaia di persone prenderanno parte al pranzo di festeggiamento che si svolge in giardino per ovvi motivi di spazio. Tutto si svolge nella massima allegria, la gioia gli deriva dalla possibilità unica (direi dal privilegio) di poter riabbracciare, seppur per poche ore, il corpo del loro caro estinto.

Passai una giornata intera con la famiglia del defunto, mi presentai con il mio autista che mi faceva anche da interprete e che chiese ai padroni di casa se io potessi assistere e fotografare tutto il rito. Furono onorati della mia presenza, e fui ammesso senza esitazioni ad un evento così privato nonostante fossi uno sconosciuto. Non mi chiesero nulla, per partecipare e mi fu veramente difficile una volta entrato fargli accettare le due bottiglie di rum che gli avevo portato in omaggio per ricambiare l’ospitalità. Le portai come regalia per ingraziarmeli e invece loro non volevano neanche accettarla: un ospite che sia ben accetto non paga, un ospite non gradito non entra! Alla fine accettarono.

Si inizia dal pranzo

Il pranzo è abbondante, viene convocata persino la banda musicale del paese che accompagnerà con le sue note tutta la giornata della Famadihana. Più la famiglia è ricca, tanto più sarà grande la formazione dei musicisti. Il pranzo prevede maiale bollito con le patate che è rituale per questa circostanza. Si festeggia e le porzioni in questi casi sono sempre generose. Durante il pranzo c’è la banda musicale che allieta gli ospiti, i musicisti sono in numero proporzionale alla disponibilità economica della famiglia e suonano musiche allegre con gente che balla.

Dopo il pranzo vengono raccolte le offerte per pagare parte delle spese cui la famiglia va incontro in quella giornata. Più o meno succede la stessa cosa che si fa dalle nostre parti in Italia con le buste ai matrimoni.

La famiglia raccoglie le offerte degli invitati che aiutano a sostenere i costi di una festa con centinaia e a volte migliaia di invitati. Foto: © Roberto Gabriele

Dopo aver raccolto le offerte, si parte insieme per raggiungere a suon di musica la tomba di famiglia che può essere lontana anche qualche chilometro. Alla tomba arrivano altri ospiti, centinaia, anche un migliaio di persone da tutta la valle si riuniscono per festeggiare. Qualcuno porta un tavolino che verrà trasformato in un punto di ristoro in cui comprare qualche bibita o qualcosa da mangiare. E’ impressionante vedere questi fiumi di persone che si dirigono tutti insieme verso lo stesso punto: camminano a piedi, portano le bandiere del Madagascar e festeggiano sui prati. La Famadihana è una festa per tutti, non solo per la famiglia.

Il grande esodo

Gli invitati alla riesumazione arrivano da tutta la valle. Un evento che raccoglie anche mille persone. Quest’uomo con il tavolo allestitirà poi un punto di ristoro in cui vende bevande e qualcosa da mangiare. Foto: © Roberto Gabriele

Camminando tra la folla ti rendi conto di essere in Africa, di essere diverso, unico bianco in mezzo ad una moltitudine di persone. Capisci un pò cosa può significare per uno di loro venire in Italia, da solo, spaesato, senza parlare la lingua e senza conoscere le nostre tradizioni. L’unica differenza è che io in mezzo a quelle persone con la faccia nera mi sentivo accolto, ero amico di tutti, la gente mi salutava e mi faceva sentire importante proprio perchè diverso da loro, perchè ero andato lì per conoscerli e non per invaderli.

Questo non è esattamente lo stesso trattamento che noi Italiani riserviamo ad uno straniero che venga da noi: di certo non lo facciamo sentire a casa sua, non lo salutiamo, non ci importa di ascoltare la sua storia e non vogliamo neanche che si avvicini troppo a noi. Ne segue che ero solo io in mezzo a loro, e mi rendevo conto di tutto questo. Sentivo forti gli odori della gente, dell’erba, degli animali intorno a me, sentivo il caldo umido e opprimente dell’inverno malgascio e immagino cosa può essere stare lì in estate…

Il corpo di un ragazzo è stato appena riavvolto in un sudario nuovo. Il padre a braccia aperte ringrazia dio per avergli dato la possibilità di riabbracciare suo figlio. Foto: © Roberto Gabriele

Arriva poi il momento in cui il corpo viene estratto dal sepolcro e portato in processione a danzare con la folla, in particolare con la famiglia. E’ un momento molto forte, molto sentito: la gioia viene comprensibilmente rotta per la prima volta dal pianto: un pianto di commozione, di nostalgia e di gratitudine per la possibilità di riabbracciare le ossa del proprio parente.

Qui diventa tutto difficile, fotografare è quasi impossibile, non mi viene chiesto di fermarmi, ma in quel momento capisco io stesso che si impone il rispetto.

Infine, quando viene rinnovato il sudario in cui è avvolto il corpo c’è un intenso momento di emozione e di preghiera in cui le famiglie si stringono con forza e sincera solidarietà. Poi la Famadihana termina con la rideposizione del corpo all’interno della tomba dalla quale non verrà mai più estratto.

Una donna malgascia durante la Famadihana. Foto: © Roberto Gabriele

Alta moda in Burkina Faso

Oggi voglio parlare di un diverso modo di viaggiare, di fare fotografia, di vedere il mondo ma soprattutto voglio parlare di un argomento del quale si parla tantissimo: l’Immigrazione. Voglio fare tutto questo insieme mescolando cose apparentemente slegate tra loro.

Iniziamo con il dire che sono Socio della ONG Bambini nel Deserto e che quando posso “mi sporco le mani” rendendomi utile nel volontariato con le mie foto e i video che realizzo quando vado in Africa.

Burkina moda01Torniamo all’immigrazione: problema che coinvolge con opinioni differenti milioni di Italiani, chi vuole aprire le frontiere a chiunque, chi vuole chiuderle. Io credo che il modo migliore per vincere l’immigrazione sia fare in modo che gli extracomunitari abbiano modo di rimanere a casa loro impegnandosi in attività produttive senza essere costretti a rischiare la vita per viaggi terrificanti verso il nostro paese che vedono come il paradiso e si rivela per loro essere un inferno.

La cosa non è difficile da fare e costa anche molto meno che proteggere le nostre frontiere e dare assistenza a chi sopravvive alle carrette del mare che trasportano disperati fino in Sicilia.

Con Bambini nel Deserto realizza una serie di progetti finalizzati all’avviamento di “Attività generatrici di reddito“. Detto in altre parole, formiamo gli Africani al lavoro, a lavori compatibili con ciò che hanno e a farne eccellenze qualitative. Li formiamo affinchè abbiano le capacità teoriche oltre alle abilità manuali. Gli diamo un “Microcredito“, prestiti a tasso zero che servono per fargli acquistare macchinari o materie prime con le quali lavorare, cifre bassissime (fino a 5000,00 Euro) che loro possono restituire in 4-5 anni.

Burkina moda02Cosa facciamo? Ad esempio gli insegniamo a fare i meccanici di moto (Garage Italia è un Progetto realizzato a Ouagadougou), possiamo avviarli a costituire una cooperativa di allevamento di capre per ricavarne il latte o una cooperativa di agricoltori per vendere su larga scala invece che direttamente al mercato.

Burkina FasoQuello di cui invece voglio parlarvi oggi è un Progetto che abbiamo realizzato con una cooperativa di giovani sarte, coordinate da una Italiana che ha deciso di espatriare e stabilirsi lì, aprendo un B&B e con la sua esperienza maturata in anni di alta moda italiana, è andata in Burkina Faso ad insegnare alle ragazze a cucire! E non è mai più tornata in Italia.

Le ragazze che vedete in queste foto sono le stesse che hanno seguito il Corso di sartoria, i vestiti che indossano li hanno cuciti loro stesse e con orgoglio posano per le mie foto con una naturale eleganza e un portamento naturale da fare invidia a molte top model.

Fotografarle è stato per me esaltante. Conoscevo la loro storia, conoscevo le loro aspirazioni, avevo visto come lavoravano e con quanta passione cucivano i loro modelli. A Bobo Dioulasso ho seguito una di queste ragazze che dopo il Corso aveva aperto una sua Sartoria facendo lavorare 4 persone per lei: cuciono vestiti su misura, gli porti la stoffa, scegli il modello e passi a ritirarlo finito un paio di giorni dopo.

