Dio si ricorda di Noè
La terra armena.
Sette giorni in attesa del diluvio. E ancora sette giorni passano. Yhwh (*) chiude al fine la porta dell’Arca. Quaranta giorni sono oramai passati e le acque salgono ancora. Le montagne sono coperte.
Le acque dominano per centocinquanta giorni. Poi.
Poi Dio si ricorda di Noè e degli altri esseri viventi: le acque scendono per centocinquanta giorni. Le cime delle montagne tornano visibili.
Eccolo laggiù il mio Ararat. Sorge deciso, in contrappunto a questa delicata valle di vigneti e cipressi. Come una muraglia di grigio fumo e roccia, immerso in un cielo di tempesta perenne e screziato da una calotta artica, altrettanto perenne.
Bellissimo. Si capisce immediatamente perché Yhwh l’abbia scelto e lì abbia deciso di portare giraffe e pappagalli, per salvare l’umanità.
Sette giorni in attesa che gli effetti del diluvio siano finiti. Poi comanda di uscire dall’Arca. Cibo fuori dell’Arca. È Alleanza con tutti gli esseri viventi. Mai più diluvi. Sem, Cam, Jafet: i discendenti di Noè possono ripopolare la terra.
Mai più confini e guerra. Così è scritto. Ma proprio lì, ai suoi piedi, una fila di infiniti paletti e filo spinato. Segnano i confini con un’altra Patria. Non proprio amica. La Turchia. E questo immenso ed elegante monte appare ora, improvvisamente, irraggiungibile: una tela strappata di un importante dipinto.
Allora lo sguardo si volge a terra, ai propri piedi. Lento si eleva, viaggiando verso quell’orizzonte tanto lontano e impossibile. E si rivolge a Dio. Strumento per percorrere comunque, e con tenacia, quelle strade ora non più fisicamente praticabili.
Un popolo di uomini vaganti e laboriosi: semplici nei gesti, alti nello spirito. Una terra di pascoli dolomitici, fosche e potenti vallate, costeggiate da croci e monasteri. Tante tracce spirituali, ruvide come le lastre di pietre sacre, sparse nei prati e protette dai licheni.
È dunque nella penombra dei suoi monasteri che la vita si eleva: laddove forse non arriva il nemico e l’anima è libera di esprimersi. Sottili candele rischiarano l’atmosfera dei lunghi e partecipati riti. Nessuna panca, nessuna sedia è presente. Tutti in piedi, a contatto con la terra. Giovani e vecchi.
Donne, uomini, bambini. Ovunque ispirazione. Fede. Sconosciuta qui, nel nostro Occidente di giraffe e pappagalli.
L’aria sapida di incenso e sudori, ti inviluppa. Sguardi severi, fieri ma pacifici, lievi ti toccano. Perché pur essendo straniero, ti senti accolto e, almeno in parte, accettato.
Gli Armeni, sempre transfughi nelle loro storie, in un territorio conquistato con difficoltà, forse solo in questi monasteri e nelle fedi si raccolgono come Nazione.
Lascio questo luogo, con mille volti e mille candele vaganti nella mente. Esco nell’aria, ma vorrei ancora essere nello sguardo di quel bambino. Scendo veloce attraverso le vallate del passo Selim: davanti a me il Lago Sevan.
Ancora croci e fede su queste colline. Bellissime ed eleganti. Poi quelle lastre, vagamente sovietiche, con visi scolpiti affinché il ritratto non sia consunto dal tempo e dalla natura. Monumento anche a quei duecento giovani soldati uccisi nel Nagorno Karabakh. A testimonianza che alla guerra si deve sopravvivere.
E il rito di questa domenica armena continua. Questi raggi di sole, un po’ alieno, penetrano e rimbalzano sulle scure pareti, della ‘mia’ chiesa, anima. Rocce intrise da millenni di incenso e candele. Il rito della vita continua complicato, ma leggero.
Come le tante storie che in queste mure si sono svolte e che ora, tutte insieme, leggermente, ancora sfumano e si intrecciano nell’aria. Come quei ghiacci perenni che dall’Ararat si elevano sino al cielo.
(*) Yhwh è il tetragramma biblico, la sequenza di quattro lettere che compone il nome di Dio.
Sottoscrivo tutto ed aggiungo che per me questo viaggio in Armenia è stato un viaggio dell’anima che incontra lo spirito di un popolo: L’Armenia l’ho percepita come una terra che tiene tutto, il suo presente-penso alla moderna Yerevan- come il suo passato più doloroso: mille croci e mille tombe costellano il Paese ferito da un genocidio e da terribili terremoti;
però queste monumenti funerari non sono relegati solo a luoghi deputati ed appartati ma accolti tra le case dei villaggi e lungo le strade.
Tutto si conserva del proprio passato, anche scheletri di edifici e strutture risalenti ad una dominazione sovietica ormai superata, e si ha l’impressione che ciò qui serva come memoria viva, offerta alla vista, non relegata a dei libri, della storia di un Popolo.
Tutto si tiene insieme a ribadire con forza una identità più volte minacciata che orgogliosamente resiste
@Ornella. Il viaggio è stato onirico nell’atmosfera ma vero e forte nei paesaggi e nelle persone incontrate. Grazie del commento e a tanti altri viaggi fotografici. Un abbraccio
@Lia. Grazie del bel commento. E’ stato un viaggio emozionante e sicuramente ci saranno altre occasioni per condividere una vacanza altrettanto bella.
