C’era una volta il mare

C’ERA UNA VOLTA IL MARE
Il lago di Aral

Negli ultimi decenni si è consumato un enorme disastro ambientale, quasi sconosciuto, ma forse il più grave; grave perché ampiamente previsto fin dal 1964 da studi appositamente commissionati e ciò nonostante scientemente perseguito.

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L’Aral era un grande lago salato, quasi tre volte la Sicilia. Tanto grande da essere chiamato “mare”, il Mar d’atal. Ed era molto pescoso.

Moynak, in Uzbekistan,  era un tempo una ridente cittadina sulle rive del Mar d’Aral. Oggi non ride più, perché l’Aral non c’è più. Viveva grazie alla pesca e alla lavorazione del pescato, inscatolato sul posto in una fabbrica i cui prodotti rifornivano tutta l’URSS, di cui faceva parte l’Uzbekistan.

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Ma nel secolo scorso l’URSS volle sviluppare l’agricoltura in zone semidesertiche, attingendo le acque d’irrigazione dagli immissari dell’Aral. Si sapeva che l’Aral sarebbe morto, ma si pensava di sfruttare anche le nuove terre emerse per questa coltivazione.

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Le acque cominciarono a ritrarsi dal 1960. Nel 2007 il 90% dell’Aral era sparito; la salinità dell’acqua rimasta era decuplicata, rendendo impossibile la vita. La flotta di pescherecci fu abbandonata ad arrugginire sul fondo prosciugato del lago.

La lavorazione del pesce però continuò inscatolando il pescato del Mar Baltico, trasportato in Uzbekistan da migliaia di chilometri, e poi ridistribuito a migliaia di chilometri di distanza. Ma la dissoluzione dell’URSS rese insostenibile questo sistema e la fabbrica fu abbandonata. Lasciando gli abitanti senza risorse: anche l’agricoltura è impossibile, perché le acque dell’Aral, ritirandosi hanno lasciato sul terreno un concentrato di sale, fertilizzanti e pesticidi, con l’aggiunta delle scorie tossiche gettate in acqua da una base militare sovietica, situata in un isola in mezzo all’Aral.

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Quando il clima diventa caldo e secco, il che accade molto spesso, il terreno diviene polveroso; il vento porta questa polvere tossica sulla città e i suoi abitanti, ma arriva anche a centinaia di chilometri.

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L’unica cosa che cresce sono dei miseri sterpi, buoni solo per le capre e le pecore. Per il resto si vedono uomini e bambini tra le macerie di quella che era la fabbrica del pesce, alla ricerca di rottami ferrosi da vendere per pochi spicci. Non c’è acqua corrente, non ci sono fognature. I bambini che giocano per le strade polverose, sorridendo felici come tutti i bambini, sono l’unica nota di speranza.

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Si va in Uzbekistan per vedere la favolosa Samarcanda e le antiche città che costellavano la via della seta. Ma visitare l’Aral, significa visitare qualcosa che non c’è, un non-luogo, un non-mare, pieno di non-acqua e di non-vita. Una distesa di chilometri di conchiglie bianche nel deserto. Non sono le conchiglie fossili che si trovano anche in montagna: sono conchiglie che solo pochi anni fa ospitavano un essere vivente e ora sono li a tappezzare quello che era un fondale.

desertoIntanto le navi fantasma solcano il deserto, guidate da un faro spento che sorge dove non c’è più la costa.

Foto e parole di Roberto Manfredi

Questo racconto ha partecipato al  Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

La mostra presso OTTO Gallery, Roma

La storia di Roberto Manfredi qui pubblicata è esposta a Roma fino al 21 febbraio 2024 presso la OTTO Gallery in Piazza Mazzini 27, scala A piano 4.

Quelle che seguono qui sono le foto dell’allestimento:

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La materassaia di Bukhara

Mi chiamo Narghisa sono una materassaia.

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Lavoro in questo edificio da così tanto tempo che oramai lo chiamo casa.

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Qua trascorro gran parte della mia giornata e con ago e filo cucio insieme scampoli di stoffa e scampoli di vita.

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Le fotografie sbiadite alle pareti raccontano di un tempo lontano, lavoravamo in tanti, oggi sono rimasta solo io.

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Scrivo a mano con precisione sul mio quaderno gli ultimi ordini.

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A breve il laboratorio sarà venduto, stanno costruendo grandi alberghi, stanno immaginando grandi cose e strumenti piccoli come ago e filo non ce la fanno più a tenere insieme i pezzi della storia.

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Non so cosa ci sarà qui domani e se resterà la traccia di un ricordo, quello che so è che tutto ciò che fin ora ho realizzato l’ho fatto con le mie mani.

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Foto e parole di Laura Pierangeli

“La materassaia di Bukhara” ha partecipato al  Travel Tales Award 2023. Clicca sul link per partecipare anche tu alla nuova edizione.

Lago Aral

“Il mare di sole” del lago Aral

Sui banchi di scuola avevo imparato che nel lontano continente asiatico esisteva un immenso lago salato, che noi chiamiamo lago di Aral, ma che nella lingua locale è chiamato « mare di sole ».

Il suo bacino acquifero era grande tanto quanto la superficie dell’intera Svizzera. I pescherecci solcavano le sue acque, mentre nei porti ferveva l’attività dell’uomo.
Così, un bel giorno di primavera dell’anno 2018, mi ritrovai a 4’000 km da casa, nel Karakalpakstan, sulle rive di quello che, nei miei libri di scuola, veniva definito il quarto più grande lago al mondo.
Mi ritrovai sulle sponde di un deserto dove lo sguardo si perdeva nell’infinito alla ricerca di un orizzonte incerto.
Il lago del mio vecchio atlante di scuola era letteralmente evaporato.

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Incontrai un ragazzino sveglio, che mi disse che lui il mare non l’aveva mai visto, ma a scuola gli avevano insegnato che, da qualche parte, il mare esisteva ancora e lui un giorno ci sarebbe andato. Fu così che partii in una sorta di pellegrinaggio alla ricerca del mare perduto.

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Lungo il tragitto attraversai quello che era stato un borgo di pescatori, un villaggio oramai dimenticato dal resto del mondo e dalle mappe.
Le tracce di una qualche forma di sopravvivenza umana erano tristemente visibili.

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Fu lì, che mi apparve una scuola frequentata da giovani, vestiti con cura, spensierati e divertiti dalla mia inattesa quanto improbabile presenza. Ritrovai i simboli di una mia quotidiana « normalità ». Vedevo una nuova generazione di giovani, simbolo di rinascita e di speranza, proiettata verso un futuro sicuramente diverso da quello dei loro padri e dei loro nonni che furono pescatori. Una nuova generazione che apprende dell’esistenza del mare dai libri di storia anziché dai libri di geografia.