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La cosa bella è che stando in Italia sembra che un lavoro nella moda sia riservato solo a noi, oppure a fabbriche di Cinesi stipati a Prato, non è facile pensare che anche in Africa ci siano persone che tengono al loro look! Fortunatamente non tutti gli Africani muoiono di fame, ci sono milioni di persone che nella loro povertà hanno una grandissima dignità e con piccoli (o grandi) gesti curano la propria persona come lo farebbe uno di noi. L’Africa riesce sempre a meravigliarmi, ogni volta che ci ritorno…

modaQuando vado in Africa la sensazione più bella è quella di trovarmi in un posto con enormi potenzialità, in un territorio vergine pronto per crecere e dare i suoi frutti migliori. Non un posto da conquistare o da colonizzare, ma al contrario vedo un intero continente che ha voglia di crescere, di svilupparsi e dare il meglio che ancora non è riuscito a dimostrare.

E’ bello poter raccontare le storie di chi ce l’ha fatta a rimanere nel suo Paese, a realizzare la sua vita con eccellenze alla sua portata che gli hanno permesso di farsi una famiglia, di imparare un mestiere e di contribuire alla crescita del suo villaggio.

Altre storie vi potrò raccontare, nelle prossime puntate…

Testi e foto di Roberto Gabriele e Simona Ottolenghi

Leggi anche la versione pubblicata sul sito di Bambini nel Deserto.Burkina Faso


Nha Terra

La mostra

Voglio parlarvi di questa mostra che ho visto nel 2013 a Parigi, a due passi dal Centre George Pompidou, durante quello che fu il primo Viaggio Fotografico della nostra storia. Il Viaggio si chiamava Parigi in Bianco e Nero e questa esposizione (a sua volta in Bianco e nero) la scoprimmo per puro caso durante le nostre visite in città.

A tre anni di distanza ho conservato il materiale e i riferimenti della mostra e ora che mi ritrovo tutto tra le mani mi torna in mente quella mostra e voglio raccontarvi le mie impressioni avute all’epoca.

L’Africa:

Nha Terra” – era il titolo della mostra di questo fotografo ossia la mia terra tradotto dal portoghese, che è la lingua parlata in Guinea Bissau.

Di mostre bellissime sull’Africa ne ho viste tante, a partire da quelle stranote di Sebastiao Salgado che contengono sempre delle sezioni incredibili sul Continente Nero, fino ad arrivare ai vari vincitori del World Press Photo che in un modo o nell’altro trattano altri temi legati alle migrazioni, a guerre, carestie, sfruttamenti e ogni altro genere di scempi fatti da noi occidentali direttamente o indirettamente ai danni degli Africani.

Nedjima Berder 400_p1050823-bcbdaInvece questa mostra di Nedjima Berder (totalmente sconosciuto nel panorama dei grandi nomi della Fotografia) mi colpì veramente. Mi colpì per il suo allestimento fatto all’interno della chiesa di Saint-Merry, già questo è un elemento di nota che da noi in Italia risulterebbe alquanto bizzarro se non addirittura impensabile. Una bella chiesa che accoglie una bella mostra. Viste le tematiche della mostra, anche la scelta del luogo mi sembra appropriata: un luogo nato per accogliere, che accoglie realmente. Un luogo per tutti che parla degli Ultimi. Al dilà della ritualità sacramentale, assistiamo qui alla condivisione di storie reali che raccontano e divulgano un mondo lontano al quale non siamo estranei.

Le immagini, se vogliamo, non sono neanche particolarmente originali e usano una tecnica che andava di moda forse una quindicina di anni fa: rendere una foto in bianco e nero lasciando solo un colore. Qui assistiamo alla stessa tecnica leggermente rivisitata che invece di un solo colore evidenzia un oggetto (con tutti i suoi colori) della foto nelle mani di uno dei soggetti ritratti.

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Le foto:

La cosa che mi piace è che queste foto raccontano di un’Africa che esiste e che per fortuna pur vivendo con poco, non muore di fame. Le foto sono state scattate nei pressi di un mercato in Guinea Bissau, uno dei paesi più poveri al mondo, molti non sanno neanche esattamente dove collocarlo sul mappamondo, ma ci parlano della dignità di queste persone, e del loro rapporto con la terra e con ciò che mangiano. Sono infatti i ritratti dei contadini, pescatori o allevatori che vanno a vendere i loro prodotti al mercato.

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Le foto non hanno le classiche pose da “Bambino povero che sorride” e neanche quelle altrettanto viste da “Disperato e perseguitato vittima di violenze e torture”. Qui vediamo gente fiera di vivere la propria quotidianità africana. Gente che ostenta la forza della natura della propria terra mostrandoci quanto questa sia generosa verso di loro donando abbondanza a costo zero, anche senza fatica.

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I prodotti vengono sempre raccolti e presentati con una cura estrema, il loro basso valore economico viene invece venduto con la sconcertante semplicità di chi conosce solo la bellezza, la semplicità e la freschezza di quel poco che ha.  E così vengono presentate enormi radici o mazzi di peperoncini, o il frutto di una pesca miracolosa portata in un mercato nel quale anche parlare di “banco” è una parola grossa.

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I fisici di queste persone hanno la forza e l’eleganza di chi vive in armonia con la natura, lontano dai grassi, lontano dagli additivi chimici. E’ chiaro l’intento selettivo del fotografo Nedjima Berder che sceglie con cura i suoi modelli per enfatizzarne la bellezza e la loro perfetta armonia e simbiosi con i luoghi in cui vivono. I suoi set sono fatti in luce ambiente, con uno sfondo bianco che rende asettico un angolo di mondo che sarebbe invece circondato da polvere e fango, perchè il Fotografo nel cercare l’immediatezza dei suoi scatti, riesce ad ottenere queste pose fermando i modelli per pochi secondi davanti al suo set mentre loro passano per andare a vendere le merci. Portarli in uno studio significherebbe perderne la spontaneità e l’innocenza. Fotografarli di sorpresa al volo porterebbe all’ennesimo scatto rubato che abbiamo già visto altre volte.

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Nelle foto di Nedjima Berder  troviamo l’intero ciclo della vita, che sfila davanti alla fotocamera. Taglio quadrato, oggettivo, simmetrico, semplice. I suoi modelli hanno qualsiasi età e vivono il lavoro e la vendita con dignità e non sono mai autocompassionevoli e autocommiserevoli. Nelle immagini di questo fotografo c’è l’inno alla fertilità intesa come riproduzione umana ma anche come frutti della terra. I frutti sono sempre enormi e generosi, colorati e allegri, sono essi stessi un inno alla vita e attraverso essi il fotografo ci trasmette tutta la sua passione per il continente nero.

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Infine la scelta del fondale bianco. Anche questa è funzionale al discorso di semplicità che l’Autore si pone di trasmetterci. Un fondale diverso avrebbe portato lo sguardo dell’osservatore a distrarsi dal soggetto, a contestualizzare con altri riferimenti il senso della storia. Lo sfondo viene qui lasciato di un bianco naturale, con quelle tipiche imperfezioni e rugosità che rendono particolarmente unico e fascinoso il Continente Nero. Il bianco, poi, che si contrappone al nero della pelle, diventa anche una scelta grafica e formale di tutto rispetto. La scelta di non utilizzare Photoshop per scontornare il soggetto è, quindi tutt’altro che casuale per questo cameraman-documentarista che in questa occasione si è prestato alla Fotografia.

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Ho amato particolarmente questa mostra, mi ha parlato di un’Africa che pensavo di conoscere, avendola a mia volta fotografata 15 volte, ma che in realtà non avevo mai visto così bella e raccontata in modo così originale. Mi piace questo lavoro fotografico, mi piace per la sua coerenza, per il suo stile, per la sua potenza visiva seppur ottenuta con mezzi essenziali e di basso costo. L’Africa ci insegna che la vita può scorrere anche in un altro modo, con lentezza, essenzialità, e senza sovrastrutture, questo Continente riesce sempre ad appassionare anche chi la conosce.

L’Africa sa raccontare storie senza parlare e sa far molto rumore anche senza muoversi.

