Wakhan, tetto del mondo
Wakhan è un racconto che ha partecipato a Travel Tales Award 2021.
Un frammento del mio cuore è perso tra le montagne del Pamir è negli occhi delle persone che ho incontrato e dentro ogni ruga del loro viso che rimandano a quanto questa terra possa essere meravigliosa e terribile.
In Afghanistan ci sono stata per fotografare i Kyrgyzi. Una popolazione nomade che vive all’estremo nord e arrivarci non è stato semplice.
Per raggiungere la frontiera afghana ci sono voluti 2 giorni di macchina su strade sterrate, seguendo il fiume Pamir, passando tra gole di sorprendente bellezza e guadando corsi d’acqua. Passata la frontiera a Ishkashim, si attraversano le terre del Wakhan dove si vive di pastorizia, agricoltura e hashish.
Quello di cui vado orgogliosa è il rapporto che sono riuscita ad instaurare con le persone, una comunicazione fatta di gesti, sguardi ed espressioni.
Il percorso con la macchina termina a Sarhad, da qui, inizia l’ascesa verso le montagne del Pamir, si deve proseguire a cavallo e nei tratti più ripidi, a piedi.
Siamo a 3.200 metri. Passiamo i siti di Borak, Langar, Kashch Goz e arriviamo sull’altopiano. Cerco di imprimere nei miei occhi l’immagine di ogni singola vetta, di ogni altura,di sentire il vento, il sole e penso che tutto questo l’hanno vissuto anche Alessandro Magno e Marco Polo. Ci vogliono 5 giorni per arrivare a Bozai Gumbaz dove sono stati avvistati i Kirgyzi.
Tanto la popolazione dei Wakhy è aperta e socievole, tanto i Kirgyzi sono diffidenti e restii ai contatti con persone esterne. Il permesso di restare ci è accordato, però è stato vietato agli uomini di fare foto. Ma i soldi fanno comodo a tutti e così il divieto è sciolto e la sera è stata organizzata una cena che prevede capretto, pesce di fiume e naan, il tipico pane afgano, il più buono che abbia mai mangiato!
Mi aggiro tra le yurte e le costruzioni fatte di fango e pietra. Vedo solo donne. Le seguo mentre vanno a prendere l’acqua o fanno rientrare gli animali nei recinti, o cucinano per noi. La nostra guida ci spiega che il colore del copricapo che indossano, distingue le sposate dalle nubili: bianco per chi ha un marito; rosso per le nubili.
Siamo rimasti solo una giornata al villaggio. Sono stata fortunata a fotografare i Kirgyzi, poiché è una di quelle popolazioni le cui tradizioni sono a rischio di estinzione.
Mi piacerebbe tornarci una terza volta in questa terra e non per riprendermi il cuore che vi ho lasciato, ma per lasciarne altro.
Bel racconto e foto che ho voluto (e dovuto) leggete in quanto nel 2019 sono stato nel wakham Tagiko proseguendo poi in Kirghizistan….penso che posti così ti entrino dentro….avventura pura….e anche per me è solo un arrivederci al mitico Pamir…prima o poi ci torno.giova