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Dopo svariate ore di fuoristrada, attraverso quello che fu il fondale del lago di Aral, i mi ritrovai davanti al « mare di sole ».
Una fangosa reliquia, che appartiene oramai ai libri di storia.

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Foto e parole di Francesco Dolfi

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Vieni con noi a scoprire il Lago Aral:

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Uzbekistan

Kupkari di Carmen Garcìa Llorens

Viaggio in Uzbekistan, durante il Navruz, la festa della primavera.

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Tutto il paese, proprio lungo la mitica Ruta della Seta, è da raccontare perché è bellissimo. Ma mi fermeró soltanto all’esperienza eccezionale che ho vissuto quando ho assistito, vicino a Samarcanda, alla celebrazione del Kupkari, un antico gioco di cavalli tradizionale dei nomadi dell’Asia Centrale. Un bambino era stato circonciso e suo nonno aveva organizzato la festa in suo onore.

“Kupkari” significa “prendere la capra”. L’obiettivo del gioco è prendere la carcassa di una capra e muoversi in qualsiasi direzione fino ad allontanarsi dagli altri giocatori e portarla al posto indicato dalle regole del gioco.

 

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Quando siamo arrivati sul posto centinaia di cavalieri con i loro cavalli si stavano preparando per la festa. Una moltitudine di uomini, bambini, cavalli, auto, furgoni, si riunivano in una mattina nuvolosa, povera di colori. Nessuna donna, nessuna bambina, solo le cinque donne del nostro gruppo di turisti.

 

 

Ci siamo sentiti trasportati in un’epoca passata, come in un film storico. Quei cavalieri con i loro vestiti tradizionali, montati sui loro cavalli ornati di attrezzi colorati…

 

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Noi eravamo stupiti da quello che avevamo davanti, ma loro non lo erano meno. Chi  guardava chi?

La guida ci ha detto che forse non avevano mai visto una donna occidentale lì, ad una festa per uomini. La polizia ci chiede di andarcene, troppi uomini, alcuni ubriachi,  non era sicuro. Ci allontaniamo dallo sciame di uomini e ci mettiamo in un posto più lontano da dove guardare la festa.

 

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Ben presto si sparse però la voce che c’erano dei fotografi stranieri sul posto. Credo che fossero curiosi quanto noi e non smisero di avvicinarsi al nostro gruppo, amabili ci sorridevano e ci salutavano con la mano sul cuore.
Un vecchio chiese alla nostra guida: Di dove sono? – Dall’Italia, rispose Bek, la nostra guida.- Dov’è, è oltre Mosca? Chiede il vecchio uzbeko con la sua innocenza.

 

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Gli uzbeki ci dimostrarono la loro generosità quando i cavalieri fecero più d’una corsa verso di noi per mostrarci da vicino il gioco, tanto che la faccia del cavallo era proprio davanti alla nostra!

Gli spettatori, a volte estranei al gioco, facevano battute, mangiavano semi di girasole, bevevano. I cavalieri con la capra, una corsa di qua, una corsa di là, finirono esausti, pieni di sudore e polvere. Dopo diverse ore, finito il gioco, tornarono alle loro case, di nuovo a piedi, con i loro cavalli o nelle loro vecchie auto piene di gente.

 

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Li abbiamo salutati anche noi con le nostre mani sui cuori. Loro ci hanno dedicato sorrisi e gesti di rispetto. Indimenticabile.

 

Foto e parole di Carmen Garcìa

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Buzkashi o Kupkari, ossia: acchiappa la pecora

Certi viaggi fanno parte di noi ancor prima di partire. Fanno parte del nostro DNA da quando nasciamo, ci appartengono come se fosse un nostro diritto farli prima o poi, e quando riusciamo a partire per certe destinazioni non ci stupiscono neanche più di tanto perchè già ne  conosciamo i dettagli, le cose che vediamo dall’altra parte del mondo appartengono già al nostro archivio dei sogni, alla galleria iconografica che giorno dopo giorno costruiamo nella nostra vita quando, dentro noi stessi, archiviamo le emozioni ed esse diventano il nostro modo di essere. Tutto questo è proprio quello che mi è successo quando sono partito la prima volta per l’Uzbekistan.

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La Maestra del villaggio ci da il benvenuto a casa sua: è onorata della nostra visita

Chi se lo sarebbe mai immaginato: in due anni ci sono andato tre volte… Molte persone non sanno neanche dove si trovi questo Paese, alcuni non lo hanno neanche sentito nominare, altri non hanno neanche idea che la famosa Samarcanda si trova qui. Ma in Uzbekistan ci sono altre cose che abbiamo studiato sui libri di geografia come il Lago Aral, il quarto più esteso del mondo, che nel giro di soli trent’anni è stato completamente prosciugato da una scellerata politica agricola dei Bolscevichi che all’epoca governavano. Tanti altri hanno studiato a scuola la Via della Seta di Marco Polo e magari non sanno che una parte di quei 12.000 chilometri che uniscono Roma e Pechino passano proprio in territorio uzbeko. Adesso la situazione è forse più chiara per molti e tutti si sono fatti un’idea di dove cercare sul mappamondo…

Prima del Buzkashi vengo invitato a casa della Maestra a prendere un the e a mangiare delle arachidi con loro.

Insomma siamo in Asia Centrale, circondati da Paesi ancor meno noti come il Tagikistan, il Turkmenistan, il Kazakistan e l’Afghanistan… Un territorio lontanissimo dal mare ma molto fiorente di commerci e scambi culturali… Culture sospese tra oriente e occidente, interi popoli  che portano ancora ben chiare nella memoria storica recente le dominazioni sovietiche che ci sono state fino ai primi anni 90 del ‘900.

In tutta questa enorme area del mondo, ci sono montagne aspre e selvagge che hanno portato l’uomo a vivere a strettissimo contatto con le forze della natura e a vivere di pastorizia: il rapporto con gli animali diventa quindi quotidiano di rispetto e di sfruttamento. Gli animali vanno accuditi perchè forniscono carne, latte, uova, o forza lavoro. E in questa ottica va letto lo sport più diffuso e sentito da queste parti che non si trova in alcuna altra parte del mondo. Qui, nelle gole rocciose e aride dei monti del Pamir, tra gli sconfinati spazi del deserto del Kyzylkum o nella fertile valle dell’Amu Darya si svolge una competizione equestre chiamato Buzkashi, che letteralmente significa “Acchiappa la pecora” ed è proprio ciò che accade tra uomini e animali in un rito le cui origini si perdono nella notte dei tempi.