Roberto Gabriele

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Scattando nella Grande Mela

Fare un Viaggio Fotografico con noi è un’esperienza che non finisce rientrando a casa.

Il lavoro fatto insieme, la condivisione delle foto dopo il rientro, lo spirito collaborativo che si creano durante e dopo il Viaggio portano a iniziare dei rapporti personali e professionali tra gli Allievi e i Docenti che si trovano riuniti tutti come Soci della Associazione “Viaggio Fotografico”.

Ed è proprio questo che è capitato ad Alessandro Pasqualini, partito nel 2014 per un primo pionieristico itinerario a New York, quarto Viaggio Fotografico a New York per il Capogruppo Roberto Gabriele, prima esperienza per lui, primo viaggio intercontinentale per Viaggio Fotografico.

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Foto: © Alessandro Pasqualini

Alessandro Pasqualini in questi 12 mesi ne ha fatta di strada: è diventato un Professionista e ha esposto le sue foto già in due importanti mostre di cui vogliamo condividere alcune immagini e i relativi link ufficiali.

Nato con una grande passione per il reportage, Alessandro Pasqualini ha poi fatto della fotografia sportiva la sua attività fotografica, ma in queste foto vediamo il suo racconto di una città come New York. Street Photography, immagini dinamiche costruite e raccolte in strada, a volte con intuito, altre con faticose attese a 22 gradi sotto zero appostati con i cavalletti in mezzo a 40 cm di neve per oltre 2 ore a fotografare tramonti e notturni di Manhattan vista da Brooklyn.

Amerigo Village – San Benedetto del Tronto

Mostra Fotografica Chalet Amerigo Village: http://www.alessandropasqualini.it/myalbum.php?id=4809 , a San Benedetto del Tronto (A.P )

[highlight]Una[/highlight]bella esperienza, nata da una mia idea, in collaborazione con uno studio fotografico e con dei ragazzi che mi hanno fatto partecipare al loro festival itinerante.

Ho realizzato la mia prima mostra fotografica utilizzando le foto di un mio viaggio fotografico fatto con Roberto Gabriele nel febbraio scorso. Ho selezionato 21 foto tra le tante scattate a NY, dando volutamente un tipo di impronta a quello che avrei voluto raccontare.

La stampa mi è stata consigliata dallo studio fotografico, invece la realizzazione e la messa in mostra delle foto è stata ideata e progettata da me. Posso dire che sono rimasto soddisfatto tantissimo, sia per le persone che sono venute a visitarl ma soprattutto per i complimenti ricevuti da amici e turisti venuti da diverse parte d’italia a San benedetto in vacanza. Inoltre da pochi giorni ho avuto la fortuna di vendere le mie prime foto. Soddisfazioni che restano.”

Alessandro Pasqualini

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Foto: © Alessandro Pasqualini

Aeroporto di Trieste

Questa mostra nasce in maniera diversa, è direttamente l’associazione dotArt che ha selezionato le mie foto per una loro mostra internazionale che per quest’anno hanno svolto all’aeroporto FVG. Io e la dotArt ci conosciamo tramite un concorso urban del 2014 proprio con loro, dove ho presentato un mio portfolio e da li i primi contatti e scambi di idee e possibilita’ di collaborazione. Dalla loro selezione nasce questa esposizione e messa in mostra: http://www.alessandropasqualini.it/myalbum.php?id=5350

Alessandro Pasqualini

Foto: © Alessandro Pasqualini
Foto: © Alessandro Pasqualini

Come fare ritratti in viaggio (Parte 2)

In QUESTO ARTICOLO abbiamo parlato di come avvicinarci ai nostri Soggetti per ritrarli durante un Viaggio. Abbiamo visto le problematiche culturali e la difficoltà ad ottenere il loro consenso.

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Foto: © Roberto Gabriele

Questa volta invece vedremo gli aspetti più tecnici, quelli che vengono dopo l’approccio, quando cioè il nostro Soggetto ci ha autorizzati a scattare qualche foto, questo è il nostro momento creativo, fotografico. In pochi istanti si scarica tutta l’adrenalina, sentiamo il brivido di scattare e subliminare in un scatto fotografico l’essenza del soggetto, la sua anima, il luogo in cui vive, la sua cultura, gli abiti che indossa e il vissuto personale che porta con e dentro di sè.

Personalmente pur essendo uno smaliziato Fotografo Professionista con 25 anni di esperienza provo sempre grandi emozioni quando scatto foto a qualcuno: sento lo scambio emozionale tra me e il mio Soggetto, sento sempre un grande feeling, ho bisogno di sentire la partecipazione del mio Soggetto allo scatto, che si tratti di una modella perfetta o dell’ultimo degli straccioni che vivono in India ben oltre i limiti della dignità umana.

Comporre l’inquadratura

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Foto: © Roberto Gabriele

Il tempo per fare le cose è sempre poco, spesso i nostri incontri con i soggetti durano pochissimi istanti, secondi. Molto spesso le persone che vorremmo fotografare stanno lavorando, o vanno da qualche parte, per loro già fermarsi è una grande dimostrazione di voglia di collaborare con noi. L’errore più grande che si possa fare è fargli passare la voglia di stare a nostra disposizione. Occorre essere veloci.

Scatta con l’ottica che hai montato in quel momento, NON metterti a fare sfoggio delle tue attrezzature, non cambiare obiettivi, ricorda che per molti quelli che per te sono movimenti naturali hanno un sapore sciamanico, la Fotografia e i suoi rituali possono essere fortemente contrastanti con chi hai davanti. Mettersi a smontare le ottiche fa perdere tempo e toglie la spontaneità del momento e del Soggetto. Scatta subito, non stare lì a costruire ciò che non c’è. Hai davanti a te tutto ciò che ti serve per una foto straordinaria: una Persona. Ci vuole un minimo di istinto e voglia di rischiare di perdere una foto o accettare che non sia perfetta, ma sacrifichiamo volentieri tutto in nome di una spontaneità prioritaria su tutto. Quando ho scattato questa foto avevo un 200 mm montato: impossibile a distanza creare un rapporto con questa ragazza dal profilo bellissimo. Potevo solo sfruttare la luce nel migliore dei modi con una silhouette che esaltasse le linee e le mettesse in contrasto con lo sfondo. Un tono chiaro e il nero. Certo, avrei potuto avvicinarmi, presentarmi, chiederle se potevo scattare salvo farla fuggire a gambe levate…. Ho preferito scattare subito e poi avvicinarmi a lei per condividere con lei il risultato ottenuto.

Rapporto con il Soggetto.

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Foto: © Roberto Gabriele

Tele, 200 mm anche in questo caso. Diaframma 2.8 aperto al massimo, esposizione manuale e curata in anticipo per questo scatto di un’altra ragazza con la pelle nera in controluce. Situazione estrema di ripresa in cui qualunque esposimetro si sarebbe trovato in forte imbarazzo a decidere al mio posto. Quando mi trovo in questi casi preferisco sempre scattare in Manuale per avere già tutto pronto dal punto di vista tecnico e poter scattare immediatamente quando “vedo” il mio soggetto. Il magnetismo di quello sguardo mi ha colpito, lei mi fissava ed era consapevole fino in fondo delle mie intenzioni di fotografarla e io lo facevo senza nascondermi, anzi, cercando una quinta introduttiva sulla destra che mi portasse a lei lasciandola in secondo piano.

Personalmente sono assolutamente convinto che il fotografo deve entrare in un rapporto intimo con il soggetto, deve saperlo affascinare, interessare, stimolarlo. Il rapporto di collaborazione tra i due deve essere massimo e asservito alle necessità fotografiche. E’ il fotografo che comanda, che tiene in mano la fotocamera con la quale decide l’Istante Decisivo in cui eseguire lo scatto. Il fotografo è il regista e deve saper gestire la scena, comandare senza imporsi, deve saper chiedere senza pretendere.

Nella fotografia di ritratto il vero soggetto che ritraiamo è l’anima e non la persona o il suo viso. Conseguentemente a questo punto di vista a mio avviso i migliori ritratti sono quelli in cui la persona guarda in macchina, la fissa, osserva il fotografo che si nasconde attraverso i riflessi delle lenti. In quello scambio impari di sguardi il fotografo vede e decide, mentre la persona prova i moti dell’anima che il fotografo saprà raccontare.