Mi è piaciuto molto il viaggio in Armenia. Mi ha però ancora più sorpreso per le emozioni provate al ritorno a casa guardando le foto, leggendo libri e articoli di giornale, ripensando alle persone incontrate, ai loro volti e alle loro storie. Emozioni intense che tu hai saputo esprimere in questo tuo racconto onirico insieme alle bellissime immagini. Grazie e complimenti
Bravissimo Andrea! Ho riletto più volte il tuo articolo…sei riuscito con le tue parole e la tua sensibilità a farmi rivivere quelle emozioni che ho provato in questo viaggio ma che non avrei saputo esprimere così bene. Belle anche le foto che lo accompagnano. E’ stato veramente un viaggio intenso che ricorderò a lungo. Ancora complimenti e spero ci saranno ancora occasioni di viaggio per condividere altre emozioni.
@Sara. Carissima Sara, grazie allora di aver percorso il viaggio insieme a tutti noi, anche se in modo virtuale. Magari la prossima volta sarà anche fisicamente. A presto allora e grazie!
@Daniela. Grazie del bel commento. Le chiavi sono una bella immagine per rappresentare quel popolo stupendo e la sua fede. A presto con tanti altri viaggi! Grazie ancora!
@Pierpaolo. Grazie del bel commento! Un viaggio molto coinvolgente e un bellissimo gruppo! Dobbiamo sicuramente ripetere l’esperienza! Grazie ancora e a presto!
@Cristina. Grazie per il tuo bel commento. Un Paese stupendo e un popolo molto accogliente. Rimarrà nel cuore di tutti!
@Lucia. Grazie per il tuo bel commento. Viaggio stupende e sicuramente ne faremo molti altri. Grazie ancora!
Bravissimo Andrea, ho avuto il piacere di far parte del gruppo di questo viaggio in Armenia e ho avuto modo di osservare il tuo modo di fotografare: sempre garbato e riflessivo, mai compulsivo, come se già avessi chiaro nella mente l’inquadratura che volevi realizzare e perché. E i risultati si vedono: immagini stupende di una terra che ha incantato tutto il gruppo, sia per i luoghi, sia per la gente, e che tu hai saputo cogliere in tutta la sua bellezza ed espressività, completandola con parole che arrivano diritte in fondo al cuore, là dove dicono sia l’anima. Complimenti!
Complimenti Andrea discreto e attento compagno di viaggio . Sei riuscito con parole eleganti e poetiche e immagini tanto forti ed intense a trasmettere tutto quello che abbiamo vissuto durante quella settimana indimenticabile .
La sacralità dei monasteri , i paesaggi sorprendenti che non immaginavo tanto verdi e fioriti,
e il sorriso di un popolo martoriato ma capace di aprirti la porta di casa o della propria tenda e offrirti racconti bagnati da un eccellente caffè armeno.
Un paese che mi e rimasto nel.cuore
E mi ci hai fatto tornare in un istante grazie sei stato bravissimo!!!!!
Sornione e riflessivo. Ma anche ironico quando è stato necessario. Così sei apparso nel nostro eterogeneo gruppo di viaggio.
Ed il tuo testo rispecchia tutto ciò, in una analisi lucida di una esperienza indimenticabile che ci ha coinvolti, di una terra che è penetrata nel nostro essere “superiori” perché occidentali.
Grazie, dunque, per queste riflessioni, e grazie per le bellissime immagini che hai colto e che coronato questo sunto che…tutti noi avremmo voluto scrivere. ❤️
Che bravo Andrea! Foto bellissime. Quella dell’uomo in chiesa con il portachiavi mi ha commosso. E dire che io c’ero! Bravo bravo
Foto bellissime che riescono a trasmettere emozioni. Scorrere il racconto insieme alle foto è stato come fare un viaggio virtuale!
@Carlo. Verissimo quello che scrivi. L’arte del fotografo è molto particolare e complessa. Sono felice che le mie foto abbiano comunicato con forza la potenza di quel territorio. Grazie ancora!
@Monica. Grazie del bel commento. Il Monte Ararat è sicuramente una delle più potenti immagini che rimane dell’Armenia. La sua particolare storia è poi così affascinante da risultare un posto “magico”.
@Gabriella. Grazie mille del bel commento. Parole e immagini è bello viaggino sempre assieme! Grazie ancora!
@Andrea. Grazie mille! Il viaggio è stato veramente interessante e ben organizzato. Sorprendente pure!
Lavoro straordinario. È riuscito a fare viaggiare e respirare la storia!
Complimenti!
Belle immagini in cui il racconto si mescola alle fotografie completandosi a vicenda. Bravo Andrea!!
Lavoro straordinario, foto bellissime soprattutto la foto del Monte Ararat che il solo guardarla emana una sensazione di maestosità, bellezza e rispetto religioso.
Racconto scritto molto bene tanto da immaginarsi di essere lì in quella terra martoriata da guerre ed eventi climatici.
Insomma Andrea, bravissimo
Che dire se non: “possiedi un occhio da reporter che sa dove guardare e come vedere il mondo circostante “