Kupkari

L’accoglienza:

Un’amica mi aveva segnalato questa sentita tradizione locale e in occasione del mio secondo viaggio in Uzbekistan ho deciso di uscire dal tipico itinerario turistico fatto tra le bellissime città di Samarcanda (quella famosa per la canzone), Bukhara (famosa per i tappeti) e Khiva (Patrimonio dell’UNESCO e nota per le sue mura) e di mettermi alla ricerca di un Buzkashi in giro da qualche parte per vivere in prima persona questo evento popolare e  fare un pò di foto che si preannunciavano come un evento decisamente suggestivo..

Sapevo che era probabile che sarei riuscito a trovarne uno da qualche parte cercandolo bene perchè queste competizioni si fanno in occasione di feste nazionali o religiose, o per festeggiare un matrimonio o la circoncisione di un bambino. Nei giorni in cui ero lì si celebrava in Navruz per dare il benvenuto alla primavera e un Buzkashi sarebbe stato davvero la parte di programma più originale della giornata.

Ma la mia ricerca è stata tutt’altro che facile, perchè qui siamo in Uzbekistan e ad oggi ancora non esiste un sito che dia le date certe di queste gare che sono sempre affollatissime di persone che si danno un vero e proprio passaparola su gruppi di Whatsapp o di Telegram, ma che non comunicano con ufficialità l’evento che resta quindi assolutamente spontaneo e incontrollabile. La cosa incredibile sono proprio i numeri: si arriva facilmente a migliaia di persone che si incontrano in un posto non segnalato e non controllato in alcun modo. Ma la ricerca in loco, invece è stata difficile perchè cercavo un Buzkashi e la gente non mi capiva… Nessuno sapeva cosa fosse, nessuno poteva aiutarmi: il motivo l’ho capito dopo un pò che cercavo…. In Uzbekistan il Buzkashi si chiama Kupkari oppure Uloq, non Buzkashi che è proprio il nome afghano dello stesso sport!

Scommesse clandestine sui fantini

Una volta svelato l’arcano del nome, la ricerca è stata più semplice, ero nei pressi di Samarcanda e la gente mi ha indicato un paesino in cui si sarebbe svolta la competizione. Mi sono avviato con la mia Guida Locale alla ricerca del posto… Ci avevano detto che era una specie di cava in campagna, ma non erano stati troppo chiari… La ricerca doveva ancora essere perfezionata e le sorprese ancora non erano finite: quel giorno era festa, il 21 marzo infatti si celebra in Navruz, la festa che da il benvenuto alla Primavera e mentre andavamo verso il campo di gara, siamo passati in un paesino sperduto, oserei dire un caseggiato senza nome, nel quale ci hanno letteralmente bloccati e fatti scendere dal pullman per invitarci a casa loro a mangiare e bere in compagnia. Volevamo andare via per non perdere la gara che era il motivo del nostro viaggio fin lì, ma loro sono stati irremovibili: “il Kupkari lo organizziamo noi e finchè noi siamo qui con voi la gara non ha inizio” e così è stato.

Alle 10,30 del mattino ci hanno portati di peso in casa ad offrirci vodka e cetrioli, fagottini di carne e intingoli vari. Ci ha accolti una donna dalla vistosissima arcata dentale superiore interamente ricoperta di oro (da questa parte è un vezzo estetico che amano ostentare per motivi economici) che parlava un discreto inglese perchè era la professoressa di lingue della scuola. Lei ha fatto gli onori di casa offrendoci ogni genere di cibi, vodka e cognac che non potevamo rifiutare e che cercavamo di stemperare alternandoli con una tazza di the.

Qui la vita scorre lentamente, siamo a mezz’ora dal caos di Samarcanda ma qui il tempo sembra si sia fermato: la gente veste ancora in modo molto tradizionale con gli uomini che indossano il loro tipico berretto ricamato e le donne vestono con ampie gonne di velluto nero con fiori policromi e un evidente “stile Matrioska” completato con delle scarpe rigorosamente a sabot, aperte dietro come una elegante pantofola…

Servizi accessori al Kupkari

Mentre parlavamo con la padrona di casa il marito era fuori sotto al portico che gioca a scacchi con un suo amico incurante di tutto ciò che gli gira intorno come siamo ad esempio noi che benchè fossimo andati lì per fotografare eravamo invece noi i soggetti preferiti dalla popolazione locale che volevano farsi i selfie con noi non avendo praticamente mai visto dei pazzi turisti avventurarsi fino al loro villaggio per nessuna ragione e men che meno per andare a vedere il Kupkari! Noi eravamo per loro il vero elemento di attrazione e questo mi sembra chiaro e comprensibile.

Altri uomini sul retro di casa erano lì a fare scommesse ma non puntavano sugli esiti del Kupkari che ci sarebbe stato di lì a pochi minuti, ma facevano un gioco che ricorda molto da vicino il nostro gioco delle tre carte… Per queste persone il tempo non è un fattore importante, per loro la vita scorre senza grossi cambiamenti, per cui noi eravamo una vera attrattiva per tutti loro che venivano a guardarci con amichevole sincerità.

Ritirati i bicchieri del thè ci hanno finalmente detto che stava per iniziare il Kupkari e che dovevamo seguire una certa strada a piedi per arrivarci perchè lì non c’è altro modo per raggiungere i terreno di gioco.

Il Buzkashi:

Un chilometro a piedi e siamo arrivati:  un enorme campo di terra grezza circondato su due lati con un terrapieno che serve agli spettatori come tribuna per godersi lo spettacolo a costo zero ma seduti a terra.

Le regole sono presto dette: un numero indefinito di cavalli e cavalieri (possono arrivare a 100 partecipanti su altrettanti cavalli) si contendono la carcassa di una povera pecora sgozzata per l’occasione e abbandonata a terra. I cavalieri non sono divisi in squadre, ma giocano ciascuno individualmente. Partono al galoppo verso il povero corpo che giace a terra senza vita e senza fermare la corsa nè scendere devono prendere il corpo della pecora (circa 35-50 chili), caricarselo sul cavallo e consegnarlo in un punto convenuto per prendere un piccolo premio in denaro (20 Euro circa) e un regalo di modesto valore come potrebbe ad esempio essere una camicia di imitazione italiana o un tappetino da preghiera.

La gara è molto cruenta, ma assolutamente radicata nella cultura del popolo uzbeko

La competizione è molto dura, forte da vedere, il corpo morto della pecora viene conteso senza esclusione di colpi tra i cavalieri che possono letteralmente strapparlo di mano all’altro contendente che lo aveva preso e sperava di riuscire a difenderlo… Al nostro occhio occidentale di certo può sembrare un maltrattamento nei confronti degli animali, anche e soprattutto dell’uso che viene fatto della pecora morta, ma occorre tenere presente che lì il rapporto tra uomini e animali non è fatto di amore ma di necessità.