Ritratto Ambientato

Foto: © Roberto Gabriele

a volte il viso di una persona, il ritratto close up sono relativamente meno importanti del contesto ambientale in cui la persona è inserita e vive, è questo il caso del Ritratto Ambientato. Per scattare foto così abbiamo bisogno di un moderato grandangolo che ci permetta di avvicinarci al Soggetto senza stargli troppo attaccati (pensa come ti sentiresti tu con una fotocamera di uno sconosciuto puntata a pochi centimetri dal viso con un obiettivo di focale troppo corta). Il Ritratto ambientato racconta quindi tutto ciò che sta intorno al Soggetto e diventa non elemento di disturbo, ma anzi riempie l’inquadratura di ulteriori dettagli che aggiungono riferimenti su ciò che la persona fa. Prova a guardare cosa è in grado di fare questo uomo con i piedi che lavorano con la stessa abilità ed eleganza delle mani. Riprendere il solo viso sorridente avrebbe eliminato tutto il fascino dello scatto.

Scatti rubati

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Foto: © Roberto Gabriele

Ecco, questo è qualcosa da evitare: rubare foto senza il consenso dell’altro. In realtà in questa foto si vede una dissonanza palese tra il gesto della sua mano che mi diceva di non scattare e il suo viso sorridente che in realtà mi concedeva di farlo giocandoci un pò su con me in un divertente gioco fatto di negazioni opposte.

In posti come gli USA mi sarei già beccato una bella denuncia, altro che un sorriso…. E negli USA me ne sarei ben guardato dal fare una foto senza il consenso SCRITTO della persona ritratta. Il poterlo fare qui perchè sappiamo che non avremo conseguenze, non ci autorizza a prevalicare gli altri con la nostra fotocamera.

Il Flash

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Foto: © Roberto Gabriele

Non uso quasi mai il flash se non per scattare in pieno giorno persone con la pelle nera! Lo faccio perchè la sua schiarita è importante per prendere i dettagli che altrimenti con le ombre dure del sole a picco perderei. In questa foto della donna Touareg con il bambino ho esposto per il flash lasciando lo sfondo del deserto visibilmente sottoesposto ed enfatizzando così il concetto della solitudine di questa coppia madre/figlio dal resto del mondo.

14mm per questo scatto che ha una forte connotazione data anche da un forte editing che enfatizza alcuni colori e ne rende altri irreali.

Conclusioni.

La tecnica è importante, fondamentale, direi. Ma a mio avviso la parte da sviluppare meglio è proprio quella dell’approccio con il soggetto. La tecnica si sostituisce con la tecnologia che diventa sempre più sofisticata e user friendly, ma nessun chip (spero) potrà mai sostituirsi alla relazionalità emozionale che c’è tra fotografo e soggetto.

Regolamento Maratona Fotografica

PRESENTAZIONE:

La Prima Maratona Fotografica di Roma si svolgerà il 20 ottobre 2013, nel weekend d’apertura dei Photographers Days.

Un evento originale per tutti i Romani e non solo: dedicato alle bellezze di Roma e alla voglia di vivere!

 

Ciascun Partecipante potrà fotografare liberamente i Figuranti in stile anni ’60 e ottenere delle immagini che evochino visivamente quel periodo.

 

Regolamento

1) Organizzazione:

VISIVA e Photographers.it, con la direzione artistica del fotografo Roberto Gabriele e l’aiuto di numerosi Partner, tra cui Fotolia, TuttoDigitale, Trasportando.com, Viaggiofotografico.it e FotoSciamanna organizzano la “Prima Maratona Fotografica di Roma”. Un evento fotografico originale per tutti i Romani e non solo: Ambientato nelle atmosfere della Roma degli Anni 50 e 60, dedicato alle bellezze della Capitale e alla voglia di vivere.

La “Prima Maratona Fotografica di Roma” si terrà il 20 Ottobre 2013 alle ore 9,00.

 

2) Informazioni e logistica

La Segreteria della Maratona Fotografica è presso: VISIVA, via Assisi 117, Roma

WEB: http://www.visiva.info/ EMAIL: info@visiva.info TEL: 06/96042680 CELL: 346/7262388

3) TEMA:

La Maratona Fotografica è una manifestazione estemporanea di Fotografia Digitale in cui le foto giudicate migliori verranno esposte presso VISIVA in una mostra collettiva con omaggi dai nostri partner per i migliori classificati.

Il tema della Maratona Fotografica è la Roma degli anni ‘60. Per le ambientazioni a tema l’Organizzazione ha previsto dei figuranti in costume lungo il percorso della Maratona che saranno liberamente fotografabili (con Liberatoria di Gruppo già concessa all’Organizzazione)

4) Requisiti:

Si può partecipare con una fotocamera di qualsiasi tipo: Reflex, Mirrorless, Compatte e Cellulari.

Sono ammesse foto realizzate su supporti digitali o tradizionali (pellicola a colori, bianco e nero, sviluppo immediato) purchè scansionate e restituite come files digitali. Sono ammesse immagini comunque elaborate con sistemi digitali purchè realizzate durante la giornata della Maratona.

Possono partecipare Professionisti e Fotoamatori che abbiano compiuto almeno 18 anni, e i minorenni accompagnati da un genitore che li dovrà seguire per l’intera durata della maratona.

Non sono ammessi a partecipare alla Maratona Fotografica: i membri della Giuria, i componenti della Segreteria, tutti i soggetti che a vario titolo collaborino all’organizzazione della Maratona Fotografica ed i rispettivi familiari.

5) Iscrizioni:

Le iscrizioni sono aperte fino al 19 ottobre online dall’apposito form, pagamento con qualsiasi carta credito/debito oppure presentandosi direttamente presso Visiva la Città dell’Immagine in via Assisi 117 Roma

Costi di Iscrizione a persona:

  • 15 euro Easy Card

  • 30 euro  Vip Card (accompagnati da un Coach che darà spiegazioni su tecniche e composizione)

Per i primi 200 iscritti si applica un prezzo speciale scontato al 50%:

6) Fasi della Maratona Fotografica:

Coloro che non si saranno iscritti online potranno farlo direttamente il giorno stesso della Maratona, domenica 20 ottobre, pagando il prezzo intero.

  • Ore 8:00 alle 9:00 appuntamento per la registrazione presso VISIVA, via Assisi 117

  • Ore 9:30/10:30 briefing tecnico con i Partecipanti.

  • Ore 11:00 inizio Maratona.

– Ad ogni partecipante verrà fornita Card personale di partecipazione e la road-map con il percorso. I partecipanti si presenteranno con la propria fotocamera e con la propria scheda di memoria.

– La Maratona è suddivisa in tre tappe con sistema di punzonatura. Ogni partecipante ha l’obbigo, per il proseguimento della gara, di fermarsi ad ognuno di questi punti e lasciare i propri dati per essere registrato, pena l’esclusione dalla Maratona. LA MARATONA NON E’ A TEMPO, e NON conta in alcun modo l’ordine di arrivo. Ciascun Partecipante ha l’obbligo di rispetttare tutte le norme del Codice della Strada osservando la massima prudenza alla guida, ivi compreso l’uso del casco da motociclista che negli anni’60 non era obbligatorio.

– L’organizzazione si riserva di annullare o rimandare la maratona per cause di forza maggiore.

La “PRIMA MARATONA FOTOGRAFICA DI ROMA” si svolgerà anche in caso di maltempo.

– Terminata la Maratona i partecipanti devono consegnare minimo 3 (almeno una per tappa) e massimo 10 e fotografie alla segreteria di VISIVA, fisicamente o mandandole via mail o usando un servizio tipo web transfer a info@visiva.info entro lunedi 21 ore 23,00

La Giuria selezionerà 30 fotografie che verranno poi pubblicate su appositi album di Fb, con la possibilità per il pubblico di indicare, con il sistema dei “like”, le loro opere preferite. Le 3 opere che riceveranno il maggior numero di “like” riceveranno un omaggio da parte dei Partner.

– Le 30 opere selezionate dalla Giuria saranno esposte presso le gallerie di Visiva dal 27 Ottobre 2013, durante l’Edizione Romana dei Photographers Days. In questa sede verranno anche ufficializzati e premiati i Finalisti scelti, con omaggi dai nostri partner.