Prima di iniziare l’Imam della Moschea benedice i partecipanti che se la rischiano anche in certi momenti di lotta corpo a corpo, poi parte la sfida con numerosissime cariche al galoppo che vanno a raccogliere la povera pecora che viene straziata durante il trasporto e le dispute tra i cavalieri.

Qualcuno viene disarcionato, gli incidenti non sono rari…

La partecipazione ad un evento del genere è un’esperienza che coinvolge tutti i sensi, non si può rimanere indifferenti, si vive ogni istante in un modo immersivo: le urla della gente, la puzza dei cavalli che si mescola con i fumi della carne grigliata, il sole che batte sulla testa e il sapore della polvere che arriva fino in gola, gli occhi che osservano attraverso l’obiettivo della fotocamera.

Non si può stare in un Kupkari senza sentirsene parte integrante, senza vivere in prima persona il brivido di una carica di 30 cavalli che ti corrono incontro al galoppo e rischiano di travolgere chiunque pochi istanti prima si sentisse al sicuro in un’area protetta… E anche ad un osservatore esterno come può essere un occidentale, di questa giornata resta molto di più delle foto scattate, restano i sorrisi e l’ospitalità dei locali, resta il segno indelebile del cuore che batte quando ci sentiamo in pericolo, resta l’assaggio di una grande cultura.

Da cercare sul WEB:

Prima di partire mi ero documentato moltissimo sul web e avevo persino trovato un film afghano bellissimo: Buzkashi Boys che racconta la storia di questo ragazzino che sogna di salire su un cavallo e andare a prendere la sua pecora e vincere, un corto di 27 minuti che però mi fece emozionare non poco quando vidi come era girato, la forza delle immagini che conteneva…

Cercando in internet mi è capitata un’altra scena di un film molto più famoso: Rambo 3 girata in cui il protagonista Sylvester Stallone irrompe con il suo cavallo in mezzo al deserto a gareggiare al galoppo per prendere la malcapitata pecora.

Il rito del thè:

Fatti i convenevoli, quando vengono ritirati i bicchierini del the, l’ospite deve capire che il padrone di casa lo sta invitando ad alzarsi per iniziare a prendere congedo. Ci si ringrazia a vicenda per l’ospitalità e la compagnia, ma quando arriva il momento bisogna salutarsi e andare. Non è mai l’ospite ad andare, ma il proprietario della casa a prendere l’iniziativa.

Foto e parole di: Roberto Gabriele

Il Festival del Navruz in Uzbekistan

Samarcanda:

Se ami viaggiare, ma viaggiare veramente, Samarcanda non può mancare tra i viaggi che devi fare, o che hai già fatto. E anche se non ci sei mai stato, sai già che Samarcanda si trova lungo l’antica Via della Seta, la strada carovaniera che univa l’Oriente e l’Occidente, Pechino a Roma passando per tutta l’Asia Centrale, la Turchia, i Balcani per arrivare in Italia. La via percorsa da Marco Polo.

 

Samarcanda quindi non è solo il titolo di una famosa canzone nè di una città mitica e ormai scomparsa, anzi… Samarcanda oggi è una città frizzante, piena di vita e di turismo, che mantiene integra la sua bellezza antica insieme ad uno stile di vita occidentale ma allo stesso tempo molto legato alle tradizioni.

 

Siamo in Uzbekistan, molti di noi non lo hanno neanche studiato a scuola, semplicemente perchè all’epoca non esisteva neanche sulle carte geografiche, era ancora una delle tante, sconosciute, Repubbliche Sovietiche.

 

Vedere questa città per molti viaggiatori è vivere un sogno che magari attende da 10 o 20 anni di essere realizzato. Arrivare qui ed entrare nella Piazza Registan illuminata al tramonto è un’esperienza che ti lascerà senza fiato, sentirai un senso di appartenenza a qualcosa che già faceva parte del tuo DNA.

 

A Samarcanda la cosa più famosa sono le tre enormi madrasse, ossia le scuole coraniche che con i loro minareti costituiscono i tre lati di una piazza di rara bellezza. Le madrasse sono aperte al pubblico dei visitatori anche non musulmani: qui l’Islam è una religione molto sentita perchè moderata, pacifica e accogliente. Gli Uzbechi sono un popolo sorridente, e sorridendo mostrano con orgoglio i denti d’oro che nella loro cultura vengono apprezzati come un vezzo estetico e come status symbol del livello sociale.

La Via della Seta:

Il periodo d’oro di questo Paese fu quello di Tamerlano, un conquistatore che creò un regno enorme ed efficientissimo, la Via della Seta qui mostra ancora i suoi antichi splendori con edifici decorati con maioliche coloratissime e disegni geometrici che a ben guardare sono versetti del corano stilizzati. Sono stato già 3 volte in Uzbekistan a fare foto: la lunga strada che attraversa il Paese, i suoi caravanserragli, le stazioni di sosta degli animali, i mercati straordinari di scambio delle merci ancora oggi si distinguono per la varietà dei prodotti che si possono trovare. Dai tappeti alle sete più raffinate, dall’artigianato al pane che si presenta in ogni forma e viene cucinato con le tecniche più diverse che merita un’attenzione particolare.

I commerci nei secoli hanno unito culture lontane, hanno fatto incontrare viaggiatori lungo le loro strade, hanno portato benessere a chi li ha praticati e a chi di essi si è giovato per migliorare la propria vita. In effetti qui la gente sta bene, c’è una cultura molto pacifica e accogliente nei confronti di chi passa in viaggio da queste parti e si ferma anche solo per un thè prima di riprendere il suo cammino.

Viaggiare lungo la Via della Seta ti fa sentire molto forte proprio questa “presenza” di altri viaggiatori che prima di te hanno percorso quella strada, trovandola nei secoli sempre uguale a sè stessa, con le sue moschee e minareti, le stazioni di posta, le botteghe degli artigiani che ancora oggi si affacciano su di essa. La Via della Seta va vissuta dai viaggiatori di oggi come quelli del passato nel ricordo e nella percezione della sua importanza storica e culturale.

Il Navruz:

In tutto l’Uzbekistan, il 21 marzo si celebra il Navruz: la festa più importante dell’anno che in tutto il Paese da il benvenuto alla Primavera. In ogni quartiere, in ogni città, in ogni villaggio del Paese ci si riunisce per festeggiare con riti che richiamano alla tradizione uzbeka.

 

I festeggiamenti possono essere celebrati in vari modi a seconda delle usanze del luogo. Mi è capitato di vedere due volte questa festa, in un villaggio piuttosto isolato nei pressi di Samarcanda. Occorre arrivarci, sapere dove si trovano certi eventi perchè assistervi non è così semplice, spesso si rischia di arrivare solo ad una tavolata comune a cielo aperto, una sorta di pranzo di quartiere… Io invece con la mia guida sono riuscito ad arrivare in questo posto nel quale più che una vera piazza come la intendiamo noi c’era uno slargo sterrato tra le casette dell’agglomerato urbano e lì si svolgeva la festa.