Le Stampe fine art delle trenta opere saranno offerte e realizzate dal partner FotoSciamanna.

I Vincitori saranno ufficializzati e riconosciuti tali solo se presenti al momento della Premiazione e solo nel contesto della Premiazione sarà possibile ritirare i Premi.

Le 3 foto migliori decise dalle votazioni pubbliche verranno ricompensate con 3 workshop di Fotografia in Italia offerti da www.viaggiofotografico.it

7) Diffusione:

La partecipazione alla Maratona Fotografica autorizza VISIVA, Photographers.it e gli sponsor della manifestazione ad utilizzare le immagini inviate a tempo indeterminato e con ogni mezzo per la promozione della Maratona Fotografica stessa e di eventuali edizioni future.

La pubblicazione potrà avvenire comunque limitatamente a quanto concerne la promozione della “PRIMA MARATONA FOTOGRAFICA DI ROMA” e citando sempre e comunque il nome dell’Autore.

Non sarà fatto nessun uso commerciale delle immagini diverso da quanto appena indicato senza il consenso esplicito dell’Autore.

8) Diritti di Terzi:

Il Partecipante dichiara sotto la propria responsabilità di essere unico Autore e di avere la paternità a pieno titolo per l’utilizzo delle immagini e che eventuali persone ritratte abbiano dato il loro incondizionato ed esplicito consenso alla pubblicazione e diffusione, pertanto s’impegna ad escludere gli Organizzatori da ogni responsabilità nei  confronti di terzi.

La manifestazione NON E’ A TEMPO e si svolge su strade aperte al traffico, gli Organizzatori invitano quindi tutti i Partecipanti al rispetto rigoroso di tutte le norme del Codice della Strada ivi compresi, l’uso del casco per le moto, e delle cinture di sicurezza per le auto in gara. E’ responsabilità del singolo Partecipante condurre il proprio mezzo nel rispetto delle regole e si esonera l’Organizzazione da ogni responsabilità diretta o indiretta in merito alla mancata osservanza delle norme di Circolazione stradale.

9) Privacy:

I dati raccolti saranno trattati ai sensi del D. Lgs 196/03 e utilizzati da Starring su www.photographers.it per raccogliere le iscrizioni e ceduti a VISIVA e ai Partner al fine del corretto svolgimento della Maratona Fotografica e per altri fini istituzionali e promozionali. I dati raccolti possono essere visionati, modificati, aggiornati o cancellati in qualsiasi momento

10) Omaggi per le foto migliori:

Gli omaggi dai nostri partner saranno consegnati solo ai 3 Finalisti che saranno presenti in sala al momento della premiazione che avverrà a ROMA all’opening della mostra il 27 ottobre 2013 presso Visiva in via Assisi 117.

In caso di assenza di uno dei 3 Finalisti si procederà all’assegnazione dell’ omaggio al Finalista successivo seguendo l’ordine di piazzamento stabilito dalla Giuria.

Premio Speciale: Miglior foto: una tavoletta Grafica Wacom Intuos

Intuos PRO

Alla giuria è riservato il diritto di non selezionare e non assegnare nessun omaggio qualora le opere presentate non raggiungano un livello qualitativo accettabile. Visiva  e www.photographers.it si riservano di non pubblicare le immagini che per qualsiasi motivo dovessero essere ritenute non idonee.

Il giudizio della Giuria è insindacabile e la stessa non è tenuta a motivare la scelta del vincitore.

Per informazioni sito WEB: www.photographers.it/maratonefotografiche

11) Accettazione:

L’adesione alla Maratona Fotografica prevede l’accettazione completa ed incondizionata del presente regolamento.

Prima Maratona Fotografica Romana

con la direzione artistica del fotografo Roberto Gabriele e l’aiuto di numerosi Partner, tra cui VISIVA, Photographers.itFotolia, TuttoDigitale, Trasportando.com, Viaggiofotografico.it e FotoSciamanna organizzano la “Prima Maratona Fotografica di Roma”. Un evento fotografico originale per tutti i Romani e non solo: Ambientato nelle atmosfere della Roma degli Anni 50 e 60, dedicato alle bellezze della Capitale e alla voglia di vivere, avrà come riferimento il film Vacanze Romane, che proprio quest’anno compie sessant’anni.

DOVE E QUANDO:

La “Prima Maratona Fotografica di Roma” si terrà il 20 Ottobre 2013 alle ore 9,00, nel weekend di apertura dei Photographers Days.

TEMA?

La Roma degli Anni ’60 al tempo del film Vacanze Romane. L’Organizzazione mette a disposizione lungo il percorso dei Figuranti in Costume Anni ’60 che saranno liberamente fotografabili e avranno già fornito apposita Liberatoria di utilizzo valida per tutti i Partecipanti regolarmente iscritti.

CHI PUO’ PARTECIPARE?

Possono partecipare Professionisti e Fotoamatori che abbiano compiuto almeno 18 anni, e i minorenni accompagnati da un genitore.

Non sono ammessi a partecipare alla Maratona Fotografica: i membri della Giuria, i componenti della Segreteria, tutti i soggetti che a vario titolo collaborino all’organizzazione della Maratona Fotografica ed i rispettivi familiari.

REQUISITI:

Si può partecipare una fotocamera di qualsiasi tipo: Reflex, Mirrorless, Compatte e Cellulari. Sono ammesse fotografie in Bianco e nero, a Colori, comunque scattate o postprodotte, sono anche ammessi tutti i tipi di supporti digitali, su pellicola o a Sviluppo Immediato.

COME FUNZIONA?

Ciascun Partecipante potrà fotografare liberamente i Figuranti in costume anni ‘60 messi a disposizione dall’Organizzazione e ottenere delle immagini che evochino visivamente quel periodo. E’ anche possibile per ciascun Autore organizzare dei propri set personali portando dei propri figuranti in costume e abbellire il proprio set con auto e moto d’epoca.

La manifestazione NON è una gara a tempo e si svolge su strade aperte al traffico e al pubblico, il percorso è itinerante ma molto breve proprio per dedicare la massima attenzione alla qualità fotografica nel rispetto delle norme di Circolazione previste dal Codice della Strada il cui rispetto è fatto comunque obbligo a tutti i Partecipanti ed eventuali infrazioni sono assolutamente da NON imputare nè direttamente nè indirettamente agli Organizzatori.

QUANTO COSTA?

Quote di Iscrizione a persona:

  • 15 euro Easy Card

  • 30 euro vip Card (Maratona accompagnati in mini gruppo da un Coach di riferimento)

Per i primi 200 iscritti si applica un prezzo speciale scontato al 50%!

ISCRIZIONI E LOGISTICA:

La Segreteria della Maratona Fotografica è presso: VISIVA, via Assisi 117, Roma

WEB: http://www.visiva.info/ EMAIL: info@visiva.info

Le iscrizioni sono aperte ON LINE fino al 19 ottobre online dall’apposito form, pagamento con qualsiasi carta credito/debito ma anche presentandosi presso Visiva la Città dell’Immagine in via Assisi 117 Roma

SI VINCE QUALCOSA?

Si, le 30 foto più votate verranno stampate ed esposte a partire dal 27 ottobre presso Visiva.
Le Stampe fine art delle trenta opere saranno offerte e realizzate dal partner FotoSciamanna.

le 3 foto migliori verranno ricompensate con degli OMAGGI forniti dai Partner della Maratona:

Intuos PRO

 

REGOLAMENTO:

Il regolamento è consultabile direttamente sul nostro sito cliccando qui. L’adesione alla Maratona Fotografica prevede l’accettazione completa ed incondizionata del Regolamento.

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La Città dei Morti

La città dei morti

Questo Viaggio risale al 2007, quando andai con l’amica Egittologa Stefania Sofra a documentare le meraviglie del Cairo, una città a sole 3 ore di volo dall’Italia eppure ai più sconosciuta…. Pochi pensano di poterci fare un week end, quasi nessuno va a farlo…. E invece il Cairo saprà stupirti…

Durante il giorno la gente è al lavoro e le strade sono deserte
Durante il giorno la gente è al lavoro e le strade sono deserte

Interno di una vecchia cappella funeraria, oggi è cucina e zona letto
Interno di una vecchia cappella funeraria, oggi è cucina e zona letto

In questo articolo voglio raccontarti della mia esperienza fatta alla Città dei Morti, un intero quartiere con decine di migliaia di abitanti che vivono abitualmente in un antico cimitero mamelucco.