 

Gli uomini, riuniti in quadrato intorno ad un grande tappeto da gara imbottito come una sorta di tatami artigianale, si esibiscono rigorosamente tra loro in un torneo di Kurash, la lotta libera locale nella quale sono fortissimi. Gli incontri durano pochi minuti, il giudice di gara non è una persona ma è tutto il pubblico che testimonia la regolarità dell’incontro. Gli atleti si presentano scalzi sul campo di gara indossando i vestiti di tutti i giorni, quelli con i quali vanno al lavoro nei campi, niente divise, nessun abbigliamento da gara, niente rituali di preparazione: la lotta non è violenta e non prevede colpi, ma solo leve di forza per mettere l’avversario con le spalle a terra. Il vincitore dell’incontro porta a casa premi in natura come ad esempio una gallina viva, o un sacco di 25 chili di riso.

 

Mentre gli uomini lottano,  sul lato opposto della piazza, le donne sono invece tutte vestite a festa con abiti coloratissimi dai tipici disegni uzbechi che ricordano molto da vicino le matrioske con i loro fazzoletti annodati sulla testa e un tipo di trucco che unisce le sopracciglia rendendo sul viso l’effetto di una specie di onda molto caratteristico. I loro vestiti sono pieni di merletti, di ricchi copricapo decorati, a vestire con grande eleganza e femminilità. Si esibiscono in danze e improvvisate, sfilate di moda che servono alle ragazze anche per trovare marito mostrandosi nel migliore dei modi a quelle che sono le loro potenziali future suocere che potrebbero intercedere a loro favore nei confronti dei figli maschi. Non pensare a matrimoni combinati, a obblighi di sposarsi con persone stabilite dalla famiglia, vedila piuttosto come una presentazione informale tra le famiglie che esprimono in partenza il loro gradimento per il formarsi della coppia che poi è completamente libera di piacersi o no.

 

Le donne danzano con grazia e con gioia mentre i loro uomini combattono. Questo è il Navruz, ma non finisce qui. In altri villaggi la disputa si fa con uno sport chiamato Buzkashi. Si tratta di una gara piuttosto cruenta nella quale la palla è sostituita da una pecora decapitata che ha le modalità di contesa tipiche del rugby fatto però a cavallo e la pallacanestro poichè per segnare punti il malcapitato animale viene gettato in una buca o in un pneumatico di camion. Si tratta di feste davvero isolate, momenti di grande tradizione e storia ai quali è difficile assistere sia perchè lontani dai normali percorsi turistici, sia perchè occorre avere una buona guida che sappia trovarli e anche questo non è assolutamente facile, nè è sicuro che si riesca ad assistervi.

 

Per tutti , poi, il Navruz termina con una enorme tavolata in strada a cui prende parte tutto il villaggio e i fortunati ospiti che sono riusciti ad arrivare fino a lì come è stato nel mio caso. Anche questa va vista con un occhio attento alla cultura, la tavolata infatti si fa nelle case, non in strada, ed è rituale: ha una apparecchiatura estetica e molto curata con cibi che hanno un valore simbolico, come ad esempio i dolci che sono l’augurio ad un anno dolce, un piatto con germogli di grano fioriti che rappresentano la fertilità della terra, i frutti della campagna che sono arance e mele che per il loro odore rappresentano il piacere e la frutta secca, tipico cibo dei viandanti. Il tutto accompagnato rigorosamente da una tazza di thè caldo. Nelle tavolate in piazza invece mangerai grigliate di pecora, maiale, manzo e salsicce tipiche, il tutto condito con buonissime salse di ceci o di sesamo.

 

In alcuni casi, infine, potrà ancora capitarti di vedere i salti rituali del fuoco a fine serata. Sono dei riti di passaggio e prove di ardimento, viene celebrato l’alternarsi delle stagioni saltando dei falò che vengono arsi in strada. Oggi questo tipo di rito è più raro da vedersi perchè ci sono normative di sicurezza che in città impediscono di appiccare incendi nelle strade, può capitare di vederli ancora ma sempre più raramente nelle campagne.

 

E se vuoi seguire le mie tracce alla ricerca delle particolarità più belle dell’Uzbekistan, devi proprio uscire dagli itinerari tradizionale turistici, lasciare la Via della Seta alle tue spalle e proseguire verso nord, seguendo la strada diretta in Kazakistan, e arrivare sulle sponde di quello che fu il Lago Aral, lì ci sarai solo tu. Ci vuole un intero giorno di auto da Khiva per arrivare fino qui. Un angolo di mondo completamente sconosciuto al turismo che è il teatro di uno dei più grandiosi scempi ecologici della storia: un intero lago di 300 chilometri di diametro è stato completamente prosciugato per irrigare i campi di cotone che si trovano a monte del fiume immissario.

 

Oggi il lago Aral è un deserto arido e salato sulle cui sabbie giacciono centinaia di barche arrugginite ormai definitivamente arenate su quello che un tempo era il fondo. Dal punto di vista fotografico è una situazione bellissima in cui scattare, ma dal punto di vista sociale ed economico questa è una piaga della quale dopo più di 30 anni ancora non si riesce a riprendersi, ormai il lago è definitivamente morto. La gente che viveva di pesca sulle sue sponde, di commercio e trasformazione del pesce è rimasta senza lavoro e la vecchia enorme fabbrica in cui veniva inscatolato, è ormai un luogo decadente e abbandonato, nella città semideserta restano ormai solo pochissime persone. Per arrivare fin qui occorre un intero giorno di auto da Khiva, poi occorre cambiare i mezzi e prendere i fuoristrada per poter entrare in sicurezza sul fondo ormai desertico del lago e spostarsi alla ricerca dei vecchi relitti navali. 

 

Dopo il lago Aral, inizia il rientro verso casa, in aereo si ritorna alla capitale Tashkent per poi tornare con un volo via Mosca. La Via della Seta è ormai lontana, ma sento ancora la grande influenza che ha avuto nella mia vita e nella mia voglia di conoscere, scoprire e fotografare il mondo.

 

Buzkashi o Kupkari

Durante le tre edizioni del nostro Viaggio Fotografico in Uzbekistan i nostri Viaggiatori si sono espressi con foto e video sul Buzkashi, che da queste parti chiamano Kupkari.

Tre nostri Compagni di viaggio ci hanno dato la loro personale lettura di una giornata straordinaria:

  • Roberto Manfredi
  • Francesco Dolfi
  • Lia Dondini Taddei

E per finire in fondo alla pagina ci sono anche i video di:

  • Giorgio Sega
  • Luca Maiorano

Scopri tutto in questa pagina e guarda come hanno trattato lo stesso argomento in modi tanto diversi…

Buzkashi o Kupkari, cosa è?

Roberto Manfredi

Acchiappa la capra! Questo è il significato della parola uzbeka Kupkari e della corrispondente parola parsi Buzkashi. Si tratta di un antico sport equestre molto popolare in Uzbekistan e in molti paesi dell’Asia centrale. 

In un grande campo molte decine o, spesso, centinaia di cavalieri si contendono la carcassa di un agnello o di una capra. Vince chi riesce a far cadere la carcassa in un’area preassegnata. Il giocatore che ci riesce viene premiato, poi il corpo dell’animale viene riportato al centro del campo e si ricomincia.
Ci sono molte varianti di questo sport: può essere giocato da due squadre contrapposte o individualmente, tutti contro tutti.
In alcuni paesi, come in Kazakhstan (dove il gioco si chiama kökbörü), si svolgono addirittura dei campionati e le squadre si affrontano indossando delle vere e proprie uniformi. Nei villaggi dell’Uzbekistan si pratica quella che probabilmente è una delle versioni più antiche e genuine: si gioca individualmente e l’abbigliamento dei concorrenti è libero è assolutamente funzionale.
Molti cavalieri indossano dei caratteristici caschi di stoffa imbottita, residuati militari usati un tempo dai carristi dell’Armata Rossa sovietica.
L’Imam benedice i fantini

Buzkashi

La contesa della pecora nella mischia dei fantini
La corsa per deporre la pecora
Si lotta per contendersi il trofeo
Il fantino con la sua preda corre verso la vittoria inseguito dagli altri concorrenti
La grande fuga trascinando la pecora spesso finisce fuori dal campo di gara
Incidente fortunatamente senza conseguenze…
Sportiva amicizia tra concorrenti
Il fantino ritira il suo premio
Un uomo conta i soldi vinti con una scommessa

Le regole:

Le regole sono poche: è proibito colpire un avversario con il frustino e cercare di farlo cadere da cavallo. Per il resto è tutto permesso. Il cavaliere in temporaneo possesso della carcassa la trattiene stringendola al corpo del cavallo con una gamba, mentre i concorrenti lo inseguono e cercano di affiancarlo per strappargliela, e per farlo spesso assumono posizioni acrobatiche sul cavallo in corsa.
I cavalli vengono spronati con frustini ottenuti dalle cinghie di trasmissione dei motori a scoppio, e quando i giocatori necessitano delle mani per contendersi la carcassa, i frustini vengono tenuti tra i denti.
Il pubblico segue il gioco in posizioni sicure, dall’alto di un crinale o dietro una barriera di veicoli, facendo il tifo per i propri beniamini e scommettendo sui vincitori. I premi, nella partita che abbiamo visto, erano piuttosto ruspanti: una batteria di stoviglie, un servizio da tè o un cuscino in memory…
Il Kupkari è un gioco antico di secoli e le sue origini non sono documentate, ma quasi certamente è nato nel bacino del fiume Amo Darya, il più lungo dell’Asia centrale, che separa gli attuali Uzbekistan e Turkmenistan.
Pare che gli invasori mongoli di Gengis Khan depredassero i villaggi afferrando al volo capre e pecore mentre li attraversavano sui loro cavalli in corsa; le vittime dei saccheggi avrebbero poi cercato di recuperare il loro bestiame allo stesso modo, cavalcando attraverso gli accampamenti mongoli di corsa.
Gli ovini sarebbero stati così contesi cavalcando velocemente; queste contese sarebbero poi state riprodotte per gioco, facendo così nascere il Kupkari.
Il Kupkari si gioca in occasione di feste o matrimoni, quando inizia e finisce la stagione agricola e in molte altre occasioni. Il match raccontato da queste foto si tenne presso Samarcanda il 21 marzo, giorno del Nowruz, capodanno del calendario zoroastriano.
Infine una curiosità: in Argentina si pratica un gioco simile al kupkari, detto “pato” dove al posto della carcassa si usa una palla dotata di sei grosse maniglie.

 

Francesco Dolfi

Kupkari o Buzkashi, secondo i paesi.

E’ il nome di un antico gioco equestre che ha origine in Asia centrale dove è ancora diffuso e praticato in occasione di festività ed eventi speciali.

Con « viaggio fotografico » abbiamo potuto assistere a questa straordinaria festa, non lontano da Samarcanda, in Uzbekistan, in occasione del Navruz che celebra l’equinozio di primavera e l’inizio del nuovo anno, secondo una tradizione che risale ai tempi del zoroastrismo .

 

Niente arene, piazze o stadi, con scalinate, balconi o tribune. Il Kupkari si gioca all’interno di una spianata stepposa, delimitata da dossi di terra, dove si assiepa il pubblico, soprattutto donne e bambini, che incitano i valorosi cavalieri, rigorosamente uomini, che si trovano più in basso e si contendono la carcassa di una pecora o un montone per portarla e depositarla oltre il traguardo.

In premio ci sono somme di denaro, beni di consumo e il riconoscimento del proprio valore. Come in ogni competizione equestre che si rispetti, non mancano gli allibratori e le scommesse.

Intorno alla competizione ci sono gli stand gastronomici per ristorarsi dopo la gara
Un fantino vittorioso va a ritirare il suo premio
La tribuna d’onore è sui cassoni dei camion
Momenti della gara
La pecora contesa tra i fantini
una vera e propria mischia di uomini e cavalli: hanno appena raccolto la pecora da terra e cercano il modo di iniziare la loro fuga
La corsa
La contesa
I fantini ricevono la benedizione dell’Imam
Il pubblico

Uno sport pericoloso:

La giuria e gli ospiti privilegiati, quali eravamo noi fotografi venuti da lontano, trovano posto a bordo di autocarri che, disposti in fila, delimitano l’area di della competizione. Gli stessi offrono pure un riparo dagli impetuosi assalti dei cavalieri e dagli zoccoli dei loro cavalli.

Il gioco è piuttosto violento e le regole concedono di tutto, compreso l’uso di un improbabile frustino, che i cavalieri stringono tra i denti, usato per colpire l’avversario e per disarcionarlo.

Per proteggersi, i cavalieri indossano dei copricapo di ogni genere, tra questi un vecchio e bizzarro berretto da carrista, reliquia dell’era sovietica.

La competizione comincia con i saluti di rito e una preghiera, un trattore trasporta la carcassa al centro del campo e la competizione ha inizio.