La Storia

Negli anni ’30 del secolo scorso, circa 80 anni fa, le famiglie più povere della città in cerca di alloggio trovarono comodo andare a vivere nelle cappelle del vecchio cimitero abbandonato a pochi passi dal Centro. Un territorio enorme, una vera città attraversata da ampi Viali che si allungano lungo i muri delle enormi cappelle cimiteriali… Ogni antica famiglia mamelucca aveva una cappella con annesso un piccolo appezzamento di terreno per le sepolture in terra, anche se molti sceglievano di farsi seppellire nei cenotafi, una sorta di tomba in muratura che fuoriesce dal terreno…

Si dorme anche sotto una tettoia: il clima è sempre mite
Si dorme anche sotto una tettoia: il clima è sempre mite

Le famiglie quindi occuparono il vecchio cimitero senza che nessuna Amministrazione facesse a questo opposizione, era un luogo abbandonato e quelli disposti ad abitarci erano fondamentalmente dei disperati che conveniva relegare lì piuttosto che tenerli a bivaccare come barboni in mezzo alla città. Passarono gli anni e le case prese gratis iniziarono a diventare delle dimore che a costo zero iniziavano ad essere meglio che niente e con il passare del tempo queste prolungate occupazioni diventarono per vari motivi (usufrutto, riscatto, usocapione ecc.) a tutti gli effetti di proprietà di coloro i quali le avevano occupate.

Oggi il quartiere di certo non è diventato di lusso come i Doks di Londra abitato dalla gente bene, anzi, continua ad essere un luogo molto umile ma dignitoso e contrariamente a quanto si possa immaginare è un posto molto tranquillo da visitare. E’ piuttosto desolato: la gente qui si alza presto al mattino per andare a lavorare e durante il giorno non vedrai in giro quasi nessuno, i pochi che restano sono persone molto accoglienti che ti faranno entrare in casa loro a vedere come nelle vecchie tombe oggi ci siano stati piantati i pomodori dell’orto…. Ti mostreranno come i cenotafi oggi siano i loro piani di cottura o dei giardini pensili da innaffiare tutti i giorni…

Le cappelle del cimitero mamelucco usate per dormire
Le cappelle del cimitero mamelucco usate per dormire

Il Governo di oggi, come quello di 80 anni fa, continua a tollerare la situazione ma non ad accettarla, di certo nessuna guida mai ti parlerà di questo quartiere, di certo se l’Amministrazione potesse farlo sparire lo farebbe, ma ci abitano troppe persone e non è possibile raderlo al suolo nè togliere le case a chi con tanta fatica se le è riscattate. Troverete difficile anche farvi accompagnare qui da un taxi, è strano , ma agli Egiziani questo posto proprio non piace.

Le sepolture in terra oggi diventano orti e giardini
Le sepolture in terra oggi diventano orti e giardini

I cenotafi diventano comodi rialzi per vasi e piante da giardino
I cenotafi diventano comodi rialzi per vasi e piante da giardino

Di certo se capiti al Cairo una visita di un paio di ore alla città dei morti conviene farla per scoprire una vera città in cui non ci sono quasi per niente automobili, in cui durante il giorno il silenzio è assordante e il pomeriggio nelle strade si riversano a giocare i bambini dopo la scuola, nel pomeriggio vale la pena venire qui, quando gli abitanti sono in casa e ti mostreranno dove e come vivono, dove ti offriranno un thè comodamente seduto su una cassetta per frutta all’ombra di un pergolato fatto di lamiera… Qui gli unici rumori durante il giorno sono quelli del martello del fabbro che echeggia a centinaia di metri di distanza o di piccole macchine tessili quando passi davanti ad una bottega la cui porta resta sempre rigorosamente aperta…

Vita semplice con un thè
Vita semplice con un thè

 

PROSSIMI VIAGGI AL CAIRO:

Tieniti pronto: qui farai un salto in un luogo senza tempo, sospeso tra modernità e tradizione, torneremo con Viaggio Fotografico alla Città dei Morti, se vuoi essere informato di quando partiremo contattami:

Roberto Gabriele: 347 3790441 oppure via email o WEB:

robertogabrielefotografo@gmail.com

Al pomeriggio si torna a casa e le strade non sono più deserte...
Al pomeriggio si torna a casa e le strade non sono più deserte…

 

Mediterraneo su RAI3

Per concludere, vorrei condividere con Te che hai letto fin qui questo Articolo, una mia bella soddisfazione: le foto che stai vedendo sono state utilizzate come sigla finale del programma Mediterraneo su RAI3 nella puntata del 9 giugno 2013.

Ringrazio Adelaide Costa che ne curò la selezione e il montaggio.

The Trip in Mostra a Roma

Questa mostra sembra essere stata fatta apposta per noi di Viaggio Fotografico! Nel nome, nei contenuti e per lo stile… Invece NON ci assumiamo la paternità di questa bellissima esposizione e ne parliamo con la voce di chi l’ha visitata e apprezzata.

Prendiamo uno dei più begli spazi espositivi del mondo, immaginiamo che questo spazio “espone” qualcosa da più di 2000 anni, prima era un mercato ed esponeva merci, ora è una prestigiosissima galleria d’arte che espone opere. Immagina, se non ci sei mai stato, che questo spazio enorme  si affaccia con ampie vedute e terrazzi sui Fori Imperiali, pensa che tra un’opera e l’altra puoi camminare tra le rovine di epoca romana e avere una vista mozzafiato sulla storia, cerca di immaginare infine cosa significa vedere una mostra di arte moderna in uno spazio così antico… Ecco… hai fatto già due viaggi: uno nel tempo e uno con la fantasia. In questo contesto unico al mondo, il terzo viaggio te lo fa fare The Trip Magazine con la sua mostra Travel Routes in Photography.

Vedere una mostra in un contesto del genere è già di per sè un’esperienza straordinaria, aggiungici poi quattro bellissimi progetti fotografici e hai un mix incredibile di emozioni che ti verranno dal visitarla. Simon Norfolk, Elaine Ling, Giancarlo Ceraudo e Cristina De Middel sono i quattro Autori che ci raccontano il loro modo di viaggiare e di vedere il mondo. Lo fanno con il tipico stile della rivista The Trip, un free magazine bellissimo, curatissimo, dalla grafica raffinata di impaginazione diffuso a livello internazionale che viene diffuso anche grazie ad happening strategici come questa mostra, o le serate fatte al Chiostro del Bramante e al MACRO di Roma…

Il primo dei quattro Progetti, di Elaine Ling, ci propone all’ingresso della mostra delle gigantografie sospese con dei bellissimi baobab (giganti anche loro) scattati in grande formato su Polaroid Bianco e Nero a sviluppo istantaneo.

Il secondo lavoro a cura di Giancarlo Ceraudo ci parla di Cuba e di un modo onirico di raccontarla, anche questa in bianco e nero, l’isola caraibica perde i suoi famosi colori per essere vista con un dinamismo particolare dato da inquadrature suggestive, dal mosso e dal probabile uso del lensbabyes per ottenere effetti molto particolari di sfocatura zonale.

Passiamo poi a Cristina De Middel che al primo piano ci propone un ironico, geniale e improbabile viaggio spaziale rievocando una divertente conquista dello spazio da parte dello Zambia, una sorta di Armata Brancaleone alle prese con un’impresa più grande di lei.

Per finire espone Simon Norfolk che riprende delel vecchie fotografie dell’800 fatte dal primo fotoreporter che sia andato a documentare la guerra in Afghanistan e le ripropone oggi documentando come sia cambiato tutto, tranne, purtroppo la guerra che continua a martoriare questo paese.

Abbiamo visitato la mostra con gli Allievi della mia Photo Academy e camminare tra le opere esposte in mezzo ad antichi resti è un viaggio nel viaggio, vorrei suggerire a Te che sei arrivato a leggere fin qui di non perderti questa straordinaria esperienza visiva.

Helmut Newton in mostra a Roma

Il Palazzo delle Esposizioni di Roma ha fatto l’ennesimo grande omaggio alla Fotografia contemporanea, ormai la prestigiosa galleria in via Nazionale ci propone solo emozioni fotografiche di altissimo livello.

Sono andato ieri con i miei Allievi della Photo Academy in visita alla mostra di Helmut Newton, senza dubbio un nome che ha fatto la storia della fotografia anche quando era ancora vivo. Famosissimo e amatissimo da tutti Helmut Newton è sempre stato un personaggio di grande spicco, un divo a tutti gli effetti, parte integrante dello star system che ha sempre raccontato e descritto nelle sue immagini. Newton insomma non è mai stato un osservatore di un certo mondo, non un narratore reporter affascinato dai suoi soggetti, lui raccontava il suo mondo vivendoci dall’interno come suo stile di vita e mostrandoli all’esterno con le sue fotografie come icone di un mondo altrimenti inaccessibile ai più.

Le sue immagini ci raccontano di ville con piscina a Montecarlo, di attici a Manhattan o ai piedi delle Torre Eiffel, lui scattava per lo più in casa di amici o in quelle delle persone che ritraeva o nelle sue case che aveva sparse per il mondo. Le sue location preferite erano le grandi città come Parigi o Berlino, o le ville monumentali del lago di Como… Visioni di vita quotidiana, la sua. Concessioni fatte all’umanità di poter dare uno sguardo ad un mondo abitato da donne bellissime, discinte e disponibili, che vivono in case da film. Quelle di Newton sono delle visioni voyeuristiche di una società occidentale ricca e opulenta, arrogante e trasgressiva. Le donne di Newton sono annoiate, prepotenti, capricciose  e  fisicamente perfette, sono le donne che tutti gli uomini vorrebbero avere ma nessuno vorrebbe sposare, ma sono donne spesso tristi, insoddisfatte, la loro disponibilità è solo  fisica, non morale.

Queste donne si baciano tra loro per noia, perchè vivono da sole in case senza uomini troppo affaccendati a fare altro. Le rare volte che gli uomini appaiono al cospetto di queste donne languide hanno sempre un ruolo subalterno, sottomesso, servile. Ecco quindi uomini baciare manichini o stare con lo sguardo basso, preso da altri pensieri mentre ci sono due donne davanti a lui riflesse nello specchio che amoreggiano tra loro completamente nude. Le donne di Newton arrivano ad interpretare il ruolo dell’altro sesso fino al punto di indossare abiti maschili e a tagliarsi i capelli in un continuo gioco fatto di ruoli e di identità. Gli uomini nel migliore dei casi stanno a guardare o sono schiavi della bellezza femminile.

Le modelle che il grande maestro tedesco sceglie per le sue visioni fotografiche giocano alla cavallina con tanto di frustino tra i denti all’interno di lussuosissime residenze, vestono con vertiginosi tacchi a spillo e ostentano la loro superba bellezza facendone un uso di fortissimo erotismo, mai volgare, mai pornografico. Per primo Newton ha portato il nudo nella fotografia di moda, pubblicizzando gli abiti e gli atelier internazionali con modelle in nudo integrale.

Vedendo la mostra di Roma, con oltre 200 foto tratte da 3 libri che sono stati diffusi in tutto il mondo, si ripercorre la storia della poetica visiva di questo grande artista. L’osservatore poco attento viene immancabilmente rapito dalla bellezza plastica delle modelle che qui vengono usate nel vero e proprio senso letterale del termine per interpretare il loro quotidiano, per quanto questo sia distante dal vissuto comune. Ad uno sguardo più approfondito ci si rende conto di come queste foto abbiano dettato 40 anni fa gli stili della fotografia moderna e contemporanea, di come le sue inquadrature, i suoi tagli e lo stile cromatico che otteneva in camera oscura siano oggi del tutto attuali e gli stessi che cerchiamo di ottenere con gli effetti di Photoshop.

Altra cosa che sconcerta chiunque visiti la mostra di Newton al Palazzo delle Esposizioni di Roma è la vastità e la quantità delle opere esposte oltre che il loro allestimento. La sezione dei Big Nudes è quella che mi ha di più affascinato, qui le donne appaiono nelle gigantografie stampate a dimensione naturale in una sorta di ricostruzione “in copia dell’originale”. Le ragazze diventano cloni di sè stesse in scala 1:1 e la loro giovane bellezza viene consegnata all’immortalità della fotografia mediante la conservazione eterna del negativo fotografico.

 

Per saperne di più:

Consultare il sito del Palazzo delle Esposizioni di Roma: http://www.palazzoesposizioni.it/categorie/mostra-helmut-newton Apertura al pubblico fino al 21 luglio 2013.

 

Come fare ritratti in viaggio (Parte 1)

Il ritratto fotografico in viaggio

Il ritratto fotografico non manca mai all’interno degli scatti che riportiamo a casa. I motivi per fare fotografie durante i nostri viaggi sono tantissimi e ciascun Viaggiatore e Fotografo ha i propri soggetti preferiti, ma al ritorno da qualunque destinazione tutti noi portiamo la foto delle persone che hanno viaggiato con noi o che abbiamo incontrato lungo il nostro percorso.

Immancabili sono le foto che scattiamo alle varie etnie, ai vestiti tipici, ai tratti somatici, ai mestieri e agli accessori che ciascuno nella propria cultura, nel proprio Paese usa quotidianamente ma attrae la nostra attenzione di Viaggiatori e di Fotografi. Questo genere fotografico, il ritratto, porta a doversi misurare con varie problematiche, in questo articolo vediamo quali.

Occorre distinguere tra viaggio e viaggio, molto dipende da che tipo di persone incontriamo e quale tipo di cultura abbiano. Nei Paesi “Sviluppati” c’è (contrariamente a quanto in genere si pensa) maggiore diffidenza nei confronti di una fotografia scattata per strada le ripercussioni possono essere anche violente o legali. Chi di noi si farebbe fare una foto da un straniero di passaggio al semaforo? Nei Paesi che ancora vivono una civiltà rurale le cose diventano più facili e divertenti e abbiamo sempre tanta spontaneità che in noi Occidentali è scomparsa de decenni.

_RGA5863Problemi etici e morali

Il mondo è grande e le culture sono tante. Diciamocelo chiaramente: le cose più sono diverse da noi più ci piacciono e attirano la nostra attenzione e di conseguenza i nostri scatti fotografici.

Spesso partiamo apposta per andare a vedere certi Paesi e le loro etnie, per cercare quella diversità culturale da raccontare con le nostre immagini e il nostro interesse spesso si concentra sulla povertà altrui. Ora mettiamoci dalla parte di chi sta a casa sua, vive la sua vita in una casetta umile se non in una capanna o addirittura in una baracca…. Cosa penseremmo al loro posto vedendo un bel gruppone di Fotografi in vacanza che si presentano armati di fotocamera a caccia di immagini??? Beh…. Accettare il proprio stato e viverci è un conto, ben altra cosa è invece vedersi fotografati nella povertà come dei fenomeni da baraccone. Esistono sentimenti come la vergogna della propria miseria che andrebbero da parte nostra riconosciuti e rispettati. Che ci si creda o no per qualcuno la fotografia degli occhi ruba l’anima del soggetto ritratto, questo succede in ambiti religiosi animisti. In Yemen invece è tassativamente vietato per chiunque fotografare le donne anche se completamente velate sotto i loro burqa ma al contrario gli uomini accorrono spontaneamente a farsi fotografare ogni volta che vedono un turista intento a scattare tutt’altro. Bisogna anche evitare di fare foto di nascosto e tanto meno contro la volontà già espressa da qualcuno in tal senso: in Africa si rischia di passare alle mani, negli USA si rischia una bella denuncia per violazione della privacy e del diritto all’immagine…

Approccio con il soggetto ritratto.

ritratto
Bambino con Corano. Mali. Foto: © Roberto Gabriele

Vedere una persona, apprezzarne la fotogenia e scattare di nascosto il ritratto del secolo è il modo migliore per un fotografo farsi odiare dai propri soggetti. Occorre un approccio più morbido, forse basterebbe spesso quella che si chiama buona educazione o il semplice rispetto dell’altro. Quante volte ci è capitato di ricevere rifiuti ad essere ripresi da parte delle persone??? Quante volte abbiamo provato a chiedere il consenso allo scatto? Un pò di psicologia pratica nella vita non fa mai male vediamo come usarla per fare in modo che le persone siano più portate a posare per noi… Chiunque sia intento nelle proprie attività di vita lavorativa o privata, di norma preferisce restarci indisturbato e continuare la propria vita liberamente nonostante la presenza di numerosi turisti intorno… Un buon modo per relazionarsi con le persone è…. SALUTARLE!!!! Certo che un “Buongiorno” in Italiano è meglio che niente, un saluto si capisce anche dal gesto, ma è comunque meglio salutare nella loro lingua, prima di partire un minimo di frasario di circostanza dovremmo impararlo…. Buongiorno e arrivederci, grazie e prego nella lingua locale sono il vocabolario di sussistenza necessario per rompere il ghiaccio con chiunque, imparare 4 parole in una nuova lingua non richiede un gran sacrificio… Salutate sempre. SORRIDETE!