L’energia sprigionata dai cavalli al galoppo e dai cavalieri che lottano, corpo a corpo, impennando i loro destrieri è davvero impressionante e coinvolgente.

Il Kupkari non è soltanto una competizione equestre, ma è anche e soprattutto una grande festa di paese. Non abbiamo assistito ad un evento confezionato per i turisti, bensì ad un momento di indimenticabile folklore autentico e genuino.

di Francesco Dolfi

 

Lia Taddei

Il Buzkashi in Uzbekistan

Il Buzkashi (chiamato anche Kupkari) è uno sport equestre praticato in tutta l’Asia centrale e considerato sport nazionale in Afghanistan.


In Uzbekistan è generalmente praticato in determinate occasioni come matrimoni o feste nazionali.
E’ praticato in un grande campo; l’obiettivo è quello di impadronirsi della carcassa di una capra, portarla lungo un percorso obbligato e lanciarla oltre un’area definita. I giocatori utilizzano una piccola frusta in pelle grezza che viene tenuta tra i denti quando non è usata.

 

Gli uomini gareggiano sotto gli sguardi delle loro donne
Panning
La vittoria
Scene di gara

I fumi del pranzo invadono il campo di gara
Durante la benedizione dei fantini pregano anche gli spettatori
Il campo di gara è uno spiazzo non delimitato nè segnato in alcun modo

La tradizione:

Non esistono regole scritte, sono per di più tramandate oralmente e frutto di una lunga tradizione ed è concesso di tutto, da colpire l’avversario con il frustino a farlo cadere da cavallo E’ sicuramente uno sport piuttosto violento, ma fa parte delle tradizioni locali e ha origini antiche.

Si pensa che sia stato introdotto dai Mongoli nel 12mo – 13mo secolo.
Il Buzkashi in Uzbekistan viene organizzato in modo spontaneo e non è sempre facile conoscere il luogo esatto e l’ora in cui si svolgerà ,ma grazie alla nostra preziosa guida Bek siamo riusciti a partecipare a questo evento.


L’atmosfera che si respira è festosa, la gente locale, ammassata attorno al campo, tifa, scommette, ma anche si cucina carne alla brace e i locali ti invitano a mangiare con loro e a bere (vodka!).

C’è fierezza e determinazione nel volto degli uomini che a cavallo sono pronti a tutto pur di raggiungere l’obiettivo e conquistare così il premio e dimostrare il loro coraggio.

di Lia Taddei

Giorgio Sega

Luca Maiorano

Ritrovamento dipinto a Samarcanda

Il rinvenimento di un quadro dal valore inestimabile a Samarcanda

Nell’ambito delle spedizioni uzbeko – giapponesi è stato scoperto un quadro dell’VIII secolo, riporta Uzbekistan Today. L’artefatto antico è stato rinvenuto nella fortezza Kafirkala è rappresenta un tabellone che raffigura un rituale dello Zoroastrismo.

Il ritrovamento a Samarcanda prova l’importanza dell’Uzbekistan come una regione situata sulla Via della Seta e raffigura uno strumento musicale situato nell’edificio del tesoro “Shoso-in” nella città di Nara in Giappone.

La fortezza Kafirkala si trova a trenta chilometri a sud-est del sito di Afrosiab. La presenza dei fori da chiodi di ferro indica che il quadro era attaccato al muro e si presume che all’epoca si trovasse nella sala del sovrano. 

“L’immagine è composta da quattro righe. Nella riga superiore è raffigurata la dea di Sogd “Nana”, seduta sul leone, nella seconda riga i musicisti suonano l’arpa e lo strumento a corde “biwa”, entrambi conservati nello “Shoso-in”. La riga più bassa raffigura l’altare del fuoco. Si ritiene, che la storia dell’arpa abbia avuto l’inizio in Assiria, nella Mesopotamia Settentrionale e che lo strumento musicale sia stato trasportato dall’Asia Centrale alla Cina e al Giappone”.

Turismo attrezzato in Uzbekistan

Creazione della prima zona turistica libera “Chorbo’q”  in Uzbekistan

Gazeta.uz

Il Presidente della Repubblica dell’Uzbekistan Shavkat Mirziyoyev ha firmato il decreto sulla creazione della zona turistica libera “Chorbo’q”.

La prima zona turistica sarà creata all’interno del territorio ricreativo e di resort “Chimgan-Chorbo’q” con nuove infrastrutture d’ingegneria, moderni complessi alberghieri, centri di benessere e culturali, commerciali e d’intrattenimento e altre strutture turistiche.

Il decreto prevede la preparazione degli itinerari turistici unici, tenendo conto delle possibilità ambientali della regione, sviluppando un’adeguata infrastruttura di trasporto, garantendo la disponibilità di trasporti, l’introduzione di nuovi mezzi di trasporto nella regione (treni, treni elettrici, autobus), compresi i mezzi di trasporto alimentati con fonti di energia rinnovabile, l’espansione delle rotte di trasporto passeggeri e l’organizzazione del suo ininterrotto funzionamento.

Si prevede di creare ulteriori condizioni per la sicurezza del soggiorno dei turisti, attrezzando le infrastrutture turistiche con sistemi di allarme e videosorveglianza, fornendo assistenza in situazioni d’emergenza e attivando un singolo database di informazioni sui turisti, che arrivano nel territorio della regione. 

È prevista la realizzazione dei progetti sulla creazione di un sistema ecologico unico, introducendo, in via sperimentale, i nuovi sistemi di risparmio energetico e le tecnologie alimentate con fonti di energia rinnovabile e alternativa.

La zona turistica libera sarà realizzata per il periodo di funzionamento di 30 anni con la possibilità di una successiva estensione. Il territorio della zona turistica e le imprese registrate come partecipanti sono soggette alle disposizioni della legislazione sulle zone economiche libere, comprese le agevolazioni e i benefici stabiliti.

Per cofinanziare progetti d’investimento, attuati nella zona turistica libera, il Fondo per la Ricostruzione e lo Sviluppo dell’Uzbekistan concederà una linea di credito agevolato per un importo complessivo di 100 milioni di dollari statunitensi con le condizioni flessibili di rimborso del prestito e degli interessi.

Attualmente, nella regione di Tashkent operano 120 organizzazioni di servizi turistici, tra cui 15 tour operator, 45 alberghi con la capacità di accogliere 2440 turisti al giorno, 71 sanatori e aree ricreative.

Vendita oro ai turisti in Uzbekistan

L’Uzbekistan pianifica di autorizzare la vendita di lingotti d’oro ai turisti

Nei prossimi due mesi sarà preparato il progetto di decisione governativa che consentirà la vendita di lingotti d’oro agli stranieri e semplificherà la loro esportazione all’estero.

Per il prossimo futuro si prevede anche la vendita di lastre in oro di vari tagli da dieci a duecento grammi.