Il sorriso accompagnato al saluto sono il modo migliore per entrare in empatia con chi abbiamo di fronte…. Quando scattiamo un ritratto suggerisco anche di muoversi lentamente, di non essere troppo invadenti, di non voler apparire al di sopra del nostro interlocutore nè con i toni, nè con le parole, sorridere è un conto, ridergli in faccia e prenderlo in giro con la certezza che non capisca la nostra lingua è un’altro discorso….. Anche se non capisce le parole e il loro significato, capirà senz’altro i nostri pensieri, le emozioni che gli trasmettiamo…. Non toccare mai le persone, sembra banale, scontato ma non sempre è così…. Impariamo a chiedere le cose con i gesti, e ad interagire il meno possibile con la spontaneità delle persone che ritraiamo. Se sorridono o sono serie riprendiamole così come sono e sentono di essere, senza volerne cambiare noi gli stati d’animo: ridurremmo l’efficacia della foto e porteremo con noi una foto mal costruita.

Altri elementi che senz’altro possono essere di aiuto in uno scambio di cortesie mentre scattiamo un ritratto a qualcuno possono essere il parlare del tempo (lo facciamo anche da noi) basta indicare verso il cielo e fare dei gesti che spieghino il concetto di caldo o di pioggia o freddo ecc. Se il soggetto ha dei figli con sè potete presentarvi con il vostro nome, (sempre a gesti) e chiedere il nome dell’altra persona e/o dei suoi figli: a chiunque fa piacere parlare della propria famiglia. In tutto il mondo.

NON ABBIATE FRETTA! E NON MOSTRATE all’altro che l’unica cosa che volete è scattargli una foto, mostrategli invece che siete SINCERAMENTE interessati a lui/lei. Ricordate il “Piccolo Principe”? Ecco come esprime il creare un rapporto tra due persone: Bisogna essere molto pazienti. In principio, tu ti sederai un po’ lontano da me, così, nell’erba.  Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino.  Poi il giorno dopo ancora più vicino .. finché mi potrai toccare .. Saremo diventati amici, non avremo più paura uno dell’altro. Questo è ciò che possiamo fare per avvicinarci agli altri. Magari non mettiamoci giorni, ma qualche minuto è preferibile…

ritrattoLiberatorie per il ritratto.

Servono o no??? Eh… dipende da che punto di vista intendiamo la cosa e sopratutto cosa vogliamo fare con quella foto. Siamo onesti con noi stessi: sappiamo che pubblicheremo quella foto su una Rivista Internazionale o Nazionale di ampia diffusione, un sito WEB o un Social come Facebook? Si? E allora DOBBIAMO avere una liberatoria, anche se su facebook apparentemente nessuno si lamenta, ma non è così per tutti perchè per alcuni potrebbe essere una vera violazione del proprio diritto all’immagine e potrebbero prendersela davvero a male.

Se invece sappiamo che quelle foto di ritratto le terremo solo per noi, non abbiamo bisogno di nulla perchè la liberatoria è necessaria solo per la pubblicazione, e non per lo scatto in sè. Il buon senso ci aiuterà a fare le scelte giuste. Se una persona mi ha dato il suo assenso allo scatto, me lo darà probabilmente anche per la pubblicazione. Sempre in linea teorica dovremmo avere con noi un modulo scritto nella lingua locale da far firmare a chiunque. Questo è possibile con una APP che si chiama Easy Release ed è disponibile su iPHONE, unico problema è che contempla le maggiori lingue del mondo e non tiene in alcuna considerazione le lingue minori che parlano 3 miliardi di persone, spesso analfabeti…

Ancora sul buon senso: se andate negli USA e non vi fate firmare la liberatoria state pur sicuri che qualcuno verrà a chiedervene conto in tribunale e ci rimettereste sicuramente perchè avete torto marcio. Le liberatorie fatte firmare prima, insieme al consenso di simpatia, sono decisamente più formali, ma stabiliscono dei ruoli. In Africa non sapete cosa farvene delle Liberatorie perchè spesso (senza qui voler fare discorsi razzisti, ma solo statisticamente veri) i vostri soggetti sono analfabeti o magari possono essere sospettosi, vanifichereste quella sana atmosfera di amicizia che avevate costruito fino a quel momento.

Pagare per un ritratto?

_RGA5727In linea generale direi di non pagare mai nessuno per fargli un ritratto fotografico. Se è vero quello che abbiamo detto fino a questo punto, allora è anche vero che il ritratto a qualcuno in un Viaggio è un puro scambio di cortesia e di simpatia reciproco, la sua forza è nella gratuità stessa del gesto reciproco. Un viso mi piace per una serie di motivi, chiedo esplicitamente di poterlo fotografare, poi all’assenso ricevuto NON può seguire una richiesta di denaro.

In questo caso il rapporto è regolato secondo altri parametri che non sono quelli visti fino a questo punto. I Gladiatori al Colosseo si fanno pagare, ma quelli non sono neanche Romani ma Romeni (è vero!) e fanno quello per mestiere: discutibile e opinabile ma sono lì apposta: se vuoi fotografarli paghi. Di certo NON HAI NULLA DI VERO in loro, non sono veri gli abiti, non sono veri i personaggi, sono dei figuranti in costume che paghi in cambio della loro bonaria prestazione (a Roma chiedono 5-10 Euro). In Etiopia vale la regola del: “1 photo-2Birr” ossia con il nostro cambio: 1 foto per 0,2 Euro.

Queste sono persone che (a differenza dei falsi Gladiatori) mantengono vive le loro tradizioni e la loro cultura che altrimenti svanirebbe in pochi anni e per farlo si mantengono facendosi pagare dai turisti. Niente soldi=niente foto. Con loro il pagamento di una foto per un ritratto è dovuto e serve proprio a far avere per loro un senso a non occidentalizzarsi, a rimanere fedeli alle loro tradizioni. L’uomo di questa foto infine era un personaggio che ho gratificato per sola simpatia, non mi aveva chiesto nulla, e dopo gli scatti, prima di andare via, gli ho dato io un piccolo aiuto. Anche in questo caso il rapporto è perfettamente etico e ben gradito come si vede dalla sua faccia gioiosa… Giusto per la cronaca: questa era la foto più bella che gli ho fatto, l’ho fatta per puro caso prima di andare via.

Promesse.

Con le nostre moderne fotocamere digitali è frequente mostrare le proprie foto al soggetto immediatamente dopo averle scattate. A quel punto viene dal Soggetto la richiesta di inviargli alcune foto su carta o via email o via facebook e la nostra risposta “CERTO!!! LO FARO’ SICURAMENTE” deve poi diventare un impegno sacramentato. L’errore più grave che possiamo fare è quello di mentire a chi si è fidato di noi. NON è etico, non è morale. Siate onesti, leali e mantenete le promesse fatte. SEMPRE.

Conclusioni.

Và dove ti porta il cuore…. Sii spontaneo e goditi quel momento dell’incontro. Sii aperto ad ascoltare, ancor prima di essere spontaneo nel chiedere. La gestione del rapporto sta nelle tue mani, sei tu che scatti, sei tu che chiedi qualcosa, sei tu a dettare i tempi e le modalità, ma devi farlo rispettando gli altri che hai di fronte.

Divertiti insomma e oltre ad una bellissima foto porterai le sensazioni bellissime che hai vissuto davanti a quella persona.

Seconda parte

Leggi la seconda parte della nostra guida: Ritratti (parte 2)

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