Si prevede di esportare gioielli e oggetti preziosi per quasi 14 milioni di dollari statunitensi nel 2020.

Gestione privata aeroporti Uzbekistan

L’Uzbekistan per la prima volta nella storia affida la gestione di un aeroporto alla società privata. L’aeroporto internazionale “Karshi” (regione di Kashkadarya) sarà assegnato alla società specializzata nella gestione di aeroporti internazionali.

La risoluzione del Presidente Shavkat Mirziyoyev “Sulle misure per lo sviluppo del turismo in entrata” stabilisce l’uscita di quest’aeroporto internazionale dalla società NAC (Uzbekiston Havo Yullari) e l’introduzione del “Cielo aperto” sul suo territorio con il coinvolgimento delle compagnie aerei low cost.

Visto per Uzbekistan

L’Uzbekistan ha abolito l’obbligo del visto per i cittadini di sette paesi. Introduzione del visto elettronico dal 1° luglio 2018

Dal 10 febbraio 2018 L’Uzbekistan introduce il regime senza visti per un ingresso di trenta giorni ai cittadini di Israele, Indonesia, Corea del Sud, Malesia, Singapore, Turchia e Giappone.

Inoltre, è stata semplificata la procedura di rilascio del visto turistico per altri trentanove paesi, tra cui il Vaticano e la Malta:

– annullamento dell’obbligo di presentare al Ministero degli Affari Esteri dell’Uzbekistan il voucher turistico o la lettera d’invito da parte di un cittadino uzbeko o un’impresa operante in Uzbekistan;

– rilascio del visto in due giorni lavorativi, escluso il giorno di accettazione della richiesta del visto.

Si prevede di semplificare la procedura del rilascio del visto in cinquantuno paesi (da 15 a 51).

Inoltre, dal 1° luglio 2018 l’Uzbekistan prevede il rilascio del visto elettronico per i cittadini stranieri. Il visto elettronico sarà rilasciato in aeroporti del paese in conformità con le richieste in forma scritta presentate dai cittadini stranieri per avviare la procedura del rilascio del visto d’ingresso, indipendentemente dalla presenza della rappresentanza diplomatica della Repubblica dell’Uzbekistan nel paese d’origine.

I pagamenti di tariffe e oneri inerenti al rilascio del visto elettronico si potranno effettuare con la carta di credito sui circuiti di pagamento internazionali Visa e MasterCard.

Se ti serve il visto…

Per il tuo visto italiano per recarti in Uzbekistan clicca qui: http://evisa.mfa.uz/evisa_en/

Uzbekistan Airways e Alitalia

Uzbekistan Airways e Alitalia hanno attuato l’accordo su Interline e Code Share, facilitando l’attracco dei voli nazionali di compagnie aeree partner in Italia e in Europa

La stipulazione dell’accordo tra le compagnie aeree Uzbekistan Airways e Alitalia ha offerto grandi vantaggi del pieno utilizzo della vasta rete aerea dell’Alitalia. Secondo il nuovo calendario, i voli dell’Uzbekistan Airways da/per Roma e da/per Milano sono garantiti con attracchi bilaterali con i voli italiani interni e voli europei delle compagnie partner.

La modifica del programma dei voli HY – 257/258 Tashkent – Roma – Tashkent e Tashkent – Milano – Tashkent nel 2017 ha consentito di organizzare il trasporto di gruppi di turisti provenienti da Italia e Spagna (Madrid, Barcellona e Valencia) in Uzbekistan sui voli della Compagnia Aerea Nazionale (NAC). Inoltre, secondo il nuovo calendario, i voli della NAC da Roma, che hanno ottenuto l’attracco per i voli del mattino da Tashkent a Urgench, stanno creando un’ulteriore comodità per operatori turistici, rendendo i tour in Uzbekistan più efficienti e razionali.

Dal 27 marzo 2018 la NAC aumenterà la frequenza dei voli dall’Italia per tutta la stagione primavera – estate, aggiungendo il secondo volo da Roma in Uzbekistan (2° e 4° giorno della settimana). Dal 6 agosto al 26 ottobre 2018 sarà aggiunto il secondo volo anche da Milano (1° e 4° giorno della settimana).

Al fine di creare servizi aggiuntivi per i turisti provenienti da Milano e da Roma, sono previsti i voli di linea aggiuntivi con atterraggio a Urgench (Khiva). Se la domanda raggiunge almeno 80 passeggeri per le rotte Roma – Urgench e Milano – Urgench sui voli del 2° giorno della settimana, sarà considerata la possibilità di organizzare altri atterraggi nella città di Urgench anche per le restanti date.

Informazioni: aeromobili moderni e confortevoli, con la scritta “Uzbekistan” a bordo,  eseguono voli regolari in più di 50 paesi del mondo, e voli charter dall’Alaska fino alla Nuova Zelanda. Nel 2016, la compagnia aerea nazionale ha trasportato 2,5 milioni di passeggeri e 43.000 tonnellate di merci. Nel 2017 la NAC ha messo in funzione due nuove rotte: Dushanbe (Tajikistan) e Lahore (Pakistan), così come nuove rotte verso Mumbai (India) e Guangzhou (Cina).

Nel mese di agosto 2016 Uzbekistan Airways ha messo in funzione aeromobili Boeing-787-8 Dreamliner. La NAC in collaborazione con la società Boeing, ha aperto il Centro per la riparazione di materiali compositi degli aeromobili, ampiamente utilizzati nell’industria aeronautica mondiale.

Tutti gli 11 aeroporti del paese sono stati completamenti ricostruiti e modernizzati, ricevendo lo status internazionale. A seguito della modernizzazione e del miglioramento del servizio, il flusso di visitatori stranieri nel nostro paese è aumentato. Gli aeroporti “Tashkent”, “Samarcanda”, “Bukhara”, “Urgench” e altri hanno vinto numerosi concorsi internazionali.

Il Centro logistico intermodale internazionale, creato sulla base dell’aeroporto “Navoi”, è uno dei più grandi e tecnologicamente avanzati complessi di trasporto aereo di merci sul territorio dell’Asia Centrale. Oggi, il Centro collega l’Uzbekistan con i maggiori centri logistici in tutto il mondo: Francoforte, Milano, Bruxelles, Vienna, Saragozza, Oslo, Basilea, Dubai, New Delhi, Teheran, Shanghai e altri.

Prosegue la collaborazione con i partner sudcoreani sulla realizzazione del progetto per la costruzione del terminal passeggeri più moderno dell’Asia Centrale “Tashkent-4”, che avrà una capacità di 1500 passeggeri l’ora. Il nuovo terminal passeggeri sarà messo in funzione entro la fine del 2019.

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